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Yoshi's Crafted World

Inviato: domenica 07 luglio 2019, 23:07
da Valerio
Di Yoshi’s Crafted World si è parlato molto a lungo mesi fa. Il titolo ha ricevuto recensioni davvero entusiastiche, riscattando la serie del dinosauro verde da un pregresso… non proprio eccellente. Ma andiamo con ordine: la serie di Yoshi nasce da una costola di quella di Mario, con quello Yoshi’s Island che ai temi dello SNES lasciò a bocca aperta un bel po’ di persone. Non penso che nei piani effettivi ci fosse quello di trarne effettivamente una serie, si trattava più che altro di una pazzonata, di un guizzo estetico, destinato però a lasciare il segno. Perché da quel momento in poi diversi team di sviluppo, interni ed esterni, tentarono di dire la loro, realizzando giochi ambientati nell’universo “prescolare” di Yoshi, e facendo a gara nel tentativo di donare IL sequel giusto al capolavoro di Shigeru Miyamoto. Nessuno però riuscì a replicare interamente la freschezza dell’originale. Si trattava sempre di giochi minori, carucci, ben fatti ma lontani echi della genialità che si andava ricercando.

Qualcosa di nuovo è riuscita però a dirla Good Feel, che nel 2015 con Yoshi’s Wooly World ha spostato l’attenzione su qualcos’altro. Ci si muoveva in un soffice mondo fatto di lana, e l’esperienza si rivelò davvero deliziosa, a dimostrazione che il cuore della serie non risiedeva tanto nella sua componente platform, ma su quella puramente estetica e… sensoriale. Quattro anni dopo ecco l’erede, questa volta a tema bricolage: Yoshi si muove in un mondo fatto di cartone, plastica e altri materiali di riciclo, strizzando l’occhio al Nintendo Labo e alla filosofia di edutainment Nintendo. E il risultato è maestoso. La critica lo innalza a capolavoro, e così anche il pubblico. Non stiamo parlando di un gameplay particolarmente complesso, anzi. Linearissimo e dal basso livello di sfida, Yoshi’s Crafted World ha altre armi: incanta, ipnotizza, stupisce, diverte, e ricorda più che altro una giostra. E per certi versi in casa Nintendo questo è anomalo. Dopo aver messo l’aspetto ludico al centro dei propri videogiochi per anni, ecco che un team esterno ricorda alla grande N che un videogioco può essere qualcos’altro: un’esperienza sensoriale puramente contemplativa. I mondi in cui Yoshi si muove vanno ovviamente percorsi, ma soprattutto osservati, analizzati, esplorati. Non stupisce quindi che le “sfide” vere saltino fuori solo una volta che i livelli vengono completati, e consistano nel tornare indietro a caccia di oggetti, esserini e elementi di sfondo che a prima vista stentano a farsi notare. I livelli vanno percorsi di dritto e di rovescio (con bizzarri effetti scenici), in orizzontale, in verticale e a volte… in profondità, per riuscire a godere di tutte le geniali trovate che impreziosiscono il mondo di gioco.

Ci sono però delle ombre, che è giusto sottolineare. Una è la colonna sonora, che ripete in modo ossessivo e sistematico lo stesso identico tema con minime variazioni, un difetto piuttosto ingenuo. La più sinistra però è un’altra, ed è strettamente connessa alla caccia ai collectibles e al modo in cui questo sottobosco di attività è organizzato. Il giocatore non viene mai messo nelle condizioni di gestirsi in autonomia il lavoro, dato che le richieste vengono espresse rigorosamente una alla volta, con fare martellante e ripetitivo. Lo stesso vale per extra quali la lotteria dei costumini, che costringono a schiacciare ripetutamente lo stesso pulsante fino a morire di noia, oppure l’assurdità di alcune spudorate richieste che si svelano solo alla fine, sbavature che tradiscono una certa inesperienza da parte di Good Feel nell’intrecciare i fili dell’esperienza ludica. Un po’ come andare ospite a pranzo di qualcuno, ed essere trattenuto con deboli pretesti fino al tardo pomeriggio, quando ormai il pranzo è digerito ed è stato detto tutto. Un problema che al giorno d’oggi è comune a diversi giochi, che tra DLC e modalità aggiuntive cercano di agganciarti ben oltre il giusto. Un po’ un peccato, perché parte integrante di un’esperienza è anche la fine, e sarebbe meglio congedarsi da un gioco in piena serenità anziché fuggire mentre sulla soglia questo ti supplica piangendo di rimanere a contare insieme a lui le piastrelle del soggiorno.