Arte e oggettività

Oh, se proprio avete voglia di parlare di quanto sia ingrassata (e nuovamente dimagrita!) Christina Aguilera o vi interessate di tosaerba della Gran Bretagna, questo posticino fa per voi. Poi non dite che non pensiamo a tutto.
  • Una domanda che tempo fa pose (e si pose) un critico di fumetti sul Web ma non ricordo a quale conclusione giunse.
    Come semplice utente, e non critico professionista, la mia risposta è semplice: sono e voglio essere soggettivo. :)
  • Quelle che noi chiamiamo letture, visioni e ludicità la Legge le chiama opere dell'ingegno, senza rischiare discriminazioni di natura soggettiva invischiandosi in concetti come "arte" o "qualità". La Legge ha già capito che è l'ingegno che conta. Per la Legge questi prodotti sono concepiti dalla mente, contrariamente a altri prodotti fatti con le mani e con gli attrezzi.

    Al netto della chimica che si scatena nei nostri corpi quando esposti ai canoni della bellezza (e parliamo di canoni imperscrutabili di natura microbiologica), l'arte è allora "solo" un'opera/lavoro/prodotto dell'ingegno umano (ci sarebbe da indagare poi quale sia la differenza fra le persone artiste, capaci di ingegno speciale e sopraffino, e quelle non, ma rimandiamo questa indagine a un'altra sede).
    Allora l'approccio critico a una tale opera (che sia un'approccio professionale come quello di chi parla/scrive di arte o che sia personale come quello di chi cerca di spiegarsi se e quanto e perché un'opera gli sia piaciuta) non riguarda la chimica e la biologia. Sui giornali non troviamo critiche di scienziati che spiegano come la disposizione di una data parola in una frase di un libro stimoli questo ricettore o scateni la produzione di quell'ormone. L'approccio critico valuta l'azione dell'artista. Noi giudichiamo come e quanto quell'artista ha lavorato, cosa ha capito che noi non avevamo capito, a cosa può essere applicata quell'opera e quindi a chi consigliarla perché gli sia utile.

    Noi non giudichiamo il prodotto. Noi giudichiamo l'ingegno umano.

    In quest'ottica è un'impresa sterile valutare il bello e il brutto, che sono misure oggettive fin quando funzioni delle caratteristiche fisiche/chimiche comuni a tutti gli esseri umani, e soggettive quando funzioni delle particolarità fisiche/chimiche variabili da individuo a individuo. Ma queste caratteristiche sono oggetto di studi scientifici che non sono richiesti a un critico né a un fruitore, e pure a uno scienziato queste microscopica variabilità rendono imperscrutabili i risultati di ogni possibile misurazione in merito.

    È piú utile allora individuare dei parametri che definiscano con la migliore approssimazione possibile il lavoro dell'artista. Ricordiamoci inoltre che per quante interviste leggiamo o making of guardiamo, ogni tentativo di analisi è un'operazione di ingegneria inversa: possiamo utilizzare solo il prodotto finito (o eventualmente la collezione di prodotti finiti di uno stesso artista disponibili fino a quel momento) per ricostruire le azioni dell'autore e le idee che le hanno spinte, quindi ogni critica è comunque una ricostruzione approssimata. Ma ricordiamoci che approssimazione vuol dire perfettibilità, non soggettività. Ecco a cosa serve allora il dibattito: a trovare nuovi elementi (chiavi di lettura, tendenze, confronto con opere simili/contemporanee) per migliorare l'approssimazione della ricostruzione. Le opinioni, i sentimenti personali, il bagaglio culturale di ogni partecipante al dibattito non sono fattori rilevanti né utili. Basta un solo nuovo elemento per aiutare il dibattito, ecco perché non può essere riservato a professionisti e amatori ma deve essere aperto anche ai fruitori occasionali. Nessuno capisce tutto da solo, nemmeno quelli che per esperienza possono capire piú di tanti altri. Nessuno da solo può dare LA migliore approssimazione possibile; verrà fuori solo dal dibattito.

