La Tana del Sollazzo @ Lucca Comics and Games 2022

Prologo

Una bella mattina di metà ottobre mi sveglio e trovo un messaggio da parte del padrone della casa che abbiamo affittato a Viareggio per la Lucca 2022, quella del grande ritorno post pandemia, che dice più o meno così “ah lol ciao scus c’ho cazzi, ti rimborso, cerca altrove”. Chiunque abbia una mezza infarinatura di come funziona il LuccaComics, con le sue tempistiche e criticità, sa bene che implicazioni abbia tutto ciò. Tirarsi indietro a due settimane dalla partenza, senza fornire concrete soluzioni alternative, è un qualcosa che chiama vendetta, altro che un semplice rimborso. E al di là delle minacce e dei dissapori seguiti via messaggio era chiaro che ci sarebbe toccato smazzarcela da soli e trovare in fretta un ripiego. Furono giorni focosi, frenetici e disagevoli, e in breve ci accorgemmo che questo comportamento era la prassi: le piattaforme accettavano le prenotazioni fingendo che fosse tutto ok e solo in un secondo momento i proprietari davano la smentita e ti rimborsavano. Finché a pochi giorni dal decollo spunta un inequivocabile “ok”, pronunciato da un figuro che per questioni di privacy chiameremo Re Ghiaccio. 


Lucca e l’anniversario del Sollazzo notoriamente coincidono, e nel caso di quest’anno siamo arrivati a 17 anni, che nel reame dell’internet, in cui tutto muore dopo tre mesi non sono neanche pochi. La scheda tecnica dei quattro esemplari di questa diciassettesima gen che compongono il team è la seguente: Jk, o Jihed Khaled o Jay Kappa, un uomo con diversi nomi ma sempre con le stesse iniziali. Disegnatore, saggista, articolista ma soprattutto un fottuto frequentatore del fandom disneyano. Dove per fandom disneyano si intende proprio tutto quello che la rete offre, da Sollazzo al Papersera, passando per Ventenni e chissà che altro. Se c’è bisogno di una consulenza sull’aspetto sociale di questo sottobosco disneyano ho capito che devo chiedere a Jk. Poi c’è Massimo, in arte Sommo Zotnam, che è l’incarnazione umana della canzone di Ligabue “i duri hanno due cuori”. Un tipo caloroso, questo Massimo. Negli anni l’ho visto incazzato, l’ho visto gioioso, l’ho visto appassionato… ma in ogni caso lo era sempre un po’ più della media. Ah ecco, per una maggior accuratezza di questo resoconto aggiungo che Massimo russa anche un po’ più della media, dettaglio che ora sarà inutile ma prendiamolo come un fucile di Checov. E poi ecco Goldensun, sguardo furbo, palpebre a mezz’asta e sorriso obliquo: un utente famigerato, dagli inquietanti trascorsi internettiani e un curriculum di ban che spaventerebbe Gambadilegno. Ma anche lui ha un lato tenero, ed è l’ultimo componente della squadra: il fratellino Zygoon. In sua presenza Goldensun diventa un potente essere di luce, redento, puro e bellissimo. Il fratello maggiore che tutti vorrebbero avere e che io non sono mai riuscito a essere.  


Primo Giorno: Presagi e Disagi


Il primo giorno di Lucca me lo passo a Lucca. Che detta così pare una tautologia, ma in realtà no, visto che negli anni facevo tappa a Firenze per andare dalla zia, che però dopo quasi vent’anni è ormai poco raggiungibile. Il primo impatto è… positivo! Quanto tempo che non ci andavo. Dopotutto nei due anni pandemici avevamo fatto Lucca a Padova e Lucca a Milano, ma era del 2019 che non si faceva Lucca a Lucca. Inoltre mi sento leggero, allegro. Raccatto Jk e i gemelli Goldensun, mollo i bagagli al deposito e me la giro in completa libertà. C’è però una leggera differenza: quest’anno Panini non è al solito posto, a poca distanza da Piazza Napoleone. Si sono ingranditi, si sono presi un palazzo intero e per raggiungerlo tocca camminare un pochino di più. Non un grande problema, credevo, in quell’ingenuo primo giorno.


