Nonostante sia nato in Europa, il cinema d'animazione si è sviluppato maggiormente oltreoceano, dove, fin dai primi anni del '900, il suo successo fu (ed è tuttora) spettacolare, portando alla creazione ed alla crescita dei maggiori studi di produzione mondiali (WDAS, Pixar, Dreamworks, Warner Bros., Blue Sky Studios, giusto per citare qualcuno dei più noti). D'altro canto, nel vecchio continente una tradizione animata si è comunque conservata, specialmente in quella stessa Francia che aveva dato i natali al cinema stesso e che, ancora oggi, continua ad essere leader indiscussa in questo campo tra tutti i Paesi d'Europa.
D'altronde, anche l'Italia, tra alti e bassi, ha visto la nascita e lo sviluppo di alcuni prodotti animati di qualità.
Nell'immediato dopoguerra, sia il regista Anton Gino Domeneghini che i fratelli Nino e Toni Pagot realizzano la prima coppia di lungometraggi animati italiani, rispettivamente La Rosa di Bagdad e I Fratelli Dinamite, entrambi distribuiti nel 1949. Alle due opere collaborano anche alcuni dei creativi che, tra il 1957 e il 1977, si occuperanno della realizzazione degli spot animati destinati al contenitore serale della RAI Carosello, che fungerà da fucina e palestra per talenti nostrani, tra cui gli stessi Pagot, i fratelli Gavioli, Paul Campani, Osvaldo Cavandoli e Bruno Bozzetto. Quest'ultimo in particolare darà un grande contributo alla produzione italiana, con una lunga serie di cortometraggi - tra cui quella del Signor Rossi - e la realizzazione di alcuni delle maggiori pellicole del cinema d'animazione nostrano, quali West and Soda (1965), Vip - Mio Fratello Superuomo (1968) e, soprattutto, Allegro non Troppo (1976), ambizioso film ispirato al disneyano Fantasia.
E, in ambito disneyano, una menzione a parte merita il veneziano Romano Scarpa, uno dei maggiori autori del fumetto italiano, ma la cui vocazione per l'animazione lo ha accompagnato per tutta la vita. Nel 1946 realizza il suo primo cortometraggio ...E poi Venne il Diluvio, mentre è del 1951 l'adattamento de La Piccola Fiammiferaia, distribuito nei cinema due anni dopo. Seguiranno Aihnoo degli Iceberg (1972) e l'introvabile lungometraggio Il Quarto Re (1977), mentre sul versante televisivo realizza la cosiddetta Camminata Disney (1982), sigla della trasmissione di Rete 4 Topolino Show — Vai col Verde. Risale, invece, al 1988 un test d'animazione per la serie americana Duck Tales, in vista del possibile affido della realizzazione degli episodi ad uno studio italiano, speranza puntualmente delusa. Sarà invece per la RAI che Scarpa curerà una serie animata, quel Sopra i Tetti di Venezia mandato in onda nei primi anni 2000.
A partire dagli anni '80, tuttavia, la produzione italiana diminuisce sensibilmente e, al netto di sparute pellicole, come il "misto" Volere Volare (1991) - di quel Maurizio Nichetti che già aveva recitato nelle sequenze live-action di Allegro non Troppo - sarà solo a metà del decennio successivo che vi sarà una certa ripresa, con la nascita e lo sviluppo di nuovi studi dedicati alla realizzazione di serie per il mercato televisivo. Non mancano, però, i prodotti cinematografici, tra cui spiccano i film dello studio Lanterna Magica, che propone pellicole che riscuotono un certo successo, come La Freccia Azzurra (1996), La Gabbianella e il Gatto (1998), Aida degli Alberi (2001) e Totò Sapore e la Magica Storia della Pizza (2003). Tuttavia, se nei decenni precedenti i temi e i toni dell'animazione italiana erano prevalentemente umoristici e satirici - anche in virtù della netta inferiorità del comparto tecnico rispetto alle coeve produzioni americane - questa nuova ondata di film e serie tv si rivolge quasi esclusivamente ad un pubblico di bambini, proponendo personaggi, storie e tematiche piuttosto infantili, che tagliano fuori gli adulti dal target dei fruitori.
Ho scritto questo breve excursus - sicuramente incompleto e lacunoso - per riflettere su alcuni aspetti in particolare.
