[Hayao Miyazaki] Laputa: Il Castello nel Cielo

Hayao, Isao e tutto il baraccao. L'Oriente a regola d'Arte dove fare amicizia con streghette, strani esserini e maiali volanti, ed incontrare castelli fra le nuvole e mondi microscopici.
  • Ovviamente dipende dai gusti personali, come per tutti i giudizi di valore.

    Di per me, sono il tipo di persona che dopo una certa età ha smesso di gradire la narrativa di intrattenimento. Se non c'è un senso, un significato che ha una certa rilevanza, la narrativa non mi interessa. Naturalmente, si potrebbe altresì dire che cercare simili contenuti in un mezzo espressivo principalmente dedicato all'infanzia quale è l'animazione è una cosa storta di per sé, e non potrei non concordare. Ma del resto, anche nelle favole vi è un profondo significato. Non credo che la narrativa infantile debba essere vuota: questa è la tradizione "pedagogica" statunitense, con l'intrattenimento infantile sedativo, non quella europeista. A cui, non per nulla, soprattutto Takahata si è spesso rifatto, e MIyazaki al seguito. Suzuki Toshio ha recentemente dichiarato, alla sua maniera (ovvero: dire cose serissime come banalità, o dire assolute banalità come cose serissime): "Alla fine, Miyazaki è un intrattenitore. Takahata è un artista". Personalmente credo piuttosto che Miyazaki sia un artista (e quindi: compulsivo, infantile, pieno di contraddizioni); e Takahata un intellettuale. ^^
  • Io non credo che il cinema di Miyazaki sia mero intrattenimento, al netto di qualche frase profonda.

    I film di Miyazaki sono spesso storie di crescita, che offrono un sottotesto di messaggi che va ben oltre.

    In Laputa abbiamo una storia d'amore, con elementi neanche troppo infantili, che si evolve da un semplice affetto. Abbiamo un capo che ama i propri sottoposti, e uno che li usa come carne da macello. Abbiamo una scazzottata sana e cavalleresca seguita da un manipolo di gente che spara sui bambini. Abbiamo un personaggio che insegue un sogno per passione e uno che lo insegue per cupidigia. Abbiamo anche chi lo insegue per cupidigia ma sa quando è il caso di fermarsi.

    Sono stereotipi, sì, ma usati con sapienza e utili a mostrare ai bambini (ma anche a molti adulti, dato che non sono menzogne e fantasie) come funziona la vita.
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  • Non saprei. Miyasan è sempre stato criticato in Giappone per essere un narratore incapace di rappresentare altro che idealismi edulcorati ed escapisti. Credo sia egli stesso una narratore non solo per l'infanzia, ma molto infantile. I suoi personaggi femminili sono sempre idol, delle giovinette purificate e adorabili -in senso proprio-, e non a caso Clarisse De Cagliostro viene considerata da sempre la reginetta del lolicon, ora chiamato "moe". Per esempio, Sheeta è proprio così: di lei nulla si sa, un'orfana senza problemi, senza complessi, se non qualche bambinesco monito dalla nonna. A ogni sguardo sembra dire "sono carina, serve altro?" - e il film risponde: no, certo che no. Miyasan stesso è sempre stato conscio delle critiche che gli si muoveva in patria, re si è sempre smarcato non negando nulla, ma ammettendo di non saper fare altro. ^^;

    Non a caso, ancora, Anno Hideaki disse alla conferenza di presentazione di Kaze Tachinu: "Con questo fil Miyasan è diventato un pochino adulto. Dì, solo un pochino". In realtà, credo che lo sprazzo di adultità era di Miyasan sia stato Mononoke Hime, ma si vede che Anno al tempo era troppo preso con Magokoro wo Kimi ni per accorgesene davvero. ^^;

    Di seguito, una mia traduzione della prima parte di uno scritto di Anno Hideaki accluso al box di LD giapponese "Ghibli ga Ippai Collection" (1996/7, mi pare):

    Ci sono troppe cose dolorose perché le persone possano vivere nella realtà.
    Quindi, gli umani fuggono e si rifugiano nei sogni.
    Guardano film di intrattenimento.
    L'animazione, come modo per godersi tutta la purezza di un mondo fasullo, è la realizzazione di un sogno tutto intrecciato in un film.
    In breve, si tratta di un ambito dove persino le coincidenze sono predisposte e ogni cosa che si giudichi cinematograficamente irrilevante può essere omessa.
    I sentimenti negativi del mondo reale non fanno eccezione.
    Se il regista lo desiderasse, persino la malizia verso il prossimo potrebbe essere introdotta schiettamente nel film.
    Credo che questa sia una delle attrattive degli anime.
    Tramutare le tribolazioni del mondo in sogni, e trasmetterli alla gente... è questo il nostro lavoro?
    Per il bene delle persone che dimenticano la realtà finché quella non gli presenta il conto, che vogliono dedicarsi a lieti inganni.
    Credo che questo sia il nostro lavoro nel campo dell'intrattenimento e dei servizi.