Arrivo allo stand e… bé. Quante cose sono cambiate in pochi anni, quanta acqua sotto i ponti è passata dall’epoca pre-panini, quando lo stand era una sorta di spazio giochi. Quel che vedo adesso è uno sconfinato bancone su cui viene esposta la crema fumettistica disneyana, tutta rilegata insieme in un florilegio di formati lussuosi e curati. Se il me stesso 2005 avesse visto tutto questo sarebbe come minimo morto d’infarto. 


Buona parte di queste meraviglie entra subito a far parte del mio bottino lucchese:


Pk Giant – Angus Special Edition, di cui ho personalmente curato l’apparato redazionale. Praticamente un saggio breve di sette pagine firmato da me. Non potevo non consigliarlo a me stesso.

Topolino e la Marea dei Secoli. Il primo numero di una collection dedicata a Casty, doveroso.

Topolino e il Cerchio del Tempo. Una Deluxe che è anche un inedito, che è anche un clamoroso caso editoriale che anni fa sollevò un discreto polverone.

Una Leggendaria Notte Qualunque / Zona Franca. La Deluxe che raccoglie le ultime due storie di PKNE che erano rimaste fuori.

Il Principio di Voyda. Che è… tipo il nuovo Pk.

Il nuovo Topolino Extra a tema Vertigo, altra bella collana che seguo.

I nuovi volumi delle integrali Fantagraphics e Idw dedicate a Gottfredson, Barks, Don Rosa e Al Taliaferro, praticamente quanto di più obbligatorio e prioritario possa esistere in assoluto a firma Disney. Quattro tomi che vanno presi subito senza passare dal via.

Ma è quando il malloppo mi viene messo tra le mani, nella sua ampia busta, che vengo investito dal suo peso e da un presagio. E questo presagio mi accompagna per tutto il resto del primo giorno, quando realizzo quanto non sia stato propriamente geniale prendere tutta quella roba subito e in un colpo solo, con poche ore di sonno dietro me, e davanti a me ancora tutto il percorso fino alla Tana. Di cose da fare ce ne sono ancora parecchie, la conferenza con Bertani, Mastantuono e Gervasio, ad esempio, o il ricongiungimento con Massimo che ci aspetta a Viareggio, la prima spesa al supermercato locale tutti insieme e infine il calvario supremo: la ricerca della casa, che è situata a più di una ventina di minuti a piedi dalla stazione, dalle parti della spiaggia, oltre ponti e brughiere sabbiose. In altre epoche i padroni di casa ci venivano spesso a prendere e ci conducevano personalmente alle magioni affittate, ma Re Ghiaccio si rifiuta: prima ci chiede di essere tutti presenti al check-in e poi marca visita, lasciandoci la chiave in una cassetta di sicurezza. Insomma, ce la dobbiamo fare a piedi, con trolley, bagagli, spesa e un notevole carico di letteratura disegnata a impicciare. All’arrivo non abbiamo nemmeno la forza di metterci a cucinare, per cui scendiamo a farci un panino onto alla taverna di Poldo sotto casa (giuro che era quello il nome). Di una cosa però ci accorgiamo: Re Ghiaccio non ci ha fatto trovare le coperte. Al loro posto delle lenzuola ruvide. “Va bene così, tanto fa caldo ed è come se fossero coperte”, scrive. Ma è quando alla fine della giornata casco stremato a letto e scopro la potenza del russare di Massimo che il presagio si manifesta di nuovo, luttuoso e potente: è iniziata la Lucca del mancato riposo, delle barriere logistiche, della fatica e dell’escursione termica.


E’ iniziata la Lucca delle Sbatte.

Secondo Giorno: S’era d’Agosto

Dormito poco e male. Le ore di sonno che speravo di recuperare dal giorno prima, dovute alla levataccia della partenza per Lucca non sono state recuperate, ma se ne sono aggiunte altre. Non c’è tempo da perdere neanche oggi: dobbiamo essere in fiera intorno all’ora di pranzo, perché dobbiamo accompagnare Jk ad un incontro. E per arrivare in tempo bisogna calcolare diverse cose: colazioni, docce uno alla volta, venti minuti di tragitto fino alla stazione di Viareggio, viaggio in treno e percorso fino alla fiera. Che detta così è terrificante, ma in passato ce la si è sempre fatta senza problemi e le uniche cose nuove sono quella lunga passeggiata. E il debito di sonno. E l’acido lattico dovuto allo sforzo del giorno prima. 


