[Hayao Miyazaki] La Città Incantata

Hayao, Isao e tutto il baraccao. L'Oriente a regola d'Arte dove fare amicizia con streghette, strani esserini e maiali volanti, ed incontrare castelli fra le nuvole e mondi microscopici.
  • Rivisto qualche giorno fa.
    Capolavoro.
    Il ritmo della scena in cui Chihiro corre via tra le botteghe che si accendono con le sagome scure degli spiriti dopo che Haku le aveva detto di scappare è incredibile, ti rapisce, soprattutto poi dopo aver visto la nauseante visione dei genitori trasformati in maiali.
    Chihiro è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, rappresenta l'infanzia non ancora sporcata dal mondo, un'infanzia che non ha dimenticato il contatto con la natura e il sopranaturale ( infatti aveva capito subito che non bisognava addentrarsi in quel tunnel, ma il padre, il signor carta di credito, non le ha dato retta e alla fine è diventato un maiale, quante persone che vivono per il consumismo sono in realtà dei maiali?).
    Ma anche il mondo degli spiriti è corrotto... tutti cercano l'oro del Senza Volto, il figlio enorme di Yubaba ha problemi comportamentali a causa dell'iperprotettività della madre, la stessa Yubaba è attaccata al danaro e imprigiona gli altri rubando loro il nome.
    Cosa rappresenta il treno? Perchè Rin vorrebbe prenderlo? Dove porta davvero il treno?
    Credo che la vicenda affettiva tra Chihiro e Kohaku sia molto dolce e delicata, una delle migliori.
  • Ho la sensazione che tu abbia colto molto bene certe cose del film, e al tempo stesso abbia frainteso certe altre.

    C'è da dire che l'edizione italiana di questo film è tutt'altro che fedele nel testo. Alterazioni arbitrarie sono state introdotte per alterare il sequitur delle scene e la caratterizzazioni dei personaggi.

    Le prime cose che mi vendono in mente: quando Sen vede per la prima volta da lontano il drago bianco nel cielo (dopo che Haku l'aveva accompagnata dai genitori nel porcile), non dice affato 'Haku'. Non dice niente. Non riconosce nulla. Quando Chihiro vedrà in seguito Haku inseguito dagli hitogata da di Zeniba, solo allora -e senza un motivo- le 'verrà' il nome di Haku. Infatti si vede chiaramente nella regia. Se avesse giòà precedentemente riconosciuto nel 'drago' il suo amico Haku, senz'altro la regia di qualle scena non avrebbe alcun senso.

    Le caratterizzazioni: Chihiro è stata molto addolcita, ingentilita. Quando in italiano lei sta attraversando per la prima volta il ponte e dice tutta favolisticamente rapita "E' magico...!", in originale dice "Che strano!", con una voce da "Ma che è 'sta roba?". All'inizio del film, in giapponese, Chihiro è molto, molto più stordita, lagnosa, lamentosa.

    Di fatto, Chihiro è stata creata da Miyazaki, primo caso nella sua carriera, per essere/rappresentare una ragazzina 'realistica' dei nostri tempi. E' stordita, si lagna e si lamenta di tutto con una voce quasi biascicata, non ha alcun atteggiamento positivo nei confronti della vita.

    Questa ragazzina realistica, l'ispirazione per la quale venne (dichiaratamente) a Miyazaki dalla visita ad alcuni parenti con nipotina di quell'età, Miyazaki la scaglia in una situazione di crisi in cui deve fare l'adulta, per forza: nessuno pensa a lei. Anche chi l'aiuta, le indica semmai cosa deve fare, ma deve farlo lei. E' il mondo degli adulti, in cui ti devi conquistare ogni cosa, e nessuno fa niente per niente.

    Non ci sono 'veri buoni' e 'veri cattivi'. Yuubaba è un povero diavolo anche lei: manda avanti un'impresa, ha mille responsabilità, e un figlioccio viziato che è cresciuto solo nel fisico, ma tra balocchi e profumi è rimasto un infante.

    Anche Kamaji chiede lavoro a Chihiro in cambio di quello che le offre. E quando chiede un favore a Rin, a sua volta le offre una contropartita. E' il mondo degli adulti.

    Miyazaki dichiarò che Kamaji è calcato sull'idea di un animatore, che deve avere mille mani per mandare avanti la produzione, mentre Yuubaba su quella del direttore di uno studio di animazione, se ben ricordo, che deve far quadrare tutto tra soldi, conti, e cose.

    Le 'donne' del bagno pubblico sul copione giapponese sono riportare come 'prostitute'. Sono intrattenitrici, e si vede dall'abbigliamento, dai sorrisi compiacenti, e dal fatto che siano 'lumache' antropomorfe.

    E quando un cliente facoltoso e pericoloso chiede di Sen, a tutti i costi di Sen, Yuubaba gliela da in pasto, dicendole "va dentro, compiacilo e cerca di scucirli quanto più soldi puoi". E' il lavoro dell'intrattenitrice in qualsiasi locale notturno (in giapponese: kyabakura, da 'Cabaret Club): fai ridere il riccone e intanto lo fai bere e consumare cose che pagherà a fine serata.

    Il mondo degli spiriti, in questo film, altro non è che una perfetta allegoria dello stessissimo mondo da cui vengono i genitori di Chihiro, e Chihiro stessa.

    Anche Chihiro quando arriva da Yuubaba era una bambina viziata dagli agi, anzi: SEDATA dagli agi, come il figlio di Yuubaba. Yuubaba, quando le 'cambia il nome', lo dice proprio: "Ti chiami Chihiro, eh? Che nome di lusso...!", e le toglie un po' di kanji, perché una sguattera non si meriterebbe un nome così da nobile, troppo ricercato. Per la cronaca, come si intende il fatto del "essere padrone del nome = avere potere sulla persona" è un'eredità della narrativa della LeGuin, Earthsea, vero-nome, Lebannen, etc.

    Il punto è (tutte cose dichiarate ufficialmente) che Miyazaki è sfiduciato verso gli adulti, e fiducioso della potenzialità dei bambini.

    Quindi, anche se Chihiro è una bambina sedata dalla contemporanea società (degli adulti), scaraventata in una situazione di 'crisi totale' comunque 'riesce a tirare fuori la forza' (chikara wo dashite), e risolve la crisi affermando la sua volontà.

