Taron e la Pentola Magica

Dalla Terra di Mezzo alle Cronache di Prydain

J. R. R. Tolkien non aveva una buona opinione dell'opera di Walt Disney, che giudicava irrimediabilmente "corrotta" sia nello stile che nei contenuti. La rappresentazione delle fiabe operata dagli artisti dello staff di Walt, a suo parere, era quanto di più distante dalla sua concezione della narrativa fantastica. Secondo Tolkien, il cinema disneyano era infatti privo dei requisiti necessari per lo sdoganamento presso un pubblico “alto” di quel mondo dell'immaginazione al quale lo scrittore era solito riferirsi come “feeria”. Non stupisce quindi che per anni il creatore di Bilbo e Frodo abbia negato a Disney i diritti delle sue opere, per la paura di vederle stravolte e rielaborate secondo un'estetica a lui sgradita. La licenza per trasformare Il Signore degli Anelli in un film animato andò invece a Ralph Bakshi, il quale nel 1977 ne mise in piedi una versione molto fedele, ma stilisticamente zoppicante e soprattutto incompleta. Il film, dominato dall'utilizzo incontrollato del rotoscopio, raccontava infatti per intero La Compagnia dell'Anello e buona parte de Le Due Torri, lasciando totalmente scoperta la terza parte della storia, Il Ritorno del Re, rimandata ad una seconda pellicola. Alcuni problemi negli accordi tra l'autore e la produzione del film però resero impossibile completare l'opera, condannando la storia di Tolkien a non essere più ripresa, almeno fino all'uscita della trilogia di Peter Jackson, un quarto di secolo dopo.

Negli studi di animazione della Disney però, l'opera di Bakshi, con i suoi toni cupi, aveva lasciato decisamente traccia. Privato della possibilità di adattare in animazione la mitologia tolkieniana, lo studio desiderava cimentarsi ugualmente con il genere fantasy, e così pensò bene di ripiegare sul ciclo di cinque libri Le Cronache di Prydain scritto da Lloyd Alexander, acquistandone i diritti. Come da tradizione disneyana però, non si sarebbe trattato di un adattamento fedele, ma di una rielaborazione, mescolando personaggi e fatti tratti dai primi due volumi. A costituire una novità sarebbe stato però il registro del film, più solenne e tetro rispetto allo standard disneyano. Si pensava in questo modo di conferire all'opera quell'atmosfera pregna e oscura adatta al genere fantasy, uno dei pochi elementi davvero riusciti del film di Bakshi. Il motivo di tanto fermento dipendeva dal fatto che The Black Cauldron era arrivato in un momento molto particolare della storia degli studios.

La Prima Volta da Soli

Le Avventure di Bianca e Bernie (The Rescuers, 1977) fu l'ultimo lungometraggio interamente concepito dalla vecchia guardia, i nine old men, mentre Red & Toby Nemiciamici (The Fox and the Hound, 1981) era stato il film del passaggio del testimone, in cui gli allievi avevano lavorato fianco a fianco con i loro maestri, ormai vicini al ritiro. Taron e la Pentola Magica rappresentò quindi “la prima volta da soli”, il capostipite dei film della seconda generazione di animatori. Questi giovani artisti si sentivano finalmente liberi dal timor reverenziale nei confronti dei nine old men, che avevano abbandonato lo studio, e provarono in ogni modo a sfogare la propria vena, spingendosi oltre il limite del consentito. Tra loro c'erano personalità del calibro di Andreas Deja, John Lasseter e persino Tim Burton, responsabile di alcuni concept art particolarmente cupi. L'energia creativa di questi artisti però non riuscì ad incanalarsi in modo giusto nelle dinamiche produttive della Disney di allora. Da un lato parte dei problemi derivarono dall'ovvia inesperienza del team, ancora in fase di rodaggio, dall'altro il momento fu decisamente sfavorevole a causa del gran trambusto di quei giorni.