    Uno dei tratti distintivi delle opere dello Studio Ghibli è che, anche se ci sono componenti ossessive, ci sono tratti che sembrano non aver tradito il loro obiettivo. Tradire il proprio obiettivo conduce alla disperazione, una malattia che può dimostrarsi fatale. Chissà se Miyasan e il suo staff hanno familiarità con il sentimento della disperazione. Forse non vogliono mostrare quell'angoscia al mondo. Credo che loro specificatamente non vogliano mostrare al prossimo le negatività chiamate "disprezzo del sé" e "complessi". Ecco perché le opere dello Studio Ghibli non possono mostrare che superficiale felicità e una riproduzione della realtà purgata da ogni bruttura. Una narrativa che imita la realtà, ma non è nulla più di un singolo sogno. Suppongo che questo sia il governo dell'intrattenimento. E credo sia questo il motivo per cui le opere dello Studio Ghibli siamo creazioni di marca sicure alla visione.

    Non ho intenzione di negarlo. Tutte le opere dello Studio Ghibli sono creazioni di eccellente livello. Ma non posso evitare di sentire che manca qualcosa. Questo perché, nonostante la tecnica ci sia tutta, non riesco più a sentirne il "sangue", il "sangue" che di certo scorre all'interno di ciascuno. Ma quando è successo? Le opere dello Studio Ghibli sono diventate, per me, cose che non hanno più l'immagine degli "anime", quanto piuttosto del cosiddetto "cinema giapponese", in altre parole quei film giapponesi che hanno ormai perso la loro energia. Questa potrebbe essere la ragione per cui sento che vi manca qualcosa.
    In ogni caso, in Laputa non c'è alcuna storia d'amore. C'è, com'è tipico di Miyasan, la messa in scena dell'idealizzazione preadolescenziale dei sentimenti amorosi, una cosa da erotofobia infantile, data al voyeuristico consumo di chi, pur cresciuto, ama sedarsi in quelle dolci fantasie.

    L'eterno coitus interruptus mentale tipico del lolicon. Nessuno vuole una idol sporcata - tutto il Giappone lo sa, laddove l'occidente l'ha dimenticato (ma Odisseo trova Nausicaä, quella vera, come sua ultima tentazione -ben ulteriore di Circe e Calypso- e da lì, in medias res, comincia il racconto dell'odissea...)

    Bisogna tremare empatizzando con le ferite di Nadia, figlia dello stesso soggetto, per comprende appieno. Anche se favoleggiata, in Nadia abbiamo una vera storia d'amore, e di crescita, e di cura del trauma - se c'è mai stata differenza tra le tre.
    Ultima modifica di Shito il sabato 25 ottobre 2014, 18:56, modificato 3 volte in totale.
  • Shito ha scritto:Per esempio, Sheeta è proprio così di lei nulla si sa
    Ma non è vero! Di Sheeta si conosce la sua determinazione, la capacità di riconoscere il bene anche quando è nascosto, e molto altro. Non serve il passato di un personaggio per sapere chi è.

    Non condivido l'opinone di Anno sul cinema di intrattenimento. Non è necessariamente una fuga dalla realtà. Ti parla di un sogno, sì, ma legato al reale, come ogni sogno. Non è pura fantasia, è solo una visione ordinata e semplice della realtà. Rassicurante, senz'altro, perché spesso tutto si risolve. Ma ciò non rende il tutto meno vicino alla realtà.
    Ecco perché le opere dello Studio Ghibli non possono mostrare che superficiale felicità e una riproduzione della realtà purgata da ogni bruttura.
    Oh, vediamo un pazzo che spara su dei bambini. Alla faccia dell'assenza di brutture.
    In ogni caso, in Laputa non c'è alcuna storia d'amore. C'è, com'è tipico di Miyasan, la messa in scena dell'idealizzazione preadolescenziale dei sentimenti amorosi, una cosa da erotofobia infantile, data al voyeuristico consumo di chi, pur cresciuto, ama sedarsi in quelle dolci fantasie.
    E invece in Laputa ci vedo proprio una storia d'amore. Una vera storia d'amore, proprio perché mai dichiarata. È così che nascono molti amori, da un affetto che si evolverà in diverse sue forme, rafforzandosi con una grandissima delicatezza. Non vedremo mai Pazu e Sheeta rendersi conto di nulla, la cosa viene lasciata a metà, ma non è una banale idealizzazione. È un germe, ricco di ingenuità ma anche di grandi slanci, molto più realistico di tante rappresentazioni idiote e false dell'amore che tanto vanno di moda in ciò che piace agli adolescenti.

    in Nadia abbiamo una vera storia d'amore, e di crescita, e di cura del trauma - se c'è mai stata differenza tra le tre.
    Una storia d'amore, insomma, secondo me non è tale solo se giunge ad una dichiarazione. Pure in Nadia, comunque, da parte di lei, c'è la medesima delicatezza con cui l'affetto cresce.

