La Lampada Sotto l’Albero

Pixar's Soul: 'Great Before' interview with directors Kemp Powers & Pete  Docter

Il Pixar più ambizioso. Il più filosofico. Il più cerebrale & cervellotico. Così come se niente fosse alle nove del mattino di Natale ti becchi in casa tua il film animato dell’anno. Niente male questa tecnologia Covid.

Soul, per gentile concessione di Pete Docter, fa fare alla Pixar quel balzo che le serviva per tornare ad essere cool dopo l’indigestione di sequel e dopo lo sfortunato (ma onestissimo) Onward. L’importante ora è non tornare indietro, e che questa non sia un’eccezione dovuta al fatto che è il film del loro regista di punta, nonché leader neoeletto. Eh, perché se escludiamo il quasi outsider Brad Bird (Rat non si supera) è a Docter che dobbiamo le creazioni più visionarie e ingegnose dello studio.

Questo giro ne ha messa in piedi una davvero molto ingegnosa, e difficile da spiegare. E qua e là secondo me qualche affanno nello spiegarcela c’è, da tanto che è ricca e complessa. Niente di grave, un ritmo un po’ veloce soprattutto nella prima parte, ma poi ci si riassesta. In generale, siamo in fascia alta, altissima.

Ma a impressionarmi questa volta non è stato solo il carico di temi, o l’ingegnosità del sottomondo. Questa volta è stato lo stile, l’animazione, il comparto visivo.

Soul è una tacca sopra quanto visto fino ad oggi in casa Pixar. Nel mondo umano si è trovato un nuovo compromesso tra realismo e caricatura, e l’animazione stessa è più spontanea, ponderata, carismatica. In Onward i personaggi recitavano in modo molto standardizzato con movimenti ampi stile cartoon, qui siamo più vicini alla naturalezza di un Frozen 2, per intenderci. Nel mondo delle anime abbiamo quelle figure pazzesche filiformi che sembrano incrociare Kimball e Cavandoli, creando virtuosismi a tutto spiano. E quando i piani di incrociano, bé, l’effetto è grosso. E una Pixar così ricercata sul fronte visivo non la vedevo da tipo mai.

Non so quale sarà a questo punto il futuro dello studio, ma il corto allegato, “La Tana” (oro puro, non farselo scappare), insieme ad alcuni annunci futuri come Luca e Turning Red sembrerebbero suggerire un ripiegare dello studio verso un’arte figurativa dal sapore internazionale. Un po’ europeo, un po’ giapponese, forse un impianto del genere potrebbe restituire allo studio una sua specificità? Vedremo, per adesso mi sento solo di ringraziare per quella che a tutti gli effetti si potrebbe definire una strenna.

Burrow director Madeline Sharafian on Pixar 2D SparkShort