    Ovviamente, il realismo del personaggio va a farsi benedire. ^^;

    Nel senso che Chihiro, che parte realistica, divenuta Sen è divenuta anche una della 'fanciulline ideali di Miyazaki', totalmente idealistica, non ha desideri materiali, anzi rifiuta persino la ricchezza, perché "non la voglio, non mi serve" (il famoso "iranai" dinanzi all'oro del SenzaVolto/KaoNashi). E' insomma diventata un'ennesima miniatura di Clarisse De Cagliostro, o una Lana, una Sheeta... è comunque Miyazaki Hayao, del resto, e suppongo vada bene così. Qui dunque abbiamo dunque non la faciullina che con un bicchier d'acqua redime il signor ladro, ma la fanciullina che con la sua spontaneità di candore manda in crash il simbolo della società consumistica in quanto tale (il KaoNashi). La cosa terrificante, per me, è che il KaoNashi, senza volto, non sa rispondere a Chihiro quando lei gli chiede "un posto dove tornare, non ce l'hai?", "dei genitori, non ce li hai?", e lui dà di matto vergognandosi e dicendo solo "mi sento solo... me sento solo..." - il modo relazionale della società consumistica espropria dell'identità personale, e io credo che sia molto vero. Il tema di "Avere o Essere" è sempre molto attuale, del resto. Come quello di "Delitto e Pena".

    I contenuti ci sono tutti. Credo che il bello sia che -ancora una volta, dichiaratamente, se mai ce ne fosse stato il bisogno- alla fine non solo Chihiro non ricorda nulla di ciò che ha passato, ma NON è cambiata, NON è maturata (non ha memoria, del resto): ha soltanto dimostrato che in lei, in una bambina, il potenziale di vita c'è, anche se la società postmoderna non fa che sedarlo.

    In effetti, è proprio un bel film. ^^
    Ultima modifica di Shito il mercoledì 12 marzo 2014, 17:10, modificato 1 volta in totale.
  • Grazie per i chiarimenti.
    Non avevo compreso che alla fine Chihiro dimentica tutto dell'avventura passata, in effetti mi sembrava strano che tornasse ad aggrapparsi al braccio del padre.
    Si, i bambini conservano ancora del buono, nonostante la società voglia fare di tutto per estirparglielo; mi torna in mente l'idea del fanciullo interiore, forse c'è speranza anche per gli adulti, chissà, se solo si svegliassero dal torpore.
    La fanciulla angelicata secondo me rappresenta la parte migliore in ognuno, la parte immune agli attaccamenti verso le cose terrene.
    Rimane l'enigma del treno, pazienza.
  • Icnarf ha scritto:Grazie per i chiarimenti.
    Non avevo compreso che alla fine Chihiro dimentica tutto dell'avventura passata, in effetti mi sembrava strano che tornasse ad aggrapparsi al braccio del padre.
    Grazie a te per la lettura e la conderazione.

    Non avevi compreso, ma avevi notato il dettaglio cruciale: la Chihiro che attraversa il tunnel 'al ritorno' è la stessa che lo attraversava all'andata, c'è un montaggio parallelo chiaramente inteso.

    Miyazaki ha la 'fissazione' dei tunnel, questi passaggi simbolici che imbocchi, ma non sai a priori dove sbucherai. Ce n'erano diversi in Totoro, c'è ovviamente questo, e c'è il tunnel 'simbolo assoluto' in Ponyo. :-)

    Sono certo che a pensarci ne troveremmo altri, ma non credo che lui lo faccia apposta. credo sia un modo di sentire le cose che ha e che quindi torna inevitabilmente in ciò che spontaneamente crea.
    Si, i bambini conservano ancora del buono, nonostante la società voglia fare di tutto per estirparglielo; mi torna in mente l'idea del fanciullo interiore, forse c'è speranza anche per gli adulti, chissà, se solo si svegliassero dal torpore.
    E' un discorso molto difficile. Anche dire semplicemente 'i bambini sono puliti e buoni mentre gli adulti sono sporchi e cattivi' (non dico che tu intenda questo) è una forma di misofobia etica, ovvero un modo di 'viziarsi restando infantili'. Porco Rosso è così, ed era un eroe - nel suo film. Fujimoto è lo stesso identico tipo, ed era lo sconfitto e sfigato per antonomasia, nel suo film. Viene da pensare che Miyazaki ci abbia ripensato. Ma colleziona ancora aeroplanini. E' un discorso difficile: probabilmente la ricerca eterna di un equilibrio davvero impossibile.
    Icnarf ha scritto: La fanciulla angelicata secondo me rappresenta la parte migliore in ognuno, la parte immune agli attaccamenti verso le cose terrene.
    Rimane l'enigma del treno, pazienza.
    E' molto bella la lettura che dai della Nausicaa, della kore (dico quindi la Nausicaa omerica, la purezza dell'animo). Non credo che Miyazaki abbia simili questioni lucidamente chiare nella mente: come il figlio ebbe ad argomentare, Miyazaki Hayao è 'eros', laddove Takahata è 'logos'. Personalmente concordo.

    Quanto al treno, non è un enigma. Gliel'hanno chiesto. ^^

    Miyazaki rispose: "da molto tempo volevo disegnare un treno che corre sull'acqua, questo film mi ha dato la possibilità di farlo".

    Essenzialmente, è un errore da lettura pensare che a monte dell'autorialità di certe scelte vi sia sempre una teleologia. Un fine, uno scopo, un significato inteso.

    Ci sono cose che da Panda Kopanda tornano in Ponyo (le barche ormeggiate come aquiloni su una città sommersa). Miyazaki Hayao è una animatore: è una persona a cui piace disegnare immagini. ^^

    Non intendo dire che nella scena del treno non ci sia significato. Intendo dire che *il fatto che un treno corra sull'acqua* non è portatore di alcun simbolismo.

    Il significato?

    In quella scena, Chihiro è "responsabile". Mentre gli altri, i "bambini" fanno cagnara e si divertono spensierati, lei ha uno sguardo greve. Se perde la stazione, nessuno la avvertirà. Nessuno pensa a lei.

    Lei pensa ai piccoli, ma nessuno pensa a lei.

    L'irresponsabilità di ciascuno è sempre resa possibile dalla responsabilità di qualcun'altro, no?

    E' una scena molto bella. Molto intensa. E' un cammino in cui la Bimba passa a comportarsi da Mamma. Hai notato come tratta il SenzaVolto? Come un bimbo piccolo: "siediti qui e stai buono, eh". Lei indica cosa fare, dà agli altri il permesso di fare le cose, pensa ai biglietti. Quando gli altri, come bambini stanchi dopo il gioco, si appisolano beati lei è vigile e seria. Deve pensare a sé stessa e agli altri.