    I messaggi, nell'arte, non devono essere necessariamente sbandierati. Vedere la delicatezza di un sentimento che nasce, vedere come esista un modo sano di combattere (la scazzottata) e uno malsano (la sparatoria), vedere come una stessa opera (i golem) possano essere fonte di distruzione o di difesa, cura e vita, è moltissimo istruttivo. Molto più che vedere roba che davvero è banale intrattenimento, come le soap piene di storie d'amore che sì, sono dichiarate, ma si basano sul nulla, o film pieni di messaggi profondi dichiarati, ma senza la minima capacità di lasciare il segno.
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  • Concordo fortemente che i messaggi non debbano essere strombazzati per essere intensi. Semmai, il contrario.

    Ma una cosa è lo strombazzamento, una cosa è l'incanto dell'idillio infantile. Mostrare un cattivo tutto cattivo perché cattivo, e poi tanto si tira lo sciacquone, è come non mostrare alcun cattivo. La cattiveria reale è la meschinità che alberga in ciascun uomo, accanto alla bontà.

    Sheeta è un fantoccio. Non ha alcuna eredità psicologida di un passato di solitudine. "In qualche modo mandavo avanti da sola una fattoria", e stop. Tanto per non dire che non si è detto.

    Nadia è una ragazza ferita fin da bambina dall'abbandono, dalla solitudine, dal rifiuto. Tutta la storia di "Nadia dei Mari delle Meraviglie" è la storia del suo recupero, di fatto, a cui scienza e fantascienza, spesso confezionata in dolci lezioni per i bambini, è un contorno.

    Ma non è qui d'uopo far simili paragoni, anche se il caso è ghiotto (ancora: il progetto di base è lo stesso, non virtualmente, dico fattualmente).

    Se tu midi dice che in Mononoke Hime c'è una storia d'amore, io dirò: cappero, sì. Miyazaki in quel film ha inteso mostrare "il percorso tramite il quale un ragazzo arriva a comprendere l'animo di una ragazza". E la ragazza era una ragazza duramente ferita. C'è la scena della risoluzione di San che è una pagina veramente magistrale non dico di cinematografica, dico di narrativa, di umanità.

    Ma Laputa è tutta una "macchiettata" alla maniera di Miyasan molto giovane, è coevo alla storia del panzer gigantesco col soldato Maiale che rapisce la ragazzina e le regala un fiore di carta, non so se hai presente. Quelle 'dolci fantasie' lì. ^^
  • Mi inserisco anch'io, e provo a fornire un mio parere...
    Innanzitutto, ogni essere umano ha un suo punto di vista soggettivo sul mondo che si è generato dal suo passato, dal suo ambiente, dalle sue esperienze e così via.
    Nello specifico, il fatto che Anno nel 96/97 abbia detto quelle frasi, in pieno End of Evangelion, è figlio del tempo e quindi figlio di un punto di vista/approccio alla vita che aveva sussistenza all'epoca, ma che non è esente dal continuo divenire della vita. Sì, in Evangelion vi è il "disprezzo per se stessi", vi sono problematiche/dubbi di tipo esistenziale ("perché si vive?", "perché non si deve fuggire?") e ci sono alcuni elementi di disagio: la masturbazione di Shinji su Asuka in coma, Misato e Kaji che fanno sesso nell'EoE mentre sono guardati da Shinji e Asuka, tutti che muoiono sciogliendosi; insomma diversi elementi che sembrano messi appositamente per dare la sensazione di "sporcare" una certa visione "pura?" della vita.
    E allora?
    In realtà sappiamo che l'intenzione di Hideaki Anno da metà serie in poi, fu cercare di far emergere un messaggio dal suo anime; ed aveva un preciso pubblico di riferimento. Destrutturare e distruggere tutto lo scenario, per far comprendere che non bisogna immergersi totalmente in modo escapista in un mondo fittizio.
    Evangelion realizza in modo davvero notevole, soprattutto negli ultimi due episodi della serie tv, ciò che si è prefissato di fare. Se non sbaglio arrivarono anche lettere di ringraziamento alla Gainax, per ringraziare lo staff di questo lavoro/messaggio (oltre alle lettere minatorie).
    Se una persona non sociopatica/non otaku ma che apprezza l'animazione o apprezza ed è capace di riconoscere i contenuti indipendentemente dal target, vede Evangelion,credo che possa riscontrare in ogni caso la bontà dell'intento e del messaggio di Eva.
    La cosa sciocca, piuttosto, è vivere solo in funzione di opere fittizie, senza legame con la realtà, ed è questo che Anno ha inserito in Evangelion.
    Hideaki Anno, mediamente in tutte le sue opere inserisce degli elementi di difficoltà interiore nei protagonisti (Noriko in Gunbuster, Nadia e altri nel Mistero della pietra azzurra, l'intero cast in Evangelion). Ma poi non è che rimangono complessati a vita, e soprattutto il target di riferimento rispetto ad un Conan o ad un Laputa è differente; Nadia o Evangelion sono più strutturati e pertanto più adatti ad un preadolescente/adolescente che non ad un bambino.
    Non essendo un fine conoscitore di anime e manga, mi limito a citare la storia di "Gurren Lagann".
    Il personaggio principale, Simon, all'inizio della serie è un po' come se fosse uno Shinji post-Eva, vive ma non ha ancora trovato la propria strada.
    Grazie a Kamina, trova un po' di fiducia in se stesso, poi a seguito della sua morte, dopo un periodo di stordimento e di depressione, capisce che deve cercare il suo "ambiente", insomma, inizia quel cammino che lo Shinji di Sadamoto intraprende nel finale del manga. E nella seconda metà della serie lo vediamo adulto, perseguire i propri obiettivi, la propria strada, cercando di fare ciò che secondo lui è il meglio per la vita e per il pianeta.

