[Hayao Miyazaki] Principessa Mononoke

Hayao, Isao e tutto il baraccao. L'Oriente a regola d'Arte dove fare amicizia con streghette, strani esserini e maiali volanti, ed incontrare castelli fra le nuvole e mondi microscopici.
  • Preso a Lucca e visto oggi pomeriggio.

    Avrei bisogno di rivedrlo (e dubito di poterlo fare presto).

    L'impressione generale è stata decisamente positiva, sia per quanto riguarda la trama (una Nausicaä un po' più ottimista, ma non del tutto un remake), sia per quanto guarda i disegni (molto particolareggiati in alcuni personaggi e poco in altri (preferisco spesso i secondi)), sia per quanto riguarda l'animazione (per quanto fosse un po' massacrata dal fatto che ho usato un PC al posto del televisore occupato da fratelleria assortita).

    Molto ben gestito il finale, dove San e Ashitaka non si uniscono. Come a dire che la separazione tra uomo e natura rimane. Spunta però un Kodama: la natura ha vinto del tutto, almeno per il momento.

    Alcuni elementi della trama però si perdono: la parte iniziale del film viene lasciata lì: non si sa se Ashitaka tornerà dalla sorella e dal suo popolo (o almeno non lo ho capito io).

    Grrodon dice, nel post precedente, che qui si introduce il grottesco Miyazakiano. Io non ho visto il film, ma nel manga di Nausicaä (che è precedente a Mononoke Hime, giusto?) il grottesco c'è già, e ce ne è molto. La scena quasi-finale con il Dio Cervo senza la testa, ricorda molto da vicino i funghi "geneticamente modificati" in Nausicaä.

    Lo ho visto doppiato, ed il doppiaggio è decisamente orribile, con anche qualche palese errore di sincronizzazione. La prossima volta lo rivedrò sicuramente in originale con i sottotitoli, o in inglese senza (non so se il doppiaggio inglese sia migliore, però...)
    Lorenzo Breda
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  • Riappaio rapidamente giusto per dare un paio di informazioni, recensirò il film in seguito.

    L'adattamento italiano dei dialoghi spesso non è fedele all'originale.
    LBreda ha scritto: la natura ha vinto del tutto, almeno per il momento.
    "Questa volta la natura ha avuto la meglio", più o meno, dice Jiko nell'ultima battuta del film. Nell'originale è: "Oh cielo, non posso vincere contro gli stupidi".

    Per non parlare delle ultime frasi pronunciate da Eboshi. Ascoltatele in italiano, e poi confrontatele con la versione originale:

    "Mi vergogno così tanto… Salvata sulla groppa di un cane di montagna. Voglio ringraziarlo. Qualcuno vada a chiamare Ashitaka.
    Voi tutti, ricominciamo da capo! Faremo di questo un buon villaggio!".

    Buon villaggio... per gli uomini, ovviamente. Nessun riferimento ad una "foresta sacra". "Ricominciamo da capo": il conflitto ha conosciuto solo una pausa.
    Alcuni elementi della trama però si perdono: la parte iniziale del film viene lasciata lì: non si sa se Ashitaka tornerà dalla sorella
    Che poi non è sua sorella, ma la promessa sposa. La quale chiama Ashitaka "fratello" in quanto appartenente alla stessa comunità. (In realtà, pare, la cosa è più sottile; rimane il fatto che il legame tra i due non è di fratellanza). Un altro gratuito travisamento italiano.

    Il doppiaggio inglese ha parte degli errori italiani, mi pare di ricordare.

    Consiglio comunque di dare un'occhiata ai sottotitoli italiani del dvd.
  • Grazie mille per le puntualizzazioni (decisamente utili per interpretare bene altri punti del film) e per il consiglio: lo rivedrò in originale con i sottotitoli.
    Lorenzo Breda
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  • Un gran film, dotato di musiche solenni e di sapori epici, di personaggi affascinanti e carismatici, e del perenne conflitto uomo-natura.
    Miyazaky è come al solito fluido nella narrazione, senza mai annoiare. Anche se trovo il finale un po' affrettato, non so, non mi ha convinto del tutto.
    Molto più valida la poesia dei mononoke, la città del ferro con le sue avidità, e i personaggi, tutti, che costellano il racconto. Ma è in Ashitaka che si trovano i valori alti e eroici che tutti noi dovremmo cercare di perseguire. Il suo utilizzo della forza, mai fine a se stesso e mai esasperato, il suo senso di lealtà senza essere moralista, il coraggio intelligente e il senso del sacrificio fanno di lui un personaggio meraviglioso, un vero eroe sofferente eppure saldo e capace di amore e redenzione. Questo fa di Mononoke un gran film.
  • Vii ha scritto: Miyazaky è come al solito fluido nella narrazione, senza mai annoiare. Anche se trovo il finale un po' affrettato, non so, non mi ha convinto del tutto.
    Imho non è mai troppo fluido. E il finale di questo film è fin troppo allungato. Avrei tagliato col machete.
  • Grrodon ha scritto:
    Vii ha scritto: Miyazaky è come al solito fluido nella narrazione, senza mai annoiare. Anche se trovo il finale un po' affrettato, non so, non mi ha convinto del tutto.
    Imho non è mai troppo fluido. E il finale di questo film è fin troppo allungato. Avrei tagliato col machete.
    Non so, il finale l'ho trovato poco chiaro, abbozzato, impreciso. Mi ha lasciato un po' con l'amaro in bocca. Però la storia scorre e avvince.
  • Con un doppiaggio nuovo.
  • Colgo occasione qui per esprimere il mio apprezzamento per lo staff di BadTaste.

