[Hayao Miyazaki] Si Alza il Vento

Hayao, Isao e tutto il baraccao. L'Oriente a regola d'Arte dove fare amicizia con streghette, strani esserini e maiali volanti, ed incontrare castelli fra le nuvole e mondi microscopici.
  • LBreda ha scritto:Lo distribuiscono dal 13 al 16 SETTEMBRE. Vabbè.

    Anteprima al Future Film Festival.
    Ammazza, per allora mi sarò già visto Marnie... Ma vabbe', appunto. Tra l'altro non credo di avere mai atteso cosí poco un film di Miyazaki; il lavoro di Yonebayashi su Marnie m'intriga molto di piú, specie dopo averne letto il libro.
  • Visto al Future Film Festival, con presente in sala l'ultimo discendente della famiglia Caproni :D
    È strano, per essere un film di Miyazaki. Troppo "normale".
    È come se Peter Jackson come canto del cigno decidesse di girare A Spasso con Daisy, o come se Tarantino girasse come ultimo film Il Fantastico Mondo di Amelie.
    Se non si considera il fatto che il volo sia l'elemento centrale di tutto, si fatica a riconoscere il tocco di Hayao: citerei le scene oniriche e lo scambio di aeroplani di carta tra i due protagonisti.
    È un buon film, che diventa -meraviglioso- solo nell'ultima mezz'ora.
    Deboroh troppppppppo Web 2.0!
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  • Oh, ma bellino, alla fine. Mi aspettavo peggio. E Miyazaki c'è, e tanto, nel far procedere in parallelo i sogni inizialmente pieni di bellezza che man mano si piegano a rispecchiare il mondo reale, molto meno bello di come lo si vorrebbe. Tanta malinconia sia nella storia d'amore [spoiler](da capire nelle motivazioni, che è davvero tanto pesante, e credo quasi del tutto inventata)[/spoiler], sia nella costruzione di aeroplani necessariamente tesa a una guerra imminente (e gli Zero sappiamo tutti a cosa son serviti, un aereo andato in disuso tanto perché divenuto obsoleto contro gli USA che ne avevano capito i punti deboli, quanto perché, beh, erano praticamente finiti i piloti).

    Miyazaki è riuscito a mostrare il lato poetico di una storia davvero molto triste.
    Lorenzo Breda
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  • Concordo pienamente con Lorenzo. Un film davvero bellissimo, ha rapidamente scalato le mie preferenze dello SG affiancando Arrietty.
    La cosa più bella, a mio parere, sono le sequenze oniriche. E la delicata e amara storia d'amore, anche se qui, devo dire, in alcune sequenze mi sembra si sia volutamente calcato troppo con la drammaticità per colpire il pubblico (che poi questa sottotrama sia inventata non mi interessa, in realtà). In ogni caso mi ha emozionato parecchio.
    Certo il ritmo è, come spesso accade, ancora tremendamente blando, ma si percepisce che è una lentezza voluta, e non è colpa dello sceneggiatore che sbrocca, che invece qui ha fatto davvero un buon lavoro. Oh, e finalmente una regia di Miyazaki che MI PIACE, incredibile! Le sequenze nei sogni mi hanno davvero colpito in taluni casi.

    Difetti? Paradossalmente, il comparto grafico, cioè l'unica cosa che non critico mai dello SG: non che sia male, ma trovo che si sia fatto un deciso passo indietro rispetto alle meraviglie di Howl e Arrietty. Sia sui fondali, che sul chara design, che sull'animazione, in particolare quest'ultima in certi punti mi ha quasi infastidito. E il personaggio di Caproni, Dio, in un film così realistico sembra quasi ridicolo con quella caratterizzazione grafica da cartone di Italia1.

    In ogni caso, promosso a pienissimi voti.

    Un appunto: ora che l'ho visto, posso tranquillamente dire che l'Oscar se lo sarebbe meritato, ma non più di Frozen. Entrambi avrebbero senz'onta potuto ambire al premio, indistintamente. Quindi, le reazioni scandalizzate di chi si è indignato perché non ha vinto si sciolgono come neve al sole.
    For now I've lost everything,
    I give to you my soul.
    The meaning of all that I believed before
    escapes me in this world of none.
    I miss you more

    (Genesis, Afterglow)
  • Mi spiace: ho resistito 42 minuti. Premetto che non mi piacciono le ambientazioni storiche, che mal sopporto la guerra, gli aerei, e se c'è una scena onirica in un libro/film mi spazientisco. Però c'ho provato lo stesso ma - ahimè! - la noia ha preso il sopravvento. Comunque, dal poco che ho visto, visivamente non mi ha lasciato tanto. Anzi.