    Per quanto riguarda lo Studio Ghibli, secondo me, i personaggi hanno una buona caratterizzazione. Sì, non saranno afflitti da complessi o da difficoltà interiori come quelli dei personaggi di Anno, ma mica i problemi da affrontare nella vita sono solo i complessi di tipo esistenziale o dovuti a traumi di qualche genere, ci sono tante difficoltà come l'indecisione sui propri sogni e desideri, oppure una semplice timidezza che non necessariamente deve essere legata a traumi o sfociare in paturnie esistenziali. Insomma non credo davvero che i personaggi Ghibli sia caratterizzati male, o perlomeno non li percepisco così, e non trovo che siano stereotipati.
    Magari le mutande di Kiki possono essere figlie di un fan service d'epoca, così come una caviglia risultava erotica oltre mezzo secolo fa; o ancora la purezza di Nausicaa (che viene sporcata dai tentacoli con cui entra in contatto; una sorta di precursore di qualche perverso e distorto hentai giapponese odierno) può essere isomorfa alla visione platonica che Dante Alighieri aveva di Beatrice. E quindi?
    Miyazaki non è mica un educatore o un pedagògo, è stato un otaku da ragazzo e gli piaceva animare, ma poi insieme a Takahata, con la fondazione dello Studio Ghibli ha anche imparato pian piano a costruire delle buone storie; si sa che ha preso spunto da molta letteratura per l'infanzia (i famosi 50 libri per l'infanzia che lui suggerisce, secondo il suo personale gusto), da manga, etc. inserendo degli elementi a lui cari, come il volo, la natura, l'infanzia e così via, secondo la sua percezione delle cose, secondo il suo modo di essere e secondo il suo gusto e il risultato non mi pare siano film vacui, tutt'altro. Nonostante quei due o tre fanservice d'epoca, che al giorno d'oggi nemmeno si notano (ommiodio si vedono le mutande di Kiki!!!), i suoi film sono sempre piacevolissimi da vedere e ci si trova sempre qualche spunto per il target di riferimento (e.g. come diceva LBreda, Sheeta e Pazu saranno anche semplici, ma vediamo la loro determinazione nonostante le difficoltà, vediamo la loro capacità di cercare il buono nelle persone, li vediamo combattere per difendere la libertà contro i sopprusi di potere di un esaltato... insomma tutto ciò è già più che sufficiente secondo me).
    Bisogna innanzitutto considerare i target di riferimento delle varie opere e quindi la complessità ivi associabile (un "Mirai shonen Conan" secondo me è un buon prodotto per l'infanzia, senza necessità di doverlo rendere più strutturato e/o complesso; allo stesso modo di come, lo studiare le quattro operazioni alle elementari è ottimo, senza necessità di complicare le cose, partendo dagli spazi vettoriali), in secondo luogo bisogna tenere presente che un cartone animato è una rappresentazione della realtà secondo un certo gruppo ristretto di persone e non credo che ci sia qualcuno che pretenda di ingabbiare tutte le sfaccettature della realtà in una storia da raccontare ed infine un cartone animato è un pur sempre cartone animato, non vuole essere il libretto di istruzioni per la vita, non vuole e non può essere isomorfo alle esperienze che un bambino può fare nella vita vera, come fare sport, come confrontarsi con i coetanei, come imparare a fare esperimenti di cucina con la mamma, come l'andare in campeggio e così via. Insomma un cartone animato, così come un libro, può essere un buon compagno di viaggio, con degli spunti interessanti ma la cosa finisce lì: storie con forma e contenuto, ed in particolare quest'ultimo potrà avere degli elementi più o meno buoni a seconda dell'autore e delle intenzioni che ci sono dietro, e secondo me, gli elementi dei film dello Studio Ghibli sono buoni.
    Tra l'altro, ormai è trascorsa sia l'epoca Meisaku, sia il periodo in cui i film Studio Ghibli più vecchi (Laputa, Totoro, Nausicaa, Kiki, Mimi wo sumaseba, etc) sono stati realizzati, ma personalmente un Kiki o un Mimi wo sumaseba (al di là del finale sconcertante, non in linea con quello più tenue del manga associato) penso siano dei prodotti validissimi nel settore dell'animazione, nonché nella presentazione di alcuni concetti/spunti buoni per lo spettatore.
    Non penso che un bambino, nel visionare alcuni di questi film, vada a pensare che, ad esempio, le mutande di Kiki furono un fanservice per l'animefan stupidotto dell'epoca, piuttosto credo che ciò che percepirà maggiormente sarà il percorso di crescita di Kiki.
    Ma vediamo qualche esempio concretamente:

