Un Classico in Smartworking

Raya e l'ultimo drago, i nuovi poster del film Disney

Raya volevo vederlo al cinema e così non è stato. Preso atto di questo, ho scelto di farmi l’accesso VIP, anche solo per dare il mio contributo alla causa WDAS.

In primis ho ottenuto Kumandra, ovvero un mondo nuovo di zecca tutto da esplorare e pieno di ambienti coloratissimi e carichi di appeal. Questo è un tratto ormai comune in tutti i più recenti WDAS: il worldbuilding è davvero robusto. Luoghi, ambienti, paesaggi, culture, tanto di quel materiale da far tremare i polsi. Materiale che poi nel film viene sfruttato fino a un certo punto, lasciando l’acquolina per eventuali corti o sequel da sviluppare anni dopo. Accadde per Ralph, accadde per Zootropolis, accadde per Arendelle, accadde per San Fransokio. E anche qui direi che di roba ce n’è e ce ne sarà.

L’impressione però è che ce ne sia così tanta perché il film ha scelto di approfondirla poco, preferendo sbilanciarsi verso un tipo di narrazione più action. Raya è un fantasy frenetico, dinamico, veloce. Forse pure troppo, dato che qua e là ho un po’ faticato a star dietro alla raffica di trovate e situazioni che si accavallano le une sulle altre. Intendiamoci, non è un film confuso. La sua storia la racconta, però l’impressione è che sia un film Disney che se la crede un po’ troppo, giocando a fare il disinvolto laddove forse sarebbe stato meglio soffermarsi un po’ di più sulle cose. Un peccato, un vero peccato che la colonna sonora di James Newton Howard si percepisca poco, e che non ci siano sequenze musicali. Comprensibile però che si sia scelto di rinunciare alle canzoni proprio in un film con una protagonista femminile, anche solo per scombinare le carte e tentare una strada meno ovvia. In generale però si ha l’impressione di una certa “sete di coolness”. Il linguaggio, l’umorismo, la regia, le interazioni tra personaggi, risultano sempre un po’ più sopra le righe di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Un film come Frozen 2, forse anche più ambizioso, era tuttavia riuscito a trovare la quadra mantenendo un tono più spontaneo. Raya invece incespica un po’ e sembra volersi dare un tono, imitando altri stili e linguaggi.

Qualche dubbio sul fronte grafico. Ho visto I WDAS meno a loro agio nel cercare di riadattare il loro know-how per la figura umana ai tratti somatici orientali, dovendo diminuire le dimensioni degli occhi. Raya in versione bambina non la considero riuscita, purtroppo, e lo stesso vale per la maggior parte delle figure più giovani. Con gli adulti invece altro discorso: Raya adulta è quanto di meglio si sia mai visto in giro e costituisce un vero e proprio modello alternativo a quello di Rapunzel/Frozen/Moana che si è imposto nell’ultimo decennio. E lo stesso vale pure per la sua rivale. Ma il vero spettacolo è Sisu, incredibilmente attraente tanto nell’aspetto che nelle movenze. Si vede proprio che se la sono spassata un mondo ad animarla. La dimostrazione “vivente” che il loro comparto grafico è vispo e attivo come non mai.

Potente, infine, per quanto possa esser ritenuto banale, il messaggio pro fiducia e contro divisione e diffidenza. Un po’ l’espressione della presa di posizione che I WDAS hanno avuto nei confronti dei mutamenti sociali ormai in atto.

Insomma, non sarà stato amore a prima vista, come invece accadde con gli ultimi due (Ralph 2 e Frozen 2), ma le sue cose ce le ha e probabilmente durante le prossime visioni avrò modo di inquadrarle meglio. Nel frattempo tanto di cappello per il cartello posto al termine dei credits che dichiara che il film è stato perlopiù animato in smartworking. Viviamo in un’epoca di meraviglie.

Raya and the Last Dragon on Disney Plus: How to watch, release date, voice  cast - CNET