Le Avventure di Bianca e Bernie

Tante Versioni

The Rescuers, come molti altri film animati disneyani, ha una storia produttiva davvero complessa. Sono state tante le riscritture, le marce indietro e i cambiamenti che ha subito il film, sin dagli anni 60, epoca in cui gli studios Disney presero in considerazione per la prima volta l'idea. Alla base di tutto c'era una serie di libri scritti da Margery Sharp, in cui due topolini, affiliati ad una società di salvataggio, viaggiavano per il mondo svolgendo alcune missioni. La prima bozza del film era molto fedele al primo libro e si focalizzava sul salvataggio di un poeta norvegese, imprigionato in un castello siberiano da un regime totalitario. Walt Disney però bocciò la proposta, poiché non era interessato a produrre un film troppo politicizzato e incentrato su intrighi internazionali, preferendo in quella fase della sua vita qualcosa di più leggero.

Dopo la sua morte il progetto tornò a galla. Nei primi anni 70 stava iniziando a formarsi agli studios una cerchia di animatori più giovani (la “generazione 1.5”), capeggiata da Don Bluth. Si pensò allora di biforcare la produzione di film animati, lasciando il team di veterani a lavorare su progetti più ambiziosi, e assegnando invece a questo nuovo gruppo dei film più semplici. Gli animatori anziani iniziarono dunque a lavorare su Scruffy, un film incentrato sulle scimmie di Gibilterra durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre il gruppo di Bluth riprese in mano The Rescuers, con un diverso approccio. La storia adesso sarebbe stata ispirata all'ultimo libro della serie uscito, Miss Bianca in the Antarctic, e avrebbe riguardato il salvataggio di un orso polare, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere doppiato dal jazzista Louis Prima, già voce di Re Luigi in The Jungle Book (1967).

Anche questa volta le cose andarono a rotoli. Louis Prima lasciò il progetto dopo aver scoperto di avere un tumore al cervello, e contemporaneamente il film su cui stavano lavorando i veterani, Scruffy, venne archiviato. I due team quindi si ricompattarono. Gli anziani si rimisero all'opera su The Rescuers, trasformandolo nuovamente in un film di ampio respiro, mescolando insieme i diversi libri della serie ma usando come fonte primaria il secondo, Miss Bianca. Inizialmente si pensava di rendere nuovamente antagonista della pellicola Crudelia De Mon, ma Ollie Johnston reputò sbagliata l'idea di farne un sequel de La Carica dei 101 (1961) e si preferì invece dare ai due protagonisti una nemica nuova di zecca: Madame Medusa.

Calore e Malinconia

Negli anni 60 e 70, il cinema d'animazione si stava lasciando alle spalle i kolossal dell'epoca di Walt, focalizzandosi invece su storie dal sapore più contemporaneo. I film xerografici avevano infatti dei toni più leggeri, i protagonisti erano prevalentemente animali e le trame spesso parlavano di rapimenti con uno stile più terra terra, rispetto al lirismo tipico delle fiabe. The Rescuers si allinea generalmente all'impostazione del periodo, non rinunciando però a quella punta di cupezza che caratterizzerà il decennio successivo. Il lungometraggio segue l'avventura dei due topi Bianca e Bernard, membri della società di salvataggio RAS (Rescue Aid Society), una sorta di controparte in miniatura dell'ONU: la missione dei due è salvare l'orfanella Penny, tenuta prigioniera dalla proprietaria di un banco dei pegni, Medusa, nella pittoresca Palude del Diavolo. La cattiva in questione e il suo assistente Snoops, costringono regolarmente la bambina a infilarsi nelle grotte limitrofe, sfruttando le sue dimensioni ridotte per farle cercare un gigantesco diamante.

Sin dall'inizio Bianca ci viene presentata come membro regolare della RAS, mentre Bernie è un semplice e impacciato inserviente che si ritrova costretto ad accompagnarla, non senza qualche imbarazzo. Si tratta di una coppia di personaggi piuttosto teneri che detta perfettamente il tono di un film che, malgrado la sua componente investigativa, non rinuncia ad essere caldo e leggermente malinconico. The Rescuers contiene infatti alcune scene particolarmente toccanti, come la tappa dei due topolini all'orfanotrofio dove un vecchio gatto baffuto racconta con un certo trasporto l'ultimo giorno della bambina all'istituto, oppure la straordinaria sequenza in cui la piccola viene emotivamente devastata dalle crudeli parole della sua sadica carceriera. L'umorismo è comunque molto presente: i due protagonisti troveranno nel loro percorso un gran numero di caratteristi pronti ad aiutarli, come il gruppetto di animali che abitano la palude. A rimaner particolarmente scolpiti nella memoria sono tuttavia i due “mezzi di traporto” che Bianca e Bernie utilizzeranno per spostarsi: il simpaticissimo albatross Orville, il cui nome è un omaggio ai fratelli Wright, e la libellula-motoscafo Evinrude, chiamata così per omaggiare una nota marca di motori.