    - Chihiro, de "la città incantata", è svogliata e un po' intorpidita. Non sa che fare, non sa nemmeno che il fare dipende solo da se stessa. Sen è un personaggio che rifiuta l'oro del SenzaVolto e che non si fa inglobare troppo nelle vicende del bagno pubblico, le prostitute, i rospi, e così via. Lei appare quasi al di sopra di tutto, ma in realtà anche lei piange (diverse volte), e all'inizio non è capace a fare nulla (cade quando lava per terra, oppure quando è nella vasca grande "ma sei proprio tonta!"), ma in ogni caso ha un preciso obiettivo in mente (salvare i suoi genitori) che mano a mano riuscirà a concretizzare sempre di più, poiché in primo luogo è lei si avvicinerà maggiormente a se stessa; avvicinandosi al suo proprio essere, scoprendo e sperimentando le sue capacità, prende consapevolezza di sé e quindi riesce a compiere cose esterne da sé. Tant'è che alla fine salva davvero i genitori, e dice a Yubaaba "le sono obbligata".
    Cito Miyazaki:
    « Ho creato un'eroina che è una bambina ordinaria, una con cui il pubblico possa identificarsi. Non è una storia in cui i personaggi crescono, ma una storia in cui attingono a qualcosa che è già dentro di loro, tirato fuori dalle particolari circostanze. Voglio che le mie giovani amiche vivano in questo modo, e credo che loro stesse abbiano questo desiderio. »

    - Shizuku, de "i sospiri del mio cuore", anche lei non sa bene cosa fare e sta cercando di capire che strada prendere nella sua vita. Così nel manga di Aoi Hiiragi, così nel film dello Studio Ghibli, la protagonista non è perfetta. Non aiuta tanto in casa, legge romanzi a tutto spiano e non si dedica nello studio come i genitori vorrebbero, ma il tutto è un percorso per sperimentare e per cercare di capire le sue capacità, così da incrementare il suo livello di consapevolezza di sé (paragone con Evangelion: "Anche il mio studiare il violoncello, non è risultato in nulla." "Non è forse solo che tu non hai mai fatto nulla da te stesso?" ---> devi sperimentare, per trovare da te stesso la tua strada)

    - Kiki, di "Kiki le consegne a domicilio" (ripreso dall'omonima serie di libri per l'infanzia di Eiko Kadono), attraversa anch'essa dei periodi di difficoltà, dal fastidio per le ragazzine "fighette" (ma semplicemente le percepisce così perché non è ambientata in città; già lei faceva la fighetta lì nella campagna in cui viveva con le sue amichette. In città scopre che una stronzetta rifiuta il pasticcio di zucca della nonna, nonostante questa signora lo abbia fatto con tanto amore. Beh, capisco che basta il pensiero, però non è che uno si deve mangiare il pasticcio di zucca se non gli piace! :P E la ragazzina ha espresso in suo disappunto con Kiki, non penso che odi la nonna sul serio; è solo un tipo d'educazione differente, come potrebbe essere il rapporto che ognuno di noi instaura con gli altri. Sono forme di diversità.), alla difficoltà del passaggio dall'utilizzare la scopa per gioco (volo per divertimento) al farlo per lavoro (fare le consegne), o ancora il fatto di vivere da sola, o i dubbi che esprime alla sua amica Ursula. C'è un percorso di crescita, con dubbi più o meno difficili da districare.

