VIEWconference 2014 - Il Resoconto
Inviato: domenica 19 ottobre 2014, 15:51
CRONACA SEMISERIA DI UN EVENTO PARTICOLARE
OVVERO L’ESPERIENZA DI UN’INGENUA GIOVANE DONZELLA ALLA VIEW CONFERENCE 2014
Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Ma che dico?! Potete eccome! Solo che probabilmente non sapete quanto sia stato meraviglioso vederle... Ok, va bene, magari lo sapete, era solo un modo per dimostrare il mio entusiasmo.
Ma andiamo con ordine (sì tranquilli arriverò a parlare anche di Glen Keane).
Come saprete, o forse no, ogni anno da ormai quindici anni, tra ottobre e novembre, si tiene a Torino la VIEWconference, un evento sulle arti digitali (dall’animazione, agli effetti speciali, ai videogiochi e chi più ne ha più ne metta) ricco di conferenze e workshop.
Quest’anno il programma era veramente troppo succulento per non parteciparvi e così eccomi qua, sul treno che mi riporta alla vita di tutti i giorni, a raccontarvi un po’ che cosa è successo.
Premetto che ho potuto partecipare solo a pochi incontri per via di quella brutta cosa che è l’università, non abbiatevene a male.
14 OTTOBRE 2014 – GIORNO 1 – BIG HERO 6
Giunta sola soletta al Centro Congressi Torino Incontra, mi appresto a fare la registrazione e cerco la sala Cavour, dove si terranno tutte le conferenze. C’è già una piccola folla, nonostante il mio largo anticipo, ma non vedo nessuno di conosciuto, così non appena prendo posto, sfodero tutta la mia proverbiale parlantina per fare amicizia con la mia vicina di posto, anche lei, come me, una semplice appassionata, emozionatissima all’idea di poter assistere agli incontri.
Sono le 9:00 in punto e sul podio sale Maria Elena Barone, padrona di casa, per darci il benvenuto e presentare il primo ospite, Alessandro Jacomini.
Alessandro è il Lighting Supervisor (supervisore degli effetti di luce, ndr) nel prossimo lungometraggio dei Walt Disney Animation Studios, Big Hero 6, ma ha occupato la stessa posizione anche in Rapunzel e Frozen. Essendo il suo ruolo prettamente tecnico, la conferenza è stata molto incentrata su questo aspetto del film, che è di certo un aspetto fondamentale, nonché molto affascinante.
Partiamo dalla location: San Fransokyo
Geograficamente ci troviamo a San Francisco, e anche nell’aspetto vi sono alcune caratteristiche della città californiana, come la luce, la ricca vita cittadina, le colline, ma il tutto viene abilmente mescolato a colori e forme dell’architettura tradizionale giapponese, con qualche piccolo spruzzo della vita di Shanghai. Subito salta all’occhio la densità di dettagli che questo set ci propone, nell’esagerazione della forma e delle proporzioni degli edifici creati da Scott Watanabe, in contrasto con la semplicità dei personaggi, che viene a delineare una delle prime sfide visive, l’equilibrio.
La modellazione degli edifici è uno step intermedio nella creazione di San Fransokyo, che viene subito dopo l’acquisizione delle mappe della vera San Francisco e il design della città definito da Paul Felix. Sono stati modellati ben 83.000 edifici, con centinaia di migliaia di alberi, strade e veicoli, per non parlare dei dipinti che fanno da orizzonte alla città, con la sua nebbiolina.
“Don Hall, Chris Williams (i registi, ndr) e John lasseter” dice Jacomini “volevano il fotorealismo” ed è proprio a dare naturalità che sono servite la “global illumination” e lo sviluppo di un nuovo software, Hyperion (che, fatemelo dire, ha possibilità impressionanti e tenete conto che viene usato anche in Feast, di cui vi parlerò più avanti). Grazie a questo programma si è riuscito a riprodurre in modo realistico la riflessione della luce sulla superficie degli oggetti, complessa operazione svolta in tempo record, dato che ad agosto il film era completo solo per metà.
Mai dimenticare il Disney Touch
Vi avevo messo paura con la parola fotorealismo vero? Beh tranquilli, a parte alcuni elementi, come le luci della metropoli, studiate con cura, a seconda di ciò che predomina in una determinata area (led e vapori di mercurio per l’area business/commerciale e luce calda e vapori di sodio per il resto della città) l’illuminazione è anche uno strumento emotivo piuttosto potente! C’è una sorta di “grammatica dei colori”, per cui ogni personaggio, ma soprattutto ogni momento del film, ha i suoi toni dominanti e la sua tipologia di luce.
