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Cartoomics 2018 RhoFiera - Milano

Inviato: domenica 25 marzo 2018, 00:13
da Topolino08
In fiduciosa attesa di altri resoconti, mi sentivo in dovere di riempire questo topic con la mia personalissima esperienza vissuta in quel di Rho giusto due settimane fa, quando un uggiosissimo pomeriggio invernale tipico della Grande Pianura passava di norma alla Storia. Basta però dare una rapida occhiata a quanto segue per poter constatare come il "riempire" di cui sopra si sia inconsapevolmente tramutato in un poderoso "inondare", un'operazione che di solito scarto a priori* ma che in questo caso non potevo esimermi dall'accarezzare, meditare e concretizzare. (*warning: bugia)

Il risultato è un piccolo dramma giocoso in cinque atti (o cicli, se vi contraddistingue l'erre moscia) che riporta (anzi no, dilata) le vicende a tratti d'ordinanza a tratti incredibili, ma pur sempre veritiere che mi hanno visto protagonista nelle ore conclusive della kermesse milanese. Il mio consiglio primario è di non avventurarsi nel testo che segue. In secondo luogo mi permetto di spingervi, se mai per caso voleste disattendere la suddetta raccomandazione, a una lettura completa e approfondita delle "cronache", nella speranza di tramandare un ricordo, una morale o anche solo un semplice sorriso.

OUVERTURE: Di Problemi - Dubbi - Angosce - Ancor Più Mistici Vuoti E Del Senso Dello Stare Insieme

È passato del tempo da quando, giovine bimbominkia inesperto, penetravo in veste di infiltrato nelle fiere di fumetto locali, incarnando pedissequamente il classico esempio scolastico (stile testo di antropologia) di come non condurre un’esistenza serena e al riparo da ogni sorta di pericolo. A distanza di svariati anni, pur visibilmente distaccati dal mio attuale presente, rimembro ancora tutti i sotterfugi, le scappatelle, le improvvisate, le candide bravate da incosciente che adottavo per prendere parte a quelle manifestazioni irripetibili, quegli eventi impareggiabili al termine dei quali mi sentivo generalmente sazio, ma sempre affetto da un malessere strano, spiacevole, a una prima analisi estraneo alla mia fisiologia e dannatamente imbarazzante. Questo inusitato senso di “vuoto” si ripeteva per la maggior parte delle occasioni e sotto qualsiasi forma. L’andazzo era più o meno il seguente: mi organizzavo, operavo il necessario per non cacciarmi troppo nei guai e vivevo la mia esperienza come nulla fosse. Ma ecco che, non appena conclusasi la cerimonia di turno, SBRANG! il patologico disagio ripiombava nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, diciamo noi oggi paghi degli insegnamenti di Schulz & Co. Ma non crediate che il sottoscritto rimanesse a guardare! Con gli anni, è arrivato a costituirsi in me un vero e proprio schema mentale di reazione all’incognita, pressoché inefficace, ma questo lo capii ben più in seguito, quando iniziai ad assimilare per la prima volta le propedeutiche nozioni di psicologia. In genere, il modello di riferimento ricalcava le fattezze di un essere camaleontico che, pur consapevole del suo non indifferente potere dissimulante, agisce con accortezza e discrezione, ben certo di non poter mai abbassare la guardia all’ovvio fine di perseguire la propria sussistenza. Per il resto, sono solo favolette: gli stessi idilli del tardo Esopo in confronto avevano la mera funzione didattica/narra-ludica, tanto che in esse la medesima bestia succitata assume spessissimo i tratti di un idiota, senza troppi pomposi preamboli. Allo stesso modo, il sottoscritto comprese ben presto che un metodo non del tutto dissimile poteva agevolare non poco le cose, assodato che, per fisiologica conseguenza, un’organizzazione migliore e la pazienza degna del miglior monaco tibetano avrebbero cancellato del tutto questa fastidiosa percezione di Male che da troppo ormai si faceva sentire, curiosamente, in quei rari momenti di candida ingenuità. Ma così non fu.

(Personaggi E Principali Interpreti - In Ordine Di Apparizione)

Emanuele/Manuel: il protagonista-spettatore. Un sognatore mancato, un cinefilo arreso, un narratore interno immerso nella vita ma distaccato dall’esistenza. È alla costante ricerca di certezze morali che ritrova solo raramente nelle fugacità di un particolare fenomeno atmosferico o nell’improvviso rovesciamento di un regno lontano. Tende perciò a dedurre che non esistano ovvietà, ma non riesce ad ammetterlo. Scrive, ora, predica, s’impegna affinché il Fumetto compia il definitivo atto di riqualificazione e ottenga così la giusta fama che fin dalle più occulte genesi gli spetta. È convinto che un giorno, lontano lontano, Gosho Aoyama porrà fine al suo ciclo più illustre e potrà così schiattare in pace. Nel dubbio cogita - e dunque è. Ha molti dubbi.