    Capita spesso con Miyazaki che una bimba mostri tutt'a un tratto la psiche materna: lo fa Mei nelle scene di chiusura do Totoro esattamente come poi Ponyo dopo aver realizzato l'esistenza del bebé, un essere 'più bambino' di lei. ^^
    Ultima modifica di Shito il martedì 17 giugno 2014, 12:21, modificato 1 volta in totale.
  • Visto anche io, e in generale condivido le impressioni sui significati nascosti del film, ma devo purtroppo ammettere di averlo trovato decisamente troppo, ma troppo pesante. Dopo un po' questa cosa di mandare avanti la trama per continue allegorie ha cominciato davvero a farsi sentire.
    In ogni caso, io ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un moderno Alice, sono il solo?

    Comunque il Ghibli che ho apprezzato di meno, finora.
    For now I've lost everything,
    I give to you my soul.
    The meaning of all that I believed before
    escapes me in this world of none.
    I miss you more

    (Genesis, Afterglow)
  • Mmmh, il mio suggerimento è quello di non prendere tutte le allegorie come schiettsamente intese dall'autore. Perché Miyazaki Hayao non è quel tipo di autore. Miyazaki Hayao è un autore che vamo molto a "spirito del momento", nonché a "suggestione & sensazione". Per esempio, è noto che tutti hanno inteso la scena del treno come uber-simbolica, quando poi lui dichiarò: "l'ho messa perché avevo sempre voluto disegnare un treno che corre sul pelo del mare. Questo film mi ha dato l'occasione di disegnarlo". Letteralmente. Se chiedi a me, un significato in quella scena c'è. Io ci vedo semplicemente che Chihiro lì sembra una piccola adulta: deve stare attenta alle fermate, se si addormentasse, o sbagliasse a contarle, nessuno si preoccuperebbe per lei. Mi sembra l'ennesima 'necessità di crescita' della bambina. In fondo, questo è il film di "di necessità virtuù" nella vita di una fanciullina di oggi, e nulla più. E' il film cuon cui l'autore voleva dire alle ragazzine giapponesi stordite dalla società consumistica che dentro di loro c'è sicuramente la forza per farcela nella vita, solo che non lo sanno, che la società non gli fa mettere in atto il loro potenziale. E poi ci sono tante suggestioni. E credo sia anche bello dire "tutto qui". :-)
  • A tutt'oggi rimane il film d'animazione non Disney più bello che abbia mai visto.
  • Imho è il più suggestivo.

    Più bello però no. I limiti di narratore di Hayao si vedono pure qua, con una sceneggiatura poco compatta, che quando nella seconda metà vira verso una strutturazione...fa intravedere anche qualche limite. Sarà un caso che la parte che acchiappa di più sia la prima metà, con Chihiro sottoposta a traumi e ceffoni morali di ogni tipo? Certo, non è Howl, nel quale è notorio si sia pesantemente incasinato anche per via dei tempi di lavorazione, o Mononoke in cui il finale sbava parecchio come tempistiche.

    Sarà un caso che l'Hayao che reputo migliore, più spontaneo, più genuino sia quello episodico e assolutamente non narrativo di Kiki, Totoro e Porco Rosso? Film in cui a prevalere sono le sensazioni, i cenni, il minimalismo, l'aneddotica, l'autenticità.

    Perché lui non è narratore, è animatore. E chi anima si specializza sul particolare, più che sull'insieme.
  • Valerio, dipende da cosa intendi come 'limiti di narratore'.

    Nel senso che canoni oggettivi non ce ne sono, salvo voler essere degli strutturalisti dichiarati o impliciti, e secondo me non è mai bene.

    Tu hai un Miyazaki Hayao che dice chiaramente di aver smesso di pensare in una schietta logica meccanicistica di 'spiegare le cose'. A volte diceva che delle narrazioni così sono 'da videogioco' (lol), per esempio per Howl diceva che aveva intenzionalmente lasciato in ombra il concetto di magia nel film perché altrimenti tutta la storia diventa uno 'spiegare come funziona la magia in un dato mondo', e non gli interessava farlo.

    Quello che vorrei dire è che, dai tempi di Earthsea (ovvero: Sabaku no Tami e Shuna no Tabi e Nausicaa) Miyazaki più che cresciuto è invecchiato, e ha spostato il suo interesse di narratore dalla 'meccanica' della storia (unisci i punti, capisci chi è l'assassino, capisci da cosa discende cosa affinché "tutto torni", hai presente?), all'aspetto più sensoriale e suggestivo delle storie che *mette in scena*.

    Ha citato l'influenza della favolista Nakagawa Rieko proprio per questo: una narrazione fatta più di suggestioni che di 'struttura della trama' - il che è stato massimamente evidente e inteso con Ponyo.

    Il che neppure vuol dire che Miyazaki sia "nel giusto" e chi adora Agatha Christie sia "in torto". Quello che vorrei dire che non si possono imputare come "difetti obiettivi" ovvero "mancanze oggettive" quelle che si riprovano essere tratti stilistici effettivamente intesi da un autore.

    Ti faccio altresì notare che Totoro, Kiki e Porco Rosso, da te citati come 'non narrativi', sono semplici nella narrazione, ma perfettamente meccanicisti:

    Stato di quiete -> turbativa della quiete -> crisi -> risoluzione della crisi e riconquista dello stato di quiete.

    Che è un po' l'ABC della drammaturgia forse fin da Eschilo, per noialtri occidentali. Nei film che tu citi, "tutto torna", perfettamente - benché non ci fosse molto da far tornare, perché sono fabule semplici, non assai intrecciate. Laputa è un po' più intrecciata, ma è altrettanto meccanicistica. Nausicaa (il film) lo stesso. Il manga, verso il finale, incomincia a sfumare verso un meccanicismo meno netto, ma è ancora e infatti l'eredità (anzi: la conclusione) di "quel" Miyazaki Hayao.

    E' evidente che, dopo Mononoke Hime, Miyazaki Hayao non è più stato interessato a questo genere di narrazione.
  • Io un po' strutturalista mi ci sento, per tanti motivi, che vanno dall'imprinting alle mie opinioni, ma non ho alcun problema ad affrontare "narrative diverse" che abbiano la visionarietà, la sensorialità, l'edonismo, l'estetica come motore principale.

    E io, per quanto riconosca che i film del "periodo lieve" un meccanicismo...lieve implicitamente ce l'abbiano, percepisco comunque che latentemente c'è tutta un'altra inclinazione, che chiaramente esploderà dopo.

    Il punto è che io personalmente non amo troppo l'Hayao invecchiato. E il motivo è che trovo che in questa fase le sue opere siano un po' incoerenti. Non rinunciano del tutto a strutture e meccaniche, qualche pretesa ce l'hanno. Pongono basi, offrono spunti, che vengono disattesi.