    - Ora non vorrei mettermi a parlare di tutti i film dello Studio Ghibli, ma anche ne "il castello errante di Howl" abbiamo un tema interessante (tra l'altro simile anche a Porco Rosso), dove c'è un giovane adulto che continua a fare il ragazzino e una ragazza che invece si sente vecchietta dentro; non riescono ad accettare e quindi a vivere le loro propria età, con tutti gli elementi che le caratterizzano. Tuttavia, aiutandosi a vicenda, alla fine ritrovano la bellezza intrinseca delle loro proprie età. Le responsabilità per Howl e la giovinezza per Sophie.
    Ancora, nei film di Takahata come "Omohide Poro Poro" o "I miei vicini: gli Yamada", vedo storie buone, con personaggi ben caratterizzati (i dubbi di Taeko, i suoi flussi di coscienza, i suoi ricordi; le avventure degli Yamada e il finale: "cosa è importante maestra?" "l'adattamento" (tema che sembra molto caro a Takahata, che lo presenta già in "una tomba per le lucciole", dove Seita e la sorellina non si adattano e muoiono, oppure in Pompoko dove i Tanuki alla fine si adattano alla vita cittadina, pur amando nostalgicamente le loro radici etc.)) e che offrono sempre delle spunti, imho, interessanti, per i relativi target di riferimento.

    - Parlando quindi di Laputa, Sheeta e Pazu (o Conan e Lana) non sono dei bambocci, ma nemmeno dei supereroi. Lo stesso Miyazaki disse che "Volevo fare una storia d'avventura" e che "Conan è solo un bambino, non è superman. Pensa a vivere serenamente e in buona salute. Ama la sua vita quotidiana e se tornasse sull'isola Perduta, gli piacerebbe costruire un villaggio e andare a pesca". In Conan (dove ci sono i "soliti" uomini) e in seguito in Laputa (dove, come ricorda Shito, c'è una tematica di ripetizione degli errori dell'umanità), i personaggi principali sono così e le storie sono semplici, ma non per questo non offrono dei buoni spunti (amore, lealtà, amicizia, determinazione etc.), ai relativi target di riferimento.
    Mi viene da citare "Il piccolo principe":
    E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
    "E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
    " Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
    Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
    " Io sono responsabile della mia rosa…." Ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
    In Conan e in Laputa, ci vedo molto pattern di questo tipo, per quanto riguarda le due coppie principali.
    Le coppie di Conan e Laputa, hanno un ben preciso obiettivo e il film non si mette a fare tanta filosofia dietro a tali questioni. Sanno ciò che devono fare e se ne prendono la responsabilità. Non perché sia giusto in senso assoluto, ma perché secondo loro è giusto così. Perché proteggere il pianeta e la vita è meglio che distruggerli, d'altronde noi viviamo su questo pianeta, se lo distruggiamo ce la prendiamo in saccoccia.
    Sì, forse in Conan e in Laputa, Miyazaki non è stato "profondo" come in Mononoke Hime; se nei primi due sembra che debba vincere la natura perché la tecnologia è pericolosa e noi invece siamo attaccati alla terra, viceversa in Mononoke, Ashitaka e San sanno che devono cercare di far convivere le due cose (così come in Nausicaa c'è la scelta tra la sopravvivenza delle civiltà), ma d'altronde anche il target di riferimento è diverso.
    La coppia in Conan, e la coppia in Laputa persegue degli obiettivi e affronta delle difficoltà e questo tanto basta, per gli scopi del film.
    E per quanto riguarda i cattivi, in tal caso Repka e Muska, questi vogliono rispettivamente il potere così come lo vuole un mafioso dei nostri giorni, o utilizzano il Giganto, o il potere della gravipietra senza pensarci due volte, così come gli americani non ci pensarono due volte ad usare un arma nucleare in due città, o così come i nazisti ammazzarono migliaia di persone in un piano lucido e minuzioso. Viceversa in Evangelion la Seele o Gendo sono più sfaccettati come personaggi ostici, nonché le loro motivazioni, così come gli atlantidei in Nadia, piuttosto che gli pseudo cattivi Eboshi o dall'altro lato i lupi di San, che vengono descritti più a tutto tondo, con le loro motivazioni, senza tracciare una linea netta di demarcazione tra buoni e cattivi.
    Ma sono appunto, target diversi.