Perché l'animazione non ha attecchito in Europa come in America? Perché solo la Francia ha portato avanti una propria tradizione? E per quale motivo il panorama italiano - piuttosto florido tra gli anni '50 e i '70 e alla pari di quello coevo d'oltralpe - è entrato in crisi così rapidamente, lasciando, poi, il passo ad una produzione infantile tanto distante da quella, adulta e artistica, che l'ha preceduta? E, soprattutto, perché al cinema ci è arrivata una roba orripilante come Gladiatori di Roma e non un prodotto come questo, di gran lunga migliore?
A voi, se vorrete, le risposte.
Animazione Italiana
Non so se lo conosci, non avendolo trovato nella tua disamina, comunque ti consiglio vivamente di recuperare le opere cinematografiche di Alessandro Rak, regista d'animazione partenopeo autore di L'arte della felicità (2013) e Gatta Cenerentola (2017). Pur reputando (personalmente) il secondo inferiore al primo, chiunque sia amante di animazione dovrebbe vederli almeno una volta. E il fatto che esistano persone come lui, mi fa ben sperare che l'animazione italiana non debba ulteriormente essere rappresentata soltanto da D'Alò e Straffi.
Ultima modifica di brigo il venerdì 17 agosto 2018, 09:50, modificato 1 volta in totale.
Che l'animazione non abbia attecchito in Europa non si può proprio dire. Credo che prendendo un qualunque anno a caso troverai che in Europa si son prodotti piú film d'animazione che negli Stati Uniti. Certo con una diffusione e un successo di pubblico non paragonabile, ma quello vale anche per i film live-action. C'è poi da contare la produzione di cortometraggi e quella televisiva/pubblicitaria, che fanno sia da vivaio sia da avanguardia della tecnica, e in cui gli Stati Uniti sono persino piú indietro.
È vero in generale che l'animazione non attrae investimenti se non quando è dedicata al target delle famiglie, e questa è la ragione del circolo vizioso per cui i festival da un lato fanno fatica a trovare lungometraggi animati d'autore e dall'altro si sono abituati a non sperticarsi troppo a cercarli: anche questa prospettiva di emarginazione dal circuito autoriale non aiuta l'attrattiva economica.
Anche in Italia, seppur di qualità dozzinale (anzi proprio per quello), l'animazione, magari televisiva, si è sempre prodotta.
Bozzetto non è mai riuscito a imporsi perché, probabilmente, non ha mai voluto scendere a compromessi con le necessità commerciali dei finanziatori o con le capacità di altri produttori. E questo non è necessariamente un bene, perché tutta la produzione indipendente di Bozzetto mostra dilettantismo (in ogni aspetto TRANNE quello dell'animazione, ovviamente). Bozzetto, secondo me, si è tanto autoboicottato.
Il caso di Rak invece non sono riuscito a inquadrarlo. Sicuramente quanto alla mera tecnica di animazione lui e la sua squadra sono dei gran paraculi (lo dico con simpatia) perché nei loro film la cosa lampante è come si fuggano le difficoltà d'animazione (e quindi i costi). Sono dei capolavori di inventiva quando si tratta di aggirare gli ostacoli, e forse è per questo che hanno attratto finanziamenti. Una discreta sensibilità drammatica e una spruzzata di sentimentalismo napoletano hanno fatto il resto. Poi, come in qualunque tentativo di pubblicazione in qualunque campo, la ricetta del successo non esiste, e le variabili che definiscono il destino di una pubblicazione sono tantissime e imprevedibili, e non sono da escludere le mere botte di culo.
Non dimentichiamoci però che ci sono artisti italiani che stanno definendo questo momento storico dell'animazione europea anche se lontano dai circuiti commerciali (e aiutati molto piú dal mercato e dal governo francesi che da quelli patrii). La Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro qualche anno fa li consacrò e dedicò loro una meritata retrospettiva, e stessa cosa ha fatto pian piano in seguito il Festival di Annecy. Parlo di Simone Massi (che ha realizzato le sigle e le locandine di quattro edizioni della Mostra del Cinema di Venezia, e di cui Minimum Fax ha pubblicato in libro+dvd la raccolta integrale di cortometraggi), Virgilio Villoresi (genio della stop-motion), Gianluigi Toccafondo (quello del logo di Fandango e di Scott Free, la casa di produzione di Ridley Scott), Magda Guidi e altri che sono stati analizzati nel libro prodotto dalla Mostra di Pesaro Il mouse e la matita (ed. Marsilio) e che consiglio vivamente.