    Poi vabbè, ci sarebbe anche da discutere che se di contaminazioni vogliamo parlare, è possibilissimo anche percorrere una terza via, che riesca a conciliare struttura e sensorialità in modo convincente, senza rinunciare a nessuno dei due aspetti. Ma spalancheremmo una parentesi infinita...
  • Beh, si dice che ad aver conciliato struttura e sensorialità nella narrativa sia stato solo Göthe, oltre a un titolo di un bel romanzo di Jane Austen malamente tradotto (il titolo) in italiano, che io traduco invece come "Senno e sensibilità" (salva anche l'allitterazione, phew!).

    Ciò detto, se fai della *narrativa*, una struttura ci sarà quasi di sicuro: il tempo. Siamo esseri sincroni, noi umani, e poiché mortali siamo condannati a vivere su un piano esistenziale "del prima e del dopo". Anche un montaggio acronico, è comunque struttura (la rottura di una struttura è una struttura, il destrutturalismo è un modo dello strutturalismo).

    Se tu denunci 'un incoerenza', però, nella narrativa altrui -nel caso di Miyasan- stai inevitabilmente facendo un processo alle intenzioni, ovvero impliciti che ciò che tu cogli come spunto intendesse esserlo, e quindi avverti la 'mancanza' di un ritorno che magari nella mente dell'autore invece non si pensava proprio doverci essere.

    Faccio un esempio banale, ma significativo.

    A Venezia, Hotel Des Bains (ah, Tadzietto Tadzietto!), intervista 'privata' a Miyasan su Ponyo - giornalisti italiani.

    Prima domanda: "Scusi maestro, questo film avrà un seguito?"

    Miyasan: °_° perché?

    Giornalista: eh, all'inizio c'è scritto "inizio", quindi abbiamo subito pensa a Star Wars, sa, episodio 4, le saghe...

    Miyasan: °_° no, ho scritto 'inizio' perché volevo dire ai bambini in sala: "attenzione, bambini! il film sta proprio cominciando, adesso!"

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    Sembra follia? E' successo DAVANTI AI MIEI OCCHI - e alle mie orecchie. Facevo da co-traduttore.

    Esistono cose come queste. Anche quello che tu chiami "basi" e "spunti" per l'autore potevano in effetti non essere né l'uno, né l'altro. Personalmente, e non è AFFATTO una critica, ti leggo qui molto intriso di teleologia e causalismo: ogni cosa in una narrazione deve esserci per un motivo e avere uno scopo. Brutte notizie però: nella realtà non è così. Se chiedi a me, gli uomini hanno creato religioni prima e finzione poi (che poi è la stessa cosa, Kojeve direbbe 'grandi narrazioni' e 'piccole narrazioni') per potersi consolare dall'angoscia di essere creature senzienti immerse nell'universo del caos, del casualismo (ah, come tutto cambia spostando una sola vocale!).

    Col che, a te giustamente la narrativa di Miyasan anziano non deve mica piacere per forza. Può in effetti farti del tutto schifo.

    Per dire, io trovo Fellini osceno, e Visconti magnifico.

    Non è un reato. ^^
  • Sì ma tranquillo, me lo godo comunque. :D

    Solo che nella parte finale di Mononoke non posso fare a meno di dire "mbé? Quanti giri in tondo mi fai, Hayao?", e in Howl fatico a non gridare al pastrocchio non intenzionale, tutto qui.

    Ponyo e Spiritati Via invece li mando giù decisamente meglio.
  • Valerio ha scritto:
    Solo che nella parte finale di Mononoke non posso fare a meno di dire "mbé? Quanti giri in tondo mi fai, Hayao?"
    E la storia dell'umanità, quanti ce ne ha fatti fare?

    A Gianbattista Vico l'ardua sentenza. ;-)

    In effetti -comunque- Mononoke Hime è proprio un unicum nelle opere di Miyasan. E' l'opera più 'impegnata' che l'autore abbia mai partorito, e scelgo questo termine con tutta la sua polisemia schiettamente intesa. Fu faticoso e doloroso, per lui. Una cosa davvero struggente come non mai, davvero un 'chikara wo tsukusu' (dare fondo alle proprie forze, come si dice in Kaze Tachinu), e lui sentiva di dover 'dire' quelle cose in modo impellente, necessario, categorico. E' proprio lo spartiaque della sua produzione artistica, che separa la giovinezza dall'anzianità. L'adultità, per lui, è M.I.A. - come accade a molti 'pensatori'. ^^
  • Salve a tutti i sollazzatori!

    Faccio un po' di quasi-crossposting mirato. :-)

    Dunque, la novità che volevo riportarvi è che le registrazioni del ridoppiaggio di Sen to Chihiro no Kamikakushi in italiano si sono concluse. :-)

    Non ho tenuto il solito 'diario di lavorazione' (che in genere redigo sul forum di studioghibli.org) un po' perché davvero non ne ho avuto tempo e possibilità materiali, un po' per quel che vado di seguito a illustrare.

    Sul primo fronte: abbiamo lavorato molto intensamente, tre turni (9 ore) di lavoro nette al giorno in sala, più qualche piccola aggiuntina che serve sempre. Nei rari 'buchi' di lavorazione abbiamo anche condotto i numerosi provini per Kaze Tachinu. :-)

    Sul secondo e più interessante fronte: credo che il ri-doppiaggio di Sen to Chihiro sia un argomento piuttosto delicato.

    Mi spiego.

    E' assolutamente facile andare a verificare le alterazioni del vecchio testo, del vecchio copione. Sul forum ghiblone s'è anche fatto, un po' a campione, e sono venute fuori cose al limite dell'assurdo, o del ridicolo: dove Chihiro dice 'no, non lo so', in italiano diceva 'sì, lo so' - l'esatto contrario! E cose simili. In effetti si potrebbe fare questo paragone, proprio punto-su-punto, per tutto il testo di tutti i dialoghi del film. E io almeno un pochino l'ho anche fatto, mentre redigevo il copione italiano, tenendo sott'occhio tutti i referenti che avevo raccolto. Dunque direi che, percentualmente parlando, le battute alterate in modo significativo (intendo: non sto contando un "Certo!" invece di "Sì!", chiaramente) si attestano intorno a circa il 60-70% del totale. Non male, eh?

    Beh, a onore del vero, in primis c'è molto da rammaricarsi che la precedente edizione italiana sia stata tradotta a partire dall'inglese. Perché partendo da lì, la traduzione italiana si riprova davvero fedele! Davvero, se i telefilm americani fossero tradotti con quel livello di fedeltà, saremmo a cavallo. Non solo: siccome la lavorazione fu fatta con l'audio giapponese come base, le battute *aggiunte* nell'inglese (e ce n'erano eccome, vere e proprie glosse del tutto gratuite messe fuori campo o di spalle) vennero per lo più eliminate. Il che ancor più dimostra la "volontà buona" dei professionisti che lavorarono al tempo sul film: l'unico grande peccato, purtroppo alla base, fu dunque partire dall'inglese invece che dal vero e unico originale: l'originale.