Il Gran Finale di Milt Kahl

Se si guarda al comparto visivo di The Rescuers è impossibile non accorgersi che i tratti di matita tipici del processo xerografico, pur numerosi, sono leggermente meno visibili. Merito di una nuova tecnologia che da quel momento sarebbe stata utilizzata anche nei film successivi, e che avrebbe fortemente limitato lo stile sporco dello Xerox. Al di là di questa peculiarità, il lungometraggio offre le consuete meraviglie tipiche dell'animazione disneyana. La compresenza di veterani e nuove leve regala inoltre al film un sapore ibrido. All'animazione troviamo infatti Frank Thomas, Ollie Johnston e Milt Kahl, gli ultimi componenti del team dei nine old men. Sono presenti anche John Lounsbery e Wolfgang Reitherman, benché non in qualità di animatori ma di registi, coadiuvati da Art Stevens. Oltre al già citato team di Don Bluth, fra le nuove leve spuntano nomi che presto si riveleranno importantissimi per il futuro dello studio, come Ron Clements, Dale Baer e soprattutto Glen Keane, il cui lavoro sulla piccola Penny ne rivela il grandissimo potenziale. Un discorso a parte va fatto per il duo di cattivi. Il tirapiedi di Medusa, Snoops, nasconde una bonaria presa in giro nei confronti dello storico del cinema d'animazione John Culhane, del quale ricalca le sembianze. L'esperto in questione non solo non se la prese, ma dichiarò che essere diventato un personaggio Disney aveva coronato il sogno di una vita. Non è strano quindi che il giochetto sia stato ripetuto in Fantasia 2000, nella sequenza della Rapsodia in Blu, nella quale Culhane figura addirittura tra i protagonisti.

Per quanto riguarda Madame Medusa, siamo di fronte al più fulgido esempio di quel che può succedere quando due grandi artisti entrano in competizione. Il suo creatore, il grandissimo Milt Kahl, soffriva il confronto con il collega Marc Davis, che tanti anni prima aveva dato vita a Crudelia De Mon. Come si è visto, Medusa nasceva come rimpiazzo di Crudelia, e Kahl desiderava realizzare una cattiva che non sfigurasse al suo confronto. Non bisogna dimenticare inoltre che dopo The Rescuers il grande animatore si sarebbe ritirato dalle scene, desiderando quindi chiudere la sua carriera con un personaggio che fosse la summa di tutta la propria arte. Per far questo Milt Kahl si immerse totalmente nel proprio lavoro, arrivando a realizzare anche gran parte dei disegni intermedi, ricoprendo quindi il ruolo che spettava agli intercalatori. Il risultato fu all'altezza delle promesse. Sebbene non sia riuscito a penetrare nella cultura popolare quanto Crudelia, il personaggio di Medusa è sicuramente più sofisticato: la sua recitazione è deliziosamente eccessiva, i suoi movimenti sono un continuo virtuosismo e la sua espressività riesce ad essere esagerata e divertente, senza che si cada mai nella stucchevolezza (che invece caratterizzerà lo stile di Bluth). Madame Medusa fu per Milt Kahl la definitiva consacrazione, che lo proiettò nell'olimpo dei più grandi animatori di sempre.

Malinconote

Dopo l'abbandono dei fratelli Sherman i lungometraggi animati perdono il loro rapporto privilegiato con la musica. Persone diverse si avvicenderanno alle pur valide colonne sonore prodotte negli anni 70 e 80, ma rimarranno sempre casi isolati, e nessuno stile riuscirà a imporsi, almeno fino all'arrivo di Howard Ashman e Alan Menken con La Sirenetta (1989). Pur non trattandosi di un musical in senso stretto, The Rescuers cela al suo interno una manciata di canzoni, scritte da Sammy Fain, Carol Connors e Ayn Robbins. La maggior parte di esse vengono cantate fuoricampo anziché dai protagonisti.