    Magari un giorno ci riprovo, del resto Porco Rosso (che però, mi pare, ha un registro decisamente diverso) mi piacque molto.
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  • Volevo parlarvi dell'aspetto grafico di questo film. Vedete, per scrivere un copione si vede e si rivede ogni battuta molte volte. Decine di volte. Centinaia di volte. O almeno, io faccio così. Vedi, rivedi, prova, riprova, risenti, rivedi, riprova. Centinaia di volte.

    Anche concentrandosi sullo sguardo dei personaggi, sui movimenti labiali, sui toni vocali, e sulle pause, e su tanti singoli dettagli, alla fine si finisce per cogliere un tutto, un insieme di tanti piccoli frammenti che vanno man mano come fluidificandosi in un caleidoscopico puzzle di frammenti vitrei.

    Ebbene, direi che la prima cosa che l'occhio esperto d'animazione nota in questo film è che questo film è davvero molto animato.

    E' quasi in full animation.

    Credo che in questi lidi ben si sappia come, nella tradizione dell'animazione Disney, ci sono i fondali e su quelli ci sono i soggetti a disegno animato, e tutti loro si muovono in ogni singolo fotogramma. Questo si chiama 'full animation', giusto? E significa che anche se un soggetto "sta fermo", in realtà no, non sta realmente fermo, il disegno non è statico. Respira, o si muove lievemente, cambia posa, muove gli occhi o le rughe di espressione, le mani, quel che si voglia. E questo vale per tutti i soggetti.

    Da un lato, questa è una cosa estremamente rigogliosa, sontuosa, ricca. Se si parla di qualità tecnica dell'animazione. E' una cosa che gli animatori giapponesi hanno da sempre e sempre ammirato, e non si sono mai potuti permettere di produrre. Dall'altro lato, si è viso che questo lussuoso rigoglio animatorio è ben presto diventato manierista e sinanco esasperato, ridicolo, nella tradizione Disney: avete presente quei personaggi che per essere sempre animati paiono come masticare continuamente un chewing-gum, e sembrano avere sulla faccia una serie continua di smorfie l'una più esasperata e grottesca dell'altra? Ecco. E' quella che Tomino chiamava la "mollezza" dell'animazione Disney, credo - e la detestava sin da bambino. Per contro, i giapponesi dovendo fare di necessità virtù, ovvero dovendo escogitare degli stratagemmi tecnici per ovviare alla loro obiettiva mancanza di risorse per poter anche solo pensare alla full animation, hanno sviluppato un sacco di tecniche e stilemi che sarebbero diventatidistintivi dell'animazione giapponese. Dai cerchi di Kanada alle palle che si ovalizzano, alle animazioni 'strattonate' di Ootsuka Yasuo, alla temporizzazione differenziata della permanenza dei veri frames di animazione. Sono i capisaldi della tecnica di animazione giapponese che ne definiscono lo stile dinamico in qualche modo "drammatico", profondamente "registico", anche crudo e spesso violento.

    Beh, questo film è una via di mezzo. E' animato in una maniera rigogliosa al punto da essere incredibile. Avete presente Ponyo, che già era su questa strada? Ecco, di più. In più, siccome qui di scene dinamiche ce ne sono davvero poche, l'animazione dei soggetti è usata per le espressioni, per gli sguardi, per le carni del viso che si muovono insieme ai mutamenti delle espressioni dei personaggi. E' davvero un film animato. MOLTO animato. Chi avrà pupille non offuscate e molto attente, lo noterà. :-)

    La seconda cosa sono i fondali. E' ben noto che lo Studio Ghibli ha una tradizione di veri e proprio dipinti per fondali. Tutti amano i fondali, per esempio, di Totoro, con quelle foreste lussureggianti e affascinati. O la città svedeseggiante di Kiki. O gli scenari fantasy all'inglese di Laputa. Ma quando questi scenari divengono davvero realistici, fanno quasi paura.

    Il primo esempio fu: La tomba delle lucciole. Gli stipiti consunti, i tessuti, i materiali delle costruzioni e delle macerie... una cosa che sbigottisce, davvero.

    Poi c'è stato Omohide Poroporo. E lì, beh, i campi di cartamo si commentano da soli.