Alessio/Lessie: genuino, anima candida, gradirebbe tanto rimaner fuori dagli affanni che il firmatario orchestra sempre con soave bravura e geometria maniacale. Anagraficamente, si qualifica come braccio tecnico di Inchiostro e vecchi Fumetti, senza il quale lo splendido setting grafico del dominio non costituirebbe altro che un pallido ricordo, ma in realtà per l’intera durata dell’evento fa da classico incomodo la cui funzione non pare spesso chiara a tutti. Da tempi immemori intraprende una missione spirituale in contrasto con l’amico fraterno riguardo la supremazia delle Arti, schierandosi pedissequamente a favore del divertimento video-ludico e snobbando perlopiù il mondo delle nuvolette di carta (microcosmo che riconsidera in casi puramente eccezionali). A tempo perso organizza spettacoli comici nei quali ricopre magistralmente la parte del veterano: virtuoso, questo è certo, ma se solo si applicasse... Morirà, per poi risorgere una volta scoperto il Mystero.

Adriano/Adrian: fan della prima ora dell’Arte Grafica e di altre amenità ad essa collegate, impersona ora il ricordo delle emozioni passate. Anche lui alla costante quanto inutile ricerca di certezze, non si dà pace e continua imperterrito l’angosciosa missione. Nobile decaduto, aiuta il prossimo come meglio può.

Francesco/Ciccio: vedi sopra, ma con Arte Video-ludica al posto di Grafica.

Marco, Alessandro, Stefano, Teresa: fumettisti Osannati Artisti.

Giuseppe: youtuber Osannato Artista. [In questo caso la locuzione era fortemente richiesta dal Lessie di cui sopra e mio malincuore gliel’ho dovuta concedere N.d.R.]

Inchiostro e vecchi Fumetti: uno stimolo a continuare. Una parte di me nascosta che unisce punti fermi della mia persona a caratteri che neppure sapevo di avere. La piattaforma ambigua, controcorrente, psicologica, empatica, nerd, persino agrodolce. Nostalgica. Personificata, rimane comunque un concetto astratto, tuttavia tende a non farci caso: apprezza sé stessa com’è. Con lei tutto funziona, eccetto quando un firewall di rete manda in tilt il codice di programmazione nel preciso istante in cui l’articolo del giorno va in stampa e lo scrivente, da scemo qual è, non ne ha salvato una copia. Scalcinata, ma viva.

La Tana del Sollazzo: community adulta, metamorfica, insaziabilmente nerd, ribelle. Una pietra miliare, un elogio ai diritti dell’Arte Amena e della convivialità, frutto di un’intuizione più spontanea che geniale e un mezzo miracolo che ne delimita una certa religiosità.

ATTO PRIMO: La Fiera - Belva Abominevole - Nemica Dei Collezionisti Anonimi

Cartoomics è stata e continuerà ad essere per la mia grama esistenza una prova di forza, un autorevole esperimento, la più screditata delle palestre di vita o, per dirla schietta, un dentro-fuori essenziale. Solo a livello tecnico, anche l’edizione più recente ha potuto confermare come, malgrado una genesi umile (dalla quale sono ormai passati 25 anni) e innumerevoli periodi di magra, l’esposizione sia riuscita a ritagliarsi un frammento della condotta di ogni bravo appassionato di fumetti nella Penisola, diventando giusto recentemente il polo fieristico di riferimento pei patiti nordici. Fiera, fra l'altro, può voler dire molte cose, a seconda della luce sotto cui il visitatore inquadra l’anzidetta (o per meglio intendere, pone le sue emozioni e le sensazioni che il viverla può avergli suscitato). Alcuni la considerano secondaria e dunque inferiore rispetto ai valori morali più elevati, la convivialità, il gusto dello stare insieme, la gioia di condividere qualche ora del proprio tempo con gente che magari neanche conosci ma che come te si è sorbita mesi e mesi di preparativi, accorgimenti, raccomandazioni (anche intrinseche, se il qualcuno in questione è affetto da patologie mentali) e trascurabili sensi di colpa del tutto passeggeri. Altri invece tendono ad apprezzarne maggiormente i contorni materiali: l’autografo dell’idolo-in-vendita di turno, il selfie idiota accanto alla star del web che l’anticritica identifica come il nuovo faro del gaming a livello nazionale e altre amenità simili. Altri ancora, forse più saggi dei precedenti, non danno troppo peso al fatto e trascorrono la loro esistenza immersa da una relativa calma, lasciandosi trasportare da uno stand all’altro, foglie dormienti (ma assai argute) di una grande quercia secolare che tra non molto taglierà loro i contatti e le abbandonerà al proprio destino.

Io ragiono da anarchico e già in base a questo parto svantaggiato. Ma mai come in quest’ultima occasione ho avuto modo di comprendere appieno cosa davvero significhi per me ritrovarmi in una situazione del genere, prigioniero di un’entità mentitrice e infingarda, incapace di godermela appieno in tutta la sua maestosità. Giunti a tal punto è però doveroso entrare più nel dettaglio, poiché, forti di un’organizzazione maniacale totalmente estranea al nostro concetto di ordinario, Alessio ed io abbiamo appena timbrato il cartellino per Rho Fiera e ciò vuol dire che indietro non si torna. Al seguito, due colleghi di vecchie date, testé usciti dalla seconda decade d’oro e ripiombati nel periodo ingrato, discorrono del più e del meno circa antiche passioni d’infanzia. Portano i nomi di leggendari condottieri romani, Adriano e Francesco, e sarà forse anche per questo che prediligono un dialogo separato. Solo raramente le nostri conversazioni s’intrecciano, formando spessissimo interessanti dibattiti circa le tematiche più disparate. E così, tra un’osservazione più autoritaria che autorevole di Lessie sull’evoluzione grafica di Hearthstone piuttosto che una mia violenta imposizione sull’essere o meno supporter del Topolino moderno (con tutte le digressioni castyane che ne possono derivare), il tempo viene meno: Cartoomics è imminente.