    Sì, nella vita ci sono delle difficoltà, dai turbamenti dell'animo, alle difficoltà esterne, quali il cercare di custodire e/o migliorare la qualità del pianeta e della vita, alla struttura della società, all'uso di tecnologie e così via. Ma non necessariamente bisogna vedere il substrato della vita in modo pessimistico, tutt'altro: la vita può regalare tantissima felicità e gioia, che dipende da persona a persona.

    Come dice Lbreda:
    Oh, vediamo un pazzo che spara su dei bambini. Alla faccia dell'assenza di brutture.
    [...]
    I messaggi, nell'arte, non devono essere necessariamente sbandierati. Vedere la delicatezza di un sentimento che nasce, vedere come esista un modo sano di combattere (la scazzottata) e uno malsano (la sparatoria), vedere come una stessa opera (i golem) possano essere fonte di distruzione o di difesa, cura e vita, è moltissimo istruttivo.
    ed io condivido questo punto di vista.
    A questo punto vorrei chiarire una cosa nel mio punto di vista: è evidente che se avessimo il libretto delle istruzioni su "cosa è giusto fare, per migliorare, o almeno per salvaguardare il mondo e la vita" sarebbe tutto più semplice, basterebbe seguire le regole e tutto funzionerebbe. Ma nella realtà non è così.
    Dobbiamo continuamente sperimentare e cercare di diventare consapevoli riguardo la realtà e di volta in volta comprendere il miglior modo per realizzare lo scopo suddetto.
    A mio modesto avviso, Conan, così come Laputa ai tempi, ma talvolta anche attualmente forniscono degli elementi e degli spunti istruttivi per l'infanzia (nonostante i loro limiti), così come fanno svariati film dello Studio Ghibli.
    Se Evangelion arriva a far accettare la vita a Shinji ("perché non si deve fuggire? perché si vive?", "perché la vita è una possibilità (e poiché alla fine dovrai morire comunque, metti da parte i tuoi turbamenti dell'animo e le tue paure, e prova a vivere), e se hai il desiderio di vivere, ogni luogo può essere un paradiso, poiché tu sei vivo"), con "Gurren Lagann" vediamo l'evoluzione di un protagonista, da quando inizia a vivere a quando trova la sua strada e la persegue (sarebbe stato come vedere Shinji crescere, che poi diventa un adulto in stile Kaji), e ancora, nei film dello Studio Ghibli, vi è, secondo me, un buon contenuto, che offre degli elementi validi per la formazione o piuttosto per altre tematiche, sempre in riferimento al target dell'opera, ma questo non significa che il prodotto non possa essere apprezzato anche da chi quegli elementi li ha già ben chiari. Un adulto che vede e apprezza qualche film d'animazione, non è mica un disadattato se è conscio del fatto che quello non è un film dedicato a lui, ma è dedicato ad un altro target.
    Per esempio, mi viene in mente anche il film "Monsters & Co.", che secondo me è davvero ben fatto ed evidenzia il contrasto tra il fare un lavoro indipendentemente dalla sua "bontà" (spaventare i bambini), piuttosto che fare un lavoro in funzione della sua bontà (renderli felici). Un adulto, pur non essendo il film dedicato a lui, può comunque apprezzare il film, se riesce a vederlo senza troppi pregiudizi. Quindi se vedo un Conan o un Laputa qualsiasi, essendo conscio del target di riferimento, non pretenderò che questa storia sia la messa in scena di "Uno, nessuno e centomila" di Pirandello, o che mi parli delle trasformate di Fourier. Secondo me, bisogna tenere sempre presenti i target di riferimento, nonché la mentalità con cui si va a fruire dell'opera. Avere una mente aperta ed una buona flessibilità mentale, che permetta di passare dallo sport, alle tematiche lavorative, a qualche cartone animato, al viaggiare, al leggere libri più o meno impegnati e così via è secondo me un'ottima cosa, no?
    L'escapismo si ha, se chi usufruisce dell'opera vi si immerge di propria volontà senza volerne più fare ritorno, senza dedicarsi poi ad altro di reale e di concreto (e.g. avevo letto che un tizio si era sposato un cuscino (UN CUSCINO)!! In tal caso sì, come Anno, anch'io penso che queste situazioni siano degli scempi totali, e penso che una persona così dovrebbe essere aiutata davvero, ma non con i cartoni animati, bensì con un percorso educativo finalizzato a far sì che questi raggiunga man mano più consapevolezza di sé e del mondo reale e che riesca ad accettarlo e quindi ad amarlo); il fatto di vedere e apprezzare un film d'animazione, o un libro di letteratura, non implica il fatto di compiere escapismo. Una persona va vista nelle sue sfumature e nella sua completezza. Una cosa non esclude l'altra.