    Certo, anche Porco Rosso aveva scenari meravigliosi e realistici, ma non erano davvero realistici: era uno pseudorealismo fantasizzato da Miyazaki. Se in Totoro andava in scena la campagna giapponese degli Anni Cinquanta per come Miyasan l'aveva idealizzata, Porco Rosso si muove nell'Italia tra le due guerra che esiste nelle romanza trasognata di Miyazaki Hayao. Realisticamente fantasizzato, fantasticamente realistico.

    Il realismo vero era ancora di Takahata.

    E poi ci fu Drizzando le orecchie (Mimi wo Sumaseba), e quello era Kondo Yoshifumi, e Kondo Yoshifumi era un giovane cresciuto più con Takahata che con Miyazaki. E la sua Tama era davvero davvero realistica. Tanto realistica che lo stridere con la fantasia di Iblard era quasi impensabile (e sì che nel film c'è una scena di passaggio di veduta dall'altra all'una senza dissolvenza, wow!)

    Il realismo dei fondali, secondo me, per Miyazaki arriva nella vecchiaia: con Sen to Chihiro. L'inzio del film è realistico al punto che non sembra neppure un film di Miyazaki. Una Audi in un film di Miyazaki Hayao? E la cittadina dove si stanno trasferendo gli Ogino? Sembra vera! I cartelli stradali? Sembrano veri! Per quanto poi gli scenari diventino singolarmente fantastici, i materiali con cui sono costruiti sembrano veri. Ci avere mai fatto caso che il treno che prende Chihiro, con tutto che viaggia sull'acqua etc etc, sembra "più vero" di tutti gli scenari di Tororo?

    Beh, poi c'è stato anche Dalla Collina dei Papaveri, davvero SUPER realistico, ma sappiamo che Miyazaki junior idolatra Takahata, non suo padre. :-)

    E adesso?

    Adesso gli scenari qui sono super realistici. Fanno paura. Le carte da parati. I quadri alle pareti. I cartelli. I colori. Gli edifici. Le strade. I mezzi. I vestiti delle persone. Tutto.

    Veramente i fondali di questo film sono dei dipinti incredibili. Sembrano dei quadri di naturalismo francese o napoletano, per chi conosce il genere. Fanno quasi paura. Anzi, senza quasi.

    Non ho mai visto uno scorcio di storia divenire più sensoriale e immersivo di così. Neppure un film in live-action ci sarebbe riuscito, secondo me.

    Beh, come diceva Takahata, ci sono cose che si possono fare solo "con questa specie di surrealismo che è l'animazione".

    Diamine, ho scritto un papiro quando sarebbe bastato citare questa espressione...
  • Visto al cinema, bello come lo ricordavo dalla mia precedente visione.

    Un film che riesce allo stesso tempo ad essere delicato e pieno di contraddizioni. Peccato per il modesto seguito che ha avuto, meritava di piú.

    E un buon Cannarsi, questo va detto. Il film stavolta è adatto al suo modo di tradurre: i tecnicismi si adattano perfettamente, e per il resto le frasi hanno il loro solito aspetto piuttosto convoluto ma senza cose che stonino con l'epoca in cui è ambientato.

    L'unica è "secondo fratello", che anche no, dai :P
    Ma si perdona.

    (grazie per aver seguito il consiglio sulla canzone finale!)
    Lorenzo Breda
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  • Finalmente l'ho visto anch'io.

    Devo ammettere che mi ha preso molto di meno degli altri film di Miyazaki. Belle le sequenze oniriche e la storia d'amore, ma la parte centrale del film l'ho trovata un po' lunga e a tratti pesante, ma penso derivi dal fatto che non essendo l'aviazione uno dei miei interessi nelle parti più tecniche mi perdevo un po'. Non è un film per tutti, ma chi è appassionato dell'argomento sicuramente lo adorerà.

    Spero distribuiscano presto i due Ghibli mancanti: Kaguya Hime no Monogatari e Omoide no Marnie.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • Immagine

    Lascerò a Gualtiero l'onore di spendere parole in analisi approfondite e recensioni articolate, è dirò quello che Si Alza in Vento ha significato per me. E' un giudizio molto personale, e dato di pancia.

    Si Alza il Vento mi ha annoiato da matti, ma è stata una noia bellissima, che mi ha cullato dolcemente, e alla fine mi ha lasciato qualcosa dentro. Cosa che non si può certo dire di molti altri film animati visti di recente al cinema, che però mi avevano intrattenuto di più.

