Il “Maccio Lungo” di The Generi

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C’è un sacco di gente che dice che Maccio Capatonda è bravo nelle cose brevi, negli sketch e nei trailer, e invece si perde quando è il momento di portare in scena narrazioni più lunghe e complesse. Ecco, io non sono tra questi. Ho apprezzato sia Italiano Medio, sia Omicidio all’Italiana, e credo che il 50% della sua bravura stia proprio qui: esser riuscito a capire, riprodurre e dunque sfottere ogni meccanismo narrativo che il cinema e la tv ci abbiano propinato in questi anni (l’altro 50% risiede invece nell’umorismo mimico e verbale), padroneggiandolo alla perfezione. The Generi è una celebrazione di tutto questo: prende in giro quello che siamo diventati noi bestie da web, scribacchini banalizzati e impigriti, e lo fa dando un bello scossone ad uno di noi, spedendolo in un inferno dantesco in cui, girone dopo girone, si ritrova a dover rivivere alcuni dei principali generi cinematografici, impersonandone il protagonista. C’è un umorismo molto tecnico: Maccio parla normale ma è circondato da persone che parlano doppiate e il contrasto fa ridere. Il protagonista viene inoltre chiamato a “risolvere” la trama dei singoli generi per poter proseguire, cosa che lo mette in difficoltà quando la trama è risibile e non offre appigli solidi, come nel caso della commedia sexy anni 70. Metanarrazione al suo meglio, quindi. E qua e là, le storie dei vari generi si rivelano anche interessanti di per sé, se si mette da parte per un momento l’aspetto parodico e demenziale: è il caso dell’horror, che offre uno spunto ghiotto di suo. Infine non è male nemmeno il messaggio di fondo che incoraggia a vivere, smettendo di essere semplici spettatori della propria esistenza. Non un messaggio nuovo, ma sacrosanto e portato in scena con intelligenza, attraverso un’indagine su di sé iniziata nel Noir e poi portata su un piano che rasenta lo psicanalitico. Un altro centro, insomma. Bravo Maccio!
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