Le Avventure di Winnie the Pooh

L'Origine di Winnie the Pooh

Il mondo di Winnie the Pooh nasce nei primi anni 20 del novecento dalla fantasia dello scrittore inglese Alan Alexander Milne. Sebbene oggi Milne venga ritenuto un caposaldo della letteratura infantile, in origine era un commediografo e un autore di racconti mistery a cui non sarebbe mai venuto in mente di scrivere di orsetti di pezza e altre frivolezze, se non fosse stato per il suo desiderio di star vicino al figlio Chistopher Robin. Alan Milne non si riteneva molto bravo come genitore e nel tentativo di supplire alla sua presunta incapacità comunicativa decise di scrivere per il figlio una serie di racconti e poesiole che lo vedessero come protagonista. Queste storie erano ambientate in un luogo "quasi" immaginario, il Bosco dei Cento Acri, ispirato alla Ashton Forest che sorgeva intorno alla tenuta della famiglia Milne, in cui Christopher viveva delle bizzarre avventure in compagnia degli animali che ci abitavano. Questi personaggi altro non erano che le proiezioni dei suoi “veri” animali di pezza, fra cui spiccava proprio l'orsetto Winnie, titolare della serie e pupazzo preferito di Christopher. L'orsacchiotto era in realtà un comunissimo Teddy Bear di marca Alpha Farnell, comprato ai magazzini Harrods, e chiamato in origine Edward. L'appellativo con cui oggi lo conosciamo deriva dalla curiosa mescolanza di "Winnipeg", una mansueta grizzly canadese con cui Christopher era entrato in contatto al London Zoo, e "Pooh", nome dato dal bambino a un cigno che viveva nella tenuta di famiglia.

Il materiale che Milne scrisse a riguardo venne raccolto tra il 1924 e il 1928 in due libri di racconti in prosa, Winnie the Pooh e The House at Pooh Corner, e due di poesia, When We Were Very Young e Now We Are Six. Illustratore di tutti e quattro i volumi fu Ernest Shepard, che col suo tratto ruvido e un po' naif si adattava perfettamente alle atmosfere boscose e all'aspetto peloso dei protagonisti. Lo stile ironico e l'umorismo nonsense di Milne, uniti ad un'analisi niente affatto banale della psicologia infantile, resero in breve tempo questi libri dei classici della letteratura inglese. Il loro successo arrivò addirittura a dare delle noie ai Milne: lo scrittore vide di colpo oscurata la sua carriera di autore drammaturgico, mentre Christopher nel corso della sua vita non fece mistero di provare un po' di imbarazzo nei confronti di un immaginario collettivo che l'aveva cristallizzato all'età di sei anni. Fu verso la fine degli anni 50 che la vedova di Alan Milne concesse a Walt Disney i diritti di sfruttamento dei libri. Grande fan dell'opera di Milne, Disney stava da tempo cercando un modo per portarla sul grande schermo. Molti artisti del suo staff come Frank Thomas, Ollie Johnston e Milt Kahl conoscevano bene quei libri e avrebbero volentieri partecipato alla produzione di un lungometraggio a tema, tuttavia Walt preferì rivolgersi ai membri meno interessati alla cosa, per trovare un punto di equilibrio e rendere l'orsetto più congruo al gusto americano.

Uno dei nine old men più "distanti" da Milne era ad esempio Wolfgang Reitherman, a cui Walt affidò la regia del progetto, sperando che il suo senso del ritmo e dell'azione compensassero in qualche modo la semplicità narrativa dei primi capitoli. Tuttavia, dopo una prima riunione, Walt decise di cambiare strategia e abbandonare l'idea iniziale di un lungometraggio. Sebbene i personaggi di Milne fossero famosi in Inghilterra, negli Stati Uniti erano ancora poco conosciuti, motivo per cui si volle dare al pubblico americano il tempo di assimilare il tutto a piccole dosi. Il film venne così diviso in tre segmenti, rilasciati gradualmente tra il 1966 e il 1974, sottoforma di mediometraggi (featurette). L'intuizione si rivelò vincente, tuttavia Disney non fece in tempo a vedere il progetto giungere a compimento, dato che morì durante la produzione del secondo episodio. Anni dopo la sua scomparsa, lo studio decise di rimontare insieme le tre parti, andando a ricostituire il lungometraggio progettato all'inizio. The Many Adventures of Winnie the Pooh (1977) rappresenta dunque un'anomalia all'interno della filmografia dello studio: unico film di montaggio ad essere ospitato all'interno del proprio canone produttivo. Un'eccezione dovuta alla sua genesi a dir poco peculiare.