E il sole.


Ecco, questa cosa non l’ho mica tanto capita, ma in un disperato tentativo di combattere gli stereotipi sul classico clima piovoso, Lucca decide che è estate. Tocca legarsi il giacchino sul ventre come ai tempi delle gite scolastiche delle medie, e sudare forte. Tantopiù che è sabato, il giorno in cui storicamente la fiera viene presa d’assalto e diventa invivibile. In quell’allegro caos passo al padiglione Napoleone con gli editori grossi e poi ancora alla Panini, così aggiungo al mio bottino qualcos’altro, che non si sa mai, ho così poco da leggere a casa:


L’ultimo numero di Monster Allergy Evolution, che era uscito appena prima della pandemia, me l’ero perso e andava recuperato. Lo compro allo stand Tunué direttamente dalle manine dorate dei figli di Artibani,

Musa, l’artbook di Ortolani, che mi viene scontato allo stand Feltrinelli dalla magica voce di Tito Faraci.

Papersera News alla Panini, unico Topolino Extra Edition che la mia fumetteria a Padova non aveva nemmeno mai ricevuto e che finalmente trovo.

Avarat a colori. In genere non ricompro due volte le parodie di Leo, ma se l’originale me lo fai con gli occhialini rossi e blu è una cosa che grida vendetta e ricomprarlo è doveroso.


In questi giri trovo molta gente, oltre ai citati c’è il solito Zerocalcare, senza il quale non è Lucca, e la tenera Silvia Ziche, Nel frattempo però Jk è momentaneamente uscito di scena, ed è stato recastato da Franz Manuzzi, che preleviamo rapacemente e aggreghiamo immediatamente al gruppo. 

Se il Sollazzo fosse il villaggio dei Puffi, Manuzzi sarebbe il Puffo Ansioso, sempre preoccupato di qualcosa, con l’apocalisse negli occhi. L’incontro con lui non smentisce questa cosa, o forse ha ragione Manuzzi e l’apocalisse siamo noi. Manuzzi suda, per il caldo, per la paura di essere diviso dal gruppo con cui si trovava già a Lucca, per la fatica dovuta alle stressanti code, e con lui sudiamo noi mentre ci avviciniamo al padiglione del Games per mangiare. 


E lì in pratica inizio a capire cosa mi sta affaticando tanto di questa Lucca. Lo capisco mentre cerco goffamente di ordinarmi da mangiare. Un tempo ti buttavi un po’ dove ti pareva, ti lasciavi incuriosire dal chioschetto all’angolo, che vendesse panini, pannocchie, ramen o chissà che altro, poi ti sedevi con gli amici per terra e gnam. Ora ogni singola mossa è come “regolamentata”, c’è sempre un passettino in più da compiere per capire meglio il da farsi. Forse questa è evoluzione, forse involuzione, non è chiaro. So però che la moneta corrente è il TOKEN e prima di avvicinarsi ai chioschi devo fare la coda per convertire gli euro, tenendo però ben presente quello che credo di volere, leggendolo dai menu. Poi una volta presi i token bisogna individuare il chiosco che vende il prodotto che volevi, fare di nuovo la mini-coda per convertire il token in scontrino, farne un’altra per ricevere il panino. E poi accorgerti che l’acqua la vendono in tutt’altro chiosco e ripetere daccapo la procedura, fino al problema successivo che è il trovarsi un posto a sedere. 


E vaffanculo.


Si è rotta Lucca? Mi sono rotto io? Mentre rimugino su questo, il panino mi si sfalda tra le mani e mi ritrovo cosparso di salsa e privo di salviette, che probabilmente distribuivano dall’altra parte della città in un chiosco apposito, con moneta apposita. Poi mi si sfalda tra le mani anche Manuzzi, che esaurisce il suo tempo con noi e viene velocemente recastato da Jk, che torna in tempo per un giro al games. 