    Lavoro (cioè le idee e le azioni, non il prodotto) dell'artista.
    Ricostruzione approssimata dei critici.
    Dibattito del pubblico.

    Questi sono gli strumenti della comunità artistica (quella che contiene creatori e fruitori) ripuliti da ogni metrica estetica. Potremmo dire "oggettivi".

    Con questi strumenti cosí definiti oggettivi l'unico giudizio possibile può essere quello sull'onestà dell'artista: se l'artista ha davvero usato l'ingegno (artista) oppure ha usato formule predefinite (alla stregua di un artigiano, e è il caso delle opere commerciali/industriali). Nota: a monte di tutto c'è sempre stata comunque una sola macroformula, e persino negarla/invertirla/provocarla significa "usarla". Come si suol dire: ha già scritto tutto Omero; come dice Morricone: le note sono sette. Quando dicevo "formule" intendevo sottoformule di questo "omerico" insieme che ci condanna a una macroripetitività (o, meno pessimisticamente, ci accomuna?).

    Una volta riscontrata l'onestà dell'artista (impegno non leggero di ricostruzione e dibattito) si può tentare, con estrema delicatezza di espressione, un giudizio estetico di natura statistica sull'opera: "Quanto è probabile che induca sentimenti di piacere in porzioni di pubblico non trascurabili (e quali), e in cui magari rientro anch'io?" è la corretta interpretazione delle piú tipiche "Com'è?", "Me lo consigli?". A questo punto però per esprimere un giudizio di natura statistica bisogna o condurre dei sondaggi accurati (cosa che fanno gli uffici marketing delle major, ma purtroppo lo fanno PRIMA di decidere se sostenere economicamente l'artista, abusando del loro ruolo e inducendo l'artista adattarsi alle necessità dell'editore, quando dovrebbe essere l'esatto contrario) o basarsi sul campione della propria esperienza pregressa (quanto un certo tipo di opera ha storicamente avuto riscontro positivo nel pubblico in termini di commenti uditi in giro o fra i conoscenti, di commenti inviati via posta o via internet, di vendite/incassi, di viralità, impatto nella cultura popolare e risonanza in ambiti extra-artistici) (e questo è quanto possono valutare soltanto i critici-cronisti professionisti più intriganti o di lungo corso).

    Onestà: opera d'arte o opera commerciale? (la disonestà qui ha accezione negativa solo quando l'autore non solo "usa formule predefinite" ma proprio copia o non ammette di essere artigiano e non artista, rivendica un uso dell'ingegno che non c'è mai stato)
    Consigliabilità: opera riuscita o non riuscita? ("riuscita" intesa come valutazione statistica del soddisfacimento di una porzione non trascurabile di pubblico [e si possa definire quale], ovvero la valutazione statistica della riuscita della "missione comunicativa" di qualunque opera dell'ingegno umano: il messaggio è arrivato/servito a qualcuno o è tornato al mittente?)

    Questi due parametri definiscono quattro scenari oggettivamente isolabili (per come ho definito l'oggettività poco sopra) e che ci sono già ben noti:
    1) Opera d'arte riuscita
    2) Opera d'arte non riuscita
    3) Opera commerciale riuscita
    4) Opera commerciale non riuscita

    Di questi quattro scenari soltanto uno merita davvero (secondo me) la cosiddetta "stroncatura" e/o risulterà nel cosiddetto "flop", e è l'ultimo scenario. È pigro e ingiusto il critico che stronca un'opera del terzo scenario o il cronista che etichetta come "flop" le opere nei primi due scenari.

    Solo dopo che si è esaurita questa analisi, lo spettatore/critico può guarnire il proprio intervento nel dibattito con le proprie opinioni personali, ovvero formate dalla propria composizione fisico-chimica e dai propri vissuti privati, ma conscio della loro completa irrilevanza nel dibattito. Tali opinioni, al limite, potrebbero fare colore se uno spettatore/critico è estroso al punto che le sue stesse opinioni personali sono esposte con un lavorío d'ingegno speciale e sopraffino assurgendo esse stesse a opera d'arte! Ma quella diventa un'opera a parte, la riuscita della quale può magari essere oggetto di un nuovo dibattito, ma non può essere argomento né forza nel dibattito di partenza.