Winnie the Pooh and the Honey Tree - La Storia

Il primo mediometraggio ambientato nel Bosco dei Cento Acri, Winnie the Pooh and the Honey Tree, esce nel 1966. Il regista, come previsto, è Wolfgang Reitherman, mentre nello story team troviamo alcuni nomi ricorrenti del periodo come Larry Clemmons, Xavier Atencio e soprattutto il veterano Ken Anderson, attivo in Disney sin dagli albori e diventato negli ultimi tempi il principale designer dello studio. Cosa importante, Disney partecipa attivamente al progetto. La produzione del coevo The Jungle Book ha infatti riacceso in lui la passione per l'animazione, dopo più di un decennio in cui aveva preferito osservarla da lontano. L'orsetto Pooh passerà quindi alla storia del cinema come l'ultimissimo personaggio a cui Walt abbia dato vita, prima della sua scomparsa, avvenuta dieci mesi dopo l'uscita nelle sale.

La storia segue abbastanza fedelmente i contenuti dei primi due capitoli del libro originale, mettendo in luce la natura episodica del testo di Milne: il mediometraggio si articola infatti in due sequenze ben distinte, utili a presentare al pubblico il protagonista e parte del cast principale. Nella prima vediamo Pooh intento a procacciarsi il miele, arrampicandosi sopra un albero e sfidando uno sciame di api. Ad aiutarlo troviamo Christopher Robin, mentre sullo sfondo fanno la loro prima apparizione il triste asinello Ih-Oh (Eeyore), il gufo Uffa (Owl) e la coppia formata dalla cangurina Kanga (Kanga) con il figlio Ro (Roo). Si tratta di un inizio piuttosto peculiare: i comportamenti ingenui di Winnie e le sue sciocche canzoncine potrebbero disorientare lo spettatore più smaliziato, spingendolo a sottovalutare la pellicola.

Tuttavia, è nella seconda metà che le cose si fanno più intriganti. L'entrata in scena dell'ansiogeno coniglio Tappo (Rabbit), con il suo punto di vista "adulto", spinge infatti il mediometraggio su un binario ben più ironico e riferibile per il pubblico. La stessa personalità di Pooh si rivela via via più interessante andando avanti: modellata su quella dei bambini, ne eredita il candore ma anche alcune ombre, come l'egocentrismo e l'invadenza. Lo vediamo quindi autoinvitarsi a casa di Tappo, svuotargli la dispensa con noncuranza e ingrassare così tanto da rimanere incastrato sull'uscio della dimora. La situazione è davvero divertente e dai risvolti paradossali. L'esaurimento nervoso del povero coniglio, che in attesa del dimagrimento di Pooh è costretto per settimane a convivere con il suo didietro in bella vista, rappresenta una delle sequenze più memorabili e vede il coinvolgimento diretto di Walt: la gag in cui cerca di dissimulare l'ingombro, arredandogli il posteriore, pare sia una sua idea. Vanno segnalate, infine, le apparizioni del citello De Castor (Gopher), animato da Lounsbery, personaggio totalmente assente dai libri e inserito su spinta di Disney. Pur sottolineando con un gioco di parole la sua estraneità all'opera di Milne, il roditore americano non susciterà le simpatie del pubblico inglese più ortodosso, al punto che verrà rimosso dalle future produzioni.

Winnie the Pooh and the Honey Tree - L'Arte

Winnie the Pooh nasce in piena epoca xerografica, e ne porta all'estremo i tratti caratteristici. In questo primo mediometraggio è evidentissima la presenza di linee di costruzione, tracce di grafite e scarabocchi vari che aiutano a dare al tutto un sapore decisamente più sketchy, anche rispetto alle produzioni di quello stesso periodo. L'effetto è magnifico e stilisticamente molto appropriato perché rimanda al tratto sporco di Ernest Shepard, le cui illustrazioni per i libri originali costituirono una fonte d'ispirazione evidente per il designer Ken Anderson. Se si esclude il regista, sono pochi però gli animatori del gruppo dei nine old men al lavoro sulla pellicola: solo Eric Larson e John Lounsbery. Il Libro della Giungla stava assorbendo buona parte della forza lavoro dello staff, ma anche con un team più ridotto si riuscì a ottenere un buon risultato, grazie anche agli sforzi di altri grandi artisti oggi meno celebrati come Hal King, Eric Cleworth e John Sibley.