Il resto della giornata è in linea con questo livello di disagio. Code, fatica, caldo, barriere, e ovviamente il ritorno in Tana con la stazione di Lucca trasformata da un sistema di corsie sfollagente degna delle attrazioni di un parco a tema. Quella sera riusciamo finalmente a cucinarci una pasta al sugo, e mangiarla assieme, e così – come da tradizione per ogni anniversario da 17 anni a questa parte – decido di essere Nonna Papera e raccontare a tutti loro l’origine del Sollazzo, nella ormai leggendaria Lucca 2005. Una Lucca epica e tragica, incredibile, con un racconto fatto di fughe, umiliazioni, schizzi di vomito e ubriachezza molesta. 


Ricordi lontani sui quali ormai si ride, certi che da qui in poi questa magica città saprà darci solo gioia.


E invece.


Terzo Giorno: Into the Bertaniverse

Per la terza notte di fila il proposito di saldare il debito di sonno sfuma miseramente. E non è colpa solo del russare di Massimo, ma anche degli orari un po’ antipatichini che ci siamo imposti. In questa terza giornata è previsto l’incontro con il cast di Rings of Power… alle 11.00, per cui dobbiamo essere in fiera addirittura un’ora prima di ieri. Insomma, non ci sarà ampio tempo. E così la carovana si mette in moto con adeguato anticipo, ma a quel punto il mio corpo decide di darmi il primo segnale di sciopero per dirmi che, no, sto sbagliando tutto: la gola inizia a bruciare. Non che il resto vada meglio, la stazione di Viareggio viene presa d’assalto e finisce che perdiamo ben due treni per Lucca, che partono simultaneamente senza di noi. Per scongiurare la sorte decido addirittura di improvvisarmi Legolas e provare a scivolare in modo stiloso su una rampa per superare tutti, ma finisco per andare a sbattere a tutta velocità contro un palo, guadagnandoci un bagno di umiltà e la consapevolezza che vado su per quarant’anni. Il pulsare del mio ginocchio continuerà a confermarmi per tutto il resto della giornata che sto davvero sbagliando tutto.

Ovviamente l’incontro col cast è sfumato, la levataccia l’abbiamo fatta a vuoto, e non rimane che la fiera… che però è praticamente innavigabile. L’epoca d’oro delle Lucche fluide, in cui con un salto stavi in Disney e con un altro alla Bao, con un braccio compravi un fumetto e con l’altro stringevi la mano all’autore amico sembrerebbe essere un qualcosa di cui serbo memoria solo io. Jk mi dice attento, che questa botta di nostalgia potrebbe essere un sintomo di vecchiaia, e il mio ginocchio gli dà ragione. 

Poi però le interazioni fighe arrivano e si rivelano decisamente corpose. Alex Bertani apre le danze e ci regala una chiacchierata lunga. Ma lunga bene, non lunga sbrodolata. Tocchiamo diversi punti, mentre attorno a noi si radunano diversi altri esponenti del fandom disneyano, da Bramo a Garalla, passando per Pacuvio. E sono punti interessanti, una prospettiva completa sulla situazione editoriale fumettistica disneyana, raccontata in modo chiaro e diretto. Che Bertani abbia una visione è una cosa che si è capita sin dal principio, ma strada facendo è emerso anche che ha il senso pratico per concretizzarne buona parte. E per quel che mi riguarda si è guadagnato tutta la fiducia possibile. 

Poi in Piazza Napoleone ci incontriamo con il secondo grande interlocutore della giornata, quel Francesco Vacca che durante l’estate ha firmato la riuscitissima Minaccia dallo Spazio insieme a Casty. Non è il primo grande crossover della storia disneyana, ma è il primo ad esser stato fatto con un’impostazione così sincretistica, tenendo conto di un così gran numero di personaggi e situazioni. Ma soprattutto, tenendo conto del fatto che il cast disneyano non è solo “l’allegra banda Disney” che si muove in blocco, come ai tempi di Scarpa, ma un gruppo di individui con interessi e competenze diverse, a cui va trovato posto nella trama attraverso ragionamenti molto specifici e diversi. Con Vacca parliamo a lungo di questa e altre questioni e lui si illumina, pieno di entusiasmo. Un appassionante appassionato, capace di trasmetterti la sua energia. Alla fine della chiacchierata ci salutiamo, tutti un po’ più convinti che Topolino, Pippo e Paperino esistano per davvero. Di Super Gilberto, invece, non siamo mica tanto sicuri, spiaze.

