Vorrei rubarvi un minuto del vostro prezioso tempo (bugia… anche se inizio a scrivere ora so bene che non sarà una cosa da un minuto, ma dirlo dispone sempre bene alla lettura ) per condividere con voi alcune impressioni/riflessioni su questi tre modi diversi di fare cinema d’animazione. Spero che l’iniziativa piaccia e possa innescare una discussione matura e costruttiva.
Ok ho messo le mani avanti … ora basta chiacchiere e iniziamo.
Non faccio mistero di essere un maniaco scatenato dell’animazione Disney e spero che questo non offuschi il mio giudizio, ma per onestà intellettuale lo dico esplicitamente.
Non è impresa facile cercare di definire quale è lo stile Disney (a meno che non si dicano banalità) perché bisognerebbe fare una minima distinzione tra le innumerevoli produzioni disneyane: fiabe, favole, avventura, musica, come minimo.
Eppure cerchiamo di cogliere l’essenza di un “Disney movie”, ciò che lo distingue da qualsiasi altra opera. Nel rispondere azzardo, in prima approssimazione, la straordinaria perizia nello sviluppo dei personaggi piuttosto che la storia in sé per sé. Anzi oso dire che molto spesso la storia non è altro che un semplice pretesto per mettere in scena deliziose situazioni e, appunto, personaggi memorabili. Prendete Cenerentola. A livello di trama in senso stretto accade ben poco, eppure si tratta di un straordinario capolavoro, perfetto sotto tutti i punti di vista. Detto questo, aggiungo che pochi film Disney sono perfetti (cito Biancaneve, Bambi, Cenerentola, la Carica dei 101, Lilli e il Vagabondo, la Sirenetta, la Bella e la Bestia, Aladdin, il Re Leone), e questo perché presentano un perfetto equilibrio di tutti gli elementi (il ritmo, soprattutto il ritmo.. i tempi sono perfetti) unito a qualcosa di più, di indefinibile … chiamiamola magia Disney. Non facciamo, però, l’errore di considerare magia Disney l’elemento magico in sé, perché esso non ne è che un misero aspetto; Lilli e il Vagabondo trasuda questa Magia Disney senza scomodare fatine o streghe cattive. E non è neanche l’enfasi sui buoni sentimenti, o l’eccesso di zucchero; anzi, semmai questi hanno contribuito allo svilimento dell’aggettivo disneyano conferendogli quella accezione dispregiativa che, purtroppo, affligge altre produzioni.
Essa è qualcosa di davvero impalpabile e indefinibile, che ti porta, dopo la visione del film, a sognare ad occhi aperti. E la cosa bella è che tutti gli altri film (chi più chi meno) ne sono profondamente impregnati, nonostante siano manchevoli dell’equilibrio e della perfezione dei film sopra citati. E questo li rende in ogni caso film straordinari e indimenticabili. Cito ad esempio la Bella Addormentata (che personalmente adoro) e il recentemente visto (lo so..lo so..) Il Libro della Giungla. A fine visione vi giuro ero scioccato. Il film presenta molte pecche (cinematograficamente parlando). E’ terribilmente frammentato (più di quanto non lo fosse già stato Alice), privo di un vero e proprio inizio e frettolosamente concluso; eppure.. è GRANDIOSO… serio. Non vi sto prendendo per il culo. Ero estasiato. Mi ha totalmente affascinato. Come può un film non privo di difetti (e mica difettucci) essere così coinvolgente? Magia Disney?Mah… chiamiamola ancora così. I personaggi e le animazioni sono quanto di più meraviglioso sia mai stato fatto. Tutti, nessuno escluso. Gli elefanti-soldati, Baloo, Shere Kan e Kaa (la loro scena è da antologia) e re Luigi… no dico, re Luigi… vogliamo parlare di re Luigi? Un fenomeno. E le musiche? Indimenticabili.
Mi rendo conto di essermi dilungato troppo, ma non ho resistito, ora torniamo al nocciolo della questione. In sostanza la maggior parte dei film Disney non sono perfetti nel senso canonico del termine, ma, alla fine dei conti lo diventano (ripeto che parlo da fan) e questo perché una certa ingenuità dello storytelling è sostituita, oltre che da meravigliose animazioni, da due elementi fondamentali: Poesia e Anima. Sembrano parole astratte e dette così per dire ma in realtà non è così. Si vede che i film Disney sono fatti da Animatori (non da registi). E il loro più grande traguardo è stato il dare anima a personaggi indimenticabili, con tutti i pregi e i difetti che questo può comportare. Sono loro che fanno la Storia, il film.
E questo mi porta logicamente a parlare della Pixar. Sebbene costoro abbiano sempre ammesso di avere come punto di riferimento Disney e la sua tradizione secondo me hanno un approccio totalmente diverso nello sviluppo di un film. Loro puntano a film solidi a 360 gradi. Qui la Storia è regina. Tutti i film Pixar hanno premesse geniali. Sono più nerd se vogliamo. Vi vedo una impronta più scientifica che non artistica, soprattutto nei film iniziali (inutile a dire, si percepisce l’odore di una software house). Tuttavia va detto che la Pixar ha sempre superato se stessa ad ogni uscita. Il suo è un percorso invidiabile. Ogni film è migliore del precedente (con la sola eccezione di Cars che però, secondo me, è il miglior film di Lasseter), sia tecnicamente (ma vabbè, quella è la cosa meno importante) che artisticamente.
I film Pixar, in generale, sono tutti perfettamente costruiti. Ottimi tempi, grandi sceneggiature, ottimi personaggi (seppur non ai livelli dei Disney, secondo me). Eppure manca quella magia di cui parlavo prima, o meglio è presente in minor quantità (la vedo solo in Monsters & co. e Ratatouille). Ovviamente tutto questo prima di Wall-E che credo stravolgerà quanto detto.
Forse questo è anche determinato dalle tematiche. I Pixar sono film che parlano di amicizia (Toy Story1/2, A Bug’s Life, Monster’s & co, Cars) famiglia (Nemo, Gli Incredibili) , sogni (Ratatouille). Manca quasi totalmente il tema principe dell’universo Disneyano: l’Amore. Ripeto. Wall-E stravolgerà tutto, lo so.
Concludendo, i film Pixar sono perfetti congegni ad orologeria, studiati, rifiniti con la massima perizia, dai ritmi perfetti. Con questo non voglio dire che siano film freddi, anzi. Grondano sentimento da ogni pixel, ma ripeto, mancano di quel “sense of wonder” dei classici Disney (e probabilmente è un bene… nessuno vuole dei cloni Disney. La Pixar è Pixar perché ha un SUO stile). Ripeto che il trend è destinato a cambiare… Ratatouille, Wall-E e Up (ne sono sicuro) rappresentato un terzetto che farà invidia al miglior Disney (Biancaneve, Pinocchio, Fantasia o Sirenetta, La bella e la Bestia, Re Leone) ; forse questi tre hanno (o avranno) trafugato un po’ di magia, mantenendo sempre lo spirito Pixar… UAO che bel matrimonio!!
C’è da aggiungere che i film Pixar sono fatti da finissimi conoscitori del cinema e delle sue regole. Gli artisti Disney sono stati dei pionieri nel campo e si lasciavano guidare più dal loro istinto e, in seguito, dalla loro esperienza. La Disney moderna sembrava aver abbracciato perfettamente la tradizione reinventandola (questo grazie alla premiata coppia Menken-Ashman). Da qualche anno, purtroppo, sembra aver perso la retta via, ma speriamo che Lasseter & co. riinfondino nella Disney ciò a cui loro stessi dicono di essersi ispirati.
Ed ora veniamo a Miyazaki. Stile (fortunatamente) totalmente diverso. A questo si aggiunge la difficoltà di poter penetrare opere figlie di una cultura differente dalla nostra.