    Quindi?

    Beh, il punto è che Sen to Chihiro è un film dal testo molto semplice. Se Mononoke Hime è il film di Miyazaki Hayao col testo più complesso e difficile, preciso e puntuale e ostico e laborioso, al contrario Sen to Chihiro è il testo più semplice in assoluto. Non dico 'facile' o che. Ovviamente il film è ricco di sfaccettature e ha le sue cose, certo. Ma tutto il significato del film viene dalla vicenda stessa, dalla narrazione stessa: non dal testo delle battute in quanto tale. Il testo è davvero al servizio delle caratterizzazioni, qui. Nella sua semplicità. Si tratta davvero del primo film "anziano" di Miyazaki Hayao. La regia è molto focalizzata sulle situazioni e sui personaggi, sui visi, sulle espressioni.

    Per intenderci, anche questa volta ho redatto la mia brava "lista di concordanze terminologiche", ma il risultato è lungo forse un quinto, o ancora meno, dell'analogo di Mononoke Hime. E non perché sia stato io meno attento (ci mancherebbe!).

    Pertanto parlando della versione 'disneyanizzata' del film, quella che voi tutti avete più o meno visto in italiano, non si potrebbe, come per Mononoke Hime, dire che il significato del film è stato stravolto, o che i personaggi sono stati stravolti, o che l'atmosfera è stata stravolta. Piuttosto, direi che tutto il film è stato un po "spiegato", reso più "occidentale" in una certa volontà di far sì che "tutto fili bello chiaro e bello liscio", che tutto abbia un perché e un come mai. Diciamo che se già il film, di per sé, era forse il più (l'unico) realmente favolistico di Miyazaki, lo si è voluto favolizzare ancor più in ottica disneyana.

    L'altra cosa che è facile rilevare, in modo obiettivo, è che nel vecchio doppiaggio italiano l'età vocale di Haku (che no, non si chiama 'akù' e non è neppure un 'maestro', cattiva traduzione di 'master' inglese) era del tutto sballata. Il bravissimo, e sottolineo bravissimo, Emiliano Coltorti aveva 29 (ventinove) anni nel 2003. Irino Miyu, l'originale Haku, nel 2001 ne aveva 13 (tredici). Non ci vuole molto a capire che qualcosa non va, qualcosa non andava come avrebbe dovuto. Soprattutto quando Hiiragi Rumi, la Chihiro originale, era quattordicenne ai tempi della sua interpretazione, e la nostra Chihiro italiana, la brava Erika Necci, era lei stessa tredicenne quando ricoprì il medesimo ruolo.

    Quindi, se in giapponese abbiamo una Chihiro con voce reale, di una ragazzina vera, e un Haku suo coetaneo, in italiano avemmo una Chihiro con voce reale, di una ragazzina vera, e un Haku con *più del doppio* dei suoi anni. :(

    Ovviamente, questo ha sbilanciato completamente il rapporto tra i due, la percezione del rapporto tra i due. Nella versione italiana, Haku era diventato 'il salvatore' (più grande e più maturo) della fanciullina, più passiva e a lui sottoposta. Un po' il rapporto classico di cavaliere senza macchia e damigella da salvare. Ma nel film originale, Chihiro e Haku sono due coetanei nella stessa barca, e difatti 'si salvano a vicenda'. Il ruolo di Chihiro, che inizia come assolutamente inetta, si risolve in una maturazione e in una trasformazione verso una volitiva attività. Benché la piccola non ricorderà nulla dell'accaduto, a fine film, la narrazione e la messa in scena ci mostrano questo tipo di cambiamento... e del resto, come le dice Zeniiba, "una volta che le cose sono accadute, non è che le si dimentichi. E' solo che non si riesce a ricordarle."

    Quindi, in buona sostanza, il "nuovo" Sen to Chihiro che uscirà nei nostri cinema sarà "semplicemente" un Sen to Chihiro più vicino all'originale nelle atmosfere, nei dialoghi, nelle caratterizzazioni dei personaggi, in tutto insomma... ma non nel significato, che tutto sommato non si può dire fosse stato stravolto. Anche col 65% dei dialoghi alterati. ^^;

    Tuttavia ciò che trovo fondamentale è specialmente che, alla faccia del favolismo e dell'esotismo, c'è una sottile, ma neppure tanto sottile, trama di realismo che corre lungo tutta la pellicola. Il film si apre con una situazione, dei personaggi davvero veritieri: una giovane famiglia che si trasferisce. A bordo di un bel "macchinone straniero", lui è un panciutello capofamiglia che a "fare il grosso", con l'auto o con i soldi, scemotto come tanti giovani papà, lei invece è una giovane mamma magra, graziosa e giovanile, con un taglio di capelli da ragazzina e un po' svogliata come sono molte giovani mamme di oggi. La figlioletta Chihiro, sbattuta sul sedile posteriore, sembra già mezza depressa, si lamenta di tutto e piagnucola con voce abulica. Non è esattamente l'incipit di una favola classica, vero?

    Alla fine del film ritroveremo la stessissima situazione.

    Di mezzo c'è la favola. Tutta ambientata in un mondo incantato che è la trasfigurazione di tanto folklore giapponese passato attraverso la testa e la matita di Miyazaki Hayao. Ma attenzione! Alla ricerca dei simbolismi più arditi, talvolta forzarti, sfugge il simbolismo più lampante: tutto il mondo incantato in cui Chihiro si trova proiettata, o scaraventata, altro non è che una rappresentazione del "mondo degli adulti". E' il mondo dove tutti cercano di arrivare a fine giornata, ci si alza controvoglia e si va al lavoro, ci sono le soverchierie dei capi e dei caporali, ci si sfotte tra colleghi, nessuno fa un favore senza un ritorno, e cose così. E' anche un mondo spietato, ma è un mondo 'normalmente spietato', come lo è il mondo degli adulti.

    Una bambina moderna, per cui la vita è gratuita, tutto è gratuito, e ci si può lagnare di tutto, si trova di punto in bianco a dover sgomitare per la sopravvivenza in un mondo degli adulti anche un po' retrò, che ricorda forse le imprese del dopoguerra, dove il titolare è "il padrone" che dispone dei suoi dipendenti come fossero sua proprietà.