    In tal senso, per concludere, mi viene ancora da citare Hideaki Anno:
    Se desiderate entrare nell'animazione, il mio consiglio per voi come autore è quello di avere diversi interessi oltre ad essa. Guardate verso l’esterno, prima di tutto. La maggior parte dei produttori di anime sono fondamentalmente autistici. Devono ancora cercare di comunicare veramente con gli altri. Direi che il risultato più grande che l’animazione abbia mai raggiunto è il fatto che stiamo tenendo un dialogo proprio qui e ora.
    Chiudo qui il mio parere (soggettivo) su questa discussione, perdonate il papiro.
    Ciao a tutti :ciao:
    Ultima modifica di Simo87 il venerdì 29 agosto 2014, 23:58, modificato 10 volte in totale.
  • Dovrò rispondere seriamente, punto per punto, al tuo prezioso post - davvero ricco.
    Ahimé, ora me ne manca il tempo, sono in partenza.

    Ma mi si permetta di dire almeno che sono un grande studioso de "Il principino" (nota: "Il piccolo principe" è essenzialmente una traduzione imprecisa e forviante). Sono stato fino ad Hakone per visitare l'unico museo dedicato all'opera e all'autore, che ironia che si trovi proprio ad Hakone, ovvero dove dovrebbe sorgere NeoTokyo-3. ^^;

    Eh, ovviamente, il fennec ("le renard (du desert)") è il prototipo di Teto. Anche il buon Miyasan è un gran fan dell'ancor miglior Antoine.

    Credo che "Il principino" sia uno dei libri più travisati della storia, assieme a "Sul principato" di Machiavelli. Deve esserci una maledizione legata ai libro che toccano quell'area semantica nel titolo, davvero.

    Ma "Il principino" davvero parla del senso dei legami e della responsabilità dei sentimenti, ovvero esattamente ciò che la società (sociologia, psicologia) postmoderna rifugge.

    Il che è un problema davvero troppo 'contemporaneo' per un vecchio bambino come Miyasan.

    Anno è tutt'altro discorso. Lui era un bambino a Osaka'70, l'Expo. E tutto comincia, per la sua generazione, all'ombra della Torre del Sole...
    Ultima modifica di Shito il venerdì 24 ottobre 2014, 11:16, modificato 1 volta in totale.
  • Ti ringrazio, trovo sempre interessante comprendere la genesi di un'opera; in questo caso specifico, le influenze di Miyazaki, Takahata e Anno, le intenzioni e lo sviluppo stesso delle loro personalità nel tempo e cose così.

    Ci tenevo giusto a fare una precisazione: quando ho citato il piccolo principe, il mio intento non era tanto legato al libro in sé, dove la rosa dovrebbe essere una metafora della moglie di Antoine; più in generale il mio intento era utilizzare quelle frasi, così ben scritte, per indicare il concetto di responsabilità quale che sia la rosa di cui prendersi cura. Nello specifico, in Conan e in Laputa, le due coppie principali si adoperano per salvare ciò che ritengono importante. Tutto qui.
    Poi che questo sia semplicemente l'idillio estremizzato di un'infanzia pura che sconfigge i cattivoni, poco mi interessa (se non per comprendere meglio la genesi dell'opera e l'evoluzione del pensiero dell'autore nel tempo), perché trovo che il prodotto trasmetta dei buoni elementi; anche se comunque penso che i buoni elementi sia meglio trasmetterli nella vita vera con l'esempio, anziché con sermoni o cartoni animati, magari giocando e/o facendo esperienze concrete.
    Però se mi chiedessero quali film d'animazione farei vedere ad un bambino, di mio, suggerirei alcuni titoli dello Studio Ghibli, qualche Disney (e.g. Il re leone) e qualche altro qua e là (e.g. Monsters & Co, Finding Nemo, Wall-e). Ma tutto ciò è chiaramente soggettivo e figlio della mia percezione delle cose.
    Tra l'altro, dato che ormai siamo lontani dal tempo in cui tutte queste opere sono state pensate e realizzate, non penso che un bambino, nel visionare alcuni di questi film, vada a pensare che, ad esempio, le mutande di Kiki furono un fanservice per l'animefan stupidotto dell'epoca, così come le tette di Yoko in Gurren Lagann sono fanservice per lo spettatore stupidotto odierno. :P
    In realtà, per me stesso ritengo importante conoscere i background delle opere (che siano libri, film etc.) per comprenderne meglio la ragion d'essere, ma devo anche dire che ad esempio un "Conan che combatte contro una città che distrugge libertà, salute, amicizia, amore e gioco", lo trovo banalmente un buon messaggio per l'infanzia ^^
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