Se dovessi definire Miyazaki con poche parole lo chiamerei il “Maestro dell’atmosfera”. Miyazaki è pura poesia disegnata o disegno poetico se preferite. Eheh.. ma questo ha i suoi pregi e i suoi difetti, perché credo che Miyazaki non abbia assolutamente il senso dell’unità della storia. Si lascia totalmente vincere da suggestioni, immagini e la storia va a palline. Soprattutto se complicata ed epica. Premetto che di Miyazaki mi manca un bel terzetto (Laputa/Totoro/Porco Rosso), ma, per quello che ho visto, posso dire con certezza che il Maestro non sappia gestire il racconto. Non è un caso se, sotto questo punto di vista, i migliori riusciti siano Kiki, e la Città incantata, dove la storia è molto semplice e gli permette di abbandonarsi alle sue suggestioni (sebbene Kiki ne sia un po’ privo, mentre la Città incanata ne abbonda, e non a caso la considero la sua migliore opera, perché la più equilibrata sotto tutti i punti di vista).
Nausicaa, invece, è il meno riuscito. Poche suggestioni e soprattutto una storia con talmente tanti buchi da far invidia a un colino… Non è coesa, coerente, manca di enfasi; dialoghi in bilico tra il voler essere semplici e fruibili anche ad un pubblico infantile, e l’essere incredibilmente pretenziosi e ridondanti. Eppure certe scene sono visivamente accattivanti e incantevoli.
Howl anche ha molti di questi difetti, ma lì il Maestro è riuscito a infondere una atmosfera e una poesia incredibile. E’ uno di quei film che tu vedi e dici.. “non ci ho capito una mazza… ma è bellissimo”. Non è un caso se anche questo (insieme a Mononoke e Porko Rosso) affronti il tema della guerra. Ma, come in Nausicaa, è solo abbozzato, trattato superficialmente, ingenuamente.
A questo punto non posso fare a meno di citare un’altra produzione “miyazakiana” dello studio Ghibli. I Racconti di Terramare: orrendo, non ci salvo nulla. Mi dispiace per il povero Goro, che è stato fortemente ostacolato da papino (forse non a torto), ma questo non è un film … è una fotocopia venuta male delle glorie paterne di cui però eredita soltanto i difetti, privando il film di qualsiasi barlume della magia e poesia del Miyazaki doc. E’ vero che il povero Goro è agli inizi e non sono stati certo inizi felici dato “l’appoggio del padre” (ma come si fa dai… vergognati Hayao!!); quindi aspettiamo da lui seguiti di sicuro migliori.
Per quanto riguarda i personaggi, non credo siano così ben costruiti o approfonditi. Li definisco estremamente affascinanti (soprattutto quelli secondari), ma non li giudico credibili, veri. Sono piuttosto figure… figure da cui è impossibile non rimanere incantati.. ma pur sempre figure.
Sotto certi punti di vista anche quella di Miyazaki e magia, ma profondamente diversa da quella del suo compare occidentale. E’ una magia di immagini piuttosto che di sentimento.
Insomma, considero il cinema di Miyazaki più suggestione visiva che arte del racconto cosa che, ovviamente, è pur sempre un gran bel complimento. E’ cinema dell’illusione, del trasporto.
Ho grandi aspettative per Ponyo… date le premesse e la semplicità della storia, potrebbe essere il suo film migliore.
Ecco.. finito, giuro… cioè potrei stare a parlare … cioè scrivere, per ore e ore ma vi risparmio tale tormento. Ora sono curioso di sapere come voi la pensate!
PS: Uao ... a vederla così direttamente sul forum sembra persino più breve.. vi è andata bene.. allora potrei aggiungerci qualco... ok...ok... basta così
Disney, Pixar e Miyazaki: stili a confronto.
Questione di lunga data, quella dei confronti tra Disney e Ghibli, in questo e altri forum. Questione che, non di rado, ha rischiato di degenerare in confronti tra "fazioni" più o meno agguerrite (non qui sul Sollazzo però, a dire il vero, dove l'argomento è stato solo sfiorato; se ne era parlato un poco in chat, molto tempo fa). La Pixar non era mai entrata in queste "tenzoni" in maniera rilevante (anche perché era già difficile gestire il confronto con quei soli due contendenti!).
RImanendo per ora ai soli Disney e Ghibli, bisogna considerare che un confronto fra i due è reso difficile innanzitutto da un fattore culturale (come già ha detto Scissorhands). Dietro al modo di narrare Ghibli c'è un sistema di pensiero e di espressione figurativa profondamente diverso dal nostro. Ciò che viene raccontato può essere pienamente recepito solo da uno spettatore che sia cresciuto a contatto con il cinema e la storia giapponese. Shintoismo, bombe atomiche, narrazioni circolari e via dicendo: cose che, qui dall'Europa, volendo possiamo capire, ma non comprendere in maniera totale e profonda, come faremmo se fossimo stati educati in esse. Lo stesso sarebbe per un giapponese nei confronti della nostra cultura.
Questo non vuol dire: "Ok, allora i film Ghibli per noi sono incomprensibili a priori, quindi va bene tutto". Assolutamente no: è legittimo fare molte osservazioni, ad esempio sull'animazione, sulla costruzione delle storie, dei personaggi e via dicendo. Il cinema è sempre cinema, in qualunque paese del mondo. Il problema sorge solo nel momento in cui si voglia imbastire un paragone diretti con una realtà così radicalmente occidentale (e in particolare, statunitense) come quella dell'animazione Disney.
Lo Studio Ghibli, se vogliamo, tra le sue radici ne ha anche una più a occidente delle altre: Miyazaki, quando era all'università, ha partecipato ad un circolo dedito allo studio della letteratura anglosassone per l'infanzia. Inoltre, è ben noto il suo interesse per il paesaggio mitteleuropeo (conosciuto ai tempi di Heidi) e poi per l'Italia. Ma non basta questo a farne un autore "occidentalizzato": basti guardare cosa sono le sue ricostruzioni dell'Europa. Assemblaggi pluristilistici, assolutamente "esotici": come se un autore nostrano volesse ricostruire il Giappone senza averci mai vissuto. Miyazaki, fortunatamente, ha una sensibilità che gli permette di dare coerenza e fascino a questo suo esotismo, altrimenti a rischio di generare mondi poco convincenti.
Ma, a parte questo? Qual è il terreno sul quale si potrebbe giocare in maniera produttiva il confronto Disney/Ghibli? Facciamo alcune prove.
1)Lo stile di narrazione. Nel caso Disney, si tratta di quella che Scissorhands (con molti altri) definisce "magia". Un'alchimia consolidatasi nel corso di oltre ottant'anni, fatta di una giusta combinazione fra tono della storia, ruoli dei personaggi, sinergia tra musica e immagine. Un miscuglio affabulatorio ottimale, che nasce dall'esperienza favolistica europea, e che, come quella, si basa sul complesso e sfuggente sistema dei desideri infantili, e sugli occasionali conflitti di essi con il sistema di valori della società. Nel caso Disney la "magia", quando realizzata al meglio, riesce a far rivivere tali desideri e conflitti anche nell'adulto. Walt Disney ha "distillato", con ottica personale, le conquiste (secolari!) dei narratori per l'infanzia europei, per poi affidarle ad una squadra di creativi attentamente guidata. L'intento è: intrattenere ed educare.
