Il Franchise Blu

Se ne scrivo così tardi è perché la situazione dei cinema dalle mie parti è… complessa. Tanto che per poter vedere questo famigerato secondo Avatar tocca aspettare un mese, prenotare almeno una settimana prima e farsi molti chilometri in auto. Qualcosa sta senza dubbio succedendo, e per capirne davvero l’impatto forse bisognerà aspettare qualche tempo.

Del film non è che ci sia tanto da lamentarsi. Prodotto di buon livello, quantomeno per quanto riguarda gli aspetti visivi. Si è lavorato sul fascino e sulla meraviglia e il risultato è sentito. Pandora continua ad essere una piattaforma il cui valore trascende le vicende di cui è teatro. E il 3D, che non si capisce bene come mai d’un tratto fosse diventato il male assoluto, qui ha senso eccome.

Ma se dobbiamo andare a guardare alla narrativa in senso stretto… vabbé. Il ritorno del cattivaccio in stile sequel del tempo che fu, un nugolo di ragazzini caratterizzati alla buona che ho finito per confondere fra loro, buoni di cui mi importava poco, una sequenza action finale che ho trovato allungatona. Insomma, per quel che c’era da dire tre ore mi sono parse decisamente troppe. E sebbene io non sia tra gli hater brillantoni del primo film che tirano in mezzo Pocahontas, penso che chiedere qualcosa in più nel 2023 fosse dovuto.

E allora perché è l’unico vero grande successo Disney dell’anno? Un po’ per Cameron, un po’ per fama pregressa ma anche e soprattutto perché, a differenza delle altre produzioni della Company, la cui uniformità e il cui ossessivo ritmo di uscita ha “scoperto le carte”, rendendo fin troppo evidente la strategia generale, questo Avatar è arrivato da tutt’altra angolazione. Si è fatto percepire dal pubblico come qualcosa di diverso, si è portato dietro tutt’altra narrativa, quella del kolossal di una volta, quando streaming, inclusione e universi condivisi erano concetti lontani, di cui non si parlava ossessivamente.

Avatar 2 si è coltivato la narrativa che gli altri franchise non possono più coltivare, la narrativa del grande evento, e ha vinto. Bisognerà vedere se questa narrativa reggerà fino al quinto film, il che è altamente improbabile. Ma mal che vada ora il Topo ha un brand in più su cui contare, e chissà che una volta per tutte non sperimenti con gli altri suoi franchise quella antica pratica agricola chiamata maggese.