E poi nell’erba alta appare un Nucci selvatico. Vederlo è spiazzante, dato che nell’ultimo paio d’anni Nucci è stato un po’ il grande protagonista del rinnovo del Topo bertaniano, ma non eravamo mai riusciti a interagirci umanamente. Nucci ha un qualcosa di Desmond, uno dei migliori personaggi dell’indimenticato Lost. Sarà la forma del viso, o quell’atteggiamento da “faccio roba bella ma tengo un profilo basso”. Conoscerlo mi dà finalmente l’occasione per congratularmi con lui per diverse cose: Vertigo, Hatequack, Macchia Nera, le Cento Porte, la storia di Nonna Papera, Rockerduck e altro ancora. Nucci in pochi mesi ha fatto tanto, ma soprattutto ha sparato in diverse direzioni, prendendoci quasi sempre. Ha usato molti personaggi, sperimentato vari generi, mostrando una certa passione per le atmosfere sinistre, la narrazione intimista e il caro vecchio umorismo. Glielo dico, un po’ si imbarazza ma sotto i baffi sorride.

Quel giorno non compro niente, mi faccio bastare l’interazione umana. E una volta ottenuta, mi arrendo. Alla fatica, agli acciacchi, alla sfiga e al totale e completo stravolgimento del fenotipo della stazione di Lucca, che richiede oltre un’ora di dolorosa coda per raggiungere i treni. Che a loro volta si faranno attendere per un’altra mezz’ora. Poi dalla stazione di Viareggio a casa la solita passeggiatona sofferente. Re Ghiaccio nel frattempo ci scrive che durante la giornata è passato a casa a portarci le coperte… ma che poi ha cambiato idea e se le è portate via, poiché ha ritenuto che le lenzuola ruvide che ci ha lasciato fossero sufficientemente calde. E così non ci resta che tremare, confezionarci da soli le coltri sfruttando ogni tessuto disponibile in giro e sperare di riuscire a riposare abbastanza per sopravvivere al giorno successivo.

E vi spoilerò già che Massimo continuerà a russare, che l’appuntamento in fiera per la terza volta consecutiva arretrerà di un’altra ora, e che il mio stato di salute accuserà definitivamente il colpo.

Quarto Giorno: La Caduta




Alle 10.00 la conferenza di Bertani sulle novità Disney. Si decide di andare, e questo significa portare la sveglia indietro di un’altra ora, riducendo ulteriormente il margine per ripristinare punti salute. Massimo ha ovviamente russato, le lenzuola di Re Ghiaccio hanno fatto il resto, in totale credo di essermi fatto quattro ore di sonno per la quarta notte consecutiva. Al risveglio il mal di gola sembrerebbe aver lasciato il posto a quel senso di ubriachezza cogliona che anticipa/segue la febbre, ma ormai ho deciso di essere più macchina che uomo e di ignorare tutto. L’alternativa è porsi il problema, e porsi il problema significa fermare la macchina.

Arriviamo in tempo. E la conferenza va bene, molto bene. Massimo riesce a fare un reportage in diretta Telegram per @sollazzochat di ogni novità, e fra queste a colpire è soprattutto “Il Destino di Paperone” il preannunciato esordio di Celoni come autore completo. La storia si ripromette di agganciarsi al cliffhanger delle Lenticchie di Babilonia, capolavoro scarpiano il cui finale aperto aveva colpito parecchio il me di tanti anni fa. Non è facile trovare davvero margine per espandere un mondo come quello disneyano, dove si è detto così tanto, ma aver individuato un’area grigia così ghiotta è indice di un ragionamento fine, e io i ragionamenti fini li approvo. A fine conferenza due chiacchiere con Gervasio sulle due anime di Paperinik/Pk e come impedire che divergano troppo, in un Calisota narrativamente sempre più collegato. Argomentone, eh. Di quelli che ti fanno vibrare la pancia. Ma poi mi accorgo che non è colpa di Pk, è semplicemente che ho finito i punti salute. E non torneranno.