    Non so se ho reso l'idea, ma davvero le cose più significative di questo film sono in degli accenni molto sottili. La mia battuta preferita di Chihiro viene pronunciata quando lei, dopo aver risolto tutto, si inchina alla Yubaaba sconfitta e imbronciata e con un sorriso onesto si congeda dicendole: "Le sono molto obbligata". Si fa così. All'inizio del film, Lin aveva detto a Chihiro: "Ehi tu, ma non sai dire 'grazie infinite' o 'le sono obbligata'?", e ancora lei non aveva l'istinto di ringraziare Kamajii che l'aveva aiutata. I bambini spesso sentono che tutto gli è dovuto. E' un egocentrismo che la società del benessere prolunga in maniera indefinita. Ma Chihiro, alla fine del film, si congeda ringraziando la "strega cattiva" -che poi non è cattiva- perché comunque la strega le ha dato un lavoro, le ha dato un letto, si è fatta carico di lei. E' così che si fa: "le sono molto obbligata". ^^

    Tuttavia, è inevitabile -in questo caso più che in altri- che molti siano affezionati alla vecchia edizione, alla vecchia percezione delle cose, seppur alquanto distorta.

    Sarà interessante vedere in quanti riusciranno a sostenere la luce al di fuori della caverna. Mi piacerebbe mantenere un discreto riserbo sulle voci dei vari personaggi, soprattutto dei protagonisti.

    Frattanto, mi piacerebbe raccogliere le vostre impressioni su quanto qui argomentato. :-)
  • Io di mio posso dire che ho scritto un articolo per Topolino che uscirà in occasione della tua riedizione del film, in cui ho provato a spiegare il meglio possibile il senso del film.
  • Sono molto curioso di vedere il lavoro finito. Come per Mononoke Hime, anche per questo film il fatto di riadattarlo nonostante l'adattamento recentissimo e notissimo ha una necessità che va molto al di là delle mere questioni di diritti per il Blu-Ray. Spero che il testo meno complesso possa portare a un adattamento un po' piú nelle mie corde rispetto alla media dei tuoi, chissà :P
    Lorenzo Breda
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  • Valerio ha scritto:Io di mio posso dire che ho scritto un articolo per Topolino che uscirà in occasione della tua riedizione del film, in cui ho provato a spiegare il meglio possibile il senso del film.
    Mi permetto, a tale proposito, di citare qualcuno che credo ben intitolato a parlare del senso del film: Miyazaki Hayao. ^^

    Di seguito, una traduzione (crociata) del progetto originale del film "Sen to Chihiro no Kamikakushi":
    Questo film è una storia d'avventura, anche se i personaggi non brandiscono armi, né usano poteri speciali in battaglie. È una storia d'avventura, ma il tema non è il confronto tra bene e male. Sarà la storia di una ragazza che viene scaraventata in un luogo in cui il bene e il male coesistono. Vi farà esperienza del mondo, imparerà l'amicizia e la devozione, e sopravvivrà mettendo a buon frutto il suo cervello. In qualche modo si tirerà fuori dalla crisi, eviterà i pericoli e per il momento riuscirà a ritornare al mondo della sua quotidianità. Tuttavia, ci riuscirà non perché avrà distrutto "il male" (il male non scompare). Sarà perché avrà acquisito l'abilità di sopravvivere. Oggigiorno il mondo è diventato ambiguo; ma anche se è ambiguo, il mondo è invadente e tende alla consunzione. Il tema principale di questo film è il descrivere tale mondo nella forma di una storia di fantasia.
    Rinchiusi, protetti e tenuti lontani dai pericoli, i bambini possono solo gonfiare i loro fragili ego nella loro quotidianità in cui percepiscono le loro vite come qualcosa di vago. Gli arti smilzi e la faccia imbronciata di Chihiro, che indica come non si diverta facilmente, ne sono il simbolo. Tuttavia, una volta che la realtà si rende chiara e lei si ritrova nella crisi, le sue capacità di adattamento e sopportazione si manifesteranno in lei. Lei scoprirà un'esistenza nella quale può coraggiosamente decidere e agire da sé.
    Di certo, molte persone si impanicherebbero e crollerebbero a terra. Ma nella situazione in cui si ritrova Chihiro, queste persone scomparirebbero o verrebbero subito divorate. Chihiro è un'eroina per il fatto di essere forte abbastanza per non essere divorata. Non è un'eroina perché è graziosa, o perché possiede un animo straordinario. Questa è la chiave di quest'opera, che è quindi una storia per ragazzine di dieci anni.
    Le parole hanno potere. Nel mondo in cui vaga Chihiro, pronunciare una parola ha grave importanza. Ai bagni pubblici, comandati da Yubāba, se Chihiro dicesse: "Non voglio!", o "Voglio andarmene via!", verrebbe eliminata dalla strega. Sarebbe mandata a vagare nel nulla sino a scomparire, o trasformata in una gallina a deporre uova per poi essere mangiata. Al contrario, se Chihiro dice "Voglio lavorare qui!", neppure la strega può ignorarla. Al giorno d'oggi, le parole sono considerate irrilevanti, proprio come bolle. Non è che il riflesso di una realtà vacua. Ma è ancora vero che le parole possono essere potenti. È solo che il mondo è pieno di parole vuote e prive di potere.
    L'atto di privare qualcuno del suo nome non è solo cambiare il modo in cui ci si chiama a vicenda. È un modo per mantenere l'altro sotto un assoluto controllo. Sen ha un brivido quando si rende conto che stava dimenticando il suo stesso nome: Chihiro. E ogni volta che va a trovare i suoi genitori al porcile, si abitua a vedere i suoi genitori come maiali. Nel mondo di Yubāba, si vive sempre nel pericolo di essere divorati.
    In un mondo così duro, Chihiro diventa energica. Da personaggio imbronciato e apatico, alla fine del film arriverà ad avere un'espressione del viso sorprendentemente attraente. L'essenza del mondo non sarà stata minimamente cambiata. Questo film vuole esprimere l'idea che le parole sono la nostra volontà, la nostra identità e la nostra forza.
    Questa è anche la ragione per cui ho creato una storia di fantasia ambientata in Giappone. Anche se è una favola, non voglio renderla di genere occidentale, che permette molte vie di fuga. Questo film sarà probabilmente interpretato come il solito canovaccio ambientato in un altro mondo. Ma vorrei che lo si considerasse come un diretto discendente di La locanda dei Passeri, o Il palazzo dei Topi, delle storie folkloristiche giapponesi. Pur senza usare espressioni come "mondi paralleli", i nostri antenati hanno brancolato alla Locanda dei Passeri, o preso parte a un banchetto al Palazzo dei Topi.
    Il motivo per cui ho creato il mondo di Yubāba in uno stile pseudo-occidentale pieno di design giapponese tradizionale è per rendere dubbio se si tratti di sogno o realtà. Siamo semplicemente ignari di quanto ricco e unico sia il mondo delle nostre tradizioni – dalle storie, al folklore, ai riti, agli stili, agli dei e alla magia. Di certo La montagna Kachi-Kachi e Momotaro hanno perso la loro forza di suggestione. Tuttavia, confinare tutte le cose tradizionali in un ristretto mondo di folklore è un'idea misera. Circondati da tecnologia avveniristica e da sciatti beni industriali, i bambini stanno perdendo le loro radici. Dobbiamo fargli conoscere la ricchezza delle nostre tradizioni.
    Combinando stile tradizionale e una storia moderna, assemblandoli come pezzi di un mosaico dai colori vividi, il mondo del film dovrebbe avere una fresca suggestività. Allo stesso tempo, bisogna riaffermare cosa significhi essere gli abitanti di questa nazione insulare.
    In quest'epoca senza confini, degli uomini senza un posto in cui collocare le proprie radici non saranno considerati. Tale posto è il passato e la storia. Un uomo senza storia, o persone che abbiano dimenticano il loro passato, svaniranno come neve, o saranno trasformati in galline per deporre uova e poi essere divorate.
    Vorrei fare di questo film qualcosa in cui una ragazzina di dieci anni possa trovare i suoi veri desideri.
  • LBreda ha scritto:Sono molto curioso di vedere il lavoro finito. Come per Mononoke Hime, anche per questo film il fatto di riadattarlo nonostante l'adattamento recentissimo e notissimo ha una necessità che va molto al di là delle mere questioni di diritti per il Blu-Ray. Spero che il testo meno complesso possa portare a un adattamento un po' piú nelle mie corde rispetto alla media dei tuoi, chissà :P
    Eccomi, ormai manca poco più di una settimana all'uscita del film nelle sale, dunque ecco a voi sollazzatori un crosspost ad hoc con il nuovo cast del film, seguito da miei commenti e argomentazioni del caso. :-)

