Addio, Rat-Man!

13. Rat-Man

Ovviamente SPOILER, eh?

E’ finito Rat-Man, e io non vedevo l’ora. Viverlo non è stato semplice, per nessuno. Per l’autore, in primis, che ha visto aumentare il respiro della storia raccontata negli ultimi vent’anni, estraniandosi gradualmente tutta quella parte di pubblico che questa crescita avrebbe voluto frenarla. Non è stato semplice per il lettore passivo, costretto a “subire” gli sperimentalismi di Ortolani, sempre più arditi, pur di godere del suo geniale umorismo. E non è stato semplice nemmeno per la fascia più attenta e interessata alla trama orizzontale, categoria di cui faccio fieramente parte.

Ebbene sì, anche per quelli come me star dietro ai voli pindarici di Leo è stato complesso, perché erano molti i fattori penalizzanti, a partire dalla periodicità bimestrale, un veleno per la memoria, fino ad alcune scelte narrative dell’autore davvero difficili da metabolizzare in corso d’opera. Ma alla fine di un viaggio non conta né la meta, né ciò che viene prima. Conta l’esperienza nel complesso, e la si può valutare pienamente solo una volta che se ne conoscono i confini. Ora quei confini li abbiamo, sappiamo come iniziò la storia, sappiamo dove è andata a parare e sappiamo cosa c’è stato in mezzo. E quindi possiamo dare un giudizio definitivo sull’opera “Rat-Man”, finalmente completa.

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E il mio giudizio su Rat-Man è che sia oro. Ciò che abbiamo visto compiersi, episodio dopo episodio, è un’opera epocale, che rimarrà nella storia del fumetto mondiale. Non un fumetto facile, non un fumetto alla portata di chiunque, cosa che il fulminante humor di cui è intriso potrebbe far pensare. Rat-Man è roba grossa, non facciamoci depistare dalle gag. Un’opera per pochi, che per essere avvicinata richiede un corposo investimento. Come tutte le narrazioni complesse, Rat-Man esige attenzione, memoria, e soprattutto impegno. Questa volta è l’opera a scegliersi il lettore, che in questo caso dev’essere un lettore intelligente e disposto a darle il giusto valore. Insomma, astenersi perditempo. Rat-Man però questo investimento lo ripaga tutto, con gli interessi, perché è un Capolavoro. Non un’opera criptica solo per il gusto di esserlo, ma un discorso articolato e con un suo perché.

L’arco conclusivo di Rat-Man è stato parecchio arzigogolato, e si può dire che Leo abbia spostato ulteriormente l’asticella, mettendoci nuovamente alla prova. La cosa curiosa è che questo ultimo numero è invece molto lineare. Non travisiamo, rimane un finale epico ed emozionante. Eppure lascia stupiti la scelta di Ortolani di dare a Rat-Man un lieto fine. Semplice, classico, rotondo, genuino, qua e là persino prevedibile, forse anche un po’ hollywoodiano. Un bellissimo lieto fine. Risolutivo per ogni comprimario, saziante per il lettore e assolutamente positivo per il protagonista, che ne esce rafforzato e migliore. Impossibile non essere felici, una volta arrivati alla fine. Non è mancato nulla, tutti hanno avuto l’esito migliore che il proprio story-arc potesse loro concedere. Anni fa c’era già stato un “finale preventivo” per la serie, la storia “Dimenticati dal Tempo” che riprendeva le atmosfere cupe del Bat-Man di Miller. Era espressione di un Leo più giovane, più sadico e iconoclasta. Ora quella storia non vale più, e sta bene dove sta. Il finale per cui Leo ha optato riflette tutta la serenità che nel tempo ha acquisito. C’è la fede, c’è la paternità, l’accettazione di sé e la consapevolezza che non ci sia niente di cui vergognarsi nel dare al proprio personaggio un commiato ottimista. Insomma, c’è tutto Ortolani qua dentro, come uomo, come artista. Senza filtro, senza compromessi, una cosa meravigliosamente pornografica.

