Tutte teorie di cui sono a conoscenza. Tuttavia il mio cervello, e quello di molte altre persone tutt'altro che ignoranti, si rifiuta di incamerare il dato in questione e come in tutte le cose cerca una regola generale che unifichi e parifichi. Perché è così che funziona, è così che nascono le lingue e i codici linguistici. Anche perché non c'è alcun motivo vero e proprio per cui si possa considerare "qual" una parola e "com" no. Tanto per dirne una. Stiamo tirando fuori teorie e regole che sono state create a POSTERIORI, ma se io ti trollo andando oltre queste regole e dicendo che è tempo di rivederle significa che di base non le accetto. Perché poco intuitive, basate su usanze non più in voga ("qual" non viene usato così spesso al giorno d'oggi da poterlo davvero considerare una parola a sé) e quindi del tutto inadeguate a rappresentare la versione scritta della lingua che attualmente parliamo, semplicemente. E non sono io a sostenerlo ma chiunque insista a compiere questo errore, che viene reiterato così tante volte che ormai ha una sua ragion d'essere. Se tutti lo sbagliano chiediamoci il perché. Io di mio rivoluzionerei proprio tutto il sistema degli apostrofi uniformandolo, o rimuovendoli tutti a prescindere, o mettendoli sempre e comunque esista un collegamento tra parole (sì, priverei l'apostrofo del suo ruolo storico per dargli quello di ponte tra le parole).Bramo ha scritto:Partiamo dal "delitto" per cui sei più celebre: qual è. La sensatezza del mancato apostrofo ovviamente esiste, te la dicono loro, il che mi pare non dogmatico ma sensato nel contesto di altri casi simili ma non uguali (com'è, cos'è ecc).
E invece mi dispiace deluderti ma usare "gli" anche per il plurale è ormai prassi comune. E motivata dal fatto che "loro" è troppo lungo e non funziona bene come particella a differenza di "gli" o "le". E se ti sforzi di usare "loro" non stai rendendo un vero servigio alla lingua italiana, che è mutevole e dinamica, ma stai cercando di forzarla dentro limiti obsoleti.Poi... non mi risulta che "gli" si possa usare anche per "a loro". Cioè, ognuno parla e scrive come cacchio vuole, ma restando alla grammatica mi pare sia ancora considerato errore. E IMHO è giusto che rimanga tale monito: l'ambiguità c'è eccome, se uso "gli" per riferirmi indistintamente a un uomo, una donna o una pluralità di persone. Difatti io cerco sempre, tanto nello scritto quanto in viva voce, di usare "le" e "loro".
Cerchiamo di capire cos'è un canone e a cosa serve. Nel caso della lista dei Classici si tratta di segnalare una paternità, di distinguere fatti e dati precisi. E' un canone intrinsecamente infallibile. Nel caso della lingua siamo nel campo della convenzione, dell'arbitrario. Roba che bastava che il Bembo si facesse un giretto a Napoli e cambiasse idea e adesso saremmo tutti a cantare 'O surdato 'nnammurato. Non sono regole che davvero esistono, perché appunto la lingua è un qualcosa di mutevole. Di base le lingue romanze sono latini sbagliati. Figuriamoci a quali compromessi catalogativi bisogna scendere quando si tratta di inventarsi un codice per rappresentare graficamente su carta tutto ciò. Se la lingua è convenzionale e arbitraria, la grammatica che la descrive è ancora più un'opinione. E come tale soggetta a maggiori restyling di quelli che io applico annualmente alla mia filmografia.E poi dai, con 'sti discorsi proprio tu vai contro al canone!!!