Inoltre, cosa rara in campo Disney, ci fu un insolito rispetto delle fonti originali. Anzi, si potrebbe dire che pochi progetti dello studio si pongano come veri e propri adattamenti quanto Winnie the Pooh. La cosa è evidente se si guarda al look dei personaggi: pur mantenendo il classico stile Disney impostato dai nine old men, il debito con i loro corrispettivi letterari è evidente. Un esempio di questa fedeltà è l'aspetto di Tappo e Uffa: diversamente del resto del cast, i due non sono pupazzi, ma animali veri, così come nei libri. Il motivo di questa differenza è che Milne creò queste due figure direttamente nei racconti, anziché attingere alla cameretta di suo figlio. Qualche cambiamento lo richiese proprio Christopher Robin, che nei libri rappresentava fedelmente il figlio di Milne e che venne sottoposto a un vero e proprio restyling attualizzante. Mentre per quanto riguarda Pooh, al quale venne data la voce "assonnata" di Sterling Holloway, ci fu ben poco da aggiungere: una maglietta rossa e due pollici opponibili.

Ma l'elemento che più di ogni altro rende chiara la volontà di Disney di non stravolgere l'opera di Milne, è sicuramente la componente metanarrativa. Questa prima featurette, come quelle che seguiranno, è introdotta da una cornice in live action in cui esploriamo la cameretta di Christopher Robin e vediamo i personaggi in forma di pupazzi. Ad un certo punto, come spesso accade nei film di Walt, un libro si apre e tra le pagine prendono vita i personaggi, facendo capolino da quella stessa mappa del Bosco dei Cento Acri che Ernest Shepard aveva messo in apertura del libro originale. Da quel momento in poi gli animali del Bosco non dimenticheranno mai di essere tra le pagine di un volume: li vedremo saltare le rilegature, giocare con le lettere e rivolgersi direttamente al narratore in più di un'occasione, in un continuo gioco metatestuale di grande finezza.

Winnie the Pooh and the Honey Tree – La Musica

Alla colonna sonora di Winnie the Pooh and the Honey Tree troviamo i fratelli Richard e Robert Sherman, che in epoca xerografica erano i compositori di punta dello studio. Coadiuvati da una partitura strumentale firmata da Buddy Baker, gli Sherman si occupano di comporre le cinque canzoni che scandiscono la vicenda. La versatilità di questo duo li aveva portati in quegli anni a comporre canzoni destinate a lungometraggi animati, live action, film a scrittura mista e addirittura per attrazioni di Disneyland. Gli Sherman furono chiamati a mostrare la propria abilità, realizzando delle canzoni basate sulle numerose filastrocche disseminate tra le pagine del libro, e adottando quindi uno stile più leggero del solito. Fu una sorta di secondo tentativo, dopo l'esperienza con l'episodico Alice in Wonderland (1951) che già aveva tentato con difficoltà la strada dell'adattamento fedele dei versi di Lewis Carroll. Il risultato, pur mantenendo una certa stucchevolezza di fondo, fu comunque apprezzabile e non troppo distante dalla cifra stilistica dei due fratelli.

  • Winnie the Pooh - Il bellissimo e trasognato tema principale immerge lo spettatore nel Bosco dei Cento Acri mentre le immagini che lo accompagnano illustrano la mappa di Shepard e i personaggi che popolano questo mondo. La sequenza introduttiva si ripete identica in tutti i mediometraggi di Winnie Pooh, ma chiaramente nel film antologico del 1977 è presente soltanto una volta, in apertura.
  • Up, Down and Touch the Ground - È la prima delle sciocche filastrocche che l'orsetto intonerà per tutta la pellicola. Si tratta di un brevissimo stacchetto che ironizza sul fatto che la ginnastica per Pooh non serve a tenersi in esercizio ma a farsi venire appetito.
  • Rumbly in My Tumbly - Altro motivetto canticchiato da Pooh, questa volta mentre si arrampica sull'albero del miele, compiacendosi del proprio appetito. Il mediometraggio si chiude con un brevissimo reprise del brano.
  • Little Black Rain Cloud - La terza filastrocca del lotto accompagna la sequenza in cui Winnie cerca di rubare il miele, travestito da nuvola di pioggia, dopo essersi rotolato nel fango sotto lo sguardo divertito di Christopher Robin. Il brano, minimalista come i precedenti, ha però uno stile leggermente più melodico.
  • Heave-Oh - Conosciuta anche come Mind Over Matter, è la canzone che tutti i personaggi eseguono in coro e che accompagna la concitata scena finale, in cui Pooh viene finalmente tirato fuori dalla tana di Tappo, finendo per schizzare accidentalmente proprio in cima a quell'albero del miele che era stato oggetto delle sue attenzioni.