Quindi, dopo il Layout, che è una prima animazione semplice e geometrica, si passa al Foundation Lighting Pass, una prima bozza di quella che sarà la luce in scena, per dare un’idea al regista e agli animatori; il Color Key, che non viene fatto per ogni frame, è un vero e proprio dipinto digitale in cui gli artisti mostrano l’atmosfera che l’immagine dovrebbe avere, in modo da poter dare agli artefici degli effetti finali tutte le informazioni necessarie (passaggio cruciale in effetti).
Le ricerche per la location sono sempre tante: in questo caso è stato bello vedere come, fotografando il panorama dal tetto dell’edificio più alto della città, Jacomini e il suo team si siano potuti creare una sorta di “libreria di cieli” che li aiutasse a dare vita a San Fransokyo.
A questo punto è il momento di una clip del film, il primo volo di Hiro e Baymax, che mi ha molto colpito per la complicità tra i due protagonisti, per la colonna sonora che accompagna lo spettatore in un crescendo di emozioni e per i magnifici colori tenui del tramonto.
La conferenza successiva è stata tenuta da Nolle Triaureau e Marcelo Vignali, Production Designer e Art Director alla Sony Animation, che ci hanno fatto fare un percorso attraverso dodici anni di operato di questo studio di animazione. In effetti la Sony ha saputo distinguersi nel campo per alcuni elementi: il character design dei suoi personaggi, sempre molto caricaturali, l’animazione enfatica e sopra le righe, gli sfondi pittorici e bidimensionali, e il loro essersi avventurati su strade inconsuete, come il finto documentario Surf’s up. L’esclusiva in questo caso consisteva in test d’animazione per il prossimo film sui Puffi completamente in CGI, che sembra avere un look molto più vicino ai disegni di Peyo (autore del fumetto) e un appeal sicuramente migliore degli ultimi film ibridi (con CG e attori). Certo quello che attendo sicuramente di più è il film su Popeye, diretto da Gendy Tartakovsky.
E per oggi è il momento di tornare allo studio. Con gran dispiacere devo saltare la conferenza di Rob Coleman, l’uomo a capo dell’animazione di The Lego Movie, chiedo venia!
OVVERO L’ESPERIENZA DI UN’INGENUA GIOVANE DONZELLA ALLA VIEW CONFERENCE 2014
Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Ma che dico?! Potete eccome! Solo che probabilmente non sapete quanto sia stato meraviglioso vederle... Ok, va bene, magari lo sapete, era solo un modo per dimostrare il mio entusiasmo.
Ma andiamo con ordine (sì tranquilli arriverò a parlare anche di Glen Keane).
Come saprete, o forse no, ogni anno da ormai quindici anni, tra ottobre e novembre, si tiene a Torino la VIEWconference, un evento sulle arti digitali (dall’animazione, agli effetti speciali, ai videogiochi e chi più ne ha più ne metta) ricco di conferenze e workshop.
Quest’anno il programma era veramente troppo succulento per non parteciparvi e così eccomi qua, sul treno che mi riporta alla vita di tutti i giorni, a raccontarvi un po’ che cosa è successo.
Premetto che ho potuto partecipare solo a pochi incontri per via di quella brutta cosa che è l’università, non abbiatevene a male.
14 OTTOBRE 2014 – GIORNO 1 – BIG HERO 6
Giunta sola soletta al Centro Congressi Torino Incontra, mi appresto a fare la registrazione e cerco la sala Cavour, dove si terranno tutte le conferenze. C’è già una piccola folla, nonostante il mio largo anticipo, ma non vedo nessuno di conosciuto, così non appena prendo posto, sfodero tutta la mia proverbiale parlantina per fare amicizia con la mia vicina di posto, anche lei, come me, una semplice appassionata, emozionatissima all’idea di poter assistere agli incontri.
Sono le 9:00 in punto e sul podio sale Maria Elena Barone, padrona di casa, per darci il benvenuto e presentare il primo ospite, Alessandro Jacomini.
Alessandro è il Lighting Supervisor (supervisore degli effetti di luce, ndr) nel prossimo lungometraggio dei Walt Disney Animation Studios, Big Hero 6, ma ha occupato la stessa posizione anche in Rapunzel e Frozen. Essendo il suo ruolo prettamente tecnico, la conferenza è stata molto incentrata su questo aspetto del film, che è di certo un aspetto fondamentale, nonché molto affascinante.