Durante la produzione di Taron e la Pentola Magica, infatti, la Walt Disney Company subì un violento cambio al vertice, passando nelle mani di un nuovo gruppo dirigente. Ron Miller, genero di Walt Disney, venne infatti rimosso dall'incarico di CEO e al suo posto subentrarono Frank Wells e Michael Eisner, i quali misero a capo dei reparti filmici Jeffrey Katzenberg e soprattutto Roy Disney, nipote di Walt. In quel clima di tumulti i vari team di artisti non riuscirono a comunicare tra di loro in maniera proficua e, tra incomprensioni e disguidi, il lungometraggio finì per risentirne. Quando le acque si furono calmate, Roy Disney e Jeffrey Katzenberg vollero visionare la pizza di produzione prima di distribuire il film, ma rimasero sconvolti. La storia era troppo tetra e a tratti incoerente, sicché fu lo stesso Katzenberg che volle prendere in mano la situazione rimontando personalmente la pellicola. Questo era contrario ad ogni prassi nel cinema d'animazione, in cui questo tipo di cambiamenti vengono apportati in fase di storyboard, per evitare di dover rianimare alcune sequenze. Ma Katzenberg non aveva conoscenze in questo campo, e preferì trattare Taron e la Pentola Magica alla stregua di un film live action, incontrando tensioni e resistenze da parte di artisti e produzione. Il risultato di questa sua opera di sforbiciamento fu l'eliminazione di ben dodici minuti di pellicola che mostravano scene particolarmente cruente e davano importanti informazioni sulla mitologia alla base della storia. Il film venne quindi rinviato di alcuni mesi per dare modo ad animatori e sceneggiatori di rielaborare alcune sequenze per farle collimare con le modifiche apportate da Katzenberg.

Sciocchi Esseri Umani

Il tono dark del film è evidente già dal prologo, narrato da una voce solenne tra le cupe nebbie che avvolgono la sagoma di un nero calderone. Si respira quello stesso senso di angoscia presente nel film di Bakshi, capace di calare lo spettatore in un'atmosfera opprimente e nel contempo confortevole. Questa sensazione non accenna a sparire nemmeno nelle sequenze successive, che si svolgano in foreste lussureggianti o in grotte incantate abitate da folletti, ed è sicuramente il punto forte del film. Per il resto Taron e la Pentola Magica si attiene fedelmente agli stilemi tipici della narrativa fantasy, codificati immediatamente dopo la pubblicazione dell'opera di Tolkien. Il protagonista è il guardiano di maiali Taron (Taran), tipico ragazzo di umili origini che si mette in viaggio per contrastare i piani di Re Cornelius (The Horned King), il classico Oscuro Signore, interessato ad un oggetto magico in grado di donargli l'invincibilità: la pentola magica.

Al fianco di Taron troviamo alcuni comprimari come la principessa Ailin (Eilonwy), il menestrello Sospirello (Fflewddur Fflam) o il bizzarro Gurgi, spalla comica del film, la cui specie rimane poco chiara. Durante il suo cammino il gruppo andrà incontro a situazioni pericolose e si imbatterà in creature magiche di ogni tipo: una maialina-oracolo, tre inaffidabili streghe affariste e persino un popolo di folletti, che richiamano un po' i Puffi (Les Schtroumpfs) di Peyo. Tutti questi elementi contribuiscono ad arricchire e a rendere suggestivo lo scenario, ma sotto il profilo mitologico il film rimane sul vago e la storia del regno di Prydain non viene mai davvero approfondita. Sebbene per gli standard cinematografici dell'epoca queste omissioni fossero poco accettabili, al giorno d'oggi il cinema d'animazione ha conosciuto modelli fiabeschi molto differenti (tra cui la narrativa “sensuale” di Hayao Miyazaki) che fanno della reticenza uno dei loro punti chiave.

I veri problemi di Taron e la Pentola Magica si riscontrano su tutt'altro piano, quello dei personaggi. Il film presenta alcune figure sicuramente incisive come il minaccioso Re Cornelius, e funzionano piuttosto bene anche i comprimari dall'aspetto più tipicamente “cartoon” come i folletti, le streghe, Gurgi e Rospus, il tirapiedi di Re Cornelius. Il terzetto di protagonisti umani però lascia molto a desiderare. Taron, Ailin e Sospirello sono figure piatte e poco interessanti, incapaci di evolvere in modo convincente. Solo Taron andrà incontro ad una leggera maturazione, ma sarà appena accennata e quindi del tutto insufficiente perché lo spettatore riesca davvero a connettersi emotivamente a lui. Uno dei problemi più grossi è probabilmente l'eccesso di zelo degli animatori, che hanno inutilmente appesantito la recitazione dei protagonisti, dandole troppa enfasi. Queste continue ridondanze danneggiano moltissimo gli scambi tra i personaggi, le cui reazioni risultano assolutamente esagerate rispetto all'effettivo contenuto dei dialoghi. In particolare Taron e Ailin interagiscono in modo assai poco credibile, drammatizzando ogni loro battibecco, con effetti involontariamente comici. L'effetto finale purtroppo è quello di trovarsi di fronte a degli stupidi, magagna che priva lo spettatore della possibilità di stabilire un contatto con la storia raccontata, e questo costituisce di fatto il motivo principale dell'insuccesso della pellicola.

