Vincent

Tim Burton

Pochi sanno che quello che oggi viene conosciuto come uno dei registi più importanti di Hollywood iniziò la sua carriera come animatore al Cal Arts, la scuola fondata da Walt che avrebbe dato inizio alla seconda generazione di talenti disneyani. Il giovane Tim si era fatto le ossa lavorando a stretto contatto con artisti del calibro di Glen Keane, John Lasseter e Brad Bird, sotto l'attenta supervisione del veterano Eric Larson, uno dei nine old men di Walt. L'estetica e la sensibilità di Burton si differenziavano però da quella dei suoi colleghi, indirizzati su percorsi più ortodossi, e faticava a trovare una propria dimensione. Nei suoi primi anni in Disney lavorò come animatore o concept artist per alcuni film come Red & Toby Nemiciamici (1981) e Taron e la Pentola Magica (1985), ma il suo apporto non è molto visibile nel prodotto finito. Diverso è il caso del cortometraggio Vincent (1982) prodotto in quasi totale autonomia, e autentico manifesto programmatico di quella che sarebbe stata la sua carriera futura. In quel periodo a credere nelle idee di Burton erano solo due persone: la dirigente Julie Hickson e il capo dello sviluppo creativo Tom Wilhite, i quali stanziarono 60.000 dollari per permettergli di produrre l'adattamento animato di una poesia da lui scritta. Il risultato fu un cortometraggio in stop motion di sei minuti rigorosamente in bianco e nero, che Burton realizzò in due mesi con l'aiuto degli animatori Rick Heinrichs, Stephen Chiodo e il cameraman Victor Abdalov: il vero inizio della sua carriera.

Il Bambino Alienato

Vincent racconta, con un registro a metà strada tra il serio e il divertito, l'odissea psicologica di Vincent Malloy, un bambino di sette anni apparentemente normale. Dietro questa facciata di normalità si nasconde però una profonda alienazione: Vincent è infatti ossessionato dai racconti horror, dalle atmosfere gotiche, dai film di Vincent Price e dai racconti di Edgar Allan Poe. Il ragazzino vive la quotidianità borghese impostagli dalla famiglia con profondo disagio, e la contrapposizione tra la sua delirante immaginazione e la desolante e arida normalità che la madre vuole imporgli costituiscono l'ossatura del cortometraggio. Realtà e fantasia si alternano inseguendosi di continuo, per giungere all'ambiguo finale, nel quale Vincent cade a terra senza vita, vinto totalmente dalla sua paranoia. Che si tratti di realtà o fantasia non è chiaro, ma è evidente che il protagonista altro non è che la proiezione infantile dello stesso regista, e che l'intero corto abbia in realtà un'evidente natura autobiografica. Il piccolo protagonista è infatti la caricatura di Burton, il quale ha sempre avuto una passione fortissima per l'opera di Poe e per i lavori di Vincent Price, che del corto è anche il narratore e che tornerà pochi anni dopo nel ruolo di Rattigan in Basil l'Investigatopo (1986).

L'Autobiografia

La contrapposizione tra lo sterile conformismo della borghesia americana e il tormentato mondo interiore del protagonista, esperienza vissuta con una certa angoscia dall'autore negli anni della sua infanzia, sarà proprio uno dei temi che ritroveremo più spesso in opere future, come Edward Mani di Forbice (1990). In Vincent sono inoltre presenti alcuni elementi cui verrà fatto riferimento in futuro, come la sequenza in cui il ragazzino sogna di fare esperimenti sul suo cane, trasformandolo in uno zombie, cosa che tornerà anche in Frankenweenie (1984), o lo stesso nome “Vincent”, riutilizzato con insistenza anche negli anni a venire. Inoltre sotto il profilo estetico, molti scenari da lui sognati sono ricchi di spirali, elemento ricorrente nell'immaginario dell'autore, e molto simili ai set che lui stesso farà realizzare per i suoi futuri lungometraggi animati. L'intero cortometraggio segue infatti in maniera molto fedele il suo personalissimo stile, riproducendo in tre dimensioni l'allucinata espressività degli schizzi burtoniani. Non bisogna dimenticare che la stop motion era già stata utilizzata in passato agli studios, ma si era trattato più che altro di decoupage o di figure realizzate con materiali di recupero, come in Noah's Ark (1959), e che questa è la prima volta in cui si utilizzano statuine umanoidi vere e proprie, segnando l'inizio di un nuovo modo di concepire questa particolare tecnica di animazione, rielaborata in chiave gotica.

Il Futuro in Nuce

Vincent si rivela quindi il punto di partenza ideale per Tim Burton, una sorta di big bang tematico e stilistico, in grado di fornire un assaggio di tutto ciò che verrà da lui prodotto in futuro. La sua permanenza in Disney non sarebbe stata ancora molto lunga: due anni dopo, l'uscita del mediometraggio in live action Frankenweenie (1984), da lui firmato, avrebbe portato la Company a terminare il rapporto con Burton, certa che il suo stile non avrebbe mai avuto nulla a che vedere con l'immaginario dell'azienda. Niente di più falso. Tim Burton negli anni successivi divenne un quotatissimo regista, realizzando nel campo del live action numerosi film di culto. Vincent rimase per lui il principale riferimento cui attingere in termini di ispirazione, nei suoi occasionali ritorni all'animazione. Che si trattasse di materiale da lui soltanto prodotto come Nighmare Before Christmas (1993) e James e la Pesca Gigante (1996) oppure di film che lo videro direttamente in veste di regista come La Sposa Cadavere (2005) e Frankenweenie (2012), tutti questi lavori avrebbero mostrato un certo debito nei confronti di quel corto di tanto tempo prima. Buona parte di questo materiale sarebbe stato prodotto dalla stessa Disney, che resasi conto dell'errore tentò più volte di reintegrare Burton all'interno delle proprie dinamiche produttive. Ma l'autore e il team di animatori formatosi attorno a lui non tornarono mai più ad agire sotto le insegne WDAS, ma solo come collaboratori esterni, regalando i loro servigi ora alla Company, ora ad altre realtà emergenti, tra cui si ricorda lo studio d'animazione Laika.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: Vincent
  • Anno: 1982
  • Durata:
  • Produzione: Rick Heinrichs
  • Regia: Tim Burton
  • Storia:
  • Cast: Vincent Price
  • Musica: Ken Hilton
Nome Ruolo
Tim Burton Production Design; Regista; Storia
Stephen Chiodo Supervisione Tecnica
Rick Heinrichs Produttore
Ken Hilton Musica
Vincent Price Cast (Narrator)