Hawkeye – Quando Ormai Puoi Permetterti Tutto

Hawkeye: tutti i personaggi nel poster per l'ultimo episodio | BadTaste.it

Dopo Endgame pareva che i Marvel Studios avessero raggiunto quel picco dal quale in genere puoi solo scendere. Difficile proseguire senza metà dei tuoi mattatori, difficile reinventarsi dopo un simile successo.

Poi, dopo un anno di pausa, eccoci nel 2021. E Feige ci ha rifilato nove opere. Che spaziano dalla tv al cinema. Dall’animazione al live action. Dalla sitcom al thriller politico, passando per il musical. Il tutto riuscendo introdurre un nuovo concettone, il multiverso, in grado di ampliare all’infinito il MCU, producendo carburante narrativo utile persino per gestire diplomaticamente i rapporti con i competitor (tipo Sony).

Locuzioni come “cinecomics” o “genere supereroistico” non sono nemmeno più concetti utili a descrivere la situazione: Feige ha creato qualcosa di ancora altro, rimodellando l’industria e inseguendo una visione in grado di anticipare il pubblico, anziché inseguirlo con paraculate.

Lo penso da un po’ e l’ho pensato ancora di più quando ho visto il primo trailer di Hawkeye, con quella freccia scoccata che colpisce la campana, facendo partire la musica. E da lì in poi sembrano proprio dirtelo chiaramente: ormai non ce ne frega proprio più niente. Se ci gira di decidere che la serie di Clint Barton sarà una favola di Natale, lo facciamo. E ci mettiamo dentro Rogers – The Musical, Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky o la canzoncina del Grinch, perché tanto abbiamo raggiunto un tale livello di spigliatezza, da risultare convincenti a 360°. Anche perché non solo siamo bravi, i più bravi a fare questa roba. Ma costruiamo su una lore che anno dopo anno diventa sempre più amata.

Togliamoci subito via il dente guasto. C’è qualcosa che non mi ha convinto del tutto di Hawkeye, ed è “il caso”. Probabilmente è una cosa mia, forse sono dubbi che svaniranno ad una seconda visione, ma tant’è, per adesso ho trovato che gli elementi dell’indagine di Clint e Kate non fossero collegati benissimo. Alcuni passaggi mi sembravano sfuggenti, e non sempre ho capito bene come i protagonisti andassero dal punto A al punto B.

Al di là di questo, la serie si regge su ben altro, ovvero sul magnetismo dei personaggi. Renner ha un carisma micidiale, e la sua erede/protetta ha un’espressività facciale che la candida ad essere uno dei personaggi più amati del futuro MCU. Già dai primi momenti ci si accorge del lavoro di fino fatto su questi due personaggi. L’inizio con il 2012 e la battaglia di New York è ammirevole nel dare allo spettatore la sensazione di essere calato in un universo con ormai una mitologia codificata. E poi di colpo torniamo al presente, con un Clint più scazzato che mai, che ci viene proposto in situazioni divertentissime, dallo spettacolo di Broadway al gioco di ruolo dal vivo, in cui possiamo gustare tutto il suo imbarazzo. Proprio un bel personaggio, che si era fatto apprezzare di sfuggita nei film in cui era comprimario e che meritava da troppo tempo un suo spazio.

L’interazione fra Clint e Kate è il cuore della serie, ma c’è spazio per un bel po’ di altra roba degna di interesse. Episodio dopo episodio vediamo sfilare nuovi personaggi e situazioni che sembrano ampliare la nostra prospettiva, dall’eroina inclusivissima (sorda, zoppa, nativa americana) Echo al Kingpin di D’Onofrio che insieme al cameo di Daredevil in No Way Home sembra voler suggerire un nuovo approccio da parte dei Marvel Studios nei confronti del materiale di Netflix che si riteneva ormai scanonico.

E poi Yelena. Con quale disinvoltura il suo irrompere in scena “redime” l’uscita fuori tempo massimo di Black Widow. Simpatica, carismatica, un po’ stupidina, elegantemente goffa, perfetta al fianco di Kate Bishop. Stanno costruendo adesso gli eroi di domani, e queste due sono già personaggi migliori della compianta Natasha.

Strutturalmente la serie fa come Falcon e Loki e riproduce in versione espansa le fasi narrative di un ipotetico lungometraggio. E pur lanciando spunti e linee narrative che sembrano voler gridare “futuro”, riesce a dare pure l’illusione che sia una storia autocontenuta, regalando allo spettatore quel senso di closure che Loki non dava. E a proposito di closure, la cosa che dicevo sull’aver trovato quella “voce” in grado di renderti onnipotente diventa molto chiara alla fine, quando al posto della solita post-credits cliffangerina questi ti piazzano un’intera sequenza da Rogers: The Musical, scrivendo che è un regalo da parte dei Marvel Studios.

Mattissimi.

Yelena and Clint Are More Alike Then They Want on Hawkeye | The Mary Sue