I Parentesi. L’organizzarsi (o per meglio dire il premunirsi di riportar sana e salva la già poca pellaccia nelle quattro mura) aveva occupato tre belle settimane delle nostre gracili esistenze. Superati i primi macro-step dalla difficoltà irrisoria, come selezionare accuratamente i gregari della combriccola e progettare le tappe del nostro periglioso itinerario (per arrivare in Fiera avremmo dovuto infatti affrontare l’intera superficie urbanistica della metropoli nordica senza poter passare dal comodo sottosuolo) si sono presentati gli affanni più evidenti. Far coincidere impegni e orari in un gioco di incastri tutt’altro che semplice ha richiesto una ponderazione assai attenta e le conseguenti, inevitabili rinunce a fatti ed eventi inenarrabili in questo resoconto, ma cui tanto ambivamo. Risultato: un programma mentale striminzito che riduceva all’osso le prospettive di ameno svago sollazzo insieme con le nostre aspettative di vita una volta terminato l’evento.

Questo dunque il fondale, triste simulacro della quotidiana interiorità. Conoscere già la propria morte in relazione agli atti e ai fatti compiuti in vita, pare infatti una penitenza più che giusta per degli svitati par nostro.

ATTO SECONDO: Il Panico - Ignobile Fonte Di Sofferenze Altrui

S’è di Domenica, giornata più uggiosa delle tre in cartellone e per uno strano gioco di correnti d’aria mi ritrovo col colletto allentato, facile preda di una beffarda raffica di particelle, microbi e altre masserizie del tutto nemiche al sottoscritto, in lenta uscita da una fastidiosa influenza. Il motivo di tale freudiana condizione si traduce nell’interminabile coda di anime che, affette dalla medesima malattia idolatrante, elemosinano un salto di posto a quanti, imperturbabili, stanno loro dirimpetto e nel contempo vengono supplicati della stessa identica grazia dai poveri esseri alle loro spalle. Noi, da buoni ultimi, escludiamo fin da subito l’ipotesi più sensata: dare di matto. Il che collaborerebbe non poco a mantenersi ben caldi [scoprirò più tardi che la temperatura atmosferica si aggirava intorno ai 7-8 gradi N.d.R.] e a tener alto il morale della truppa la quale nel frattempo, dopo l’ultimo doloroso dialogo sul perché leggere un fumetto in lingua originale (che poco tempo prima aveva riservato più morti che feriti), era piombata in una fase di depressione generale. Solo la mia persona reagisce in una certa qual maniera alla situazione, dal momento che, dall’alto della sua già rimarcata dabbenaggine, non aveva previsto un intoppo fondamentale o meglio l’intoppo fondamentale: una coda alla biglietteria. Dramma! Tragedia! Come riscattare il già ampio ritardo se una fila dalla lunghezza stimabile sui venti-trenta metri stazionava pressoché immobile davanti alla punta del proprio naso? Provo a infondere sgomento anche nei miei validi commilitoni, cerco in tutti i modi di scuoterli, ma dopo pochi attimi sono costretto a constatare con ribrezzo il loro stralunato atteggiamento assente e avvilito. Nemmeno Lessie comunica selettivi cenni di vita: limitandosi a compiere le funzioni d’ordinanza si riconferma come ultimo epigono di una generazione di sbandati. Rimasto solo, cambio quindi punto d’osservazione ed escogito con rinnovata calma un sistema valido per farci guadagnare tempo, non sapendo che il peggio deve ancora venire.

II Parentesi. Appare ora doveroso schematizzare i motivi principali della nostra della mia ansia. Presupposta una buona dose di angoscia che mi sorregge fin della giovine marmocchiaggine, infatti, la particolare occasione fieristica è stata per me fonte pedissequa di numerosi spunti d’eccitazione che, in un modo o nell’altro, mi avrebbero fatto perdere sicuramente la testa: anzitutto, era la mia prima Cartoomics da tempi emotivamente incalcolabili. Ho vaghi ricordi dell’ultima volta che, ancora agli evi dell’atmosfera “rustica” tipica di FieraMilanoCity, partecipai alla manifestazione di ampia portata; se non erro, fu proprio l’atto conclusivo del ciclo tradizionale (2012), in quanto dall’anno successivo la manifestazione si sarebbe poi trasferita nei più ampi e distanti spazi dell’hinterland. Tutto ciò che rammento di quell’atipica edizione si riassume in una manciata di luci, suoni, forme e colori al termine della quale scelsi giudiziosamente di prendermi una lunga pausa, almeno fino a un nuovo ordine del quartier generale [il mio cervello bacato N.d.R.]. Ma di questo non parleremo.
Altra buona ragione per promuovere un elevato battito cardiaco era frutto autorevole di una chiacchierata sociale col buon Marco Gervasio che da ospite festivo speravo tanto di poter incrociare, anche solo per un saluto veloce. Conversa di questo, sviscera quello, alla fine saltano fuori i presupposti per un’intervista davanti alla quale non mi tiro certo indietro e che promuovo anzi, promettendo a nome dell’intera brigata di trovarmi nei paraggi e di rubar tosto pochi minuti per un qualcosa di atipico. Come se non bastasse, il mio socio dimostra fin dal primo istante una pessima cera, segno evidente di una delle sue ennesime notti insonni premonitrici di esclusive disgrazie... e che un superstizioso par mio non può certo trascurare. Segno di malaffare.


