Zerocalcare 2021: L’Illusione della Vita

Come ho fatto l’anno scorso, ho avvertito anche stavolta l’esigenza di cumulare in un pezzo “generale” le mie riflessioni sull’opera calcarea del 2021. Anche perché alla fine quest’anno tutto ruota intorno ad una cosa sola. Che non è una cosetta, ma una cosona.

Niente di Nuovo sul Fronte di Rebibbia (Bao)

Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia : Zerocalcare: Amazon.it: Libri

Ecco, allora. C’è una cosa che ho da subito apprezzato della strategia editoriale di Foschini: l’ordine. Se ti piace un autore della loro scuderia e te lo vuoi seguire per intero, non serve fare troppi girotondi per raccoglierne l’opera, pubblicata in modo dispersivo di qua e di là. Stai pur certo che presto o tardi quel che è possibile raccogliere sarà raccolto in qualche loro elegante volume. Questo nuovo libro di storie brevi sarebbe “l’erede” dei tre antologici: Ogni Maledetto Lunedì su Due, L’Elenco Telefonico degli Accolli e La Scuola di Pizze in Faccia del Professor Calcare. I primi due raccoglievano le storie apparse sul suo blog, il terzo aggiungeva al conto anche quelle pubblicate per altri committenti. In ognuno di quei tre volumi le storielle erano collegate insieme da pagine inedite di raccordo, che ne “inquadravano” il contesto, il momento creativo. In questo quarto antologico il mezzuccio viene meno, la storia di raccordo sparisce, e vengono semplicemente riunite – in modo molto sobrio – le sue storie più “politiche” apparse su Internazionale e L’Espresso durante l’ultimo anno di attività. Sono quattro: Lontano degli Occhi, Lontano dal Cuore (dicembre 2020), Romanzo Sanitario (marzo 2021), La Dittatura Immaginaria (maggio 2021), Etichette (luglio 2021). Tutto ottimo materiale, a patto di tenere bene in mente che è un Calcare un pelo più impegnato di quello su cui generalmente si fanno i meme stile omg è proprio come me compagno di disagio generazionaleblabla. Una cosa nuova però c’è e non è una storia di collegamento. E’ qualcosa di meglio, una quinta storia posta in coda alle altre, che con le sue novanta pagine giustifica l’acquisto del volume anche se si dovesse avere già il resto. Si tratta de Il Castello di Cartone, una sorta di maxi making of alla maniera di Calcare della sua serie tv per Netflix. Niente di troppo tecnico o divulgativo, non è un diario di produzione, ma una calcarata intimista in piena regola con lui che descrive in primis i suoi processi mentali travestendoli da mostroni, come del resto ha sempre fatto. Calcare mette le mani avanti, come sempre, ora più che mai, ma nel far questo riesce comunque a trasmetterci un’immagine di sé che è puro ossigeno per uno che come lui soffre la sindrome dell’impostore: quello di una persona integra. Missione compiuta, quindi. Ma com’è questa benedetta serie?

Strappare Lungo i Bordi (Netflix)

Strappare lungo i bordi: il trailer ufficiale della serie Netflix di  Zerocalcare

Ne sto scrivendo a un mese dalla sua uscita, quando ormai si sa come è andata: benissimo. Ma proprio bene bene, è diventata un piccolo fenomeno, ha innaffiato il web di meme a tema, è stata al centro di svariati dibattiti, ha fatto conoscere il suo autore fuori dal solito orticello e ha pure fatto un gran bene alla percezione generale di fumetto e animazione.

Michele Rech ha un modo di parlare, ragionare e mettere in scena la sua cosa che non è solo molto efficace. E’ penetrante. Calcare ti penetra, culturalmente, emotivamente. Ci si sente quasi violati. E il bello è che è palese che non gli sia ben chiaro come mai questa cosa gli funzioni, e forse è proprio per questo che funziona. Non gli è chiaro, e quindi non c’è niente di posticcio, di tattico. Lui piscia perché gli scappa, mica per altro. Così, filo diretto, tra te e il suo intestino. Viscerale e senza filtri. E anche quando mette le mani avanti, fa parte dello stesso flusso. Ecco perché chi critica il fatto che doppi tutto lui, che sia tutto in romano sbiasciato, che sia un velocissimo stream of consciousness, fondamentalmente ci ha capito poco. Non poteva essere che così. Aggiungi un filtro, anche piccolo e gli inibisci la vescica. Non è più la stessa cosa. E che questo cartone animato potesse sembrare “la stessa cosa” dei fumetti, era un po’ la Grande Scommessa, l’Attesa al Varco.

La curiosità stava tutta nella forma più che nei contenuti. Quelli tanto li conosciamo, sono molto validi. Michele è arguto, sa far ridere, è più bravo a costruire e collegare cose di quanto lui stesso non ammetta ed è fra i pochi in grado di farti passare dal riso alla lacrima in maniera improvvisa e nel contempo naturale. Strappare Lungo i Bordi è una cornucopia di roba, ma è una cornucopia quanto lo era qualsiasi altro suo libro pubblicato da dieci anni a questa parte. Tutte le volte è così, riesce a farci stare così tanta roba che ognuno di essi, se il mondo leggesse di più, potrebbe rivelarsi una perfetta macchina da meme, quanto lo è stata Strappare Lungo i Bordi.