    Naturalmente devo ringraziarli per l'attenzione rivolta verso il mio operato. Ma c'è qualcosa di molto, molto più importante e significativo: l'onesta comprensione non solo del mio operato, ma del film su cui opero.

    E' la seconda volta che noto questa grandissima qualità in una recensione di BadTaste. La prima, chi ha il masochismo di leggermi con attenzione forse lo ricorderà, era in merito alla loro recensione di Kaze Tachinu (Si Alza il Vento) a Venezia, sottotitolato sempre a cura del sottoscritto. In quel caso, fui così felice di vedere come i due recensori di BadTaste, e probabilmente solo loro, avessero PERFETTAMENTE colto l'atmosfera, il punto cruciale del film: piuttosto che sproloquiare su poesia del regista e blahblah, i due giustamente erano entusiasti perché notavano come tutti i giovani ingegneri ritratti nella pellicola, Horikoshi Jirou in testa, fossero "dei perfetti nerd". Ed è proprio così: in Kaze Tachinu, tutti i tecnicismi aeronautici, da me faticosamente rintracciati e scrupolosamente tradotti (ho consultato un paio di manuali universitari di ingegneri aeronavale - e poi i dizionari tecnici!) sono lì proprio a farci capire l'animo di questi giovani che si esaltano per dei profilati in duralluminio estruso. Vedere due recensori italiani così centrati sul punto del film mi ha riempito di gioia. Io sono un adattatore, anche il doppiaggio -in senso lato- altro non è che un adattamento linguistico, e così ho pensato: "il mio lavoro è stato utile, perché queste due persone, che volevano capire, hanno potuto capire":

    Il mio lavoro è dare la possibilità al pubblico italiano di capire i film stranieri su cui lavoro. A chi abbia voglia di capire, si intende. La volontà di capire è una questione personale.

    E non va data per scontata.

    Ma d'altro canto "dare la possibilità di capire" non significa: semplificare, spiegare. Chi intende così una traduzione, un adattamento, un doppiaggio, non si rende conto che proprio questa tendenza è distruttiva. Ciò che un doppiaggio "toglie" dall'originale, tipicamente nell'idea di "semplificarlo per il pubblico locale", è perso per tutti: per chi non l'avrebbe capito, e anche per chi avrebbe voluto capirlo. E quindi è terribile: non si possono sacrificare proprio i disposti alla comprensione sull'altare del crasso compiacimento dei meno volenterosi a quella.

    Citerò Eboshi, che non interrompe la sua missione per tornarne in aiuto delle donne della sua cittadella, sotto assalto dei samurai: "Alle donne è stata data tutta la preparazione possibile. A ciascuno sta proteggersi da sé."

    Allo stesso modo, io credo che una localizzazione non debba spiegare niente a nessuno, ma debba solo preservare fedelmente quanti più contenuti dell'originale in un suo adattamento linguistico. Chi vorrà capire, così, *avrà la possibilità* di farlo. Chi non vorrà capire, non avrebbe comunque voluto. E comunque non possono essere i volenterosi, ovvero i virtuosi, a fare le spese della pigrizia dei pigri, dei poco interessati. E meno che meno il film stesso, in quanto tale.

    Quindi, ancora molti applausi e ringraziamenti per lo staff di BadTaste: col vostro intendimento del film voi date senso ai miei sforzi, al mio lavoro. Grazie!

    Tra l'altro il caso di Mononoke Hime, e qui torniamo al caso di oggi, è di per se piuttosto complesso - nel senso proprio del termine: ci sono più fattori.