Veniamo allo stile Ghibli. Qui i presupposti sono radicalmente diversi. Ci troviamo di fronte ad un complesso di autori singoli (due principali: Miyazaki e Takahata), registi e sceneggiatori in prima persona delle loro opere, ciascuno con una linea di pensiero indipendente. Il loro scopo è dar voce ad un urgenza di raccontare: non vogliono, a priori, cercare modi narrativi che diventino definitivi ed inconfondibili. Basti guardare i film di Takahata, tutti completamente diversi l'uno dall'altro; ma anche quelli del più coerente Miyazaki, che è capace di andare da Totoro a Mononoke senza particolari problemi. Restiamo su Miyazaki: non si può negare che, comunque, le sue opere rechino i segni di una "mano" immediatamente riconoscibile. Quali sono questi "segni"? Lo stile di disegno e i tipi di movimento (Miyazaki è anche animatore, come si sa), un interesse spiccato per il ruolo dell'ambiente naturale, la centralità della figura femminile, la presenza di macchine o esseri volanti (meglio: galleggianti nell'aria), la tendenza a dare agli eventi una logica che potrebbe essere definita "emotiva", "para-razionale", in certi casi addirittura "mistica". Sono tratti distinitivi di un autore, che però non si sono mai consolidati in una "formula" univoca. Ogni film, per lo spettatore, è un salto nell'ignoto: si troveranno sistemi di sensazioni familiari, ma gli esiti saranno totalmente imprevedibili. Per questo non credo che si possa parlare, per Miyazaki, di una "magia" chiaramente identificabile e capace di far rivivere in maniera coinvolgente delle sensazioni d'infanzia. In Miyazaki la dimensione della sollecitazione al ricordo esiste senz'altro, ma è più complessa e globale: si fa appello alle reminiscenze di più età dell'uomo, e per di più in ordine non cronologico. Per questo, in Francia a suo tempo più che di "magia" Miyazaki si era parlato di "mistero" Miyazaki. Sono abbastanza d'accordo, quindi direi che questo punto si potrebbe riassumere con la dicotomia: "magia Disney" vs. "mistero Miyazaki". Due cose diverse, due scelte alternative e di grande valore artistico, delle quali non è possibile (e utile) dire se l'una sia meglio dell'altra. Ricordo che stiamo parlando di stile globale di narrazione, non di pregi e difetti di singoli film.
2) Le storie. E qui pure si cade nell'incommensurabilità. Disney (nella classicità) lavora sulla struttura narrativa della favola popolare occidentale: praticamente Propp più Greimas, semplificando al massimo. Ruoli riconoscibili e storie familiari per produrre una serie di uniche variazioni sul tema, ancora una volta mirate a suscitare affascinanti riflussi di memorie. Si può tirare in ballo a questo punto anche la Pixar, che invece eredita la lettura di Propp data dal grande cinema di Hollywood. Le sue storie solidissime sono esibizioni di intelligenza, umorismo al passo coi tempi e arguta cinefilia. Andiamo al Ghibli: qui non esiste sceneggiatura di ferro, e di Propp ci sono solo vaghe ombre. Questo, in particolare, per Miyazaki: è risaputo che, quando inizia ad animare i suoi film, la storia non ha ancora una conclusione. E si vede, detto senza cattiveria. Sono film costruiti quasi per libera associazione di idee, spesso su un fluire di episodi che non rispettano affatto la a noi familiare successione di scene "d'azione" e "d'accampamento" (per dirla alla Campbell). Per questo, agli occidentali sembra che spesso il ritmo narrativo venga a mancare. In realtà, il termine di paragone con cui giudicare quei particolari ritmi sta nella tradizione del cinema giapponese. Miyazaki, pur essendo ostentatamente non-cinefilo, sa tutto sommato fare un ottimo uso di questo linguaggio di tensioni "all'orientale", grazie al sapiente uso di altri sistemi per generare aspettative nello spettatore (spesso risiedenti nella costruzione dei personaggi, su cui torno più avanti). E, infatti, Lasseter ha spesso dichiarato di voler tentare di imitare il "ritmo" miyazakiano (dice di averlo fatto in certe scene di Cars). Il vero problema delle storie Miyazaki, se vogliamo, sono i finali troppo bruschi (quello di Howl, il peggiore in assoluto): sì, perché la legge dell'"inerzia" narrativa vale anche con diversi gusti per il ritmo. In effetti questo problema lo aveva anche Hitchcock, che non era il primo venuto in fatto di gestione del ritmo cinematografico. Invece I Racconti di Terramare a livello ritmico, orientale o no, in certi momenti non funziona proprio: perché alla dilatazione di alcuni tempi non fanno da contrappeso adeguate motivazioni che tengano viva l'aspettativa degli spettatori. Questo vuol dire che Goro Miyazaki non ha saputo presentare sufficientemente bene i personaggi e le situazioni.
3) E rimaniamo, allora, sui personaggi. A livello grafico, sono senz'altro più espressivi quelli della Disney: ma qui, volendo fare il confronto con quelli Ghibli ci si inoltrerebbe in un discorso infinito (e sul quale non sono neanche così competente) sulla cultura dell'espressione di emozione giapponese, sul teatro orientale e così via. Ancora una volta, difficile fare paragoni. A livello invece di costruzione delle personalità, non sono tanto d'accordo con Scissorhands. Trovo che certi personaggi miyazakiani siano complessi ed approfonditi come pochi altri, e che presentino una rispondenza tra gesto e moti dell'animo estremamente raffinata. Altri sono più superficiali, certo, ad esempio i due protagonisti di Laputa: ma credo che Miyazaki non abbia affatto interesse a costruire semplici "figure" piene di fascino ma senz'anima. D'altra parte, anche nelle produzioni Disney vi sono moltissimi personaggi "a tutto tondo", di forte realismo psicologico. In essi, però, raramente c'è imprevedibilità, essendo nella maggior parte dei casi legati ad un "ruolo" narrativo ben definito. In certi casi, per chiare esigenze, il "ruolo" ha il sopravvento, e allora sì abbiamo delle "figure". Ad esempio, che Biancaneve è forse un personaggio dal carattere con chissà quali sfaccettature? Ma non avrebbe dovuto essere altrimenti! Biancaneve è perfetta così com'è, perché il suo mondo narrativo le richiede di essere così. Anche qui, non trovo motivi forti per giudicare l'uno o l'altro studio prevalente in assoluto.
Piccola parentesi su Nausicaa. Il film non è perfettamente riuscito (anche dal punto di vista musicale). Tuttavia, ricordo che la versione italiana attualmente circolante in internet peggiora drasticamente le cose (il doppiaggio è a dir poco abominevole). Andrebbe visto in originale con i sottotitoli. In ogni caso, è un film che Miyazaki non voleva fare, tratto da un fumetto di oltre 1000 pagine, che ne aveva solo un centinaio al momento della realizzazione del film. E, leggendo il fumetto, si capisce che Nausicaa è il personaggio più tragicamente complesso mai concepito da Miyazaki, a cui il film rende giustizia solo in minima parte.
4) Poi c'è la solita questione dell'animazione. Morbida e fluida quella Disney, più rigida e frammentata quella Ghibli. Un tempo, c'entrava anche il budget; oggi, è ancora una questione di eredità culturale. Così si fa animazione in Giappone: il pubblico rimarrebbe disorientato, se si facesse altrimenti. Inoltre, è quella la maniera espressiva in cui Miyazaki si è formato.
Per concludere, non credo riuscirò mai ad esprimere un giudizio di superiorità dell'una o dell'altra maniera di fare animazione. Siamo a livelli altissimi, e in mondi tra loro lontani. Credo che entrambi gli studi vadano criticati costruttivamente, ma senza sottoporli a paragoni diretti e definitivi. Mi sentirei come se dovessi dire chi era più bravo tra Beethoven e Brahms, o tra Pirandello ed Hemingway, o tra Einstein e Newton.