    IN SOLDONI
    Topolino sbarazzino ha scritto:Qual è il rapporto fra l'Arte (nel nostro caso Letture, Visioni e Ludicità) e l'oggettività/soggettività di un giudizio?
    L'Arte è l'ingegno dell'autore, ovvero le sue idee e le sue azioni.
    Si possono oggettivamente ma approssimativamente ricostruire le sue azioni e capire se sono spontanee o meccaniche (oneste/disoneste; artistiche/commerciali).
    Si può statisticamente valutare la loro efficacia comunicativa (riuscito/non riuscito; arrivato al destinatario/respinto al mittente).
    Si può soggettivamente e poeticamente infiocchettare e metaforizzare la ragione della bellezza di un'opera (che, al netto della poesia, sarebbe pura chimica).
    Quanta oggettività ci deve essere in un giudizio? E quanta soggettività?
    Ci deve essere solo oggettività e statistica (come definite sopra). La soggettività (come definita sopra) la puoi mettere in una nota a margine, se proprio la tua opinione si distingue dalle altre al da potersi considerare un'opera d'arte a sua volta.
    E' possibile essere oggettivi, tanto per cominciare?
    No. Si può approssimare e trarre statistiche.
    E chi decide cosa è oggettivo e cosa no?
    Madre Natura. Ma tanto l'oggettività non ci serve, come dicevo prima.
    E se l'oggettività non esiste, allora a cosa servono le discussioni?
    Le discussioni servono a migliorare l'approssimazione. Chiunque (esperto o completo neofita) abbia un nuovo elemento sarà utile al miglioramento dell'approssimazione.
    A cosa serve dire la propria opinione se tutto è valido allo stesso modo?
    A nulla. Come dicevo prima una opinione personale ha valore quando si distingue, e si distingue solo se la sua esposizione ne rivela la natura artistica (o commerciale) a sua volta.
    A che serve studiare l'Arte?
    A accumulare elementi di confronto e statistici per migliorare l'approssimazione del giudizio critico sulle opere contemporanee.
    E, ovviamente, perché c'è una buonissima probabilità che gran parte dell'Arte che si studia ti piaccia per ragioni personali.
    Pangur Ban ha scritto:Come semplice utente, e non critico professionista, la mia risposta è semplice: sono e voglio essere soggettivo. :)
    Non sarai utile al dibattito, cosí. Ma ciò non influisce sul piacere che provi nel fruire opere dell'ingegno, che alla fine è quello che conta per ciascuno di noi. Il dibattito però è un impegno sociale. Anche se non sei un professionista, devi scegliere se questo impegno vuoi assumertelo oppure no. Se i tuoi interventi sul forum si limitassero però alle tue opinioni personali, o sono opinioni (come dicevo prima) che a loro volta sono un'opera d'arte, o verrai preso dagli altri utenti del forum per un noiosone.
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Se volete il commento spassionato di una che ora ha un briciolo di tempo, penso che noi utenti internauti possiamo permetterci di lasciarsi andare ad un pò di soggettività nel proprio giudizio senza però abusarne visto che penso che ci siano determinati aspetti nel giudizio di un opera in cui uno se si lascia guidare solamente dal proprio gusto rischia di non rendersi conto che nel frattempo è divenuto un tipo dalla mentalità ristretta che magari non riconosce che il film a cui è affezionato (e magari ama) è oggettivamente più difettoso rispetto a un altro. Per fare un esempio, io sono affezionata a "Charlie, anche i cani vanno in paradiso" e fra vedermi questo o "Alice nel paese delle meraviglie" (che è un Classico che non mi piace) preferisco decisamente vedermi il primo titolo; però se mi si chiede di essere obiettiva lo dico che "Alice" è un film realizzato decisamente meglio oltre che invecchiato meglio di un film i cui difetti sono decisamente più evidenti. Secondo il mio parere, noi possiamo essere un pò oggettivi nel nostro giudizio sopratutto quando ci siamo infarinati con un pò di "studio" che, oltre ad essere autodidatta o no, si alimenta attraverso la partecipazione a discussioni in cui si può acquisire più senso critico nei riguardi delle opere fruite (infatti chi non cerca una vera discussione, sfrutta internet soltanto per ribadire una presunta superiorità del suo giudizio). Saper essere oggettivi serve, inoltre, a rendere più credibile la nostra opinione affinchè il nostro "uditori" sappiano che hanno a che fare con una persona con cui è possibile discutere e non con un fanatico cieco nella sua ottusità; qualche volta può venir difficile, sopratutto quando un opera oggettivamente mediocre si ritrova a svolgere un ruolo definisco "basilare" per l'individuo visto che fa parte di quelle opere che hanno fatto scattare la scintilla della passione nei confronti di una branca in cui magari vi erano rappresentanti nettamente migliori. In sostanza penso che sia meglio essere quanto più obiettivi possibile nel nostro, ma se ci scappa un pò di soggettività non è tanto grave. Per me è più grave che a lasciarsi andare a giudizi di pancia sia l'attuale critica italiana che ha smesso di essere obiettiva e che si lascia andare a commenti di parte: ne ho lette di cotte e di crude, fra commenti come "Il gladiatore è un capolavoro perchè ha vinto Oscar", "Sole a catinelle offre una spietata critica al veganismo" (nel film è solo una sciocca gag il frangente descritto così) o i cancia-bandiera che ci sono stati dopo la vittoria agli Oscar de "La grande bellezza"...
  • Capitano Amelia ha scritto:CUTTONE
    Considera comunque che una cosa sono i titoli di giornale e i telegiornali, e un'altra è la critica vera e propria. Non puoi proporre la critica al grande pubblico, quindi tanti giornali semplificano anche solo per riconoscere al cinema una rilevanza nella società (nella migliore delle ipotesi) o per sottolineare le "eccellenze italiane" (nella peggiore, perché lo si fa con spirito nazionalista).