E il malaffare non tarda certo a farsi sentire. Smaltita finalmente la kilometrica processione e regolato il regolabile (biglietti - ahimè - inclusi), ci avviamo rigenerati verso l’entrata, lasciandoci alle spalle ogni forma d’incertezza o malcontento. Ma il pericolo, per l’appunto, è sempre in agguato: al varco infatti ci attende un omino buf(f)o sulla trentina, gli occhi turchini chiarissimi e il caratteristico giaccone di salvataggio. Lo sguardo crucciato comunica infiniti aspetti della sua personalità, su tutte l’aver passato attimi sentimentali decisamente migliori. Munito di apposito scanner, non esita a passarci al settaccio uno ad uno, più infreddolito che depresso, anzi no, di sicuro più depresso che infreddolito. Al mio turno lo scanner, fino ad allora un impeccabile terzo incomodo, dà inizio a una nenia ripetitiva e seccante; al che l’interessante tipetto mi intima sporadicamente di togliermi zaino e marsupiale. So già come andrà a finire e tremo al pensiero, dato che, trovandoci in zona soggetta ad ampie precipitazioni e digiuna di particolari ripari, il nobile contenuto della meno nobile bisaccia andrà irrimediabilmente danneggiato. Con mio grande disprezzo e ancor più acceso furore, l’essere indica giusto la Limited* dell’Isola del tesoro, opera sopraffina dei Turchi che guarda un po’ avevo messo da parte sperando di beccare i due geni ed elemosinare loro un autografo anche se totalmente fuori dai canoni [*piccolo particolare che in seguito si rivelerà importantissimo N.d.R.]. Per mia fortuna, con un impeto di saggezza, il tizio trae in tempo le dovute conclusioni: scopro così di non essere un terrorista e di poter avere diritto anch’io (al pari dei miei pards, che nel frattempo mi hanno già lasciato solo) di prendere parte alla Cartoomics. L’avventura continua!

ATTO TERZO: Lessie Alla Riscossa [E Manuel Sempre Più Tendente All’Esaurimento Mentale]

Passano pochi attimi ed eccomi qui, in testa al gruppo di infami che qualche minuto prima mi aveva abbandonato a un imprecisato destino. Rapida occhiata all’ora: le 14:57. Pervaso da una strana sensazione di libertà, agguanto salde le redini della situazione e mi autoproclamo capo-banda di corpo d’armata con meriti speciali. Mansione capitale: scortare il drappello di reduci [da un viaggio di due ore e trentotto minuti, N.d.R.] verso il padiglione 16, terra di fama, gloria e altre maravigliose vie di fuga dalla triste quotidianità. Sfortuna vuole però che il rapporto che intrattengo con mappe, bussole e cartine o con l’orientamento in generale non sia mai stato dei migliori, tant’è che dopo un buon quarto d’ora passato a girovagare in cerca di un richiamo, un simbolo distintivo, un qualcosa che possa indicarci la retta via opto per una decisione drastica: abdicare a favore del mio fratello di latte, fulgido esempio di Vera Amicizia [e quindi un ignobile profittatore N.d.R.] nonché fonte di aiuto nei Secoli. È così che, sotto la guida del saggio Lessie I (il cui editto originario è apportare una girata alla regia cartina la qual io avevo maldestramente mantenuto capovolta), intravediamo un soprelevato con annesso “16” campeggiante a grafie cubitali. Fatta!

A dimostrazione poi che le peripezie principiano ogniqualvolta non le si bramino, cerchino o questuino, l’ingresso del padiglione appare a noi tutti come un’ottimamente riuscita ricostruzione della Porta Infernale. Il sottoscritto dunque, nell’atto di ‘ndovinare qual sia la graphic novel citata, comincia a farsi largo nel marasma verso quello che si palesa come un modesto punto-informazioni cui chiedere umilmente la via per Agorà 2, mistica meta del nostro esodo all’interno della quale dovevamo preesistere da dieci minuti pieni. Per nostra buona sorte gli esperti mantengono alto il loro epiteto, indicandoci nel modo più elementare e servizievole la via da precorrere, onde evitare ulteriori fughe estreme dalla società, di sicuro ben accette nel gruppo, ma con una certa moderazione. Fatto sta che, pur dovendo ammettere i reciproci limiti, constatiamo come lo schema organizzativo a camaleonte persista incredibilmente: per un attimo pare proprio che anche la Dea Fortuna per mezzo della vistosa cornucopia abbia deciso di degnarci d’un sorriso. La folla che nel frattempo si è radunata attorno al roman conferenziere, Gervasio, ci riporta subito alla realtà dei fatti, costringendoci a rimanere in stazione eretta (nel mio caso leggermente inclinata) senza mai poter scaldare i nostri stanchi fondoschiena. Questo per una buona mezz’ora, costellata perlopiù di lunghi monologhi gervasiani in romanaccio, incontri-lampo assai fugaci (alle 15:38 passa di fretta un Mastantuono distrutto dallo sketch & singing), sacrosanti vizi di gola e interventi del pubblico di deliziosamente scomoda portata. Al termine del “diletto”, leprotteschi, Lessie ed io bracchiamo il buon Marco che, speranzoso di cavarsela con una toccata e fuga veloce per poi trovarsi in stazione entro e non oltre le 16:30, tentava di svignarsela non avendoci visti precedentemente [la chiacchierata era fissata per le 14:45 N.d.R.]. Contrariamente alle previsioni si dimostra lo stesso disponibilissimo a concederci alcuni minuti, non prima di essersi intrattenuto in un dialogo che ha del freudiano con la sua futura adepta, brava ragazza cattolica sui 17 da sempre attratta dalla Nobile Arte e che ha da poco fatto pubblicare la sua prima graphic novel a livello locale (ricordassi il titolo...).