Poi ognuno è libero di avere preferenze personali, ci mancherebbe. Io sono cresciuto con la classicità Disney, ho trovato la Pixar all'inizio dell'adolescenza, ho scoperto il Ghibli dopo la maggiore età. Attualmente, tra questi grandi studi le mie preferenze vanno a Ghibli e Pixar, ma solo perché la Disney attraversa una ben nota fase di "crisi". Spero di poter presto vedere i frutti di quei "buoni segni" portati dalla gestione Lasseter.
RImanendo per ora ai soli Disney e Ghibli, bisogna considerare che un confronto fra i due è reso difficile innanzitutto da un fattore culturale (come già ha detto Scissorhands). Dietro al modo di narrare Ghibli c'è un sistema di pensiero e di espressione figurativa profondamente diverso dal nostro. Ciò che viene raccontato può essere pienamente recepito solo da uno spettatore che sia cresciuto a contatto con il cinema e la storia giapponese. Shintoismo, bombe atomiche, narrazioni circolari e via dicendo: cose che, qui dall'Europa, volendo possiamo capire, ma non comprendere in maniera totale e profonda, come faremmo se fossimo stati educati in esse. Lo stesso sarebbe per un giapponese nei confronti della nostra cultura.
Questo non vuol dire: "Ok, allora i film Ghibli per noi sono incomprensibili a priori, quindi va bene tutto". Assolutamente no: è legittimo fare molte osservazioni, ad esempio sull'animazione, sulla costruzione delle storie, dei personaggi e via dicendo. Il cinema è sempre cinema, in qualunque paese del mondo. Il problema sorge solo nel momento in cui si voglia imbastire un paragone diretti con una realtà così radicalmente occidentale (e in particolare, statunitense) come quella dell'animazione Disney.
Lo Studio Ghibli, se vogliamo, tra le sue radici ne ha anche una più a occidente delle altre: Miyazaki, quando era all'università, ha partecipato ad un circolo dedito allo studio della letteratura anglosassone per l'infanzia. Inoltre, è ben noto il suo interesse per il paesaggio mitteleuropeo (conosciuto ai tempi di Heidi) e poi per l'Italia. Ma non basta questo a farne un autore "occidentalizzato": basti guardare cosa sono le sue ricostruzioni dell'Europa. Assemblaggi pluristilistici, assolutamente "esotici": come se un autore nostrano volesse ricostruire il Giappone senza averci mai vissuto. Miyazaki, fortunatamente, ha una sensibilità che gli permette di dare coerenza e fascino a questo suo esotismo, altrimenti a rischio di generare mondi poco convincenti.
Ma, a parte questo? Qual è il terreno sul quale si potrebbe giocare in maniera produttiva il confronto Disney/Ghibli? Facciamo alcune prove.
1)Lo stile di narrazione. Nel caso Disney, si tratta di quella che Scissorhands (con molti altri) definisce "magia". Un'alchimia consolidatasi nel corso di oltre ottant'anni, fatta di una giusta combinazione fra tono della storia, ruoli dei personaggi, sinergia tra musica e immagine. Un miscuglio affabulatorio ottimale, che nasce dall'esperienza favolistica europea, e che, come quella, si basa sul complesso e sfuggente sistema dei desideri infantili, e sugli occasionali conflitti di essi con il sistema di valori della società. Nel caso Disney la "magia", quando realizzata al meglio, riesce a far rivivere tali desideri e conflitti anche nell'adulto. Walt Disney ha "distillato", con ottica personale, le conquiste (secolari!) dei narratori per l'infanzia europei, per poi affidarle ad una squadra di creativi attentamente guidata. L'intento è: intrattenere ed educare.
Veniamo allo stile Ghibli. Qui i presupposti sono radicalmente diversi. Ci troviamo di fronte ad un complesso di autori singoli (due principali: Miyazaki e Takahata), registi e sceneggiatori in prima persona delle loro opere, ciascuno con una linea di pensiero indipendente. Il loro scopo è dar voce ad un urgenza di raccontare: non vogliono, a priori, cercare modi narrativi che diventino definitivi ed inconfondibili. Basti guardare i film di Takahata, tutti completamente diversi l'uno dall'altro; ma anche quelli del più coerente Miyazaki, che è capace di andare da Totoro a Mononoke senza particolari problemi. Restiamo su Miyazaki: non si può negare che, comunque, le sue opere rechino i segni di una "mano" immediatamente riconoscibile. Quali sono questi "segni"? Lo stile di disegno e i tipi di movimento (Miyazaki è anche animatore, come si sa), un interesse spiccato per il ruolo dell'ambiente naturale, la centralità della figura femminile, la presenza di macchine o esseri volanti (meglio: galleggianti nell'aria), la tendenza a dare agli eventi una logica che potrebbe essere definita "emotiva", "para-razionale", in certi casi addirittura "mistica". Sono tratti distinitivi di un autore, che però non si sono mai consolidati in una "formula" univoca. Ogni film, per lo spettatore, è un salto nell'ignoto: si troveranno sistemi di sensazioni familiari, ma gli esiti saranno totalmente imprevedibili. Per questo non credo che si possa parlare, per Miyazaki, di una "magia" chiaramente identificabile e capace di far rivivere in maniera coinvolgente delle sensazioni d'infanzia. In Miyazaki la dimensione della sollecitazione al ricordo esiste senz'altro, ma è più complessa e globale: si fa appello alle reminiscenze di più età dell'uomo, e per di più in ordine non cronologico. Per questo, in Francia a suo tempo più che di "magia" Miyazaki si era parlato di "mistero" Miyazaki. Sono abbastanza d'accordo, quindi direi che questo punto si potrebbe riassumere con la dicotomia: "magia Disney" vs. "mistero Miyazaki". Due cose diverse, due scelte alternative e di grande valore artistico, delle quali non è possibile (e utile) dire se l'una sia meglio dell'altra. Ricordo che stiamo parlando di stile globale di narrazione, non di pregi e difetti di singoli film.
2) Le storie. E qui pure si cade nell'incommensurabilità. Disney (nella classicità) lavora sulla struttura narrativa della favola popolare occidentale: praticamente Propp più Greimas, semplificando al massimo. Ruoli riconoscibili e storie familiari per produrre una serie di uniche variazioni sul tema, ancora una volta mirate a suscitare affascinanti riflussi di memorie. Si può tirare in ballo a questo punto anche la Pixar, che invece eredita la lettura di Propp data dal grande cinema di Hollywood. Le sue storie solidissime sono esibizioni di intelligenza, umorismo al passo coi tempi e arguta cinefilia. Andiamo al Ghibli: qui non esiste sceneggiatura di ferro, e di Propp ci sono solo vaghe ombre. Questo, in particolare, per Miyazaki: è risaputo che, quando inizia ad animare i suoi film, la storia non ha ancora una conclusione. E si vede, detto senza cattiveria. Sono film costruiti quasi per libera associazione di idee, spesso su un fluire di episodi che non rispettano affatto la a noi familiare successione di scene "d'azione" e "d'accampamento" (per dirla alla Campbell). Per questo, agli occidentali sembra che spesso il ritmo narrativo venga a mancare. In realtà, il termine di paragone con cui giudicare quei particolari ritmi sta nella tradizione del cinema giapponese. Miyazaki, pur essendo ostentatamente non-cinefilo, sa tutto sommato fare un ottimo uso di questo linguaggio di tensioni "all'orientale", grazie al sapiente uso di altri sistemi per generare aspettative nello spettatore (spesso risiedenti nella costruzione dei personaggi, su cui torno più avanti). E, infatti, Lasseter ha spesso dichiarato di voler tentare di imitare il "ritmo" miyazakiano (dice di averlo fatto in certe scene di Cars). Il vero problema delle storie Miyazaki, se vogliamo, sono i finali troppo bruschi (quello di Howl, il peggiore in assoluto): sì, perché la legge dell'"inerzia" narrativa vale anche con diversi gusti per il ritmo. In effetti questo problema lo aveva anche Hitchcock, che non era il primo venuto in fatto di gestione del ritmo cinematografico. Invece I Racconti di Terramare a livello ritmico, orientale o no, in certi momenti non funziona proprio: perché alla dilatazione di alcuni tempi non fanno da contrappeso adeguate motivazioni che tengano viva l'aspettativa degli spettatori. Questo vuol dire che Goro Miyazaki non ha saputo presentare sufficientemente bene i personaggi e le situazioni.