Va segnalato inoltre un accorgimento che riguarda la partitura strumentale. Per Winnie the Pooh il compositore Buddy Baker tentò di replicare il meccanismo del segmento Pierino e il Lupo, visto in Musica Maestro (1946). Ad ogni personaggio del Bosco dei Cento Acri fece corrispondere uno specifico strumento musicale, in modo che ognuno di loro lasciasse una personale impronta nella colonna sonora.

Questo primo segmento del progetto Winnie the Pooh arrivò nelle sale in abbinamento al live action Quattro Bassotti per Un Danese, una delle tante commedie con Dean Jones che venivano sfornate in quel periodo. Se si esclude qualche critica da parte del pubblico inglese, scontento dell'appropriazione disneyana di un'icona della loro letteratura, il resto degli spettatori reagì bene all'esperimento, permettendo così di dare il via libera alla seconda parte, il bellissimo Troppo Vento per Winnie the Pooh, che uscirà soltanto nel 1968 e rappresenterà la definitiva consacrazione di Pooh nel pantheon disneyano.

Winnie the Pooh and the Blustery Day – La Storia

Nel 1966, dopo l'ottima performance della prima featurette dedicata a Winnie the Pooh, le percezione dell'orsetto all'interno dello studio è molto cambiata. Persino il regista Wolfgang Reitherman, all'inizio diffidente verso l'opera di Milne, sta iniziando a intuirne il potenziale. A questo va aggiunto che, terminato il lavoro su The Jungle Book, si aggiungono alla squadra del Bosco dei Cento Acri anche alcuni suoi grandi supporter come Frank Thomas, Ollie Johnston e Milt Kahl. Un mediometraggio di Pooh può rappresentare il cuscinetto ideale per tirare momentaneamente il fiato, prima di mettersi al lavoro sul lungometraggio successivo, Gli Aristogatti. Persino Walt Disney continua a essere molto coinvolto nella cosa, lasciando un' inconfondibile impronta in quello che possiamo considerare il suo canto del cigno. In un contesto tanto ispirato e positivo non stupisce che proprio con Winnie the Pooh and the Blustery Day il progetto raggiunga il suo apice qualitativo.

Rispetto a Winnie the Pooh and the Honey Tree, questa volta l'adattamento è leggermente meno fedele: vengono infatti mescolati insieme cinque differenti racconti di Milne, scombinando l'ordine degli eventi. Anche questa featurette si potrebbe idealmente suddividere in due sequenze distinte. Nella prima assistiamo alla “giornata molto ventosa” del titolo, durante la quale accadono alcune cose paradossali: il piccolo porcellino di pezza Pimpi (Piglet), qui alla sua prima apparizione, viene infatti trascinato in aria come un aquilone e finisce dritto dritto in casa di Uffa. Il gufo inoltre si ritroverà ben presto senza abitazione, dato che la sua casa sull'albero precipiterà a causa delle intemperie.

Nella seconda parte la “giornata molto ventosa” si trasforma in una “nottata molto piovosa”. Durante la tempesta notturna Winnie si ritrova a far la conoscenza di Tigro (Tigger), che gli piomba in casa del tutto inaspettatamente, e a dover fare i conti con l'inesistente minaccia degli “efelanti e noddole”, in una sequenza onirica davvero strepitosa. All'alba l'intero Bosco dei Cento Acri è completamente allagato, il che permette di virare verso un finale vagamente avventuroso, ma sempre all'insegna del minimalismo. Winnie the Pooh and the Blustery Day è decisamente più riuscito del predecessore, e presenta un maggior numero di situazioni, concetti e personaggi. Il suo punto di forza rimangono le eccellenti interazioni tra i pupazzi, inoltre la vicenda ha un respiro più ampio, la colonna sonora è straordinaria e la sequenza dell'incubo di Pooh aggiunge all'opera una sfiziosa sfumatura sinistra. Non manca inoltre il classico umorismo nonsense, il cui punto più alto viene raggiunto quando Pimpi per equivoco si autoconvince di dover per forza regalare la sua dimora a Uffa. E poi lo fa.