Ho la febbre. Ho abusato di me stesso e ora ne pago il fio. Ho la febbre a Lucca e ora sono cazzi amari. Mai avuta la febbre a Lucca e devo trovare una soluzione. Ho la febbre, la febbre a Lucca. Aiuto, la febbre. A Lucca. La prima cosa che mi viene da fare è cercare panchine dove sedermi, ma ogni volta che ne trovo una è sempre sotto il sole cocente. Allora provo a farmi strada tra la folla e cercarmi da bere e mangiare per avere energia. Pranzo con un panino in un bar, faccio merenda con del ramen caldo, provo a potenziarmi con delle Monster e del Bubble Tea. Tutto inutile. Mi rifugio dai privati, ma c’è ancora troppa ressa. Allora mi arrampico sopra le mura e provo a percorrerle passeggiando lentamente.

L’atmosfera è splendida, sembra di essere a Lorien, ci sono i cosplay e il clima è buono, ma la testa mi gira e avverto una sensazione surreale, come se mi stessi muovendo tra le sfere celesti del paradiso dantesco. Nel frattempo ci saluta Jk, con un giorno di anticipo, e rimango in compagnia di Massimo e dei fratelli Goldensun che con grande umanità decidono di percorrere la via crucis con me, facendomi sedere ogni duecento metri. Malgrado questo arriviamo nell’area della città dove gli altri anni c’era la Japan Town, e riesco a comprarmi un amiibo di Zelda, così per soddisfazione. Ci facciamo anche un panino sulle mura, così da fingere di esserci fatti una cena a Lucca.

Poi Massimo mi scorta fino a casa. La stazione la troviamo finalmente vuota, ma il treno arriva con un ritardo di un’ora, e nel frattempo inizia a fare freddo. Il tragitto fino a casa a piedi con la febbre è un capolavoro, e una volta giunto a destinazione… crollo sotto le coperte. Che non sono coperte bensì lenzuola, ok, ma che io incremento usando quelle abbandonate da Jk, l’amico ormai lontano.

E’ la notte di Halloween. La libreria sotto casa si trasforma per l’occasione in una discoteca. Massimo, non potendo fare altro, scende a farsi un balletto, mentre aspetta che lo raggiungano gli altri due per far serata. Io non posso fare niente di tutto questo, così entro in una sorta di sogno demoniaco: un tormentato dormiveglia febbricitante in cui percepisco il tunz sotto casa, tremo e sudo. Sogno senza dormire e dormo senza riposare, perso in un beffardo delirio febbrile, condito di rabbia e paura per come mi toccherà gestire le sbatte dell’ultimo giorno. Il check-out, il bagaglio, i treni regionali, tutto in queste condizioni.

Qualche ora dopo tornano gli amici. In qualche modo riesco ad alzarmi: Massimo mi cura con una tachipirina da mille, Goldensun con un paio di episodi di Boris 4, riuscendo a restituirmi le forze per farmi quantomeno la valigia. Domani sarà un altro giorno, probabilmente di merda, ma su una cosa tutti concordiamo: è finito il tempo delle levatacce. Comunichiamo a Re Ghiaccio che la sua ospitalità ci ha fatto ammalare e che il check out lo facciamo anche dopo le dieci, se ci gira.

Echeccazzo.

Quinto Giorno: Amabili Resti

E arriviamo così all’ultimo giorno di questa Lucca sciagurata. Mi sveglio tumefatto ma vivo, e non era scontato. Massimo però è domato. Durante le ore notturne ho capito che per spegnerne il russare devo fargli tante tenere carezzine e in effetti funziona: Massimo si sveglia tutto tenerello e mi offre le sue ultime tachipirine. Poi ci lascia e si ritrasforma in una scrittina telematica. Ciao Massimo, e insegna agli angeli a bestemmiare di notte.

Di fronte a me però c’è la sfida più grande. Penso, spero di potercela fare. Da quel che ho capito devo giocare una complessa partita a scacchi con la febbre, sapendo che mi salirà ad ogni sforzo o movimento dispersivo, per cui bisogna giostrarsela senza mai arrivare al game over. E questa giornata cercherà in ogni modo di farmi consumare energie, sin dal principio, con la missione più terrificante di tutte: il tragitto dalla casa alla stazione di Viareggio, con tutto il bagaglio accumulato nel frattempo. Provo in ogni modo a issare la borsa fumetti sopra il trolley ma il peso è troppo e ad ogni irregolarità del terreno crolla da un lato all’altro, finché Goldensun non mostra pietà e decide di soccorrermi.