    Il vecchio doppiaggio italiano di Mononoke Hime, oltre a essere tutto sballato, e questo è dato obiettivo a chi conosca l'originale giapponese e la lingua giapponese, è anche una perfetta espressione dell'idea base del "doppiaggio italiano": venire incontro il gusto (presunto) del pubblico italiano. Compiacerlo. "Far piacere" agli italiani un film straniero avvicinandolo ai (presunti) gusti del nostro pubblico. Quindi, il pubblico incolpevole che fosse stato ingannato da una simile malevola mistificazione avrebbe facilmente potuto trovarla sinanco piacevole. Chi più di noi sa quanto la comoda piacevolezza di un errore compiacente possa appagare lo spettatore meno arguto, e come possa essere duro e faticoso scollarsi, emanciparsi da *nostalgico* ricordo di un errore pur conclamato, ma così ben sedimentato e cementato nella nostra memoria? Di girelle è pieno il mondo, e tutto il mondo è paese. Chi vedrà "con pupille non offuscate" Mononoke Hime in italiano col il suo nuovo doppiaggio potrà ben accorgersi della differenza che passa tra la semplicità di un doppiaggio all'italiano, "fatto per far piacere", e la difficoltà della ruvida verità di un film straniero - il che implicita l'idea che sia qualcosa di per noi strano, estraneo. A parte le innumerevoli alterazioni del testo, è proprio l'intendimento dei personaggi, nella loro presenza scenica, che è tutto diverso.

    Per esempio:

    il personaggio di Hii-sama (la somma Hii), ovvero l'anziana sciamana del villaggio emishi da cui Ashitaka. E' stata interpretata dalla signora Graziella Polesinanti in entrambi i doppiaggi: Graziella è un'attrice che ho felicemente confermato sul ruolo perché era perfetta, davvero la migliore che potesse interpretarlo. Nel 'vecchio doppiaggio italiano' la sentirete sempre greve e solenne. Perché è una sciamana, quindi c'è questa sovrastruttura apriorisitica - è una sciamana anziana e antica, deve parlare con grevità! Invece, nell'originale giapponese ha una voce molto amichevole, familiare. Dice cose senz'altro importanti, ma spesso parla come una nonnetta di quartiere, con quel sorriso. E' una cosa che, guardando il "dietro le quinte" giapponese del film (Mononoke Hime ga koushie umareta -> "Così è nato Mononoke Hime") lo stesso regista spiega chiaramente all'interprete originale: "è la sciamana di una piccola comunità, di un villaggio quasi familiare - ci deve essere questo affetto di una brava nonnina, anche gioviale, che conosce personalmente tutti". E in effetti la cosa si sente bene anche nel doppiaggio giapponese in quanto tale, figlio di quelle indicazioni di Miyazaki Hayao. E quindi, io ho cercato di replicare la stessa cosa nel ri-doppiaggio. E quindi, nel ri-doppiaggio la somma Hii spiega ad Ashitaka il suo destino, e lo fa con parole anche importanti, ma a tratti dice cosa da paesana ("le cose si sono inguaiate..."), e nella voce ha sia l'affetto di una brava nonnina, sia la grevità di colei che sa che "il destino non lo può cambiare nessuno".

    Io credo che questa "complessità" di un personaggio sia il suo spessore, e che insieme le "complessità" dei personaggi facciano lo spessore di un film.

    Per esempio, Mononoke Hime è indubitabilmente un film d'azione. E questo a molti farebbe subito pensare a qualcosa di avvincente, divertente. Invece, Mononoke Hime è un film serio, spesso greve, spesso lento. Molti sviluppi della trama sono appena accennati, poco spiegati, o lasciati deliberatamente nell'ombra dall'autore. E' un film d'azione che ha tempi spesso dilatati, ed è pesante. E' un film cupo e pesante. Si penserebbe che un film d'azione sia una galoppata di spettacolarità che trascina il pubblico verso un grandioso finale, ma Mononoke Hime è un film che si fa fatica a reggere fino alla fine - o almeno io. Chi conosce il cinema più di me potrà forse rivenire un certo stile da "historical drama" giapponese, forse a là Kurosawa Akira, ma non ho io la cultura di settore per dirne.

    Vedo però che abbiamo Ashitaka, che è l'ideale "buon selvaggio" che viene espulso da un ideale eden (il villaggio segreto degli emishi), dove l'uomo e la natura vivono in rispettosa armonia, ed è 'lanciato' nel mondo dei vivi, dove la gente sembra ammazzarsi senza un motivo, dove il caos sembra farla da padrone. E' il nostro mondo. Ma Ashitaka ha il compito di "discernere con pupille non offuscate", in senso lato - deve toccare con mano ogni realtà, le istanze di ciascuno, deve giudicare senza alcun pregiudizio, e poi decidere. E' quello che farà per tutto il film.