    Chihiro / Sen: Vittoria Bartolomei

    A dar nuova voce alla protagonista del film è una giovane doppiatrice (classe 2001) che 'a sorpresa' ha meritatamente vinto il provino per il ruolo. Come dicevo, per questo film è fondamentale il realismo dell'interpretazione, e indi della caratterizzazione, della protagonista. Chihiro una ragazzina contemporanea e totalmente realistica che si ritrova proiettata in un mondo che più che 'incantato' è 'allucinante'. Grazie al talento e all'impegno di Vittoria credo che siamo riusciti a centrare questo primo, fondamentale punto del film. Di questo abbiamo discusso più di un po' con lo Studio Ghibli. "Chihiro è una ragazzina molle e debole, perché è così che il regista Miyazaki vede le ragazzine giapponesi di oggi". A un primo ascolto dei provini, i referenti giapponesi trovavano tutte le nostre Chihiro 'troppo energiche, troppo assertive'. Quindi ho speso molte indicazioni e molte incisioni per far sì che Vittoria suonasse, soprattutto per la prima metà del film, come una ragazzina annoiata, flebile, piagnucolona e sinanco un po' stordita. Fortunatamente, oltre alla sua bravura, Vittoria è anche una ragazza estremamente -e dico estremamente- ligia e dedita ai suoi doveri. Ha ascoltato ogni singola spiegazione e richiesta di direzione senza mai batter ciglio, reincidendo e reincidendo le sue battute tutte le volte che si è ritenuto necessario per perfezionare la sua interpretazione sul personaggio. In effetti durante la lavorazione si sarebbe potuto dire che per certi versi la sua personalità fosse più "giapponese" che "italiana"... a voi tutti, e a tutto il resto del pubblico, giudicare il risultato dei suoi e dei nostri sforzi! :-)

    Certo che risentendo il vecchio doppiaggio italiano, è incredibile quanto la brava (bravissima, anzi) Erika Necci, benché parimenti tredicenne (ai tempi) suonasse comunque più matura, più 'padrona di sé' nella sua recitazione. Ovviamente non avendo seguito quella recitazione non posso sapere cosa venne chiesto a Erika -dico a livello di direzione di doppiaggio- e del resto anche nel testo del tempo c'erano cose che io definirei manieriste e che difficilmente possono suonare meno che didascaliche e un po' 'doppiaggesi' nella battute di una bimba di dieci anni (Chihiro), ma spero che la differenza si senta, e che Chihiro ora davvero suoni come la più banale delle bimbe buttata nel mezzo della più assurda delle situazioni.

    Su questo punto, attendo i vostri commenti!


    Haku: Andrea Di Maggio

    Ho già argomentato come avere un Haku 'coetaneo' di Chihiro fosse altresì fondamentale. Andrea, classe 1998, è un po' più grande di Vittoria, ma con i suoi quindici anni è sicuramente molto vicino alla freschezza dell'originale. Anche perché Andrea, che nel mondo del doppiaggio ha già interpretato numerosi protagonisti di film piuttosto importanti (mentre per noi Ghibliani ha recitato solo nella parte del fratellino di Umi in Coquelicot), ha un tono vocale naturalmente delicato e "leggero". Proprio per questo equilibrio insito nella sua vocalità Andrea è stato selezionato dallo staff Ghibli per ricoprire il ruolo di Haku, sul quale si è davvero impegnato. Un grosso grazie anche ad Andrea!


    Yubaaba / Zeniiba: Sonia Scotti

    Qui c'è poco da dire. Sonia è una grande interprete, ed era perfetta sul (doppio) ruolo. L'averla potuta riconfermare è stata sua disponibilità e nostra fortuna. Comparativamente, sono ansioso di vedere l reazioni del pubblico più attento alla reinterpretazione dei suoi personaggi: stessa attrice, ma testo e direzione diversa! Ma su tutto: grazie Sonia! A voi starà sentire questa Yubaaba più schietta e spregiudicata tanto nel testo quanto nella recitazione. Non più la "strega delle favole", ma solo una strega che è la presidente di una ditta, e che conduce i suoi affari con una realistica spregiudicatezza. :-)


    Kamajii: Saverio Moriones

    Non è stato semplicissimo trovare una voce davvero adatta per Kamajii: il personaggio è il classico burbero dal cuor d'oro, ma era importante anche il non renderlo troppo elegante. La bravura e l'esperienza di Saverio mi sono giunte in soccorso. Anche qui abbiamo lavorato per far suonare "normale" anche un uomo con sei braccia (ma nei primi progetti grafici era una persona normale anche nel fisico!). Ringraziamenti a Saverio per l'impegno e la disponibilità, e al pubblico l'ardua sentenza sulla riuscita finale. Ma mi raccomando: giudicate sempre sulla base dell'originale, non della precedente versione italiana! ;-)


    Lin: Benedetta Degli Innocenti

    Sono stato fin da principio convintissimo quanto a dare questo ruolo a Benedetta: una voce giovane ma forte, con una personalità schietta e decisa. Mi sono così arrischiato a proporre a Ghibli un 'provino unico', e dal Giappone hanno convenuto che Benedetta fosse davvero perfetta per il personaggio! Nella registrazione del doppiaggio finale Benedetta si è impegnata moltissimo nel seguire tutte le mie pedanti richieste volte a riproporre quanto più le sfumature dell'originale, e credo davvero che il risultato sia all'altezza delle mie (alte) aspettative. Un ringraziamento speciale anche a Benedetta, dunque!