La Migliore delle Atmosfere

Visivamente, The Black Cauldron è un film assolutamente straordinario. Tra i nomi degli animatori è possibile individuare già alcuni artisti che in futuro regaleranno alla Disney personaggi indimenticabili come Glen Keane, che si è occupato qui di progettare il design di Ailin e di Gurgi, e Andreas Deja che ha invece animato solo quest'ultimo. Per la prima volta dai tempi di Sleeping Beauty (1959) il cinema d'animazione Disney torna a far uso del formato panoramico, immergendo lo spettatore nel fatato regno di Prydain grazie alle meraviglie del Cinemascope. Tra serafici scenari bucolici e castelli oscuri in cui la vicenda si tinge di horror, l'esperienza è a dir poco d'impatto: i curatissimi fondali vengono notevolmente valorizzati da alcuni spettacolari effetti di cinepresa, come la sequenza dell'assalto dei due draghi verso la maialina veggente. Sfondi e colori svolgono benissimo il loro compito, aumentando la suggestione e rivelandosi assai più efficaci di quelli appena abbozzati che avevano caratterizzato i primi anni della xerografia. A dire il vero la tecnica Xerox qui viene utilizzata meno, perché all'epoca si tentò di sostituirla con un procedimento analogo, l'ATP Process. Questo sistema tendeva però a sbiadire le linee e quindi venne limitata solo ad alcune sequenze. È qui che troviamo però la prima traccia di CGI in un film animato Disney: la computer grafica era stata introdotta qualche anno prima nel live action Tron e viene qui impiegata per alcuni particolari effetti come le bolle e soprattutto la pallina magica che accompagna la principessa Ailin. Infine, fra gli elementi di modernità che è possibile riscontrare in Taron e la Pentola Magica, troviamo alcuni tocchi significativi, come la presenza di un breve prologo prima del titolo (già introdotto nel 1977 in The Rescuers), l'assenza della scritta “The End” alla fine e la scomparsa definitiva dei titoli di testa, rimpiazzati per sempre con quelli di coda. Questi ultimi presentano inoltre uno stile particolarmente artistico, che richiama per certi versi quello medioevaleggiante già visto nel 1971 in Pomi d'Ottone e Manici di Scopa.

Ad accrescere il senso di immersione in questo straordinario mondo fantasy è senza dubbio la splendida colonna sonora, composta da Elmer Bernstein. Taron e la Pentola Magica è però il primo lungometraggio animato disneyano in cui sono completamente assenti le canzoni: questa scelta, decisamente poco in linea con la tradizione portata avanti fino a quel momento, era probabilmente indice, da parte della nuova generazione di artisti, del desiderio di rompere le regole. D'altra parte in quella fase produttiva non si può certo dire che la musica stesse avendo una grossa rilevanza, dato che era dai tempi dell'abbandono dei fratelli Sherman che i film animati Disney non erano più riusciti a trovare un valido rimpiazzo. Le strumentali di Bernstein riescono però a farsi ricordare, conferendo alla pellicola un tono affascinante e misterioso, la cui aura di magia non scompare nemmeno nelle sequenze più bucoliche e spensierate, grazie all'utilizzo massiccio di uno speciale tipo di tastiera elettronica dal suono “spettrale”, l'Onde Martenot. Questo stile fiabesco dal sapore medioevale contribuirà a dare al film quel feeling fantasy che si stava cercando di riprodurre sin dal varo del progetto, stile da cui si allontanerà invece Howard Shore al momento di scrivere la partitura per Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, preferendo sonorità più epiche e roboanti.

La Maledizione del Calderone

L'uscita di Taron e la Pentola Magica nelle sale condusse l'animazione Disney sull'orlo del baratro. Il pubblico non apprezzò la pellicola né la critica espresse pareri granché favorevoli su questa incursione di Disney in un territorio tanto atipico. Il principale capro espiatorio fu l'eccessiva componente horror che rendeva il film decisamente inadatto al grande pubblico. In effetti sequenze come la resurrezione dell'esercito di cadaveri, o la scarnificazione del volto di Re Cornelius a causa del potere della pentola, erano quanto di più inquietante fosse stato mai realizzato alla Disney dai tempi di Una Notte sul Monte Calvo in Fantasia (1940). Ad allontanare il pubblico, molto più probabilmente, fu la scarsa simpatia dei protagonisti, che, come si è visto, inibiva l'identificazione e quindi la connessione emotiva con loro. Paradossalmente ad esprimere un parere favorevole fu proprio Lloyd Alexander che, pur rimarcando la distinzione con i suoi libri, definì The Black Cauldron un film molto godibile e divertente. Nonostante il parere favorevole dell'autore dei romanzi, il film fu un disastro al botteghino, recuperando meno della metà del budget speso per produrlo. Al danno si aggiunse la beffa: il film degli Orsetti del Cuore, uscito pochi mesi prima, riuscì addirittura ad incassare di più. Per la dirigenza questo fu un chiaro segnale che l'animazione non era più un mercato redditizio su cui investire, e così Eisner e Katzenberg avviarono le procedure per il trasferimento degli artisti in una baraccopoli di Glendale.