    Quando Ashitaka ripete ad Eboshi le precise parole della sua "missione personale", ovvero "discernere con pupille non offuscate", Eboshi esplode in una fragorosa risata. A parte il livello di retorica anticheggiante inteso in "discernere con pupille non offuscate", sembra proprio una cosa troppo ingenua, troppo pura, troppo retta per poter essere umana. Eboshi è in effetti il personaggio forse più "complesso" del film. Una donna che ha sofferto e patito tanto da essersi spinta oltre ogni limite umano, e lucidamente. La sua caparbietà ha questa radicale spregiudicatezza che ci fa capire l'inteso paragone con Lady Macbeth. Eboshi è l'umana che vuole il bene dei suoi, che anzi non disdegna di andare a caccia e uccidere un dio. Il rapporto tra Eboshi e Ashitaka è bellissimo. Quello tra Eboshi e San pure. Nonostante tutto, Eboshi ha in se della dolcezza, il rispetto per questi 'giovani poverini', anche se poi la sua violenza e il suo sprezzo spesso traboccano. Eboshi è davvero la perfezione del personaggio di Kshana, quando tristemente si rammarica di non aver avuto occasione di parlare con Nausicaä e muove guerra, dicendo "Peccato. Avrei voluto parlare per bene con quella ragazza almeno una molta. Ma d'altronde, è una strada cosparsa di sangue."

    Anche il bonzo Jiko è un personaggio complesso. Anche Moro è un personaggio complesso. E i loro rapporti con gli altri personaggi lo sono altrettanto. Sono complessità che vivono di sfumature, cenni che compongono un tutto sempre non facile da cogliere.

    Mi sono davvero sforzato di comprendere io stesso quanto più possibile, e -cosa ancora più difficile- di preservarlo nel corso di tutto il mio lavoro.

    Ancora ringrazio tutti coloro che darrano senso ai miei sforzi sforzandosi nella comprensione di qualcosa che, come ogni reale diversità, è realmente in grado di arricchire il nostro animo.
  • Visto venerdì al cinema, dopo aver recuperato Nausicaa martedì scorso (grazie Lorenzo!).

    Devo dire che fra i due film ho nettamente preferito Mononoke, che si piazza tranquillamente fra i miei Ghibli preferiti. Belli i personaggi, bella l'atmosfera e bella la storia. Forse un po' troppo lungo, ma devo dire che la cosa non mi ha disturbato quasi per niente. Nausicaa invece nonostante il tema simile l'ho trovato pesantino, ho faticato ad arrivare alla fine, ma forse dovrei rivederlo una volta ridoppiato per giudicarlo meglio, ora come ora in italiano è praticamente inascoltabile.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • E ieri mi son visto questo nuovo adattamento, assieme a Gianduja, Tigrotta (seconda visione per lei), e un po' di miei amici.

    Il film è bello. Non lo vedevo da un po', e lo ricordavo meno bello, gli ho dato una rivalutata notevole. Bella e piena di significati la storia, splendide le ambientazioni, ottima la resa dei chiaroscuri nelle personalità dei personaggi. Mi ha sorpreso, questa rivalutazione, considerando che ero andato più che altro per vedere il nuovo adattamento, e non mi aspettavo sorprese su questo fronte.

    E veniamo all'adattamento.

    Speravo in qualcosa di molto buono, che potesse essere finalmente la versione BELLA dell'adattamento, considerando che l'unica esistente finora faceva schifo davvero. Lo stile di Cannarsi, che in genere non mi lascia entusiasta, era invece particolarmente adatto a questo film, che anche in giapponese so avere dei dialoghi costruiti per appartenere ad altri tempi.

    E invece Cannarsi, suppongo proprio a causa dello stile originale, ha forzato ulteriormente il suo solito stile, producendo un adattamento con dialoghi ridondantissimi e spesso TROPPO sopra le righe persino per appartenere ad un'altra epoca. Costruzioni contorte delle frasi, parole che sembrano completamente fuori luogo, robe che mi hanno fatto più volte alzare un sopracciglio.

    Ora dico, Shito, conosco abbastanza le tue idee su come adattare, e pur non condividendole minimamente le rispetto. Però qui si va oltre. Si è ottenuto l'effetto di avere una sala (gremita, c'è da dirlo) costretta a ridacchiare di continuo per l'effetto davvero comico della sintassi di ogni singola frase. Ha senso?

    Ottima invece la scelta dei doppiatori, che oltre ad essere bravi sono anche molto fedeli, nei toni, a quelli originali.

    Insomma, rispetto alla precedente versione abbiamo guadagnato un ottimo doppiaggio e una traduzione finalmente fedele, ma al prezzo di dialoghi, beh, ridicoli nel senso proprio del termine. Peccato, è un'occasione sfruttata a metà.
    Lorenzo Breda
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  • LBreda ha scritto: Ora dico, Shito, conosco abbastanza le tue idee su come adattare, e pur non condividendole minimamente le rispetto. Però qui si va oltre. Si è ottenuto l'effetto di avere una sala (gremita, c'è da dirlo) costretta a ridacchiare di continuo per l'effetto davvero comico della sintassi di ogni singola frase. Ha senso?
    In questo film ci sono molti registri linguistici diversi. Così in originale, così nella sua traduzione italiana.