A Lucca sfrutto il deposito bagagli e mi accontento di un mini-giro: faccio un blitz al games per comprare un regalino, poi – forte dell’ultima pillola lasciatami da Massimo – porto i miei saluti al Palapanini. Infine, è al bar/libreria vicino alla stazione che congedo i fratelli Goldensun. Si scioglie così la nostra compagnia e io rimango completamente solo col mio fardello, in attesa del treno.

Ecco, il treno. Non promette niente di buono: tre regionali da qui a Padova, due cambi e nessuna garanzia di serietà, come noto. E nelle mie condizioni non so quanto possa esser stato saggio affidarmi alle bizze di Trenitalia, consapevole che – no – storicamente è sempre andato storto qualcosa, quindi anche stavolta.

Ve la faccio breve:

Primo treno (Lucca/Prato): faccio per prenderlo con adeguato anticipo, ma a un passo dal binario mi dicono che non si passa. Bisogna uscire dalla stazione, percorrere una lunga strada, salire sul ponte di ferro, scendere, fare un altro pezzettino di strada e arrivare al cazzo di binario passando quindi dal retro. Mi ritrovo a farlo correndo come un coglione, con borse, bagagli e la febbre che ride, ride, ride. Poi una volta dentro perlomeno c’era da sedere.

Secondo treno (Prato/Bologna): Vabbè ciao. Questo manco lo prendo. Il binario viene preso d’assalto dalla folla manzoniana e Trenitalia decide di adibirne uno supplementare per assorbirne metà. Ci metteranno molto tempo, troppo, e il treno dell’ora successiva farà prima, e sarà quello che prenderò. Pessimi cmq.

Terzo treno (Bologna/Padova): Ovviamente slitta tutto di un’ora. Ma a momenti rischio di perdere pure questo, dato che il mio treno fa ritardo. Ma in quel momento vedo una cosa che nemmeno mai mi sarei aspettato di vedere: una folla inferocita esce dal mio treno e attraversa la sconfinata stazione di Bologna per impedirgli di partire. Nel mezzo di quella folla ci sono io che corro, con i fumetti, la febbre e il male di vivere. Trenitalia si spaventa e blocca tutto, noi riusciamo ad assaltarlo e gli impediamo la fuga. Una volta dentro la ricompensa sarà che metà viaggio me lo faccio in piedi e col fiatone. L’altra metà sto seduto a leggere Barks. Dai.

La figura goffa e zoppa che l’amico Bordy vede arrivare alla stazione di Padova quella sera non è che lo spettro del giovanotto partito cinque giorni fa. Con molta pietà Bordy mi raccoglie e mi conduce a casa, dove a momenti non ho nemmeno la forza di elencargli i miei acquisti. Gli consegno i numeri dell’ortolaniano Matana che gli ho preso e poi mi accascio tra le braccia della morosa col fermo proposito di spirare. Ma c’è un ultimo colpo di coda, un epilogo positivo: lei tira fuori la torta del bentornato, che mi scalda il cuore ed è subito salute.

Finisce così la Lucca delle Sbatte, un’odissea nel dolore e nel disagio. Ma è stata anche un’avventura educativa, di quelle che ti mostrano come alcune cose della tua vita siano destinate a rimanere, altre a variare. Non c’è Lucca priva di quel senso di percorso, non c’è situazione che non mi spinga a crearmi un grafico mentale atto a individuare quali siano le costanti e quali le variabili di questo mio procedere, che continua a trovare anno dopo anno in questa manifestazione uno snodo fondamentale. Forse è una cosa che ha un senso così forte solo per me, tuttavia mi piace pensare che al termine della mia esistenza leggerò in sequenza tutti questi resoconti e vedrò emergere la forma di un qualcosa.

Una cosa però mi pare già molto chiara: da qui in poi si alloggia dentro le mura. A costo di prenotare con un anno di anticipo.

E porca puttana.

FINE