Winnie the Pooh and the Blustery Day – L'Arte

Il comparto grafico di questo secondo mediometraggio riprende in tutto e per tutto l'impostazione del suo predecessore. La tecnica Xerox viene usata al massimo del suo potenziale, ricordando lo stile grafico delle illustrazioni di Ernest Shepard, a corredo dei volumi originali. Viene mantenuta inoltre l'introduzione live action e la successiva transizione sulle pagine del libro, che continuano a costituire una cornice metanarrativa di prim'ordine, permettendo gag surreali e la frequente rottura della quarta parete. Una parentesi a sé è costituita dalla sequenza del sogno di Pooh, ambientata in un mondo surreale in cui le regole codificate fino a questo momento possono essere facilmente stravolte. L'animazione porta la firma di alcuni fra i migliori veterani dello studio: Frank, Ollie e Milt si aggiungono al team, mentre a restare in panchina stavolta è Eric Larson.

L'altissimo livello dei talenti in gioco si rispecchia perfettamente nell'ottima riuscita delle due new entry. La prima fra queste è Pimpi, introdotto con una buona dose di umorismo e giochi di parole in stile Milne: accanto alla sua casetta appare un cartello rotto che reca la scritta incompleta “Trespassers Will”, che lui crede essere il nome di suo nonno, anziché un semplice segnale di divieto eroso dal tempo. Pimpi andrà a costituire con Pooh una coppia inseparabile, e non è un caso quindi che i due personaggi siano animati da un duo di artisti inseparabili anche nella vita reale: Frank Thomas e Ollie Johnston. Non è la prima volta che i due amiconi lavorano insieme, proiettando il loro affiatamento anche sui personaggi da loro disegnati: ne sono un perfetto esempio Mowgli e Baloo in The Jungle Book (1967). Non si capisce dove inizi il lavoro dell'uno e finisca quello dell'altro, specialmente nelle sequenze in cui i due appaiono contemporaneamente, e in cui Pooh mostra uno stile di disegno piuttosto diverso dal solito.

Winnie the Pooh and the Blustery Day segna anche l'esordio di Tigro, il personaggio più esplosivo della compagnia. Si tratta di una rappresentazione arguta dell'aspetto più incontenibile e irruente della psicologia infantile, un iperattivo caratterista perennemente fuori dagli schemi. Ogni suo movimento o espressione è un capolavoro: Tigro è sicuramente il personaggio visivamente più impressionante di tutti e non è un caso che sia stato affidato ad un vero fuoriclasse, il virtuoso della matita Milt Kahl, specializzato in personaggi borderline e sopra le righe. Del gruppo dei nine old men ritroviamo inoltre John Lounsbery, responsabile di Uffa, e ovviamente Wolfgang Reitherman, che viene riconfermato come regista.

Winnie the Pooh and the Blustery Day – La Musica

La colonna sonora di questa seconda avventura di Pooh vede ancora una volta i Fratelli Sherman e Buddy Baker nel ruolo di compositori. I due artisti riescono a offrire qualcosa di ancora superiore rispetto a quanto fatto nel mediometraggio precedente. Il classico tema di Winnie the Pooh rimane nella sequenza di presentazione, ma le canzoni che seguono vanno oltre la semplice collezione di filastrocche presentate nel 1966 e risultano musicalmente assai più interessanti.

  • A Rather Blustery Day - È l'unica canzone del set a seguire nuovamente la formula di Winnie the Pooh and the Honey Tree, mostrandoci l'orsetto intento a canticchiare qualcosa che ha senso solo nella sua testa.
  • The Wonderful Thing About Tiggers - Il frizzante motivetto di presentazione di Tigro è breve ma assolutamente incisivo, e rimarrà impresso nelle menti di molte persone. La canzoncina verrà riciclata nel terzo segmento, prodotto qualche anno dopo, ma anche in numerose produzioni successive come Winnie the Pooh (2011) e ovviamente nel lungometraggio firmato DisneyToon Studios, The Tigger Movie (2000), in una versione opportunamente estesa.
  • Heffalumps and Woozles - Più che un prodotto per l'infanzia il Winnie Pooh disneyano è un'opera sull'infanzia, che analizza l'immaginario dei bambini in tutte le sue sfaccettature, compresa quella che in genere non viene trattata: la paura. Suggestionato dalle parole di Tigro, che lo mette in guardia dagli elefanti e donnole, presunti ladri di miele, l'orsetto Pooh fa un incubo in cui si ritrova a fronteggiare gli “efelanti e noddole”, grottesche trasfigurazioni verbali e visive di questi animali. La sequenza è surreale, ipnotica e leggermente dark, come anche la canzone che la accompagna, e rappresenta probabilmente il punto più alto di tutto questo corpus. Il riferimento diretto è ovviamente ad altre animazioni disneyane parimenti psichedeliche, come la classicissima Pink Elephants on Parade di Dumbo (1941), ma anche la Silly Symphony Lullaby Land (1933), capolavori onirici di cui viene raccolto degnamente il testimone.
  • The Rain Rain Rain Came Down Down Down - Dopo la nottata tempestosa ecco una canzoncina più leggera in cui si descrivono con umorismo gli effetti del diluvio, mostrando i personaggi far fronte all'emergenza. È un brano orecchiabile che accompagna immagini tenere e di grande atmosfera, con un arrangiamento così ben fatto da riuscire a far percepire l'umidità allo spettatore.
  • Hip Hip Pooh-Ray! - La canzone che i personaggi cantano in coro celebrando il lieto fine, ha alcuni punti di contatto con Heave-Oh, che concludeva invece il mediometraggio precedente. Da notare che per la prima volta il cast sfila al gran completo, arricchito dai due nuovi personaggi, Pimpi e Tigro.