    Hai 'il buon selvaggio' emishi, che parla in maniera arcaica e sovracortese (le pulzelle), e hai i villegiani che parlano geralmente (Che vi piglia?).

    Ma non sono scelte mie. Tutto segue in maniera più che ligia l'originale. C'è pulzelle dove c'è "otome" in originale (una occorrenza, solo un emishi di mezza età), c'è fanciulla dove c'è "shoujo" in originale (una occorrenza, solo Ashitaka), c'è "ragazza" dove hai 'musume' o 'ko'. E' tutto molto molto geometrico e preciso.

    Non presumere la semplicità, anche solo la "naturalezza" del testo originale alle orecchie dei nativi: non è così. Potrai trovare su internet pagine e pagine di giapponesi che si chiedono fra loro "che significava questo?", "Ma cosa significa quest'altro?".

    Nel testo originale hai usi arcaici di termini buddhisti e non, a partire da 'bestia' (la lettura "shishi" del kanji che oggi si leggerebbe "shika", e che *oggi* con la pronuncia contemporanea significa *cervo*, ma qui significa "bestia"), hai neologismi MIyazakiani, inventati di sana pianta o fantasizzati su base storica, hai costruzioni retoriche sheakesperiane (Eboshi deve la sua doppiatrice, Tanaka Yuuko, a Lady Macbeth, modello del personaggio, mentre il Nume Okkoto si rifà a Re Lear). Hai tutte queste cose, che sono la ricchezza originale dell'opera, che ho tentato di conservare al meglio. :-)

    Se cerchi sul forum Ghibli, o anche sull'altro che frequento può assiduamente (pluschan) troverai pagine e pagine di spiegazioni PUNTUALI di scelte PUNTUALI su dialoghi PUNTUALI, nonché spiegazioni generali che si rifanno a quello dichiarato, inteso e fatto esplicitamente dall'autore.

    Hai visto Mononoke Hime in italiano, per la prima volta, come molti altri. Intendo che a te il suo tono linguistico non ti è piaciuto granché. Va bene così: l'importante è che tu possa sapere se Mononoke Hime ti piaccia oppure no, e a quanto pare la risposta è "ni". :-)

    PS:
    Non è che in questo testo ci sia stato un uso smodato di dislocazioni linguistiche, o che le frasi siano particolarmente involute, salvo quando ho ritenuto necessario che fossero come sono, per precisi motivi che non ho alcuna remora a esplicitare a puntuale richiesta. La sintassi dei ogni singola frase del copione si è riprovata correttamente italiana, anche. :-)
  • Shito ha scritto:Non presumere la semplicità, anche solo la "naturalezza" del testo originale alle orecchie dei nativi: non è così. Potrai trovare su internet pagine e pagine di giapponesi che si chiedono fra loro "che significava questo?", "Ma cosa significa quest'altro?".
    Non presumo la semplicità, beninteso, presumo il non-ridicolo (dove per ridicolo intendo "che fa venir da ridere quando non dovrebbe"). La versione, purtroppo, risulta ridicola per il pubblico, e trovo che questo non vada troppo bene.

    (otome=pulzelle, di cui parli più in basso, è corretto quanto si vuole, ma "pulzella" in italiano fa ridere, "otome" in giapponese è poco corrente ma non è ridicolo, non so se mi spiego)
    Shito ha scritto:Nel testo originale hai usi arcaici di termini buddhisti e non, a partire da 'bestia' (la lettura "shishi" del kanji che oggi si leggerebbe "shika", e che *oggi* con la pronuncia contemporanea significa *cervo*, ma qui significa "bestia")
    Questo lo ho apprezzato molto, e ho apprezzato molto "principessa spettro", che mi pare renda meglio l'idea e che soprattutto evita la confusione per la quale la povera San è spesso chiamata Mononoke.
    Shito ha scritto:Hai visto Mononoke Hime in italiano, per la prima volta, come molti altri. Intendo che a te il suo tono linguistico non ti è piaciuto granché. Va bene così: l'importante è che tu possa sapere se Mononoke Hime ti piaccia oppure no, e a quanto pare la risposta è "ni". :-)
    Lo vidi già, nella vecchia traduzione. E il film mi è piaciuto eccome, semplicemente ricordavo mi piacesse meno :)

    Aggiungo che comunque, pur non condividendo il metodo, apprezzo molto il merito di questa traduzione. Tradurre Mononoke Hime non deve essere affatto banale, e le scelte che si fanno necessariamente scontentano qualcuno.
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  • Non dovresti assumere sottobanco che ciò che fa ridere te, ciò che suona ridicolo a te, ciò che suona strano a te, o ai tuoi amici, o al tuo comunque ristretto gruppo doi interlocutori, valga per tutti. Chiaramente tu come ciascuno, non sei *il* pubblico: ne sei parte. E chiaramente non puoi neppure assurgere implicitamente a 'norma' o 'zero' del pubblico. Nel corso di ormai circa cinque lustri di operato professionale ho trovato infinite sconfessioni di simili assunzioni surrettizie di soggettivo ad oggettivo. Cose stranissime per l'uno sono banali per l'altra. E viceversa. E' accaduto realmente sulle cose più banali. Ho almeno un certo storico. :-)

    Il mio criterio di base resta sempre il medesimo:

    Corretto/scorretto = oggettivo = obiettivo = ragione 'forte'.

