Le Montagne Russe

Goffi Camuffamenti

Nel 1990 esce il secondo corto del trittico dedicato a Roger Rabbit, e in tale occasione la Disney torna a celarsi dietro il fittizio marchio Touchstone. Nato nel 1984 per etichettare i lungometraggi dai contenuti non in linea con le politiche d'immagine della company, questo “alias” era già stato utilizzato per Chi Ha Incastrato Roger Rabbit?, a causa del suo cupo registro narrativo e di alcune battute volgari. Con Tummy Trouble il velo era caduto e Roger Rabbit era finalmente stato sfoggiato con fierezza come parte della scuderia disneyana, ma adesso, probabilmente per alcune gag “al limite”, viene fatto un passo indietro, e così Rollercoaster Rabbit esce con l'etichetta Touchstone. La sua uscita nelle sale in abbinamento a Dick Tracy, ancora a marchio Touchstone, causa inoltre una polemica proprio con la Amblin di Spielberg che premeva perché venisse invece abbinato ad Arachnofobia, coproduzione tra le due case che avrebbe inaugurato invece una terza etichetta, la Hollywood Pictures, alias disneyano specializzato in film horror. La Disney si sarebbe però rivelata lungimirante, dato che gli incassi di Dick Tracy sarebbero stati assai superiori a quelli di Arachnofobia.

Oltre la Quarta Parete

Sebbene nei credits di Rollercoaster Rabbit sia possibile individuare alcuni grandi nomi dell'animazione disneyana come Mark Henn e Alex Kuperschmidt, il grosso del lavoro è stato fatto ancora una volta in Florida, nella succursale della Walt Disney Feature Animation (oggi WDAS) aperta da pochissimo presso il parco Disney-MGM Studios. Diretto ancora una volta da Rob Minkoff, Rollercoaster Rabbit ricalca ovviamente lo stile di quanto già realizzato, con un grandissimo uso di gag slapstick, l'omaggio all'animazione di Avery e un bel po' di arguta metacinematografia. Anche la trama segue chiaramente lo schema consolidato che vede Roger Rabbit occuparsi di Baby Herman e finire nei guai, stavolta in un luna park. A differenza di Tummy Trouble il ritmo è ancor più indiavolato, le gag si succedono velocissime e puntano verso un climax disastroso in cui Roger e Herman dopo una folle corsa sulle montagne russe escono letteralmente dal cartone animato e piombano sul set, scatenando le ire del regista.

Umorismo Senza Limiti

Il fatto che il corto rimanga volutamente incompiuto è un tormentone nato nel lungometraggio di esordio e che verrà ripetuto anche nel successivo Trail Mix-Up. Chiaramente anche qui continua quel divertente gioco fatto di easter eggs e citazioni, che porta gli animatori Disney a inserire in ogni dove riferimenti alla storia dell'animazione: durante la folle corsa di Roger in mezzo alle attrazioni del parco possiamo infatti individuare personaggi noti come Clarabella, o ritrovare i cameo di Jessica Rabbit e Droopy, ormai presenze fisse nella serie. Ancora una volta la title card e i vari loghi della Maroon Cartoon fondono alla perfezione il look dei corti Disney con quelli Warner dell'epoca, e lo stesso vale per la locandina. Le gag che molto probabilmente hanno fatto sentire alla company il bisogno di cambiare l'etichetta dovrebbero essere quelle relative alle “parti basse” del toro, oppure Baby Herman che chiude il corto usando davanti alla sua assistente il termine “bang”, che significa “esplodere” ma anche “fare del sesso”. Rollercoaster Rabbit sarebbe stato mandato nelle sale europee una seconda volta nel 1995 abbinato a Toy Story, prendendo il posto del quarto cortometraggio della serie, Hare in My Soup, mai realizzato.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Rollercoaster Rabbit
  • Anno: 1990
  • Durata:
  • Produzione: Thom Enriquez, Donald W. Ernst, Kathleen Kennedy, Frank Marshall, Steven Spielberg
  • Regia: Frank Marshall, Rob Minkoff
  • Storia: , ,
  • Basato su: Personaggi di Gary K. Wolf
  • Musica: Bruce Broughton
  • Animazione: Brigitte Hartley, Mark Henn, Mark Kausler, Alex Kupershmidt, David P. Stephan, Barry Temple, Alexander Williams
Nome Ruolo
Katherine Altieri Fondali
Kelly A. Asbury Direzione Artistica
James Beihold Layout
Rob Bekuhrs Effetti d'Animazione
WM. Allen Blyth Effetti d'Animazione
Dave Bossert Effetti d'Animazione
Bruce Broughton Musica
Dan Chaika Effetti d'Animazione
Barry Cook Effetti d'Animazione
Bill Durrell Scenografia
Jeff Dutton Effetti d'Animazione
Thom Enriquez Produttore Associato
Donald W. Ernst Produttore
Christine Harding Effetti d'Animazione
Kevin Harkey Storia
Brigitte Hartley Animazione
Mark Henn Animazione
Ed L. Jones Supervisione Effetti Speciali
Mark Kausler Animazione
Kathleen Kennedy Produttore Esecutivo
Fran Kirsten Supervisione Ink & Paint
Alex Kupershmidt Animazione
Dorse A. Lanpher Effetti d'Animazione
Bob Lucas Arredi
Frank Marshall Produttore Esecutivo; Regista (Live Action)
Rob Minkoff Regista (Animation)
Hiro Narita Fotografia
Lynne Naylor Storia
Tim O'Donnell Direzione di Produzione
Steven Spielberg Produttore Esecutivo
Robert E. Stanton Fondali
Steve Starr Effetti d'Animazione
David P. Stephan Animazione
Barry Temple Animazione
James R. Tooley Effetti d'Animazione
Eusebio Torres Effetti d'Animazione
Kevin Turcotte Effetti d'Animazione
Patrick A. Ventura Storia
Robert Walker Layout
Mark Wallace Layout
Alexander Williams Animazione
Chuck Williams Montaggio
Gary K. Wolf Storia Originale (Personaggi)