3) E rimaniamo, allora, sui personaggi. A livello grafico, sono senz'altro più espressivi quelli della Disney: ma qui, volendo fare il confronto con quelli Ghibli ci si inoltrerebbe in un discorso infinito (e sul quale non sono neanche così competente) sulla cultura dell'espressione di emozione giapponese, sul teatro orientale e così via. Ancora una volta, difficile fare paragoni. A livello invece di costruzione delle personalità, non sono tanto d'accordo con Scissorhands. Trovo che certi personaggi miyazakiani siano complessi ed approfonditi come pochi altri, e che presentino una rispondenza tra gesto e moti dell'animo estremamente raffinata. Altri sono più superficiali, certo, ad esempio i due protagonisti di Laputa: ma credo che Miyazaki non abbia affatto interesse a costruire semplici "figure" piene di fascino ma senz'anima. D'altra parte, anche nelle produzioni Disney vi sono moltissimi personaggi "a tutto tondo", di forte realismo psicologico. In essi, però, raramente c'è imprevedibilità, essendo nella maggior parte dei casi legati ad un "ruolo" narrativo ben definito. In certi casi, per chiare esigenze, il "ruolo" ha il sopravvento, e allora sì abbiamo delle "figure". Ad esempio, che Biancaneve è forse un personaggio dal carattere con chissà quali sfaccettature? Ma non avrebbe dovuto essere altrimenti! Biancaneve è perfetta così com'è, perché il suo mondo narrativo le richiede di essere così. Anche qui, non trovo motivi forti per giudicare l'uno o l'altro studio prevalente in assoluto.
Piccola parentesi su Nausicaa. Il film non è perfettamente riuscito (anche dal punto di vista musicale). Tuttavia, ricordo che la versione italiana attualmente circolante in internet peggiora drasticamente le cose (il doppiaggio è a dir poco abominevole). Andrebbe visto in originale con i sottotitoli. In ogni caso, è un film che Miyazaki non voleva fare, tratto da un fumetto di oltre 1000 pagine, che ne aveva solo un centinaio al momento della realizzazione del film. E, leggendo il fumetto, si capisce che Nausicaa è il personaggio più tragicamente complesso mai concepito da Miyazaki, a cui il film rende giustizia solo in minima parte.
4) Poi c'è la solita questione dell'animazione. Morbida e fluida quella Disney, più rigida e frammentata quella Ghibli. Un tempo, c'entrava anche il budget; oggi, è ancora una questione di eredità culturale. Così si fa animazione in Giappone: il pubblico rimarrebbe disorientato, se si facesse altrimenti. Inoltre, è quella la maniera espressiva in cui Miyazaki si è formato.
Per concludere, non credo riuscirò mai ad esprimere un giudizio di superiorità dell'una o dell'altra maniera di fare animazione. Siamo a livelli altissimi, e in mondi tra loro lontani. Credo che entrambi gli studi vadano criticati costruttivamente, ma senza sottoporli a paragoni diretti e definitivi. Mi sentirei come se dovessi dire chi era più bravo tra Beethoven e Brahms, o tra Pirandello ed Hemingway, o tra Einstein e Newton.
Poi ognuno è libero di avere preferenze personali, ci mancherebbe. Io sono cresciuto con la classicità Disney, ho trovato la Pixar all'inizio dell'adolescenza, ho scoperto il Ghibli dopo la maggiore età. Attualmente, tra questi grandi studi le mie preferenze vanno a Ghibli e Pixar, ma solo perché la Disney attraversa una ben nota fase di "crisi". Spero di poter presto vedere i frutti di quei "buoni segni" portati dalla gestione Lasseter.
Complimenti, davvero una bella analisi... Mi trovo d'accordo su molte cose ed ora ti risponderò punto per punto.
Prendete ora Cenerentola ed in particolare Madame Tremaine e le sorellastre. Secondo voi sono meno espressive? La prima ha una freddezza, una crudeltà che traspare da ogni sguardo, da ogni ghigno... E sono espressioni così vere, così credibili. Le sorellastre, invece, sono iperespressive ma non alla maniera Miyazakiana. Sono finte, teatrali, sopra le righe, grottesche come solo in un cartone animato un personaggio può essere, e decisamente comiche. Mentre i personaggi miyazakiani sono iperespressivi anche quando sono drammatici.
Personalemente non sono mai riuscito a capire fino in fondo Sophie, Mononoke, Howl (seppure questo estremamente affascinante ma impenetrabile). Ho letteralmente odiato Nausicaaa... davvero scialba, piatta e monocorde, sicuramente anche a causa di quello che hai detto tu e del davvero ORRENDO doppiaggio italiano nonchè dell'adattamento (alcuni dialoghi fanno l'effetto di graffi sulla lavagna... di chi sia la colpa non so...).
Ti ringrazio.
E' stata davvero una bella chiacchierata... asincrona diciamo così
Hai perfettamente ragione. Però vorrei aggiungere una cosa. E' vero che sono partito da un confronto di stili Disney/Miyazaki però il commento sulla "incapacità" di Miyazaki di gestire la storia era indipendente dal confronto da cui ero partito. Non volevo dire che Miyazaki non sa raccontare come Disney, ma che, secondo le regole canoniche della cinematografia (occidentale, questo è vero), il Maestro non eccelle in tale capacità. Poi, potrebbe essere benissimo un problema mio, di ragazzo intriso di cultura occidentale e incapace di penetrare il "mistero" Miyazakiano.Rebo ha scritto: Questo non vuol dire: "Ok, allora i film Ghibli per noi sono incomprensibili a priori, quindi va bene tutto". Assolutamente no: è legittimo fare molte osservazioni, ad esempio sull'animazione, sulla costruzione delle storie, dei personaggi e via dicendo. Il cinema è sempre cinema, in qualunque paese del mondo. Il problema sorge solo nel momento in cui si voglia imbastire un paragone diretti con una realtà così radicalmente occidentale (e in particolare, statunitense) come quella dell'animazione Disney.
Ed è qui che secondo me c'è una contraddizioni in termini ... raccontare implica una comunicazione, se il modo di narrare diventa criptico viene meno la comunicazione stessa. A questo più che di racconto parlarei di evocazione. Per esempio il cinema di Lynch è bellissimo, ma non è narrativo, è, appunto, evocativo.Rebo ha scritto: Ma, a parte questo? Qual è il terreno sul quale si potrebbe giocare in maniera produttiva il confronto Disney/Ghibli? Facciamo alcune prove.
1)Lo stile di narrazione. Nel caso Disney, si tratta di quella che Scissorhands (con molti altri) definisce "magia". Un'alchimia consolidatasi nel corso di oltre ottant'anni, fatta di una giusta combinazione fra tono della storia, ruoli dei personaggi, sinergia tra musica e immagine. Un miscuglio affabulatorio ottimale, che nasce dall'esperienza favolistica europea, e che, come quella, si basa sul complesso e sfuggente sistema dei desideri infantili, e sugli occasionali conflitti di essi con il sistema di valori della società. Nel caso Disney la "magia", quando realizzata al meglio, riesce a far rivivere tali desideri e conflitti anche nell'adulto. Walt Disney ha "distillato", con ottica personale, le conquiste (secolari!) dei narratori per l'infanzia europei, per poi affidarle ad una squadra di creativi attentamente guidata. L'intento è: intrattenere ed educare.