    Bello/brutto, ridicolo/serio, normale/strano = soggettivo = relativo = ragione 'debole'.

    Come si potrebbe seguire la ragione debole del singolo -me incluso, me per primo- se si opera sull'opera altri e lo si fa per i molti?

    Non si può.

    Il punto è, per intenderci, che non ha alcun importanza se *io* in primis trovi ridicolo o meno pulzelle. Se lo trovi bello o brutto. Queste sono tutte ragioni insignificanti. :-)

    Il punto è: cosa significa il termine giapponese, come è oggettivamente connotato (verifica su dizionari monolingua), cosa significa il termine italiano, come è oggettivamente connotato (verifica su dizionari monolingua) -> oggettiva e motivata opportunità di uso di un termine sull'altro.

    Ah, a molti 'pulzella' evoca Jeanne d'Arc, la "pulzella di Orleans", e fa subito pensare alle fanciulle d'epoca tardo medioevale. Come mai a te fa ridere? Chiedo per sapere, onestamente. Ognuno ha le sue associazioni di idee dietro a ogni parola, sedimentate nel corso della propria singola esperienza linguistica di vita.
  • Fa ridere perché, oggettivissimamente, in italiano il linguaggio, diciamo, medievaleggiante ha assunto un sottotesto di ridicolaggine. Sarebbe molto interessante il capire perché, dato che è una peculiarità dell'italiano: in inglese (lingua che conosco molto bene) non avviene, e neanche in giapponese (lingua che io conosco a spanne, ma ne ho parlato con chi la parla). Però è cosí.

    Discutevo con un altro utente di questo forum (nipponofono, peraltro) proprio di questo fatto, ai tempi della mia ultima risposta. E capisco che complichi di moltissimo la traduzione di un'opera come Mononoke Hime. Supponevamo che parte del problema sia dovuto alla popolarità di film come L'Armata Brancaleone, ma dubito che sia solo questo.

    Io comunque starei molto, molto attento a limitarmi al dizionario. Prima di tutto trovo molto piú oggettiva una sala gremita che ride (non io e i miei quattro amici) che un dizionario scritto da un singolo linguista. Poi, il dizionario parla della semantica di una parola, ma rarissimamente è in grado di cogliere l'effetto che tale parola produce nell'ascoltatore. Se dico "compleanno" o "genetliaco" sto parlando (circa, dato che l'esatto sarebbe "dí genetliaco", o simile) della stessa cosa, semanticamente. Ma è piú che ovvio che io usi l'uno o l'altro per ottenere diversi effetti.
    Lorenzo Breda
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  • Ciò che dici cade in assurdo. "Oggettivamente suona ridicolo"? E' un ossimoro. Un 'oggettivamente' seguito da un giudizio di valore, figurarsi.

    Una sala gremita è UNA sala, ed è la sala di UNA località italiana. Non occorre citare Protagora per rendersi conto che nell'uomo misura di tutte le cose esistono pressoché infiniti intervalli imbottigliati, ovvero insiemi concentrici: tu, la tua famiglia, il tuo pianerottolo, il tuo palazzo, il tuo quartiere, la tua città, la tua provincia, la tua regione, la tua nazione - tanto per citare i più demarcati a livello nazionale.

    Nella sala dove ho visto il film io, nessuno ha riso se non per l'aspetto (non per il nome citato) del Dio Bestia. Era gremita anche quella, quindi?

    Nei racconti di molte alte sale gremite, nessuno rideva. Quindi?

    A me per uno, l'italiano mediovaleggiante (che poi l'hai visto solo tu, dato che nel medioevo manco esisteva l'italiano, e anche solo a tornare indietro a Boccaccio, come vorrebbe il Bembo, avresti frasi con determinante-determinato e sintassi alla latina, tipo: "Veramente gli uomini sono delle femmine capo, e raramente senza l'ordine loro riesce l'opera nostra al laudevole fine" - non vedo nulla di simile nel testo del mio adattamento di Mononoke Hime), quindi ripeto: temo che tu stia davvero, ma davvero davvero, sopravvalutando la tua percezione statistica delle cose.