La grandissima qualità del segmento non passò certo inosservata e fruttò all'orsetto un Oscar come miglior cortometraggio animato, il primo vinto dopo la scomparsa di Disney. I lavori sulla terza parte del progetto però non furono immediati. Lo studio, dovendo far fronte ai duri contraccolpi dovuti alla morte di Walt, fu costretto a riorganizzare la propria scaletta produttiva, dando precedenza a Gli Aristogatti e Robin Hood. Ci sarebbero voluti ben sei anni per riuscire a portare nei cinema il successivo mediometraggio, quel Winnie the Pooh and Tigger Too! , che avrebbe dovuto chiudere finalmente la serie.

Winnie the Pooh and Tigger Too! – La Storia

Con Winnie the Pooh and Tigger Too! il progetto di Walt sull'orsetto giunge al suo naturale capolinea. Questo terzo mediometraggio arriva però soltanto nel 1974, in una fase di passaggio della storia degli studios, motivo per cui è possibile riscontrare delle lievi differenze stilistiche, sia nello storytelling che nel comparto grafico. Questa volta a venir adattati (e invertiti) sono due capitoli tratti dal secondo libro di racconti di Milne, in cui Tigro è protagonista assoluto, ma c'è spazio anche per la breve sequenza in cui Pooh e Pimpi girano in tondo seguendo le tracce nella neve, tratta dal primo volume.

Stranamente non sono presenti nuovi numeri musicali, se si escludono ovviamente il tema principale Winnie the Pooh, che come di consueto apre il mediometraggio, e un reprise di The Wonderful Thing About Tiggers, tema ufficiale di quello che stavolta è a tutti gli effetti il protagonista. Il motivo di questa anomalia è probabilmente il ritiro dei Fratelli Sherman, che avevano curato le precedenti colonne sonore, ma che all'inizio degli anni 70 avevano ormai abbandonato lo studio. Un'altra differenza con il passato è il ruolo di Wolfgang Reitherman, che ora figura solo come produttore, mentre la regia passa in mano ad un altro dei nine old men, il grande John Lounsbery, il cui lavoro si dimostra in continuità con quanto venuto prima.

Anche stavolta la featurette si potrebbe dividere in due sequenze distinte. Nella prima parte Tappo organizza un brutto scherzo ai danni di Tigro, per mortificarlo e fargli perdere l'abitudine di saltare. Il piano consiste nel fingere di abbandonarlo nel profondo della foresta, stratagemma che chiaramente gli si ritorcerà contro. È bene ricordare che sebbene nel mondo infantile dei personaggi di Milne sia assente la malizia, questo non significa che i personaggi non possano assumere comportamenti negativi, come dimostra la totale amoralità con cui Winnie e Pimpi decidono di appoggiare il piano di Tappo, senza farsi troppi problemi. La seconda parte è ambientata in inverno, e vede Tigro rimanere vittima della sua mania, che lo porterà in cima ad un albero dal quale non riuscirà più a scendere. Va sottolineato che in questa sequenza vediamo Tigro stringere un rapporto speciale con il piccolo cangurino Roo, facendogli da fratello maggiore, legame che verrà esplorato anche in alcune produzioni successive firmate dai reparti televisivi.