Veniamo allo stile Ghibli. Qui i presupposti sono radicalmente diversi. Ci troviamo di fronte ad un complesso di autori singoli (due principali: Miyazaki e Takahata), registi e sceneggiatori in prima persona delle loro opere, ciascuno con una linea di pensiero indipendente. Il loro scopo è dar voce ad un urgenza di raccontare: non vogliono, a priori, cercare modi narrativi che diventino definitivi ed inconfondibili.
D'accordissimo.Rebo ha scritto: 2) Le storie. E qui pure si cade nell'incommensurabilità. Disney (nella classicità) lavora sulla struttura narrativa della favola popolare occidentale: praticamente Propp più Greimas, semplificando al massimo. Ruoli riconoscibili e storie familiari per produrre una serie di uniche variazioni sul tema, ancora una volta mirate a suscitare affascinanti riflussi di memorie. Si può tirare in ballo a questo punto anche la Pixar, che invece eredita la lettura di Propp data dal grande cinema di Hollywood. Le sue storie solidissime sono esibizioni di intelligenza, umorismo al passo coi tempi e arguta cinefilia. Andiamo al Ghibli: qui non esiste sceneggiatura di ferro, e di Propp ci sono solo vaghe ombre. Questo, in particolare, per Miyazaki: è risaputo che, quando inizia ad animare i suoi film, la storia non ha ancora una conclusione. E si vede, detto senza cattiveria. Sono film costruiti quasi per libera associazione di idee, spesso su un fluire di episodi che non rispettano affatto la a noi familiare successione di scene "d'azione" e "d'accampamento" (per dirla alla Campbell). Per questo, agli occidentali sembra che spesso il ritmo narrativo venga a mancare. In realtà, il termine di paragone con cui giudicare quei particolari ritmi sta nella tradizione del cinema giapponese. Miyazaki, pur essendo ostentatamente non-cinefilo, sa tutto sommato fare un ottimo uso di questo linguaggio di tensioni "all'orientale", grazie al sapiente uso di altri sistemi per generare aspettative nello spettatore (spesso risiedenti nella costruzione dei personaggi, su cui torno più avanti). E, infatti, Lasseter ha spesso dichiarato di voler tentare di imitare il "ritmo" miyazakiano (dice di averlo fatto in certe scene di Cars). Il vero problema delle storie Miyazaki, se vogliamo, sono i finali troppo bruschi (quello di Howl, il peggiore in assoluto): sì, perché la legge dell'"inerzia" narrativa vale anche con diversi gusti per il ritmo. In effetti questo problema lo aveva anche Hitchcock, che non era il primo venuto in fatto di gestione del ritmo cinematografico. Invece I Racconti di Terramare a livello ritmico, orientale o no, in certi momenti non funziona proprio: perché alla dilatazione di alcuni tempi non fanno da contrappeso adeguate motivazioni che tengano viva l'aspettativa degli spettatori. Questo vuol dire che Goro Miyazaki non ha saputo presentare sufficientemente bene i personaggi e le situazioni.
Ho letto diverse volte questa affermazione ma non sono d'accordo. Sorvolando sul fatto che, secondo me, tutti i personaggi Miyazakiani, o meglio diciamo i protagonisti, per me sono uguali (ma questo è tipico di tutti i manga/cartoni giapponesi), ci cambi il taglio e il colore dei capelli ed ecco un nuovo personaggio. Ma è vero anche che questa è la cifra stilistica di Miyazaki, la sua firma, e per questo non mi ci soffermo più di tanto. Per quanto riguarda l'espressività secondo me dipende dal modo in cui la si intende. Il fatto che i personaggi nipponici siano iperespressivi è verissimo. Forse da qui nasce tale affermazione. Tendono a sovaccaricare ogni gesto, ogni movenza. Non potrò mai dimenticare la Strega delle Lande che sale le scale.. Fantastica!!Rebo ha scritto: 3) E rimaniamo, allora, sui personaggi. A livello grafico, sono senz'altro più espressivi quelli della Disney: ma qui, volendo fare il confronto con quelli Ghibli ci si inoltrerebbe in un discorso infinito (e sul quale non sono neanche così competente) sulla cultura dell'espressione di emozione giapponese, sul teatro orientale e così via. Ancora una volta, difficile fare paragoni.
Prendete ora Cenerentola ed in particolare Madame Tremaine e le sorellastre. Secondo voi sono meno espressive? La prima ha una freddezza, una crudeltà che traspare da ogni sguardo, da ogni ghigno... E sono espressioni così vere, così credibili. Le sorellastre, invece, sono iperespressive ma non alla maniera Miyazakiana. Sono finte, teatrali, sopra le righe, grottesche come solo in un cartone animato un personaggio può essere, e decisamente comiche. Mentre i personaggi miyazakiani sono iperespressivi anche quando sono drammatici.
Sono d'accordo sul fatto che i personaggi Disney siano più prevedibili e che alcuni (soprattuo le principesse) possano ridursi anche essi a figure. Però sono personaggi coerenti, e anche se semplici, ben definiti e con cui il pubblico può identificarsi (ovviamente parlo dei buoni ). Sicuramente questo è da ricondursi al discorso sulla prevedibilità che facevi prima. Ma non si possono creare personaggi che siano tutti imprevedibili. L'animo umano agisce, se vogliamo, secondo una sua logica. Anche qui ci sono delle "regole", altrimenti bruciamo tutti i trattati di psicologia. Che ci siano eccezioni va bene, ma appunto devono essere tali.Rebo ha scritto: A livello invece di costruzione delle personalità, non sono tanto d'accordo con Scissorhands. Trovo che certi personaggi miyazakiani siano complessi ed approfonditi come pochi altri, e che presentino una rispondenza tra gesto e moti dell'animo estremamente raffinata. Altri sono più superficiali, certo, ad esempio i due protagonisti di Laputa: ma credo che Miyazaki non abbia affatto interesse a costruire semplici "figure" piene di fascino ma senz'anima. D'altra parte, anche nelle produzioni Disney vi sono moltissimi personaggi "a tutto tondo", di forte realismo psicologico. In essi, però, raramente c'è imprevedibilità, essendo nella maggior parte dei casi legati ad un "ruolo" narrativo ben definito. In certi casi, per chiare esigenze, il "ruolo" ha il sopravvento, e allora sì abbiamo delle "figure". Ad esempio, che Biancaneve è forse un personaggio dal carattere con chissà quali sfaccettature? Ma non avrebbe dovuto essere altrimenti! Biancaneve è perfetta così com'è, perché il suo mondo narrativo le richiede di essere così. Anche qui, non trovo motivi forti per giudicare l'uno o l'altro studio prevalente in assoluto.
Personalemente non sono mai riuscito a capire fino in fondo Sophie, Mononoke, Howl (seppure questo estremamente affascinante ma impenetrabile). Ho letteralmente odiato Nausicaaa... davvero scialba, piatta e monocorde, sicuramente anche a causa di quello che hai detto tu e del davvero ORRENDO doppiaggio italiano nonchè dell'adattamento (alcuni dialoghi fanno l'effetto di graffi sulla lavagna... di chi sia la colpa non so...).
