The Rise of Skywalker – Come Ottenere un “Finale Vero”

Alcune veloci, velocissime considerazioni sul trailer che ieri ha sconvolto il web. Ottimo, davvero ottimo, niente da imputare, davvero. La scena del salto di Rey con cui si apre tutto ci ricorda quello che tanto shitposting da web ci aveva fatto dimenticare, ovvero che J. J. Abrams non è soltanto un cazzaro col vizio di fare l’occhiolino, ma un Regista, un esteta, uno che sa disporre gli elementi sulla scena in modo da farti fare wow, che è un elemento che in Star Wars non è per nulla secondario. Aggiungo: qui J. J. per la prima volta nella sua vita non avrà la scusa di essere quello che imposta il lavoro, lasciando ai collaboratori l’incombenza di finirlo, qui deve pensarci lui, deve ragionare in ben altri termini. Quindi tutta la superficialità che emanava il worldbuilding del settimo episodio dovrà per forza di cose sparire, perché c’è una Saga di nove capitoli da portare a compimento. Una Saga che un tempo era un’esalogia e che un finale già l’aveva avuto, e che adesso dovrà giocare le sue carte migliori per rimettere in discussione lo schema generale dei capitoli e far sembrare che il finale vero sia giunto ora.
Perché l’effetto che la Lucasfilm sta cercando di dare è questo qua, ovvero che c’è aria di finale vero. Messi da parte i progetti collaterali, gli spinoff, le trilogie future etc, lo Star Wars che conoscevamo si chiude qui. Ben venga quindi l’annuncio di ieri sulla pausa dopo Episodio IX, se può aiutare a dare spessore a questo finale, a dare valore al ruolo che questo film dovrebbe avere. Sono stati intelligenti a porsi nel giusto modo, a dispetto della policy notoriamente bulimica della Company. Intendiamoci: è apparenza, e lo sappiamo tutti che il franchise non si ferma. Ma c’è comunque bisogno di simboli, di icone, di sensazioni per tornare ad essere Epica. E in questo momento si è capito che vendere finali frutta di più che vendere soap-opere, come dimostra l’hype intorno a Avengers: Endgame o all’ottava stagione di Game of Thrones.
E come lo confezioni un finale che suoni quello vero, finalmente? Lo Skywalker nel titolo, tanto per cominciare. Proprio quando sembra che di Skywalker effettivi in giro non ne siano rimasti, ecco che la centralità del nome che fa da filo rosso alla Saga torna a galla. Poi Palpatine, di cui annunciano la presenza. Palpatine, il vero villain di Star Wars. Il nemico che era stato ucciso ma che può tornare in flashback, o come fantasma, non solo una minaccia ma un punto d’accesso alla comprensione totale della Forza, una figura che non può far altro che rimettere in discussione ciò che credevamo di sapere. E magari dare allo stesso Snoke, per opposizione, un ruolo meno ridondante nella cronistoria galattica. E infine l’annuncio di una minaccia comune ai due lati della Forza. Nei romanzi è da tempo che vengono seminati indizi in questa direzione: si vocifera di una minaccia misteriosa oltre i confini della Galassia, si vocifera che Palpatine fosse alla ricerca di alcune verità metafisiche per comprendere appieno la Forza, si indugia molto nell’esplorazione delle Regioni Ignote. Se questi cenni trovassero compimento al cinema, il lavoro della Lucasfilm verrebbe riletto sotto una luce differente. Il Prescelto, la Profezia, l’Equilibrio nella Forza, i due lati, tanti elementi che da sempre vengono liquidati come archetipi epici subirebbero un totale ribaltamento di senso e ci regalerebbero una visione più ampia (e oserei dire “illuminata”) della mitologia di Star Wars.