Ultimata l'intervista, in merito alla quale devo ringraziare ancora una volta quel tal geniaccio [Lessie N.d.R.] portatore sì di malattie genetiche ma anche e soprattutto di sana tecnologia audio-fonica, possiamo finalmente goderci la nostra Fiera, a cominciare dallo stand Panini/Disney, mai come quest’anno completo ed esteso in ogni estensione di significato. A livello personale non prediligo le razzie, la (poca) pecunia non potrebbe permetterlo, ma l’occasione irripetibile di ricuperare qualche arretrato è tale da farmi superare la soglia di guardia. È così che, oltre ai due ottimi volumi sulle origini del Diabolico Vendicatore, opto per la sublime monografia dei Turchi in Definitive Collection, Pippo Reporter, della quale però scovo solo il primo volume. Il tutto, dietro il gentilissimo sconto di venti cents che la standista di turno mi concede con fare melodrammatico a mezzo tra il generoso e il trascendentale. Vanificati poi i tentativi di fantomatiche Limited, talvolta incomplete, di impoverire ulteriormente il mio portafogli, ci avviamo verso nuove gesta cerevantesche, alla volta di nuovi banchi e nuovi beni. E proprio tutta questa voglia di nuovo ci dovrebbe condurre verso lo stand BAO, verso il quale effettivamente mi incammino, ma un violento imperativo del mio degno compare reprime la mia iniziativa, obbligandomi a seguirlo nel settore Games giusto attiguo all’area Comics. Ancora non so che questa forte imposizione si rivelerà più tardi sintomo di una congiunzione astrale fuori dal normale. Ma per il momento sono convinto di aver ragione, perciò lasciatemi bestemmiare in pace.

ATTO QUARTO: Il Tradimento di Manuel [Che Alla Fine Causa Un Affanno]

Visibilmente depresso, ma talvolta incuriosito dai miracoli di un mondo diverso cui in effetti non sono mai stato abituato, mi accodo mogio al gruppetto di testa, malgrado il divario tra me e loro si faccia sempre più marcato. Lessie pare notarlo, tant’è che mi si avvicina di soppiatto improvvisandosi Cicerone e illustrandomi ogni ben d’Iddio ai nostri fianchi (ancora non sono certo se per distrarmi effettivamente o affibbiarmi il colpo di grazia), a cominciare dai campi di battagli di Overwatch che saranno poi anche il teatro della nostra disgiunzione. Il gruppetto infatti tende a sfaldarsi visibilmente, pertanto, in perfetta letizia con Adrian, che fino ad allora aveva continuato a bisticciare col Ciccio in merito ai soliti, giuridici ricordi d’infanzia, scegliamo di dividerci per il Supremo Bene Comune (ovverosia il mio) e di continuare le nostre Fiere in costante contatto telefonico, senza rinunciare a far battute sulla suoneria del succitato Lessie, il cui ritmo assomiglia terribilmente all’ormai nota nenia che quasi mi aveva bloccato all’entrata del padiglione [vedi Atto Secondo N.d.R.]. Dopo una rapida occhiata all’ora (le 16:20) decidiamo di avviarci verso la vicina area made-on-Rowling per qualche foto di rito e il mantenimento di un’importante promessa nei versi d’una Nobile Amica. Nemmeno il tempo di pronunziare il mantra del giorno "Dove-Sono-I-Miei-Soldi!" e un’orda di cosplayer scalmanati d’ogni foggia (mi pare di adocchiare persino un gentleman settecentesco totalmente randomico) rischia di travolgerci sulle note imprecisate di una musica che tale non è e mai potrà essere. Reagire non pare semplice tuttavia, salvo alcuni effetti personali smarriti nella calca, possiamo darci per redivivi e ci avviamo in tutta calma verso la vecchia cara area Comics, che dopo appena un’ora è diventata già la mia seconda casa.