Appunto. Oh le musiche poi... oddio. Brani classici molto belli accanto a pezzi elettronici tipici dei film anni '80... Un contrasto troppo stridente per i miei gusti.Rebo ha scritto: Piccola parentesi su Nausicaa. Il film non è perfettamente riuscito (anche dal punto di vista musicale). Tuttavia, ricordo che la versione italiana attualmente circolante in internet peggiora drasticamente le cose (il doppiaggio è a dir poco abominevole). Andrebbe visto in originale con i sottotitoli. In ogni caso, è un film che Miyazaki non voleva fare, tratto da un fumetto di oltre 1000 pagine, che ne aveva solo un centinaio al momento della realizzazione del film. E, leggendo il fumetto, si capisce che Nausicaa è il personaggio più tragicamente complesso mai concepito da Miyazaki, a cui il film rende giustizia solo in minima parte.
Hai ragione, ma qui secondo me è solo una questione di gusti...Rebo ha scritto: 4) Poi c'è la solita questione dell'animazione. Morbida e fluida quella Disney, più rigida e frammentata quella Ghibli. Un tempo, c'entrava anche il budget; oggi, è ancora una questione di eredità culturale. Così si fa animazione in Giappone: il pubblico rimarrebbe disorientato, se si facesse altrimenti. Inoltre, è quella la maniera espressiva in cui Miyazaki si è formato.
Ti ringrazio.
E' stata davvero una bella chiacchierata... asincrona diciamo così
Più che "evocare", lo considero un modo di narrare differente, meno didascalico e con molti non detti. Non si da' per forza una soluzione e un significato a tutto, ma vengono dati gli elementi principali, lasciando allo spettatore il compito di riempire i buchi e dare la propria interpretazione a certi elementi.Scissorhands ha scritto: A questo più che di racconto parlarei di evocazione. Per esempio il cinema di Lynch è bellissimo, ma non è narrativo, è, appunto, evocativo.
Mi viene in mente, più che Lynch, Donnie Darko o le opere di J.J.Abrams.
Alèèèè, i personaggi dei manga sono disegnati tutti uguali, vai di luoghi comuni!Scissorhands ha scritto:Sorvolando sul fatto che, secondo me, tutti i personaggi Miyazakiani, o meglio diciamo i protagonisti, per me sono uguali (ma questo è tipico di tutti i manga/cartoni giapponesi), ci cambi il taglio e il colore dei capelli ed ecco un nuovo personaggio.
Bè, insomma. Mononoke e Chihiro ti sembrano la stessa persona?
E pi bisogna considerare anche un altro fattore. Anche se guardi i protagonisti di Evangelion, di FLCL, di /hack.sign i personaggi ti sembrano molto simili tra loro, come avviene nei film di Miyazaki; questo perchè sono opera di un unico artista che ne ha curato il character design, come fa Miyazaki nei suoi film.
Nei film Disney, non c'è Mr.Walt Disney che fa i bozzetti di tutti i personaggi, ma ogni film ha artisti differenti, ognuno con la propria impronta e stile: ci credo che Biancaneve, Ariel e Lilo sono diversissime tra loro!
Questa è una caratteristica che sto trovando solo negli ultimi film. Se vi andate a ripescare Kiki o Totoro, l'espressivita è molto delicata, ci sono molte scene in cui uno sguardo, ula bocca che si muove leggermente, un piccolo movimento di capo possono fare la differenza. In effetti non capisco questa piega che sta prendendo, boh.Scissorhands ha scritto:Per quanto riguarda l'espressività secondo me dipende dal modo in cui la si intende. Il fatto che i personaggi nipponici siano iperespressivi è verissimo. Forse da qui nasce tale affermazione. Tendono a sovaccaricare ogni gesto, ogni movenza. Non potrò mai dimenticare la Strega delle Lande che sale le scale.. Fantastica!!
... Mentre i personaggi miyazakiani sono iperespressivi anche quando sono drammatici.
Boh, io "l'incoerenza" che tu citi la vedo come una costruzione più "umana", dato che spesso siamo fatti di sfaccettature differenti e contraddizioni; non sono mai arrivato a trovarla eccessiva come tu trovi.Scissorhands ha scritto:Personalemente non sono mai riuscito a capire fino in fondo Sophie, Mononoke, Howl (seppure questo estremamente affascinante ma impenetrabile)
Dei tre personaggi che citi, è ovvio che Howl sia impenetrabile: cioè, è come se ci lamentassimo che Willy Wonka non è comprensibile al 100%! E' un personaggio strambo, punto.
Eh, ma io ho scritto sopra appunto... Che i personaggi Disney sono più espressivi (in termini occidentali) di quelli miyazakiani, a livello di volto almeno. Stiamo dicendo la stessa cosa!Scissorhands ha scritto:Per quanto riguarda l'espressività secondo me dipende dal modo in cui la si intende. Il fatto che i personaggi nipponici siano iperespressivi è verissimo. Forse da qui nasce tale affermazione. Tendono a sovaccaricare ogni gesto, ogni movenza. Non potrò mai dimenticare la Strega delle Lande che sale le scale.. Fantastica!!
Prendete ora Cenerentola ed in particolare Madame Tremaine e le sorellastre. Secondo voi sono meno espressive? La prima ha una freddezza, una crudeltà che traspare da ogni sguardo, da ogni ghigno... E sono espressioni così vere, così credibili. Le sorellastre, invece, sono iperespressive ma non alla maniera Miyazakiana.
Rebo ha scritto:3) E rimaniamo, allora, sui personaggi. A livello grafico, sono senz'altro più espressivi quelli della Disney
A questo punto direi... cancella al più presto dal tuo hard disk quel disastro! E fatti un regalo: guardati Nausicaa in originale con i sottotitoli, visto che il nuovo doppiaggio italiano ancora non si sa quando arriverà. E' un altro film, con un'altra Nausicaa. Fidati.Scissorhands ha scritto: Ho letteralmente odiato Nausicaaa... davvero scialba, piatta e monocorde, sicuramente anche a causa di quello che hai detto tu e del davvero ORRENDO doppiaggio italiano nonchè dell'adattamento (alcuni dialoghi fanno l'effetto di graffi sulla lavagna... di chi sia la colpa non so...).
«Scoiattolino...» Brrrrr.
(Per la cronaca, quell'adattamento infame fu realizzato per la trasmissione del film nella trasmissione "Big!", diviso in quattro puntate, alla fine degli anni '80.)
Sì, nei comprimari più che altro. Nei protagonisti mi pare sempre sobrio come al solito. Piuttosto, non capisco e temo di più la deriva verso il "volemose bene" e carinerie assortite che è iniziata (in sordina) con il finale de La Città Incantata. Non posso dire quanto mi scoccia la presenza dei siparietti di Heen durante la scena delle stelle cadenti in Howl... E poi il finale: grazie, grazie, grazie a ripetizione e baci e bacetti a tutti. E Calcifer quando viene baciato sprizza un cuoricino. Va be', lo fa con stile perché è in una delle sue lingue di fuoco, ma comunque lo fa. Uhm. Un tempo riusciva ad essere "gentile" senza stucchevolezze. Che succede ora?Deborohwalker ha scritto:Questa è una caratteristica che sto trovando solo negli ultimi film. Se vi andate a ripescare Kiki o Totoro, l'espressivita è molto delicata, ci sono molte scene in cui uno sguardo, ula bocca che si muove leggermente, un piccolo movimento di capo possono fare la differenza. In effetti non capisco questa piega che sta prendendo, boh.
(Fermo restando che l'imperfettissimo Howl è, tuttora, il mio film di Miyazaki preferito...)
Grazie a te per gli spunti.Scissorhands ha scritto: Ti ringrazio.
E' stata davvero una bella chiacchierata... asincrona diciamo così
(Ah, quello che parla delle scene d'accampamento è Chris Vogler [che ha collaborato anche con la Disney, ad esempio per Il Re Leone], che si basa su Campbell. Lapsus)
Si, lo so è un luogo comune, ma prendi Mononoke e Nausicaa...DeborohWalker ha scritto:
Alèèèè, i personaggi dei manga sono disegnati tutti uguali, vai di luoghi comuni!