    La prima cosa che ho pensato è che il target di questo ultimo film di Hayao Miyazaki fosse Hayao Miyazaki. Se l'è cantata e se l'è suonata in maniera tenerissima. D'altra parte mi ha fatto piacere vederlo alle prese con un film più verista, dopo averlo visto svarionare per anni, maneggiando in maniera a volte anche maldestra la magia, le maledizioni e l'elemento fantastico. D'altra parte c'è una forza immaginifica latente in quest'ultimo film che sembra voler esplodere in ogni momento, e viene regolarmente tenuta a bada. La ritroviamo nei sogni di Jirou e nella scena del terremoto, in cui finalmente Hayao si scatena. E forse proprio perché tali scene sono circoscritte, limitate, controllate, spiccano maggiormente.

    Il lato più tecnicamente biografico l'ho trovato invece molto pesante. Sebbene sia abbastanza ovvio che discorsi come quelli sui rivetti a testa svasata non siano nemmeno mai stati pensati per raggiungere il pubblico, a lasciarmi interdetto è il gran numero di sequenze fini a sé stesse, che narrativamente non portavano da nessuna parte. Miyazaki si dilunga in maniera eccessiva concentrandosi su minuzie e particolari in maniera quasi feticistica, tipo la scena in cui il visitatore tedesco mangia l'insalata, per tacere dei mille andirivieni all'inizio che mostrano gli inizi della carriera di Jiro. Ma trattandosi della storia di una vita, immagino che trovarci dei tempi morti sia prevedibile.

    E poi c'è la storia d'amore. La tragica storia d'amore, che tanto tragica non è. Attraverso la sua donna capiamo molto di Jirou, che accetta di buon grado un amore a breve scadenza, e che pur dispiaciuto per le sorti di lei sembra non esserne mai veramente dilaniato. Che Miyazaki volesse portare sullo schermo la tipica mentalità otaku fatta di uomini persi nel loro mondo, al punto di farsi perennemente distrarre da esso, trascurando le ben più concrete e passionali donne, si capiva. La cosa ha persino un involontario effetto comico nella scena in cui c'è lei mezza morta che gli tiene la mano mentre lavora e lui le fuma in faccia come se niente fosse. E la cosa ancora più sorprendente è come la scena non venga minimamente giudicata negativamente nell'economia della narrazione, come se appunto Miyazaki stesso volesse dirci "eh sì, noialtri nerd siamo così, mica siamo cattivi".

    E poi infine c'è Caproni, il personaggio più bello e significativo di tutto il film. Già il nome, sembrava fatto apposta per essere un giorno ripreso e inserito come riferimento reale in un film giapponese, da tanto che suona caricaturalmente italiano. Ma al di là della fonetica, è proprio una figura di peso. Jirou non lo incontra mai di persona, ma sempre attraverso i suoi sogni, in cui Caproni lo ispira, proiettandolo in un vortice di passionalità creativa. Elevandone lo spirito, ma allo stesso tempo distaccandolo dalla realtà e rendendolo difatto un otaku. Anche qui sembra che Miyazaki stia portando avanti il discorso iniziato con Porco Rosso sugli eterni bambinoni e le donne che soffrono per loro. Anche l'argomento bellico e la metafora delle piramidi che salta fuori quando Jirou si interroga sul fatto che le loro creazioni siano destinate a diventare aerei da guerra sono indicative: per quanto "dannoso" per l'umanità possa essere il loro lavoro, è bene continuare a svolgerlo perché... è un lavoro così bello. E in quest'ottica la scena finale assume un significato enorme, candidandola a diventare forse il più importante testamento lasciato dall'autore giapponese. Nell'ultimo sogno di Jirou, vediamo la sua donna dargli l'ultimo addio. Jirou se la immagina serena mentre passa oltre, dimostrando di non aver mai realmente percepito la sofferenza di lei. Ma è ancor più significativo che tutto questo avvenga in presenza di Caproni. E che dopo il malinconico congedo, il mentore di Jiro sdrammatizzi la cosa, invitandolo a prendersi con lui un bicchiere di vino, ultima linea di dialogo del film.

    La carriera di Hayao Miyazaki finisce dunque con il buon vino di Caproni. Una chiusa positiva e leggera. Da obiettori di coscienza, pure un po' irresponsabili. Ma tanto onesti. Hayao Miyazaki si è definito una volta per tutte, e ci ha mostrato con trasparenza che tipo di uomo è, e come ragionano le persone come lui. Come biasimarlo?
  • Visto sabato con il mio Valerio e il mio Dapiz!