Voglio citare anche la sede piemontese del Centro Sperimentale di Cinematografia, di cui l'anno scorso al Future Film Festival di Bologna ho potuto vedere dei saggi di giovani animatori che mi hanno sorpreso molto per creatività e padronanza della tecnica, pur con le limitazioni del basso budget, ma non sperimentali come questi ultimi autori che ho citato.
Il trailer del corto che ho preferito, Merlot:
Che possa ripartire dal Piemonte una scuola italiana capace di portare finalmente lungometraggi d'animazione al cinema?
Per una panoramica piú completa consiglio anche il meraviglioso Animazione. Una storia globale di Giannalberto Bendazzi (ed. UTET), indispensabile storia dell'animazione di tutto il mondo (e quindi anche italiana) tradotto finalmente in Italia l'anno scorso.
È vero in generale che l'animazione non attrae investimenti se non quando è dedicata al target delle famiglie, e questa è la ragione del circolo vizioso per cui i festival da un lato fanno fatica a trovare lungometraggi animati d'autore e dall'altro si sono abituati a non sperticarsi troppo a cercarli: anche questa prospettiva di emarginazione dal circuito autoriale non aiuta l'attrattiva economica.
Anche in Italia, seppur di qualità dozzinale (anzi proprio per quello), l'animazione, magari televisiva, si è sempre prodotta.
Bozzetto non è mai riuscito a imporsi perché, probabilmente, non ha mai voluto scendere a compromessi con le necessità commerciali dei finanziatori o con le capacità di altri produttori. E questo non è necessariamente un bene, perché tutta la produzione indipendente di Bozzetto mostra dilettantismo (in ogni aspetto TRANNE quello dell'animazione, ovviamente). Bozzetto, secondo me, si è tanto autoboicottato.
Il caso di Rak invece non sono riuscito a inquadrarlo. Sicuramente quanto alla mera tecnica di animazione lui e la sua squadra sono dei gran paraculi (lo dico con simpatia) perché nei loro film la cosa lampante è come si fuggano le difficoltà d'animazione (e quindi i costi). Sono dei capolavori di inventiva quando si tratta di aggirare gli ostacoli, e forse è per questo che hanno attratto finanziamenti. Una discreta sensibilità drammatica e una spruzzata di sentimentalismo napoletano hanno fatto il resto. Poi, come in qualunque tentativo di pubblicazione in qualunque campo, la ricetta del successo non esiste, e le variabili che definiscono il destino di una pubblicazione sono tantissime e imprevedibili, e non sono da escludere le mere botte di culo.
Non dimentichiamoci però che ci sono artisti italiani che stanno definendo questo momento storico dell'animazione europea anche se lontano dai circuiti commerciali (e aiutati molto piú dal mercato e dal governo francesi che da quelli patrii). La Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro qualche anno fa li consacrò e dedicò loro una meritata retrospettiva, e stessa cosa ha fatto pian piano in seguito il Festival di Annecy. Parlo di Simone Massi (che ha realizzato le sigle e le locandine di quattro edizioni della Mostra del Cinema di Venezia, e di cui Minimum Fax ha pubblicato in libro+dvd la raccolta integrale di cortometraggi), Virgilio Villoresi (genio della stop-motion), Gianluigi Toccafondo (quello del logo di Fandango e di Scott Free, la casa di produzione di Ridley Scott), Magda Guidi e altri che sono stati analizzati nel libro prodotto dalla Mostra di Pesaro Il mouse e la matita (ed. Marsilio) e che consiglio vivamente.
Voglio citare anche la sede piemontese del Centro Sperimentale di Cinematografia, di cui l'anno scorso al Future Film Festival di Bologna ho potuto vedere dei saggi di giovani animatori che mi hanno sorpreso molto per creatività e padronanza della tecnica, pur con le limitazioni del basso budget, ma non sperimentali come questi ultimi autori che ho citato.
Il trailer del corto che ho preferito, Merlot:
Che possa ripartire dal Piemonte una scuola italiana capace di portare finalmente lungometraggi d'animazione al cinema?
Per una panoramica piú completa consiglio anche il meraviglioso Animazione. Una storia globale di Giannalberto Bendazzi (ed. UTET), indispensabile storia dell'animazione di tutto il mondo (e quindi anche italiana) tradotto finalmente in Italia l'anno scorso.
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”