Bè, insomma. Mononoke e Chihiro ti sembrano la stessa persona?
Mononoke e Chihiro no, per il semplice fatto che una è una ragazza e una è una bambina...
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/e ... Movie).jpg
http://www.concretebadger.net/images/bl ... ga-art.jpg
dai...
Cmq, come hai detto tu, ho scritto che quel tratto è la cifra stilistica di Miyazaki quindi alzo le mani...Però aggiungo anche: prendi Ariel/Pocahontas o Aladdin/Bestia/Tarzan sempre Glean Keane... ti sembrano uguali... ok lui non è Autore quindi non scegli lo stile grafico del film.. però...DeborohWalker ha scritto:
E pi bisogna considerare anche un altro fattore. Anche se guardi i protagonisti di Evangelion, di FLCL, di /hack.sign i personaggi ti sembrano molto simili tra loro, come avviene nei film di Miyazaki; questo perchè sono opera di un unico artista che ne ha curato il character design, come fa Miyazaki nei suoi film.
Nei film Disney, non c'è Mr.Walt Disney che fa i bozzetti di tutti i personaggi, ma ogni film ha artisti differenti, ognuno con la propria impronta e stile: ci credo che Biancaneve, Ariel e Lilo sono diversissime tra loro!
Perdonami!!!!!!!!!! Ho letto un NON... Mea culpa.. Mea culpa...Rebo ha scritto: Eh, ma io ho scritto sopra appunto... Che i personaggi Disney sono più espressivi (in termini occidentali) di quelli miyazakiani, a livello di volto almeno. Stiamo dicendo la stessa cosa!
No problem, Scissorhands...
Per la somiglianza tra Nausicaa e Mononoke: è anche sensato che ci sia, visto che Mononoke è un film che completa idealmente il discorso "umanista-ambientalista" di Nausicaa, e per di più con quel tono aspro che aveva il fumetto di Nausicaa e che Miyazaki non aveva potuto portare inizialmente sullo schermo.
Anche la protagonista dell'unico videoclip mai realizzato da Miyazaki, On Your Mark, è praticamente identica a Nausicaa: probabilmente perché anche quel videoclip appartiene al filone tematico di Nausicaa. Addirittura un professore statunitense, Marc Hairston, ha suggerito che On Your Mark possa essere il congedo sereno di Miyazaki da un personaggio che ha sottoposto alle più atroci sofferenze dal 1982 al 1994 (e infatti, On Your Mark è del 1995).
E quel corto la dice anche lunga sugli estremi a cui può arrivare il Miyazaki narratore... Ne avevamo parlato tempo fa qui: http://www.elikrotupos.com/sollazzo/vie ... 065#p16065
Adesso ho postato il corto, che ha iniziato a circolare su YouTube (ma merita di essere visto almeno in dvd...)
Per la somiglianza tra Nausicaa e Mononoke: è anche sensato che ci sia, visto che Mononoke è un film che completa idealmente il discorso "umanista-ambientalista" di Nausicaa, e per di più con quel tono aspro che aveva il fumetto di Nausicaa e che Miyazaki non aveva potuto portare inizialmente sullo schermo.
Anche la protagonista dell'unico videoclip mai realizzato da Miyazaki, On Your Mark, è praticamente identica a Nausicaa: probabilmente perché anche quel videoclip appartiene al filone tematico di Nausicaa. Addirittura un professore statunitense, Marc Hairston, ha suggerito che On Your Mark possa essere il congedo sereno di Miyazaki da un personaggio che ha sottoposto alle più atroci sofferenze dal 1982 al 1994 (e infatti, On Your Mark è del 1995).
E quel corto la dice anche lunga sugli estremi a cui può arrivare il Miyazaki narratore... Ne avevamo parlato tempo fa qui: http://www.elikrotupos.com/sollazzo/vie ... 065#p16065
Adesso ho postato il corto, che ha iniziato a circolare su YouTube (ma merita di essere visto almeno in dvd...)
Sinceramente, questa non è una caratteristica che io veda molto in Miyazaki. Generalmente i suoi personaggi sono lineari e coerenti. Solo negli ultimi film c'è una certa "illogicità", ma anche personaggi come Sophie e Howl, pur se possono non sembrarti lineari, hanno una loro coerenza.Scissorhands ha scritto: Ma non si possono creare personaggi che siano tutti imprevedibili. L'animo umano agisce, se vogliamo, secondo una sua logica. Anche qui ci sono delle "regole", altrimenti bruciamo tutti i trattati di psicologia. Che ci siano eccezioni va bene, ma appunto devono essere tali.
Personalemente non sono mai riuscito a capire fino in fondo Sophie, Mononoke, Howl (seppure questo estremamente affascinante ma impenetrabile). Ho letteralmente odiato Nausicaaa... davvero scialba, piatta e monocorde, sicuramente anche a causa di quello che hai detto tu e del davvero ORRENDO doppiaggio italiano nonchè dell'adattamento
Be', no... è un vecchissimo stereotipo grafico miyazakiano che risale fino a Kathy degli Allegri pirati dell'isola del tesoro, non ha grandi motivazioni "concettuali"... semplicemente Miyazaki ha la tendenza a dare sempre le stesse facce ai personaggi.Rebo ha scritto:Per la somiglianza tra Nausicaa e Mononoke: è anche sensato che ci sia, visto che Mononoke è un film che completa idealmente il discorso "umanista-ambientalista" di Nausicaa, e per di più con quel tono aspro che aveva il fumetto di Nausicaa e che Miyazaki non aveva potuto portare inizialmente sullo schermo.
Anche la protagonista dell'unico videoclip mai realizzato da Miyazaki, On Your Mark, è praticamente identica a Nausicaa: probabilmente perché anche quel videoclip appartiene al filone tematico di Nausicaa.
E comunque non esiste nessun personaggio di nome Mononoke.
Sì, naturalmente... Ma quella su Nausicaa & discendenti è una classica spiegazione "concettuale" (molto diffusa, tra l'altro) sulle reciproche somiglianze tra quei personaggi, una "teoria" del tipo di quelle che si escogitano a prescindere dall'intenzionalità dell'autore, per cercare di elaborare discorsi critici. E' come quando Raymond Bellour si metteva a fare l'analisi di Uccelli di Hitchcock dicendo che in una scena di quel film il regista rappresentava l'affermazione della supremazia dello sguardo maschile su quello femminile. Dubito che Hitchcock abbia mai voluto far passare un messaggio simile (almeno a livello conscio!). Sono i famosi "significati sintomatici" di David Bordwell, che è assolutamente lecito tirare in ballo nel campo della critica teorica sul cinema, se ve ne è la necessità e qualora se ne faccia un uso sensato.
Nel nostro caso, l'importante è che quella somiglianza ci sia, e in quei film: la sua presenza in quei contesti trasmette certi significati, e per questo ha meritato di essere commentata da certi critici, a prescindere dall'intenzionalità dell'autore. Naturalmente, basta rimanere consci che questo discorso non sta spiegando un autore, ma uno o più testi cinematografici.
Va be' poi, per Mononoke è vero, mi scappa sempre, ma ci siamo capiti
Nel nostro caso, l'importante è che quella somiglianza ci sia, e in quei film: la sua presenza in quei contesti trasmette certi significati, e per questo ha meritato di essere commentata da certi critici, a prescindere dall'intenzionalità dell'autore. Naturalmente, basta rimanere consci che questo discorso non sta spiegando un autore, ma uno o più testi cinematografici.
Va be' poi, per Mononoke è vero, mi scappa sempre, ma ci siamo capiti