    Comunque, non uso solo i dizionari. In primis ne uso più e più e faccio una collatio di raffronto. Anche solo vedere l'evoluzioni di alcuni lemmi tra le ultime due edizioni del Treccani è fantastico. Ma per vedere se una cosa 'si dice', piuttosto che affidarmi alla nobilitazione della mia ridotta e insignificante esperienza di vita, mi affido a Google: metti tra " " un'espressione, e vedi quanti hit trovi. Se superano le centinaia di migliaia, quantomeno 'si dice'. La correttezza, invece, la rimettiamo ai calepini. ;-)
  • Shito ha scritto:Ciò che dici cade in assurdo. "Oggettivamente suona ridicolo"? E' un ossimoro. Un 'oggettivamente' seguito da un giudizio di valore, figurarsi.
    Non è un giudizio di valore, non sto dicendo "ridicolo" come giudizio, ma come effetto su un pubblico. Un banale modo per far ridere un pubblico è parlare un italiano antiquato. E, ripeto, sarei molto curioso di analizzarne i motivi, piuttosto che di disquisire su se sia o no cosí, perché mi sembra davvero lampante che sia cosí.
    Una sala gremita è UNA sala, ed è la sala di UNA località italiana. Non occorre citare Protagora per rendersi conto che nell'uomo misura di tutte le cose esistono pressoché infiniti intervalli imbottigliati, ovvero insiemi concentrici: tu, la tua famiglia, il tuo pianerottolo, il tuo palazzo, il tuo quartiere, la tua città, la tua provincia, la tua regione, la tua nazione - tanto per citare i più demarcati a livello nazionale.
    Oh, ma sei tu quello che parlava di dizionari, eh. Scritti da un pugno di linguisti, e senza neanche l'obiettivo di spiegare se una parola è buffa o no. Se una sala non è un metro, ed è ovvio non lo sia, figuriamoci un dizionario
    Nella sala dove ho visto il film io, nessuno ha riso se non per l'aspetto (non per il nome citato) del Dio Bestia. Era gremita anche quella, quindi?

    Nei racconti di molte alte sale gremite, nessuno rideva. Quindi?
    Quindi se lo aspettavano, o quindi erano maggiormente allenati a rispettare un'opera, o chissà quanti altri quindi. E magari qualche "quindi" era pure in sala da me, eh, ma trovo sia un atteggiamento molto sensato, in Italia, il percepire come buffo un linguaggio di quel tipo.
    A me per uno, l'italiano mediovaleggiante (che poi l'hai visto solo tu, dato che nel medioevo manco esisteva l'italiano, e anche solo a tornare indietro a Boccaccio, come vorrebbe il Bembo, avresti frasi con determinante-determinato e sintassi alla latina, tipo: "Veramente gli uomini sono delle femmine capo, e raramente senza l'ordine loro riesce l'opera nostra al laudevole fine" - non vedo nulla di simile nel testo del mio adattamento di Mononoke Hime)
    Sei tu che hai parlato di "tardo medioevo" per "pulzella", non io. Io ci ho messo un "diciamo" davanti, per far capire di che parlavo, ma certo non per condividere il giudizio. La lingua che hai usato, suppongo con cognizione di causa, non ha alcun corrispettivo in alcuna epoca storica, e la sintassi che utilizzi in praticamente ogni film è anche peggio da questo punto di vista. Tua scelta, che non condivido minimamente, ma ormai me la aspetto e neanche ci faccio piú caso.
    quindi ripeto: temo che tu stia davvero, ma davvero davvero, sopravvalutando la tua percezione statistica delle cose.
    Nono, tranquillo, anche perché nella statistica ci bazzico parecchio. Io ho detto che trovo "piú oggettiva" una sala di un linguista, non che una sala sia un campione statistico valido. Semplicemente, quella sala mi pare rappresentativa di quello che mi sembra abbastanza diffuso.
    Comunque, non uso solo i dizionari. In primis ne uso più e più e faccio una collatio di raffronto. Anche solo vedere l'evoluzioni di alcuni lemmi tra le ultime due edizioni del Treccani è fantastico. Ma per vedere se una cosa 'si dice', piuttosto che affidarmi alla nobilitazione della mia ridotta e insignificante esperienza di vita, mi affido a Google: metti tra " " un'espressione, e vedi quanti hit trovi. Se superano le centinaia di migliaia, quantomeno 'si dice'. La correttezza, invece, la rimettiamo ai calepini. ;-)
    Io inizierei a usare le persone. Anche se il tuo atteggiamento mi sembra molto quello di portare avanti la tua idea, che sia o meno condivisa da un ampio pubblico. Che è una cosa rispettabile, eh, sei un artista, non un operaio. Ma forse non è una cosa rispettosa.
    Lorenzo Breda
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    If you couldn't find any weirdness, maybe we'll just have to make some!
    Hobbes, Calvin&Hobbes