Si trattava di una sistemazione provvisoria per decidere il da farsi: se la performance al botteghino dei successivi Basil l'Investigatopo (1986) e Oliver & Company (1988) avesse replicato quella di Taron e la Pentola Magica, probabilmente oggi l'animazione Disney non esisterebbe più. Fortunatamente non accadde questo, e anzi, l'uscita di Chi Ha Incastrato Roger Rabbit? (1988) e La Sirenetta (1989) avrebbe completamente capovolto la situazione, dando inizio a quello che oggi viene chiamato Rinascimento Disney. Taron e la Pentola Magica rimase comunque una sorta di film maledetto per la Company, da quel momento in poi restia ad occuparsene e a citarlo tra le proprie produzioni. Il lungometraggio venne così a lungo occultato, fingendo che non fosse mai esistito, e fino al 1998 non venne preso in considerazione nemmeno per l'uscita in home video. Il fatto che la Company detenesse ancora i diritti de Le Cronache di Prydain e che si potessero sfruttare per trasporre i tre volumi non ancora adattati, non sfiorò minimamente i dirigenti, che preferirono ignorare The Black Cauldron anche durante la produzione dei sequel a basso costo realizzati dai reparti televisivi. Solo nella serie televisiva celebrativa House of Mouse (2001) il film venne preso in considerazione e citato, riportando in scena elementi iconici come Re Cornelius e la pentola magica.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: The Black Cauldron
  • Anno: 1985
  • Durata:
  • Produzione: Joe Hale, Edward Hansen, Ron Miller
  • Regia: Ted Berman, Richard Rich
  • Storia: , , , , , , , ,
  • Basato su: Le Cronache di Prydain di Lloyd Alexander
  • Musica: Elmer Bernstein
  • Supervisione dell'Animazione: Walt Stanchfield
Nome Ruolo
Lloyd Alexander Storia Originale (Le Cronache di Prydain)
Viki Anderson Animazione
Ruben Azama Aquino Animazione
Dale Baer Animazione
Ted Berman Regista; Storia
Elmer Bernstein Musica
David Block Animazione
Sandra Borgmeyer Animazione
Hendel Butoy Animazione
Glenn Chaika Effetti d'Animazione
Barry Cook Effetti d'Animazione
Jesse Cosio Animazione
Andreas Deja Progettazione Personaggi; Animazione
Mark Dindal Effetti d'Animazione
Charlie Downs Animazione
Tom Ferriter Animazione
William Frake III Layout
Mike Gabriel Animazione
Vance Gerry Storia
Allen Gonzales Effetti d'Animazione
Steven Gordon Animazione
Don Griffith Layout
Joe Hale Produttore; Storia
Don Han Direzione di Produzione
Dan Hansen Layout
Edward Hansen Produttore Esecutivo
Terry Harrison Animazione
Mark Henn Animazione
Jeff Howard Effetti d'Animazione
Ron Husband Animazione
Jay Jacson Animazione
David Jonas Progettazione Personaggi; Storia
Shawn Keller Animazione
Ted Kierscey Effetti d'Animazione
Bill Kilduff Supervisione Effetti Speciali
Kimberly Knowlton Effetti d'Animazione
Doug Krohn Animazione
Philip Meador Supervisione Effetti Speciali
Ron Miller Produttore Esecutivo
Roy Morita Storia
Phil Nibbelink Progettazione Personaggi; Animazione
Ron Osenbaugh Supervisione Effetti Speciali
Don Paul Effetti d'Animazione
Patricia Peraza Effetti d'Animazione
Mike Ploog Progettazione Personaggi
Ruben Procopio Animazione
Richard Rich Regista; Storia
Scott Santoro Effetti d'Animazione
George Scribner Animazione
Walt Stanchfield Animatore principale
Art Stevens Storia
Barry Temple Animazione
Guy Vasilovich Layout
Cyndee Whitney Animazione
Al Wilson Progettazione Personaggi; Storia
Bruce Woodside Effetti d'Animazione
Kelvin Yasuda Effetti d'Animazione
Peter Young Storia