Winnie the Pooh and Tigger Too! – L'Arte

La terza parte del progetto Winnie Pooh è sicuramente valida, pur perdendo un po' il confronto con il magnifico Winnie the Pooh and the Blustery Day, che l'aveva preceduto. E' nell'edizione definitiva del 1977, in cui i tre atti vengono montati insieme, che questo piccolo cambio di marcia si avverte, creando un lieve anticlimax. Tuttavia, le numerose trovate fanno velocemente perdonare qualsiasi incertezza strutturale, dovuta alla sua particolare natura. Artisticamente ci si appoggia come sempre al gran lavoro fatto in precedenza da Ken Anderson, che aveva impostato alla perfezione il mood del Bosco dei Cento Acri nei precedenti episodi.

Anche qui lo stile xerografico si sente parecchio, avvicinando il tutto al look dei libri originali, cosa particolarmente azzeccata dal momento che dei tre atti è qui che la natura metanarrativa della serie viene esplorata di più. Come sempre abbiamo un'introduzione live action, a cui segue l'ingresso nel mondo del libro, nel quale prenderanno vita le vicende, narrate con un piglio ancor più surreale che in passato. Nella scena in cui i personaggi si perdono nel bosco girando in tondo li vedremo letteralmente viaggiare tra un'illustrazione e l'altra ritornando spesso alla pagina di partenza, mentre nella sequenza finale il problemino di vertigini del povero Tigro verrà risolto proprio... chiedendo aiuto al narratore, il quale lo trarrà d'impaccio portandolo a scivolare sul dorso del muro di testo.

Come in precedenza, Milt Kahl si occupa di Tigro, mentre Frank Thomas e Ollie Johnston danno vita a Winnie e Pimpi. Tuttavia, in questo momento della storia Disney qualcosa sta cambiando all'interno della squadra di animatori: i nine old men stanno progressivamente lasciando lo studio e sentono il bisogno di tramandare i segreti del mestiere. Fortunatamente è già attiva la prima infornata di nuovi artisti, cresciuti sotto l'ala del maestro Eric Larson, fra cui si distinguono Dale Baer e Ron Clements, semi di quella che sarà la seconda generazione di animatori. Tra la prima e la seconda ha già preso forma però un sorta di "generazione intermedia", quella piccola cerchia di animatori ormai già formata e che poco più tardi abbandonerà lo studio sotto la guida di Don Bluth: fra i dissidenti troveremo Gary Goldman e John Pomeroy, allievo di Milt, il cui stile è qui ben evidente in molte scene con Tigro. Infine una menzione speciale va a Burny Mattinson, in quegli anni già attivo come animatore, che più di trent'anni dopo sarà nominato sceneggiatore principale del nuovo Winnie the Pooh (2011), ponendosi come punto d'unione ideale tra il passato e il futuro dello studio.

Epilogo – Il Futuro di un Orsetto

Come si è visto, una volta portato a termine il progetto, i tre mediometraggi vennero finalmente montati insieme in quello che viene considerato oggi il 22° film del Canone WDAS. The Many Adventures of Winnie the Pooh collega i tre segmenti tramite un paio di animazioni di raccordo, appositamente realizzate, ma serba anche una sorpresa: una sequenza del tutto nuova, collocata in chiusura, in cui vediamo Christopher Robin dire addio alla propria infanzia. Questo malinconico epilogo altro non è che l'ultimo racconto di Milne, adattato con classe e gran sensibilità. Non si tratta di una scena drammatica o stucchevole, ma di un momento delicato: tutto quello che vediamo è un bambino che con un giro di parole comunica al suo orsetto che nei prossimi tempi avrà meno tempo per frequentare il Bosco. Il narratore spiega al pubblico che il motivo è l'inizio della scuola, tuttavia Winnie non sembra rendersi pienamente conto di quanto accadrà di lì a poco, e tutto quello che riesce a fare è chiedere a Christopher di non dimenticarlo, nemmeno quando avrà cent'anni. “Quanti ne avrò io, allora?” si domanda poi il pupazzo, e la poetica risposta che riceve è “Novantanove, sciocco di un orsetto!”. Con questo tenero messaggio di ”sudditanza“ si chiude il primo film animato visto con l'ottica di un giocattolo.

Il successo di Winnie the Pooh fu travolgente e duraturo. Oltre all'ovvio merchandising, l'orsetto si vide dedicare anche una serie di strisce quotidiane e tavole domenicali per i quotidiani, e persino un filmato educational sponsorizzato, Winnie the Pooh Discovers the Seasons (1981), animato esternamente al Rick Reinert Studio. Lo stesso studio collaborerà con Disney per realizzare addirittura un quarto mediometraggio, Winnie the Pooh and a Day for Eeyore (1983), realizzato in continuità creativa con i precedenti ma penalizzato sul fronte animazione, a causa di un apporto esterno non all'altezza del passato.