    Quanto al resto è tutto vero, è autistico partecipare al dibattito solo con le opinioni, come dicevo anch'io. Ma la cosa che dici tu "cercare di essere il piú oggettivi possibile" non è per niente facile, e credo fosse proprio il problema che ha spinto Topolino sbarazzino a aprire questo thread. E il mio pippone di prima era un tentativo di spiegare quella difficoltà e una proposta su come aggirarla.
    Ultima modifica di Francesco F il lunedì 14 novembre 2016, 08:52, modificato 1 volta in totale.
    Motivazione: Cut del quote
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Franz ha scritto:
    Pangur Ban ha scritto:Come semplice utente, e non critico professionista, la mia risposta è semplice: sono e voglio essere soggettivo. :)
    Non sarai utile al dibattito, cosí. Ma ciò non influisce sul piacere che provi nel fruire opere dell'ingegno, che alla fine è quello che conta per ciascuno di noi. Il dibattito però è un impegno sociale. Anche se non sei un professionista, devi scegliere se questo impegno vuoi assumertelo oppure no. Se i tuoi interventi sul forum si limitassero però alle tue opinioni personali, o sono opinioni (come dicevo prima) che a loro volta sono un'opera d'arte, o verrai preso dagli altri utenti del forum per un noiosone.
    Il 99% dei commenti in Internet, compresi i miei, non sono opere d'arte. Poco ma sicuro. :D
    Secondo me non c'è alcun problema nel dire "secondo me", basta motivare i propri perché. Dopodiché il confronto tra i rispettivi "perché" non è utile tanto a raggiungere un giudizio oggettivo, una verità comune (del resto non succede quasi mai) quanto a comprendere il motivo della divergenza d'opinione che può rimanere oppure no (in fondo è uguale per quel che conta).

    Se invece si tratta di scrivere un articolo io spersonalizzo completamente il discorso con la priorità di essere informativo. Sta a chi legge crearsi un'opinione.
  • “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
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