    Ranablu: Davide Lepore

    Qui vale un po' il discorso fatto per Yubaaba e Zeniiba: Davide è un grande interprete ed era perfetto sul ruolo già nel vecchio doppiaggio. Averlo potuto riconfermare è stata per me una grande fortuna! Grazie Davide!


    Piccino [Bou]: Riccardo Suarez

    Questo è davvero uno strano personaggio. Una specie di lattante gigantesco, che parla con voce infantile ma dice cose da bullo, da ragazzaccio (in giapponese, in particolare la terminazione verbale in -zo è un modo violento e volgare di rendere assertive le proprie affermazioni). Nel precedente doppiaggio italiano, questo ruolo era stato coperto da una doppiatrice adulta (cosa che è alquanto tipica e normale), ma in originale si trattava di una giovane voce maschile. Abbiamo tentato di seguire la stessa strada dell'originale (manco a dirlo) grazie alla collaborazione di Riccardo. Riccardo è il figlio maggiore dei una doppiatrice che conosco bene, ovvero Ilaria Latini (ciao, Ilaria!). Cosa posso dire di Riccardo? Che ha grande talento recitativo, grande capacità al leggio e che è... un piccolo genio! La sua intelligenza, la sua educazione, il suo interesse nelle cose... ma anche la sua pacatezza, il suo carattere gentile lo rendano davvero un piccolo intellettuale. Chiaramente, è anche un piccolo professionista straordinariamente diligente. Ha profuso grande impegno nel suo ruolo, e spero che il risultato vi soddisfi! (nota: col fonico di mix, Andrea Pochini, abbiamo anche riprodotto il particolare effetto sonoro che in giapponese era stato usato per la voce del personaggio... in sala provate a drizzare le orecchie! ^^)


    Chichiyaku & Aniyaku [Direttore & Assistente]: Giorgio Favretto e Ambrogio Colombo

    Due voci su cui ho pensato molto. Riprodurre la vocalità dell'originale era chiaramente la prima cosa, ma l'interesse era anche quello di non ridurre i personaggi a due mere macchiette, rischio sempre alle porte quando la caratterizzazione grafica è così grottesca. Mi sono affidato al bravissimo Giorgio per il corpulento Aniyaku, dopo aver lungamente discusso con amici e colleghi su tante, tante opzioni. Quanto ad Aniyaku, il più viscido assistente del direttore, che canta altresì la ridicola canzoncina di benvenuto per il Senzavolto, davvero non ho potuto evitare di pensare ad Ambrogio. Ambrogio è davvero un genio del doppiaggio quando si tratta di cogliere e riprodurre le tonalità dell'originale! Fortunatamente, entrambi gli interpreti sono stati disponibili per il film, e gli sono infinitamente grato.

    Papà [Akio] e Mamma [Yuuko] di Chihiro: Enzo Avolio e Sabrina Duranti

    Ho tenuto per ultimi questi due personaggi perché la loro cui distribuzione mi è costata il più alto numero di notti insonni! ^^;

    Nel vecchio doppiaggio, questi due personaggi erano interpretati da due grandi attori doppiatori, due fuoriclasse davvero: Carlo Valli e Roberta Greganti. Quindi perché non li ho confermati? Le ragioni sono principalmente due.

    In primis, entrambi sarebbero stati oggi un po' troppo grandini per i rispettivi ruoli. In effetti forse Carlo lo era già ai tempi (nel 2003 lui aveva sessant'anni, mentre Akio è un padre abbastanza giovane), mentre Roberta era molto giusta ai tempi, ma da quei tempi sono passati undici anni! ^^;

    In secondo luogo, ancora parlando di Carlo, la sua voce unica e inimitabile era probabilmente troppo 'importante' per il personaggio. Sugino Akio è un personaggio più normale, più banale. Io sono un grande fan di Carlo Valli, e non mi stancherò mai di ripetere che senza di lui come narratore non avrei neppure azzardato a doppiare Ponpoko (non ringrazierò mai Carlo abbastanza, per questo), forse l'unica cosa che non gli si potrebbe chiedere è di rendere la sua voce... incolore. Ha davvero troppa personalità vocale, direi.

    Ci ho pensato e ripensato, e alla fine ho optato per Enzo e Sabrina. Li ho fatti doppiare insieme, perché la 'normalità' della loro interpretazione, dei loro rapporti con la figlioletta Chihiro, è davvero l'incipit del film, quello che ci fa percepire il "gradino" quando poi tutto diventa surreale. La blanda scostanza di Yuuko, che non è mai veramente 'carina' con la figlia, è l'essere un po' stupidotto e un po' bambinone di Akio sono lo specchio della società contemporanea. Spero che anche questo si senta bene, sia nei nuovi dialoghi, rimessi ben bene sull'originale, sia nella loro recitazione.

    Per intenderci, quando nel vecchio doppiaggio Yuuko diceva alla figlia con un po' di entusiasmo quasi magico e favolistico: "Oggi è un gran giorno, per noi! Cambiare casa è un'avventura!", ora sentirete un blandamente scocciato "Essù, datti una raddrizzata, che oggi abbiamo da fare!" - come in giapponese.

    Questo ben rappresenta il lavoro e il valore di 'ritorno all'originalità' di questo ridoppiaggio.

    Guardate bene le facce dei personaggi quando pronunciano ciascuna battuta. Nel vecchio doppiaggio ci sono battute pacate dove i personaggi gridavano, o viceversa. Ci sono questo tipo di dissonanze del doppiaggio sul disegno. E poi, tutto era stato un po' arabescato e favoleggiato - a parte i fraintendimenti e le aggiunte topiche.

    Provate a farci caso con pupille non offuscate, e poi tornate a discuterne su queste pagine! :-)
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