III Parentesi. Salvo fatto un quadrato di fondente, ingurgitato di nascosto durante il gervasiano convegno, non mangiavo da sei ore e cominciavano a germinare in me due problemi di caratteri opposti, l’uno di stampo prettamente conservazionistico, l’altro di natura più fisiologicamente tecnica. Ciò impose al sottoscritto una pausa dal dolce svago ricreativo di un buon quarto d’ora, quanto bastasse per soddisfare almeno uno di que’ tragici bisogni, malgrado trovare il loco adatto non fosse stato certo facile. Trattasi di un episodio che non trova spazio in queste righe poiché, in seguito a uno stato di amnesia fulminante piuttosto raro, non ricordo quasi nulla delle dinamiche: lo scrivente, amando ardentemente il Vero e non sopportando d’inciampare in eventuali incertezze, si prende così le sue giuste licenze e determina nel migliore dei modi il piccolo buco dalle 16:30 alle 16:50.

Si sono ormai fatte le 17:00. L’Adrian, sempre al mio fianco, comincia a mostrare i primi segni di cedimento e anch’io mi lascio scappare i primi sbadigli, un aspetto totalmente fuori programma, l’ennesimo di una giornata finora stabile. Cerco quindi di capire dove ho sbagliato, ma non trovando appigli utili nell’Esperienza mi appello alla Buona Coscienza che scopro con raccapriccio intenta a ronfare tra soffici guanciali nei meandri del mio subconscio. Ri-cadrei in depressione se non fosse che siamo nei pressi dello stand Bonelli e, con un velo di amarezza, comincio a leggiucchiare qua e là. All’area Mystère domando di qualche arretrato della serie regolare: niente. Chiedo di Tex: defunto. Azzardo un Never: estinto. Saranno stati forse i cosplayer? I visitatori del giorno prima? Gli standisti imbranati (oppure furbissimi)? I diabolici inservienti? Non è dato saperlo, in ogni caso lo stand si rivela un pacco graziosamente infiocchettato e noi, umili vittime di un fato avverso, non ne possiamo davvero più. Stanchi, affranti, le gambe marmoree, non diamo particolari segni di vita. Zombeggiam da un banchetto all’altro, vogliosi di medicarci intellettualmente in qualche modo, magari imbattendoci in qualcuno di appagante, chessò, la reincarnazione di Eisner, per risorgere finalmente da questo mare di sabbia. Mi pare di intravedere persino un Sio firmante autografi, ma dato il tristo momento non posso dirlo con certezza.

E finalmente, dopo cinque minuti buoni di crisi interiore, eccolo, lo stand BAO dove tutto era iniziato o meglio doveva iniziare se quel ladro d’un Lessie (che fra l’altro aveva persino staccato il telefono in un attimo di euforia, come mi dirà in seguito) non ci avesse messo lo zampino. Più morto che vivo intravedo due silhouette piuttosto familiari: trattasi dei ben noti Turchi, con uno Stefano più sudato che mai. Gioia! Tripudio! È il qualche cosa che aspettavo. Il punto di svolta per quella che temevo potesse diventare una trappola per topi, anzi, per chi i Topi li dovrebbe commentare. Esultanti nonché tendenti al Nono Cielo ci accodiamo ai pochi esseri che ancora bramano significative personalizzazioni, nell’atto di prendere dallo zaino... No! Lo zaino!

ATTO QUINTO: Tutti I Nodi Vengono Al Pettine - E Altre Diaboliche Peripezie

Sono attimi confusi, concitati, anche belli probabilmente, dall’alto valore formativo, ma dal pulpito della disperazione corrente non sono in grado di apprezzarli per il meglio, non foss’altro perché impiego circa due minuti per realizzare che il mio zaino, fonte essenziale di Vita per tutta la Fiera, era rimasto sulle robuste spalle del buon Ciccio. Non posso dunque che optare per l’ennesima decisione drastica e, come ogni bravo Nerd che si rispetti, mi scaglio a pesce tra la folla, nella disperata utopia di ritrovar tracce de’due galeotti incoscienti. Ma i suddetti sembrano svaniti, oltre che distratti e svaporati come già evidenziato più volte.

È ormai tardi quando, condotto dal Deferentissimo Pensiero Laterale nonché mio onorevole angelo custode, li ritrovo intenti a dar prova delle loro abilità balistiche e nel contempo discorsive nei riguardi di alcune interessanti coetanee del Gentil Sesso. Notandole, esplodo in uno sguaiato risolino, manifestando così tutto il sadismo possibile in relazione a due tutt’al più brave giovani, ree solo d’esser capitate nel posto giusto al momento sbagliato. Ritorno però ben presto alla realtà e con le penultime forze rimaste (le ultime mi sarebbero poi servite per compiere l’arduo cammin di ritorno) raccatto il prezioso orpello, insieme con tutta la mercanzia portata previdentemente con me, i tre quarti della quale si riveleranno inutilizzati. In un tour de force troppo complesso da descrivere (se non con un aggettivo, deipnosofista) sono al BAO e... miracolo: i Turks stanno ancora rilasciando firme e sketch a profusione! Tempo pochi minuti e posso finalmente dirmi soddisfatto, conscio di essermi quasi rotto l’osso del collo per un’assai nobile causa. Entusiasta, riesco persino a scambiare alcuni cenni con Stefano che, a una mia breve insinuazione sui Paperi di Orgoglio e Pregiudizio, sorride; nella fugace speranza che da questo ambizioso progetto possano nascere e proliferare al meglio i dettami tipici della Poetica propria a tali Artisti sensazionali (possibilmente senza censure, grazie!).