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Ma non c’erano garanzie sulla forma. Anzi, animazione italiana e adattamenti da fumetti famosi non è che sia mai stato un binomio vincente. Io me lo ricordo il cartone di Lupo Alberto, quello di Rat-Man e anche altro. Tutta roba che, anche quando era prodotta al top della buona fede, aveva sempre qualcosa di guasto. Te ne accorgevi che qualcuno si era messo in mezzo a qualche livello della catena. Un anello debole di qua, un compromesso di là, un budget che non siamo mica gli americani, un’edulcorazione perché dopotutto c’è comunque di mezzo la Rai, signora mia. E alla fine un bell’applauso allo sforzo produttivo, all’industria italiana, a questa grande squadra artigiana e ai maestri Straffi e D’Alò. Ecco, no. Qui qualcuno ha avuto l’intelligenza di capire che mettere in piedi un Calcare di plastica sarebbe stato un suicidio. 

Strappare lungo i bordi: la serie di Zerocalcare è una psicanalisi  collettiva | DavideMaggio.it

E così abbiamo avuto questo concetto nuovo chiamato “tempi comici”. Sul serio, non ci potevo credere. I personaggi parlavano, si rispondevano, si rimpallavano le battute mentre le immagini passavano sullo schermo al ritmo giusto, visualizzando l’umorismo dei contenuti in modo che suonasse sempre calibrato. E funzionava tutto: il flow di Calcare che ti rutta in faccia tutto quello che gli passa per la testa, l’umorismo intrinseco di quello che diceva, l’armadillo che va a letto e spegne la luce. Non ci si poteva credere, erano le cazzo di pagine a fumetti che prendevano vita. E ok, io magari gridavo al miracolo perché avevo i traumi del passato, ma se la gente ha reagito, ci ha fatto i meme, le clippine su youtube e via dicendo significa che questo senso di quadratura l’hanno inconsciamente percepito un po’ tutti. E non serve essere espertoni con la erre moscia. Semplicemente se il tempo comico non funziona, non ridi, non te ne frega niente, non fai i meme.

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E scava scava arriviamo ad un altro strato della faccenda. Che magari interessa solo a me, ma tant’è. L’animazione. Eccoci qua, al mio tallone d’Achille. Ed è lì che io mi rivelo il cacacazzi per eccellenza, perché se ti nutri di Disney e nine old men per quasi quattro decenni, poi non ti accontenti di niente di meno. Al netto del fatto, che mai mi sarei aspettato che una produzione italiana, pure televisiva potesse rivaleggiare coi modelli sacri che ho in testa, immaginate il mio stupore quando ho visto i personaggi fare le mossette. Mi spiego meglio: Frank & Ollie dicevano che, al netto di tutto, ciò che davvero conta nell’animazione è l’illusione della vita. In pratica lo spettatore, per potersi davvero legare a quello che vede su schermo, deve avere una parvenza di credibilità. E per raggiungerla tu, da animatore, devi focalizzarti non tanto sulle azioni in sé del personaggio, ma su quello che gli passa per la testa. E qui entrano in gioco i dettagli: il rapido muoversi di una pupilla, un tic, un movimento inconsulto, una nevrosi. Basta poco a far sembrare che il disegno sia vivo, ma in quel poco spesso ci si gioca tutto. Strappare Lungo i Bordi non avrà il budget di un kolossal americano ma è pieno zeppo di queste finezze recitative qui. Calcare imbarazzatissimo che si svincola dalla tipa per non sembrare troppo cotto, il tipaccio che esce dal cesso e ringhia alzando la testa con quel movimento lentissimo lì, e in generale la gestione 1:1 dei movimenti delle mani quando vedi Zero o l’Armadillo spiegarsi, gesticolando in modo realistico. E chissà che altro dimentico. Quindi sì, bravi quelli di Movimenti+DogHead, bravo Netflix e bravo Michele, che sicuramente la fissa su queste cazzatine che cazzatine non sono di sicuro ce l’ha.

Strappare lungo i bordi" tra sottoculture e identità generazionale

Strappare Lungo i Bordi è un risultatone. Lo è per la bella storia che racconta, che davvero non gli si può dire niente. Lo è per il modo in cui introduce quel “verismo recitativo” tutto italiano che è praticamente una cosa nuova nel mondo dell’animazione. E lo è perché, come scrissi, a caldo immediatamente dopo averlo visto:

Credo non ci sia molto altro da dire. Grazie a Michele, alla Bao, a Movimenti, a DogHead, a Mastandrea, a Giancane e a tutti quelli che hanno reso possibile il fatto che da oggi in poi io possa parlare di questa roba qua anche con mia nonna morta. Haut le Coers!