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  • Sicuramente ho un'idea che porto avanti, sono qui a discuterla onestamente. Eventualmente a modificarla, migliorarla, rifinirla. :-)

    La mia idea è che l'esperienza diretta di una singola persona sia sempre ristretta. Tu mi dici: "usa le persone". Facendo così dovrei dire: nei cinema che ho frequentato, l'effetto di 'risa per il linguaggio usato' non c'è proprio stato. Quindi, "usando le persone", dal mio p.d.v. dovrei ascrivere la tua pari esperienza come 'non conforme'. Ma non avrebbe senso. La tua esperienza (una sala cinema gremita) vale quanto la mia (una sala cinema gremita). E entrambe, nella mia logica, non valgono nulla. Potrei fare una statistica dei report che mi sono stati fatti: chi ha riportato "nessuna risata", chi ha riportato "risare per "Dio Bestia" e simili", chi ha riportato altro. Come puoi immaginare, tra colleghi, amici, persona che mi scrivono, etc etc, ho una certa statistica. Ma non vale ancora nulla. Questo film è stato visto da circa 60000 persone (biglietti staccati). Quindi, anche facendo la statistica su qualche centinaia, ancora non conta.

    E anche con 60000, ancora non conterebbe.

    Perché nel tempo, quello che io ho fatto resterà, e verrà visto da altre persone. In TV. In home video. Chissà come e quanto ancora.

    Non voglio, e ancor più non intendo, scivolare nelle sabbie mobili della contemporaneità transeunte.

    Per dire: Mononoke Hime è un film giapponese del 1997. La sua essenza è ferma nel tempo, ed è quella che è.

    Ora, il pubblico locale vive il suo tempo, e il tempo passa. Un tempo mi dissero che non avrei dovuto usare una cosa come "non ci posso credere" perché pare che al tempo fosse un qualche stupido tormentone di un qualche stupido comico, ma tenere in conto cose simili per me è pazzia. I tormentoni passano. Le mode passano. Gli uomini muoiono. Le generazioni si alternano. Le opere restano.

    Bisogna pensare all'integrità dell'opera, che sovrasta e torreggia sulla caducità dell'essere umano.

    Quindi, l'opera da un lato, nella sua obiettività. L'obiettività della lingua d'arrivo dall'altro. Tutto quel che c'è di mezzo sarà spazzato via dalla furia del tempo. :-)

    Questo, in sostanza, il nerbo con cui muovo il bisturi di Ockam con cui cerco di operare professionalmente. E non sono nulla come un artista, no. Sono solo un operatore professionale. Un artista esprime sé stesso. Che è certamente ed esattamente ciò che chi opera nella mia posizione si deve rigorosamente sforzare di evitare di fare. :-)

    Ah, per 'mediovaleggiante' non dicevo di una 'lingua italiana medioevaleggiante', mi riferivo a rare, sparute parole di lemmario diacronicamente caratterizzato. Nulla più. :-)
  • Tu
    Sei andato via da un po'
    Hai deciso che
    Non era giusto non amarsi più
    Le mani
    sul viso
    Cercano una forza che non ho
    Vorrei morire subito
    Così
    Non sarà giusto ma è cosi
    L'alba che verrà
    Un nuovo amore non avrà
    Il cuore
    Fa male
    Batte un po' più lento dentro me
    È poca l'abitudine
    Di sentirmi libera e
    Con te
    Ho speso tutta la mia età
    Cosa ne farò
    Di quelle frasi scritte sul telefono
    Siamo noi la vita che fa vivere nel cuore
    Questo amore incancellabile
    Cosa ne farò
    Le rileggerò
    Per poi pensare che
    Di te
    Solo un messaggio resterà
    Ma la verità
    È solo una ferita dentro l'anima
    Che si riaprirà tutte le volte
    Che i pensieri danno scene irripetibili
    La tua bugia
    A una ragazza di periferia
    E tu
    Ragazzo di città
    Mi racconterai
    Parlando con gli amici tuoi
    Magari
    Per gioco
    Sopra la mia storia riderai
    Per le mie sere stupide
    Dove fingevi un brivido
    Con te
    Ho speso tutta la mia età
    Cosa ne farò
    Di quelle frasi scritte sul telefono
    Siamo noi la vita che fa vivere nel cuore
    Questo amore incancellabile
    Cosa ne farò
    Le rileggerò
    Per poi pensare che
    Di te
    Solo un messaggio resterà
    Ma la verità
    È solo una ferita dentro l'anima
    Che si riaprirà tutte le volte
    Che i pensieri danno scene irripetibili
    La tua bugia
    A una ragazza di periferia

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/A/testi_canzo ... 42265.html
    Tutto su Anna Tatangelo: http://www.musictory.it/musica/Anna+Tatangelo
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