L’affannoso, ma redditizio pomeriggio volge così al termine (ore 17:50). I palchi si svuotano, gli standisti quantificano i grassi affari della giornata, l’atmosfera caotica e fragorosa va poco a poco scemando. C’è però ancora il tempo di provar le ultime suggestioni di una giornata già di suo memorabile attraverso fuggevoli eventi di fondamentale rilievo: due incontri atipici, senza dubbio voluti chissà quanto tempo prima da un’entità sovrastante e per certi versi diametralmente opposti l’un l’altro. Il primo, che ha il “pregio” di basarsi su genesi alquanto bizzarre, parte da una presa di posizione di Me Medesimo il quale, incuriosito dal tipo alla sua destra, comincia a porsi domande basandosi sull’essenziale principio che si può esprimere con un’unica locuzione interrogativa: “Ma quel personaggio somiglia tutto a...”. Comincio così a lavorare di cervello per alcuni attimi mentre il bel tale s’intrattiene alla lunga coi Turks [dopo tutto quel peregrinare, lo stand BAO era diventata nostra dimora fissa N.d.R.] discorrendo di questo e quello come tra buoni amici. Di importanza capitale è l’udire accidentalmente locuzioni-chiave del tipo Fumettazzo o I Love Paperopoli, piccoli particolari che mi fanno capire in un battito di ciglia l’identità del mistico figuro. Basandomi su considerazione ormai certe, attacco bottone e faccio la conoscenza diretta del Grrodon con cui intrattengo anche un piacevole quarto d’ora di chiacchierata sollazza. Gentilissimo, Valerio mi trae anche d’impaccio presentandomi il figuro al suo fianco che si rivela rispondere a un manfroziano nomignolo, con annesse strette di mano a destra e a manca (un po’indolenzite le mie, vi prego di scusarmi anche per questo). Dopo di ciò la cronaca tende a scivolar via tra osservazioni sulle rispettive realtà forumistiche, l’evoluzione del concetto di disneyanità in saecula saeculorum, cenni di filologia bonellide del Tardo Medioevo, monologo del sottoscritto sul perché condurre un blog di fumetto e psicologia, osservazioni e disappunto generale circa il Topo(lino) moderno, commenti sullo scorrere della Dimensione Tempo e altri topos attinenti al già visto e al già sentito (tutta colpa del sottoscritto), presentazioni dei rispettivi progetti, pareri su censure e censori, invocazione al Don, saggio sulle mutazioni, degrado delle community.

Salutata la delegazione sollazza, con l’augurio fecondo di non limitarci a un semplice incontro causale, ci avviamo davvero verso l’uscita, non prima di esserci imbattuti in altre maraviglie degne di approfondimento morale, su tutte l’interessantissima riproposta del Call of Salveenee, occasione migliore per il nostro Lessie di sfoggiare tutta la sua prestanza con joystick e manovelle, che si rivelerà però fermamente un tragico bidone. Nascono così i presupposti per il nostro secondo significativo incontro che vede stavolta interessata la sfera emozionale del mio compare, ora qui alla mia sinistra, ora al fianco dello youtuber del momento, suo sincero idolo, il cui nome all’anagrafe risulta ben in vista nell’elenco degl’interpreti di questa recita sublime. Non mi è dato sapere il contenuto del loro pur interessantissimo dialogo, ma la foto-ricordo necessaria a immortalare l’evento giustifica uno scambio ben mirato. Bravo Lessie: sono fiero di te!

Prevedendo un’ipotetica calca finale, raggiungiamo in affanno l’uscita e ci avviamo esausti verso le nostre case. Chi imbocca la destra, chi resta immobile, chi chiama un’ambulanza perché il cuore non regge più... e tutti con l’incessante certezza piantata bene in mente di aver vissuto un pomeriggio eccezionale, malgrado la pioggia sembri voler affermare il contrario. Ci apprestiamo dunque ai saluti, a cominciare da Ciccio. Chissà, forse ci rivedremo a Lucca o magari a Reggio, il futuro non è scritto, le certezze odierne riguardano solo il fatto che non gli lascerò mai più alcuno zaino, neanche per un attimo. È poi la volta di Adrian, fido seguace nei Comics, fautore del colpo di stato e della diabolica disgiunzione che determinarono poche ore prima uno sviluppo davvero inatteso e forse per questo ben accetto. Il gruppo si sfalda. Io sto là, ritto davanti al parcheggio in cerca dell’auto che non possiedo. Mi avvio mesto verso il confine, non so nemmeno se intenzionalmente o morso da qualche serpe mentale. Lessie se ne accorge, mi segue istintivamente, mi raggiunge. Siamo dunque noi a scambiare le ultime battute del giorno, ma come tutti i sequel che si rispettino, non riusciamo minimamente a ricreare le condizione del mattino. Dalle nostre bocche riarse escono solo aspetti ipotetici, tesi prive di sostegni, forse più sinceri di tanti monologhi. Di certo meno gravosi. Tutto sommato qualche concetto interessante emerge, e alla fine va bene così.

