Paul Bunyan

Ritorno al Folklore

Sebbene alla fine degli anni 50 si abbia il definitivo tramonto del formato cortometraggistico, lo studio Disney gode di ottima salute e Walt si sta ormai gettando a capofitto in territori vergini come la televisione, il cinema live action o i parchi a tema. Il 1958 è sintomatico di questa rivoluzione: l'unica produzione animata disneyana a raggiungere il grande schermo è infatti questo breve film di diciassette minuti, nominato all'Oscar come miglior cortometraggio di quell'anno, e incentrato su Paul Bunyan, uno dei grandi eroi del folklore americano. L'interesse di Disney per la mitologia USA aveva radici lontane: negli ultimi dieci anni il suo staff aveva adattato in varie forme le storie di Johnny Appleseed, Pecos Bill, Casey Jones e Davy Crockett, e questa tradizione sarebbe continuata anche in seguito. Il nome che in genere si utilizza per riferirsi a questo tipo di storie è tall tale, ovvero racconti volutamente esagerati, nei quali vediamo uomini vigorosi cimentarsi in imprese impossibili, che si immagina abbiano forgiato il continente americano così come oggi lo conosciamo.

La Tall Tale per Eccellenza

La storia di Paul Bunyan, il gigantesco taglialegna che passò la vita a spianare i boschi del Nuovo Mondo, era di sicuro la candidata ideale per entrare a far parte di questo fortunatissimo filone disneyano. Diretta da Les Clark, questa produzione racconta la storia del gigante buono attraverso le testimonianze di tre boscaioli che nel corso delle loro vite ebbero la fortuna di conoscerlo. Si comincia narrando il misterioso ritrovamento di un enorme neonato da parte di una comunità di taglialegna, per poi seguirne la crescita fino alla maturità, quando Paul riceve in regalo dai paesani l'ascia con la quale compirà le sue imprese. Nella parte centrale lo troviamo all'opera come boscaiolo nelle foreste americane, considerato una vera benedizione per gli abitanti di quelle zone, che si vedevano così dare una mano nella costruzione del nuovo continente. Successivamente assistiamo all’incontro con la sua tradizionale spalla animale, Babe, il gigantesco bue blu che da quel momento in poi lo accompagnerà per sempre.

L'Uomo Contro la Macchina

Come era accaduto a Pecos Bill all'interno di Melody Time (1948), anche Paul Bunyan diventa protagonista di divertenti scenette in cui lo vediamo creare involontariamente alcuni importanti elementi del paesaggio americano, come la Regione dei Grandi Laghi, originatasi dalle sue tracce, il Grand Teton, nato durante una bonaria zuffa con il fedele Babe, o le Cascate di Yellowstone, la sua personale doccia. Nella sequenza conclusiva assistiamo invece alla sfida fra il gigante e un esile commerciante, che porterà nel mondo di Paul Bunyan un devastante elemento di novità: la motosega. La rivalità fra l'uomo e la macchina era stata il tema di un'altra importante tall tale, quella di John Henry, che sarebbe stata adattata solo nel 2000 da Mark Henn. L'esito della disputa non sarà positivo per Bunyan che, sia pur per un soffio, verrà sconfitto dalla tecnologia, decidendo così di ritirarsi. La sua uscita di scena simboleggia il declino di quell'epoca gloriosa in cui il continente americano era ancora tutto da costruire ed era l'uomo con la sua forza bruta a farla da padrone.

Un'Altra Ballata

Dal punto di vista grafico Paul Bunyan è piuttosto deludente. Gli sfondi sono opera di Walt Peregoy, che si attiene saldamente alle indicazioni del color stylist Eyvind Earle, che come sempre opta per uno stile squadrato e surreale, che funziona molto bene. Non si può dire la stessa cosa del design dei personaggi, impostato da Tom Oreb, e dell'animazione, fin troppo povera. Siamo negli anni della stilizzazione e della limited animation, strumenti che nelle mani giuste (Ward Kimball) si erano rivelati davvero efficaci, ma che in questo caso non hanno una resa altrettanto buona. Se si esclude il design di Babe, del Bunyan adulto e del loro rivale, tutti gli altri personaggi appaiono decisamente rozzi, generici e fin troppo semplici, tanto da ricordare le produzioni televisive di Hanna e Barbera, anziché quelle disneyane. Sul fronte musicale, in compenso, troviamo una canzoncina ricorrente davvero deliziosa, scritta dal collaudatissimo George Bruns, che qualche anno prima si era distinto proprio per l'accattivante Ballata di Davy Crockett, di cui questo brano è sicuramente un erede morale. Fortunatamente, con l'arrivo del decennio successivo l'introduzione della xerografia permetterà all'animazione disneyana di tornare a risplendere, abbandonando queste ardite e non sempre riuscite sperimentazioni, in favore di uno stile nuovamente ricco.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Paul Bunyan
  • Anno: 1958
  • Durata:
  • Produzione: Walt Disney
  • Regia: Les Clark
  • Storia: ,
  • Musica: Tom Adair, George Bruns
  • Animazione: George Goepper, Jerry Hathcock, Ken Hultgren, Fred Kopietz, George Nicholas, Jack Parr, Jack Parr, John Sibley
Nome Ruolo
Tom Adair Canzoni
Ted Berman Storia
Jack Boyd Effetti d'Animazione
George Bruns Musica
Les Clark Regista
Walt Disney Produttore
Eyvind Earle Colore / Styling (Color)
George Goepper Animazione
Jerry Hathcock Animazione
Jack Huber Layout
Ken Hultgren Animazione
Homer Jonas Layout
Fred Kopietz Animazione
George Nicholas Animazione
Lance Nolley Storia
Tom Oreb Colore / Styling (Character)
Jack Parr Animazione; Animazione
Walt Peregoy Fondali
John Sibley Animazione