Il Ritorno del Professor Layton???

H2x1_3DS_LaytonsMysteryJourneyKatrielleAndTheMillionairesConspiracy_itIT_image1600wPrima di tutto un po’ di storia. La serie del Professor Layton era nata ai tempi del DS grazie al genio di Level 5, che aveva avuto il coraggio di mescolare semplice enigmistica e stile illustrativo europeo, dando vita alle avventure di un personaggio davvero fantastico. Hershel Layton era un professore/investigatore bonario, posato, tenerissimo, la cui quasi eccessiva cordialità nascondeva una bonaria presa in giro all’etichetta dei gentiluomini londinesi. Le sue avventure (una trilogia “originale”, una trilogia “prequel” e un lungometraggio animato) erano surreali, a tratti demenziali, ma sempre coinvolgenti, emotive e narrate tramite sequenze animate di ottimo livello. Una ricetta così riuscita che gli enigmi passavano in secondo piano, data la forza del personaggio, delle atmosfere e della trama orizzontale che titolo dopo titolo si andava a dipanare.

La freschezza di questa formula di gioco però andò a scemare dopo i primi capitoli, e giunti alla sesta uscita tutta l’impalcatura di gameplay iniziava ad apparire… stanca. Niente di troppo preoccupante, perché perlomeno la cornice narrativa rimaneva ancora saldamente in piedi, raccontando una storia articolata e emozionante.

Poi il franchise venne messo in letargo. Uscirono giochilli alternativi, spinoff, e cose un po’ sui generis, ma niente che potesse essere considerato il vero e proprio “settimo Layton”, almeno fino al 2017, quando “Layton’s Mistery Journey: Katrielle e il Complotto dei Milionari” irrompe con il fermo proposito di dare inizio alla nuova epoca per il brand. La nuova era porta con sé alcune differenze. Tanto per cominciare, il gioco viene sviluppato in primis per il mercato mobile, e solo successivamente portato su 3DS.
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Questo comporta una leggera revisione della formula di gioco, fatta per adeguarsi al nuovo scenario. Il gameplay rimane assolutamente e testardamente identico al solito, ma la trama non prevede un unico caso bensì dodici mini-indagini autoconclusive, narrate come se fossero episodi di una serie televisiva. Infine, la protagonista questa volta è… la figlia di Layton, dato che il padre è misteriosamente sparito.

In linea di principio, nessuno di questi presupposti è sufficiente a minare il risultato finale. Spostare l’attenzione su un’eventuale nuova generazione può aver senso, come anche parcellizzare la trama, cosa peraltro molto comoda al momento di tornare a visitare i casi vecchi per raccogliere enigmi e monete rimaste indietro. Eppure il risultato finale costituisce uno dei più efferati tradimenti nella storia dei franchise d’intrattenimento. Layton’s Mistery Journey è un titolo sbagliato sotto quasi tutti i punti di vista, e un passo indietro clamoroso nell’evoluzione di questo universo narrativo, che molto difficilmente potrà risollevarsi dopo un simile scivolone.

Del gameplay non c’è assolutamente molto da dire. Gli enigmi sono i soliti, i minigiochi con cui alternarli hanno sempre la stessa impostazione, tutto è identico al solito, se non per la maggior comodità data dalla riesplorazione dei vecchi casi e i praticissimi contatori di completamento monete/enigmi. Il problema è narrativo. Trama, personaggi, sceneggiatura, contenuti sono un disastro, senza se e senza ma.
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Cominciamo dai personaggi. Prendere una serie che si basa sul carismatico Hershel Layton, e sul sottile e paradossale humor che il personaggio porta con sé, e toglierlo di mezzo può essere coraggioso. Ma se al suo posto spunta una ragazzina la cui unica gag ricorrente è essere… una mangiona (!) allora la scelta non è coraggiosa, è stupida. Gli altri membri del cast sono insipidi allo stesso modo: il suo assistente friendzonato e il cane parlante e malinconico che le rimprovera di essere mangiona. Il resto del cast del gioco è adeguato a questa rielaborazione infantilizzata di questo universo narrativo, e ormai quel sapore alla Chomet che si respirava anni fa è del tutto svanito anche dall’impostazione grafica. Inoltre i dialoghi sono insopportabili, poco divertenti, prolissi. E’ chiaro che alla base di tutto c’è l’idea di rivolgersi ad un pubblico differente.

Veniamo ai casi. Tremendi. Nell’80% delle volte il mood è praticamente sempre il seguente: il furto non è mai avvenuto, oppure è avvenuto ma è stato solo uno scherzetto a fin di bene di qualcuno che desiderava solo un caldo abbraccio. Non sto dicendo che i misteri dell’esalogia originale avessero sempre una risoluzione credibile/adeguata ma almeno c’era una costruzione emotiva tale che quando arrivavi alla fine non ti lasciava mai indifferente la risoluzione. Ma l’involuzione totale avuta da personaggi e storie mi ha portato a fare ciò che non avrei mai pensato di fare durante un Layton: scorrere i dialoghi a volo d’uccello, skippare descrizioni e chiacchiere noiosissime per arrivare il prima possibile ai cari vecchi enigmi.
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Infine, la trama orizzontale. Ecco un altro problema non da poco. Gli 11 casi che precedono quello conclusivo costruiscono setting e personaggi per arrivare al 12esimo caso, e creare così una sorta di climax che coinvolga tutti. Ma la cosa non funziona molto bene, perché la costruzione è davvero minima, non indirizza veramente verso un’indagine, né fornisce un sostrato emotivo. Ma il vero guaio di questa gestione dell’elemento orizzontale risiede altrove, ovvero nel mancato rispetto delle aspettative del giocatore e nel tradimento stesso dei presupposti iniziali. Due sono gli elementi che mettono in moto la storia e le motivazioni di Katrielle: risolvere il mistero dell’amnesia del cane parlante, e capire che fine ha fatto il padre. Entrambe le storyline non vengono assolutamente portate a compimento ma accantonate e rimandate al futuro del franchise, preferendo mantenere il focus sulle “interessanti” vicende di questo titolo. E sebbene in altri medium questa scelta sadica può aver senso e funzionare, dato che disattende le aspettative del pubblico rifiutando il fanservice, in questa particolare casistica non solo non funziona ma priva il gioco della sua ragion d’essere, rendendolo un’irritante e inutile parentesi. Non stiamo parlando di episodi di una serie che vanno visti con pazienza, settimana dopo settimana. Sono giochi, costano soldi e occupano tempo, per cui questo tipo di scelta è inaccettabile.

Layton’s Mistery Journey si propone dunque come prosecuzione di un franchise di cui costituisce un brutale travisamento. Certo, c’è ancora margine per risalire la china. Riprendere le vicende di Layton, Luke, Flora ed Emmy integrandole a questo nuovo scenario, mutando la prospettiva e rendendo dunque la storia di Katrielle un capitolo di transizione. Se la serie approdasse su Switch il potenziale per riabilitarla, andando a sopperire alle mancanze ci sarebbe anche. La paura è che questo calo di ispirazione (che già si avvertiva all’epoca durante i prequel) ormai sia congenito, e che a Level 5 manchi proprio la creatività per tornare a far risplendere le avventure del caro professore.
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