EPILOGO: Come Finisce Questa Storia

E poi? E poi cosa? Come finisce? Il finale, a dir la verità è l’anello debole dell’intera vicenda. Durante il viaggio sono confuso, i miei pensieri vagano come non mai all’interno di un cervello che fisiologicamente non può più ricevere alcun segnale e che, inesorabile, s’appresta a far fronte all’ennesimo periodo di Grande Depressione. Provo malinconia per la fine dell’esperienza, emozione per alcuni strepitosi incontri, terrore nei confronti del futuro, incertezza verso un imprecisato presente, rabbia per l’ignobile essere che sta beatamente russando sul sedile alle mie spalle (indovinate chi?). Arreso e sensibilmente vinto dalla stanchezza mi vien da pensare alla cosa più logica che possa farmi stare bene e ancora una volta devo ringraziare il mio Pensiero Laterale che dall’alto della sua occasionale lungimiranza mi suggerisce l’infallibile metodo di mettermi a caccia di certezze. Proprio qui. Adesso. Su di uno scalcinato mezzo pubblico di proprietà indefinita che viaggia per ignota destinazione e i cui passeggeri hanno tutti una storia dietro alle spalle. Tutti già, persino il tipo che accanto alla mia persona mi propina enigmi di logica a tutto spiano, basandosi forse sulle improbabili definizioni della Settimana Enigmistica di chi-so-io. Sarà forse perché stimolato dall’ultimo tediosissimo indovinello (nella battaglia di Skalabalaklava, chi battagliava sopra una scala agitando un clava?), ma alla fine cedo alla violenza e pur di evitare quelle spocchiose molestie intellettuali do retta al mio cervello e cerco di focalizzarmi su un ovvietà, per quanto questa possa reggere anche per pochi attimi. La troverò? L’ho già trovata? Magari sì, non lo so con certezza. Sono davvero troppo confuso.

L’ormai celebre “Male” pare dunque aver colpito ancora, malgrado l’impeccabile organizzazione. Strano, ma atipico come frangente: ritrovarsi sullo stesso autobus che centinaia di altre anime hanno toccato, sfiorato, picchiato o anche solo vissuto. È Rettorica, ma di buon gusto, perciò l’accolgo a braccia aperte. Sorrido. So che domani sarà un altro giorno, vi sarà l’alba di un nuovo sole e con tutta probabilità non ricorderò mai più niente di queste sciocchissime elucubrazioni mentali, come di fatto accade ogni volta che ci casco. Tempo perso. Solo tempo perso. Ma così facendo trascuro l’insegnamento che il buon Barks comunicava attraverso il suo Scrooge. Se ho dimenticato il totale del mio denaro posso sempre ricominciare a contarlo. Domani è un altro giorno, già, pieno di affanni e timori nuovi da affrontare, combattere, vincere, assaporare. Io sono pronto. Ora sono pronto. Riposa, adesso! (cit.) Con l’ultimo fiato che ho in corpo ringrazio Paperone, lo zio Carl e tutti i santi e mi metto finalmente l’anima in Pace, nella placida attesa che il sonno mi colga e che la stridula campana dell’orrido veicolo rintocchi la sveglia di una nuova, fantastica giornata.

(Esce. Fine)

RINGRAZIAMENTI:

Tutto ciò che avete appena letto (se l’avete letto) non sarebbe però stato lo stesso senza la presenza di alcuni tasselli fondamentali. Un grazie speciale dunque ai vari Marco, Stefano, Teresa e Alessandro (Perina) dal quale riesco a strappare un autografo al volo, con la speranza di rincontrarlo quanto prima per una più approfondita chiacchierata tra amici. Grazie poi a Valerio, la cui conoscenza ha innalzato decisamente il livello empatico giornaliero e a manfroze col quale avrò scambiato cinque parole in tutto (Dove-Sono-I-Miei-Soldi!). Spero davvero di rivedervi quanto prima. Grazie ad Adrian, fido supporto in più di una circostanza, anche al limite della necessaria delicatezza e a Ciccio, involontario portatore di guai ma pur sempre simpaticissimo, nonché motore comico di grandi tratti della giornata (viaggio-tra-gli-stand incluso).

Grazie, Alessio, perché hai assecondato questa mia ennesima pazzia, e mi hai fornito ancora una volta un appoggio a dir poco indispensabile, dimostrandoti fra l’altro più sciolto e affabile del solito pur non mancando le solite situazioni problematiche da cui doverti trarre d’impaccio: in linea di massima come detto, sono fiero di te!

E infine, grazie Camaleonte, mio fedele compagno di viaggio, nobile progenitore dall’influente potere che la contemporaneità si è purtroppo scordata di citare nei suoi molteplici testi più o meno illustri. Invero, la tua Profezia è ora finalmente compiuta.

BOTTINO:

- Paperinik le Origini (vol.1&2)
- Pippo Reporter (DC vol.1)
- Fantômius (DC vol.1&2)
- C’era una volta in America (DC vol.1&2)
- Carl Barks Library (vol.2&3)
- [Autografi]: Teresa Radice - Stefano Turconi - Alessandro Perina
- [Sketch]: Stefano Turconi

Re: Cartoomics 2018 RhoFiera - Milano

Inviato: domenica 25 marzo 2018, 03:12
da Valerio
prego