    :P

    Dunque, non posso dirmi un esperto di Miyazaki o dello Studio Ghibli, avendo ancora alcune pellicole da recuperare. Non posso dunque fare troppi confronti con la linea dello studio o con i precedenti di Hayao, pur rilevando da quel che ho visto in passato che questo film ha un'impronta sicuramente più verista rispetto agli altri film del regista che ho potuto visionare.
    L'impronta verista è data dal fatto che si racconta proprio la storia di una vita, quella di Jiro, un progettista di aeroplani giapponese negli anni del secondo conflitto mondiale. Sulla carta è una trama tutt'altro che entusiasmante, e alcuni elementi su cui il film insiste sono così tecnici e articolati (i pluri-citati rivetti a testa svasata, per dirne una) da far pensare che effettivamente il film possa annoiare lo spettatore che non sia un appassionato dell'argomento. Figuriamoci i bambini.
    Eppure, per quanto effettivamente non manchino alcuni passaggi un po' pesantini, l'impressione complessiva da cui sono uscito non è stata la noia, quanto la commozione e la partecipazione. Nel suo essere tutto sommato lineare come "biografia", il film proprio per questo colpisce forte quando si parla di guerra, quando si respira il clima di oppressione, quando c'è il terremoto e quando inizia a fiorire l'amore tra il protagonista e un'avvenente fanciulla.
    La forza di questa narrazione comunque si ritrova nel bilanciare i progressi di Jiro nella sua professione con la sua "vita onirica": il protagonista è un sognatore, e il suo sogno è quello di poter progettare aerei che possano esprimere al meglio la libertà del volo. Avere un "nume tutelare" in questi sogni, cioè Caproni, aiuta Jiro a darsi degli obiettivi e a non scoraggiarsi quando si spaventa del fatto che le sue creazioni possono essere usate a scopi bellici.

    Insomma, ho trovato Si Alza il Vento un film che, a dispetto del tema che si riscontra nella superficie e della dovizia di particolari con cui questo tema viene sviscerato, non mi ha annoiato nel suo insieme, al netto di alcuni momenti anche un po' filler. Sono uscito dalla visione commosso, invece, e avendo fortemente empatizzato con Jiro, artista sognatore che vive nel suo mondo. E forse una delle intuizioni migliori della pellicola è proprio quella di raccontare una vita che... in realtà scivola addosso al protagonista che la vive, tutto intento a inseguire e realizzare il suo sogno (ben spalleggiato da Caproni) e che quindi si cura meno di quanto dovrebbe essere naturale di quello che gli sta intorno: la sorella, la donna amata, la guerra che, per quanto come dicevo getti le ombre del dubbio sul personaggio, resta comunque una realtà marginale che lo scalfisce ma in modo lontano, non concreto. Nemmeno il signora antinazista che con poche frasi inquadra la situazione bellica dei vari Paesi coinvolti, o la polizia che lo accusa di tradimento, lo toccano più di tanto. Un individuo asettico, un po' particolare come tutti gli artisti. E, se non ricordo male, proprio Caproni esprime un concetto del genere.
    Sì, anch'io penso che il Caproni di Miyazaki sia davvero un gran bel personaggio :)
    E ritengo anche che Si Alza il Vento sia un film che merita davvero una visione e anche più d'una, perché capace di lasciare allo spettatore qualcosa che va al di là degli aerei, della guerra e anche del racconto di una vita: parla dell'anima di alcune persone, e lo fa in modo spontaneo e trasparente.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Valerio ha scritto: Lascerò a Gualtiero l'onore di spendere parole in analisi approfondite e recensioni articolate,
    A questo proposito ci tengo a segnalare un'intervista rivolta al nostro Shito, condotta da David Padovani per Lo Spazio Bianco e che a mio parere è molto riuscita, e ricca di spunti (tra cui anche un breve commento su Si Alza il Vento).
    L'intervista fa parte dello "Speciale Miyazaki" che Lo Spazio Bianco sta portando avanti in questi giorni, proprio in concomitanza con l'uscita nelle sale dell'ultimo film del regista (per il quale c'è anche una recensione, firmata dallo studioso di cinema Aldo Fresia, che traccia un interessante parallelo tra la pellicola di Miyazaki e Volo di Notte, un libro di Antoine de Saint-Exupéry).
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  • Miyazaki al 100%. Che è come dire: tecnicamente ineccepibile, ma du' palle!
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