Partiamo dalla location: San Fransokyo
Geograficamente ci troviamo a San Francisco, e anche nell’aspetto vi sono alcune caratteristiche della città californiana, come la luce, la ricca vita cittadina, le colline, ma il tutto viene abilmente mescolato a colori e forme dell’architettura tradizionale giapponese, con qualche piccolo spruzzo della vita di Shanghai. Subito salta all’occhio la densità di dettagli che questo set ci propone, nell’esagerazione della forma e delle proporzioni degli edifici creati da Scott Watanabe, in contrasto con la semplicità dei personaggi, che viene a delineare una delle prime sfide visive, l’equilibrio.
La modellazione degli edifici è uno step intermedio nella creazione di San Fransokyo, che viene subito dopo l’acquisizione delle mappe della vera San Francisco e il design della città definito da Paul Felix. Sono stati modellati ben 83.000 edifici, con centinaia di migliaia di alberi, strade e veicoli, per non parlare dei dipinti che fanno da orizzonte alla città, con la sua nebbiolina.
“Don Hall, Chris Williams (i registi, ndr) e John lasseter” dice Jacomini “volevano il fotorealismo” ed è proprio a dare naturalità che sono servite la “global illumination” e lo sviluppo di un nuovo software, Hyperion (che, fatemelo dire, ha possibilità impressionanti e tenete conto che viene usato anche in Feast, di cui vi parlerò più avanti). Grazie a questo programma si è riuscito a riprodurre in modo realistico la riflessione della luce sulla superficie degli oggetti, complessa operazione svolta in tempo record, dato che ad agosto il film era completo solo per metà.
Mai dimenticare il Disney Touch
Vi avevo messo paura con la parola fotorealismo vero? Beh tranquilli, a parte alcuni elementi, come le luci della metropoli, studiate con cura, a seconda di ciò che predomina in una determinata area (led e vapori di mercurio per l’area business/commerciale e luce calda e vapori di sodio per il resto della città) l’illuminazione è anche uno strumento emotivo piuttosto potente! C’è una sorta di “grammatica dei colori”, per cui ogni personaggio, ma soprattutto ogni momento del film, ha i suoi toni dominanti e la sua tipologia di luce.
Quindi, dopo il Layout, che è una prima animazione semplice e geometrica, si passa al Foundation Lighting Pass, una prima bozza di quella che sarà la luce in scena, per dare un’idea al regista e agli animatori; il Color Key, che non viene fatto per ogni frame, è un vero e proprio dipinto digitale in cui gli artisti mostrano l’atmosfera che l’immagine dovrebbe avere, in modo da poter dare agli artefici degli effetti finali tutte le informazioni necessarie (passaggio cruciale in effetti).
Le ricerche per la location sono sempre tante: in questo caso è stato bello vedere come, fotografando il panorama dal tetto dell’edificio più alto della città, Jacomini e il suo team si siano potuti creare una sorta di “libreria di cieli” che li aiutasse a dare vita a San Fransokyo.
A questo punto è il momento di una clip del film, il primo volo di Hiro e Baymax, che mi ha molto colpito per la complicità tra i due protagonisti, per la colonna sonora che accompagna lo spettatore in un crescendo di emozioni e per i magnifici colori tenui del tramonto.
La conferenza successiva è stata tenuta da Nolle Triaureau e Marcelo Vignali, Production Designer e Art Director alla Sony Animation, che ci hanno fatto fare un percorso attraverso dodici anni di operato di questo studio di animazione. In effetti la Sony ha saputo distinguersi nel campo per alcuni elementi: il character design dei suoi personaggi, sempre molto caricaturali, l’animazione enfatica e sopra le righe, gli sfondi pittorici e bidimensionali, e il loro essersi avventurati su strade inconsuete, come il finto documentario Surf’s up. L’esclusiva in questo caso consisteva in test d’animazione per il prossimo film sui Puffi completamente in CGI, che sembra avere un look molto più vicino ai disegni di Peyo (autore del fumetto) e un appeal sicuramente migliore degli ultimi film ibridi (con CG e attori). Certo quello che attendo sicuramente di più è il film su Popeye, diretto da Gendy Tartakovsky.
E per oggi è il momento di tornare allo studio. Con gran dispiacere devo saltare la conferenza di Rob Coleman, l’uomo a capo dell’animazione di The Lego Movie, chiedo venia!