Sarebbe stato solo l'inizio del lungo periodo apocrifo vissuto dall'orsetto, che nel giro di tre decenni divenne protagonista di un grandissimo numero di lungometraggi e serie animate, prodotti esclusivamente dai reparti televisivi sotto altre etichette. Sebbene alcune di queste animazioni dimostrassero una certa cura, come The Tigger Movie (2000), la qualità complessivamente altalenante di tali prodotti finì tuttavia per affossare il franchise, facendo subire a Winnie un triste declino. La situazione si risolse nel 2011 quando ai Walt Disney Animation Studios venne finalmente commissionato un nuovo lungometraggio con protagonista l'orsetto. Intitolato semplicemente Winnie the Pooh, il 51° film del canone disneyano riuscì nel difficile compito di ridare lustro all'opera dei nine old men, offrendo l'opportunità a Mark Henn, Andreas Deja, Eric Goldberg e molti altri di portare finalmente avanti l'opera dei loro maestri.

Revisione del 2 Settembre 2022.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: The Many Adventures of Winnie the Pooh
  • Anno: 1977
  • Durata:
  • Produzione: Walt Disney
  • Regia: Wolfgang Reitherman
  • Storia: , , , , , ,
  • Basato su: Winnie-the-Pooh di A.A. Milne
  • Musica: Richard M. Sherman, Robert B. Sherman
Nome Ruolo
Ken Anderson Storia
Xavier Atencio Storia
Larry Clemmons Storia
Eric Cleworth Storia
Walt Disney Produttore
Vance Gerry Storia
A.A. Milne Storia Originale (Winnie-the-Pooh)
Wolfgang Reitherman Regista
Richard M. Sherman Canzoni
Robert B. Sherman Canzoni
Julius Svendsen Storia
Ralph Wright Storia

Bibliografia

Sul film:

  • Christopher Finch, Winnie The Pooh: A Celebration of the Silly Old Bear (2000: Disney Editions [US]). Updated Edition (2011: Disney Editions [US]).

Fonte:

  • A.A. Milne, E.H. Shepard, Winnie The Pooh (1926: Melthuen & Co. Ltd., London [UK]; E.P. Dutton [US]). Dutton’s Edition Facsimile (2017: Penguin Random House).
  • A.A. Milne, E.H. Shepard, The House At Pooh Corner (1928: Melthuen & Co. Ltd., London [UK]; E.P. Dutton [US]). Dutton’s Edition Facsimile (2018: Penguin Random House).
  • A.A. Milne, E.H. Shepard, When We Were Very Young (1924: Melthuen & Co. Ltd., London [UK]; E.P. Dutton [US]). Dutton’s Edition Facsimile (2020: Penguin Random House).
  • A.A. Milne, E.H. Shepard, Now We Are Six (1927: Melthuen & Co. Ltd., London [UK]). Dutton’s Edition Facsimile (2020: Penguin Random House).
  • A.A. Milne, E.H. Shepard, Winnie The Pooh: The CompleteCollection of Stories and Poems (1994: Egmont [UK]). New Edition (2016: Egmont [UK]).

Eredità:

  • Disney 365 Days With Winnie the Pooh (2019: Dark Horse Comics [US])
  • The Art of Winnie the Pooh (2006: Disney Editions [US])

Home Entertainment

  • [1] The Many Adventures of Winnie the Pooh (1981 VHS, 1982 LD: Walt Disney Home Video).
  • [2] The Many Adventures of Winnie the Pooh – Masterpiece Collection(1996 VHS, 1996 LD: Walt Disney Home Video).
  • [3]The Many Adventures of Winnie the Pooh – 25th Anniversary Edition (, : Buena Vista Home Entertainment).
    Prova tecnica
    Prova tecnica
  • [4] The Many Adventures of Winnie the Pooh – The Friendship Edition (2007 DVD: Buena Vista Home Entertainment).
  • [5] The Many Adventures of Winnie the Pooh (2013 BRAY/DVD: Buena Vista Home Entertainment).

Extra

  • The Many Adventures of Winnie the Pooh - The Story Behind the Masterpiece (Making Of)[2][3][4][5]
  • Pooh's Pop-Up Fun Facts (Text Commentary)[3][4]
  • The Winnie the Pooh Art Gallery [3][4]
  • “Winnie The Pooh Theme Song” - Performed by Carly Simon (Music Video) [3][4][5]