  • The Journey - Fra le particolarità del lungometraggio c'è quella di esser stato pensato per il formato widescreen, anziché essere un open matte come molti film coevi. Un altro elemento moderno è che prima dei titoli di testa è presente un prologo in cui assistiamo alla prigionia di Penny e al lancio tra le acque della palude di un messaggio in bottiglia, di cui seguiremo il viaggio. Il brano in questione è cantato dalla voce interiore di Penny e accompagna il tragitto della bottiglia lungo i credits, mostrando allo spettatore degli splendidi artwork e dettando così il tono malinconico e solenne della pellicola.
  • Rescue Aid Society - Unico brano del film a non essere eseguito fuoricampo, si tratta dell'inno della RAS cantato in coro dai suoi membri. È sicuramente una canzone molto orecchiabile e svolge benissimo la funzione di presentare allo spettatore la situazione e i due protagonisti. Tornerà successivamente per un brevissimo reprise.
  • Tomorrow is Another Day - La canzone romantica viene eseguita dalla voce interiore di Bianca e accompagna il volo dell'albatross su una New York al tramonto. La luce dorata del crepuscolo e le particolari sonorità del pezzo regalano alla sequenza un'atmosfera piuttosto insolita ma piena di trasporto. Anche questo brano è fuoricampo, e avrà un reprise in chiusura, quando vedremo i due protagonisti volare verso una nuova avventura.
  • Someone's Waiting For You - Probabilmente uno dei brani più struggenti della filmografia disneyana. È una sorta di tenera ninna nanna che viene cantata fuoricampo alla piccola Penny, reduce da quella che potrebbe essere definita una vera e propria violenza psicologica da parte di Medusa. Anche questo stupendo pezzo viene cantato dalla voce interiore di Bianca, con fare materno e consolatorio, poco prima di lanciarsi in azione e salvare la bambina.

È giusto aggiungere alle canzoni vere e proprie anche una sorta di piccola poesia, Faith is a Bluebird, che viene recitata dal gatto Rufus e da Penny nel flashback ambientato all'orfanotrofio, e che come gli altri brani cantati, porta con sé una buona dose di commozione. Questa peculiare colonna sonora è l'ulteriore riprova di come The Rescuers cerchi di allontanarsi dai toni frivoli dell'animazione di quegli anni, puntando in una direzione diversa e prediligendo il cuore alla risata.

Verso il Sequel

Le Avventure di Bianca e Bernie all'epoca della sua uscita fu un buon successo, il primo incasso degno di nota dai tempi di Walt. Le pellicole successive non sarebbero riuscite a replicarne il risultato almeno fino alla fine degli anni 80, quando si mise in moto il Rinascimento Disney. The Rescuers piacque al pubblico e anche alla critica, ma soprattutto piacque agli animatori che finalmente dopo tanto tempo ebbero la possibilità di tornare a raccontare una storia più completa sul fronte emotivo. Il lungometraggio fu l'ultimo ad esser stato realizzato quasi interamente dalla vecchia guarda di artisti, che dopo aver concluso i lavori sul film iniziarono ad abbandonare lo studio. Il successivo The Fox and the Hound (1981) segnò infatti il “passaggio del testimone”: gli ultimi veterani impostarono il lavoro, per lasciarlo nelle mani delle nuove leve. E quello dopo ancora, The Black Cauldron (1985) rappresentò il definitivo cambio della guardia, il primo lungometraggio animato Disney interamente realizzato dalla seconda generazione di animatori. Per quanto strano possa sembrare, qualche anno dopo The Rescuers suscitò l'interesse della nuova dirigenza, che ne mise in lavorazione un vero e proprio sequel, il primo del canone disneyano.

Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri (1990) rappresentò una bizzarria nella stringa di kolossal fiabeschi che nei primi anni 90 diede vita al cosiddetto Rinascimento Disney. Fu il primo lungometraggio animato a sfoggiare una colorazione digitale, ottenuta tramite il nuovo software di composizione delle immagini CAPS, sviluppato da una giovanissima Pixar. A differenza del primo film, il seguito avrebbe avuto una componente action decisamente più accentuata, senza lo spazio per le canzoni, e un tono diverso, più spettacolare e in linea con lo stile del periodo. Il film non ebbe però un grande successo, e questo spinse a credere che questa tipologia di storie avesse fatto il suo tempo. Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri rimase a lungo l'unico esempio di sequel disneyano autentico, e prodotto dunque dalla Walt Disney Feature Animation (gli odierni WDAS), in un'epoca in cui le etichette Disney Television e DisneyToon Studios avevano dato vita alla discutibile pratica dei cheapquel. Fu proprio quello l'ambito nel quale si vociferò ad un certo punto di un terzo capitolo, tuttavia l'idea si perse per strada e ad oggi i due agenti della RAS non hanno ancora vissuto nuove avventure.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: The Rescuers
  • Anno: 1977
  • Durata:
  • Produzione: Ron Miller, Wolfgang Reitherman
  • Regia: John Lounsbery, Wolfgang Reitherman, Art Stevens
  • Musica: Artie Butler
Nome Ruolo
Artie Butler Musica
John Lounsbery Regista
Ron Miller Produttore Esecutivo
Wolfgang Reitherman Produttore; Regista
Art Stevens Regista