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Ecco, forse manca un pizzico di quella folle genialità di Leo che tanto abbiamo amato? Naaa, la genialità invece c’è, eccome. Forse pure inconsapevolmente, un finale del genere è espressione di una strategia brillante. Perché chiude il cerchio, riportandoci alle semplici e spensierate atmosfere iniziali, in una simmetria perfetta tanto nel registro quanto nelle tematiche. Perché “coccola” la nostra soglia di attenzione e si permette così di strizzare l’occhio al lettore disimpegnato, che negli ultimi anni tante maledizioni deve aver mandato ad Ortolani. E allo stesso tempo lo frega irrimediabilmente, un’ultima volta. Perché i mattoncini su cui è stata costruita tutta questa lieta impalcatura, sono proprio quegli aspetti di Rat-Man che quel lettore rifiutava: l’Ombra, la continuity, la mitologia e il dramma. E’ proprio attraverso Valker, Kalissa, Aima e tutto ciò che ruota intorno a loro, che siamo arrivati a leggere di quell’allegro matrimonio. E nella foto finale, scattata dal Ragno (!), li vediamo tutti questi personaggi, perfettamente integrati con quel lato del cast adibito ai siparietti più leggeri. Così Rat-Man emerge finalmente per quello che da sempre Leo ha voluto che fosse: non un fumetto con due anime in conflitto, ma una grande favola, fatta di luce e di ombra.

Rat-Man come Bone, Leo come Jeff Smith, altro grande miscelatore di stili e registri. E nel vedere il corpo straziato a terra di Tòpin è impossibile non ripensare a Briar e ad altre disturbanti figure viste tra le pagine di quella grande saga. Lo stile di Ortolani, fintamente naif, si è in realtà evoluto nel tempo, arrivando a donarci lungo tutta questa ultima saga delle immagini davvero d’impatto. La capacità di giocare col nero, coi tratteggi, con le masse e i contrasti, in direzione di una sintesi grafica sempre più elegante, sempre più asciutta, ha dell’incredibile. La Luce di Leo è luminosa davvero, i suoi mostri davvero spaventosi. Altro che musi da scimmia, lol, qui c’è arte grafica di livello altissimo.

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Belle anche le tematiche, i concetti e i colpi di scena. L’abuso del supereroismo, l’inflazionarsi dei supereroi oltre che costituire un’arguta satira editoriale, si trasforma in una parabola sulla deresponsabilizzazione dell’individuo. Le rivelazioni viste sul penultimo numero a proposito della doppia natura del muro d’ombra, il vero motivo dietro l’attentato alla Cattedrale che uccise i primi eroi o il senso del rifiuto del Pipistrello a prestarsi ai fumetti, filano davvero molto bene e sembrano pensate dal principio. C’è contenuto, senso dello spettacolo e emerge pure una tendenza alla pianificazione che quasi sorprende, se si pensa alle recenti tendenze improvvisatrici di Leo.

Poi qualcosa di poco chiaro c’è, eh! Nella scena della confessione Rat-Man rivela di aver saputo da tempo che Aima era viva, e viene sviluppato il tema della “colpa”. Ma non si capisce bene da quanto lo sapesse, come l’avesse scoperto, cosa andasse ritenuto “vero” di ciò che abbiamo letto, e cosa invece fosse un “filtro fumettistico”. Lo stesso vale per alcune storie antiche come la “Trilogia del Ragno” o “L’Incredibile Ik”. Queste dinamiche andranno sicuramente spiegate meglio, e probabilmente lo saranno, nelle future interviste, tipo quella storica che abbiamo fatto nel 2012. Di spunti di discussione, poi, se ne potrebbero lanciare moltissimi, compreso quello sull’ideale ordine di lettura, i titoli ufficiali delle saghe o l’organizzazione che dovrebbe avere il materiale nell’ottica di una futura ristampona definitiva (No, Leo, il Gigante è troppo pasticciato e non ci piace). Insomma di motivi per continuare a parlare di Rat-Man, per celebrare degnamente questo unicum del fumetto mondiale ce ne sono e ce ne saranno. Le chiacchiere miopi, le attese snervanti, le polemiche dei disattenti gradualmente svaniranno dalla memoria, lasciandoci in mano solo un fumetto di immenso valore. Non smetteremo tanto presto di analizzare, ricordare e rileggere l’opera di Leo Ortolani. E la cosa più bella di questi approfondimenti è che non li faremo a vuoto. Ne varrà assolutamente la pena.

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