Game of Thrones, di adattamenti e disadatta…menti

La quinta stagione di Game of Thrones si è conclusa da poche settimane e, su piattaforme note per la grande capacità critica e l’assoluta pacatezza dei toni quali Reddit o Twitter si è scatenata una caccia alle streghe che vorrebbe Benioff e Weiss, i due showrunner della serie, al posto di Shireen Baratheon. Dumb&Dumber, com’è ormai nota la coppia agli affezionati fan, si sarebbero resi colpevoli di una serie di efferrati crimini contro il magnum opus di George R. R. Martin, la decenza e il buongusto, i bambini e l’umanità in generale. Scorrendo le pagine a volo di corvo si può notare una serie di accuse, dal tradimento dei personaggi all’assenza di avvicendamenti significativi, ma a parer nostro la maggior parte di queste osservazioni mancano di una componente fondamentale che la critica dovrebbe sempre possedere: la prospettiva. Andiamo a dare un occhiata un po’ da vicino ai principali capi d’accusa, il che ci darà anche la possibilità di fare un piccolo ragionamento a proposito dell’adattamento di un’opera da un medium a un altro:

    1. il mancato rispetto dei personaggi della serie di libri, questione che si fa un po’ più delicata. Quando un film o una serie è un effettivo adattamento dell’opera originale e quando è invece semplicemente “ispirato a”? Qual’è la linea di demarcazione? A nostro parere, ciò che rende tale un adattamento non è il rispetto pedissequo dei personaggi o dello svolgimento della vicenda (entro certi limiti, naturalmente) ma il suo intento, il suo messaggio, il suo punto d’arrivo. Ciò che mi racconta una storia non è (solo) una serie di eventi, ma ciò che quella serie di eventi mi porta a comprendere, ciò su cui mi fa riflettere, ciò che mi vuole comunicare. In tal senso, non si potrà affermare che la serie tv abbia deragliato rispetto A Song of Ice and Fire finchè non saremo all’endgame e non capiremo che cosa Martin e D&D ci hanno raccontato. Da questo punto di vista, dunque, lamentarsi di una diversa caratterizzazione di Stannis o di una minor brillantezza di Ditocorto rispetto ai libri ha poco senso, finchè i personaggi rimangono coerenti con loro stessi all’interno della serie. Questo chiarimento sulla questione dell’adattamento ci porta a un terzo punto “critico”:

    1. il mancato rispetto di certe sequenze dei libri. La quarta e la quinta stagione di Game of Thrones si sono prese grandi libertà nei confronti dei libri e questo, a detta di diversi fan della serie cartacea, è un grave crimine. Ma l’errore che questi fan commettono è non considerare il materiale di partenza per quello che è e non considerare la diversità di linguaggi narrativi in un libro e in una serie tv. Al di là del giudizio qualitativo su A feast for crows e A dance with dragons (poco lusinghiero da parte di chi scrive) è innegabile che unatrasposizione fedele dei due libri avrebbe presentato difficoltà insormontabili, dovute alla frammentazione della narrazione, alla mancanza di un punto d’arrivo per diverse storyline, alla contemporaneità della narrazione tra i due testi e alla presenza di una serie di personaggi, di dettagli e di complicazioni varie che per quanto per molti lettori rappresentino legittimamente una grande attrattiva in una serie tv non funzionano poi così bene, anche solo per ragioni strettamente pratiche legate agli impegni del cast e alle difficoltà di girare in loco. Tutti questi fattori e altri possono portare interi elementi di un’opera ad essere modificati, spostati, ritardandoli o anticipandoli (scommettiamo che ritroveremo Balon Greyjoy nella sesta stagione, e che Victarion si ritroverà con i capelli biondi?) o addirittura rimuovendoli per la semplice ragione che una serie tv ha meccanismi diversi da un libro ma senza che questo comprometta il risultato finale. Alcune critiche sollevate sul lavoro di D&D, che, ricordiamolo, non agiscono in base a dove tira il vento e non sono stati abbandonati da Martin ma sono stati a conoscenza dell’esito della serie fin dall’inizio e stanno da sempre agendo con un piano ben preciso in testa, sono più che giustificate ma è opportuno fare un distinguo tra la bontà del materiale inedito e la grande capacità dei due autori di riassumere, semplificare e talvolta far convergere elementi che in un libro funzionano bene in un certo modo, in tv funzionano ugualmente bene in un altro.

  1. il mancato rispetto della pazienza degli spettatori, ossia “in Game of Thrones succede una sola cosa a stagione” e stavolta nemmeno quella. E questa è crediamo la critica più divertente, perchè la si può rivolgere tanto al materiale di partenza quanto alla serie, ma per qualche ragione sembra che i soli responsabili della lentezza della narrazione siano D&D. Ragazzi, ma vi ricordate l’anticlimax di Daenerys che dopo la nascita dei draghi alla fine del primo volume si ritrova con una manciata di capitoli nel secondo in cui non combina nulla di davvero rilevante? Avete presente il viaggio di Tyrion ad Essos, che inizia e a distanza di anni non ha ancora avuto una fine? E Bran, quanto tempo ha trascorso disperso nel nord a mangiare cervi e raccontare favole prima di raggiungere il corvo con tre occhi? Di Jaime e le sue visite ai cugini ne vogliamo parlare? E Brienne, che trascorre i suoi capitoli inserendosi in rimasugli di vicende altrui per poi interrompersi quando la sua storyline ha finalmente inizio? La lentezza è una caratteristica portante di A Song of Ice and Fire e se è vero che in tv si poteva fare qualcosa di più per colmare i vuoi è anche vero che l’immenso e in gran parte lodevolissimo lavoro di worldbuilding che Martin ha svolto su carta non dovrebbe giustificare il fatto che le Ombre Bianche apparse nei boschi oltre la barriera, nel 1996 (ripetiamolo insieme: millenovecentonovantasei), ad oggi sono ancora in quei boschi a campeggiare.

È chiaro che non tutte le critiche a D&D sono infondate. Innegabile è la debolezza di certi passaggi, come la quest di Jaime e Bronn a Dorne, che non è certo materiale di alta televisione, così come lasciare Brienne appostata tra le rovine per cinque episodi non ha nessuna scusante, ma la serie ha sempre avuto alti e bassi e la quinta stagione è stata, a ben vedere, una stagione piuttosto ricca di avvenimenti, quella che in gergo si definisce game changer: sono state risolte questioni risalenti addirittura alla seconda stagione, con la sesta che vedrà la maggior parte dei personaggi in situazioni molto diverse da come li abbiamo lasciati, in alcuni casi ci siamo anche spinti più avanti rispetto ai libri, salutando per sempre personaggi che su carta camminano ancora con le loro gambe, eppure l’insoddisfazione dei fan è più sentita che mai. È possibile, per carità, che D&D siamo improvvisamente diventati due idioti, ma avanziamo anche un’ipotesi alternativa: può essere che la storyline di A Song of ice and fire sia di fatto in stallo dal 2005, anno di pubblicazione di A feast for crows, che la serie tv si trovi ad adattare una serie di romanzi che procede con una lentezza esasperante, e che la cosa inizi un po’ a pesare?

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