[Madhouse/Satoshi Kon] Paprika
Inviato: venerdì 15 settembre 2006, 15:28
Anno 2004: la psicanalisi entra in una nuova era. Il team di ricercatori capitanato dalla giovane dottoressa Atsuko Chiba ha creato il rivoluzionario DC-Mini, un apparecchio che permette di osservare i sogni di un paziente direttamente sullo schermo di un computer. Non solo: due persone dotate di DC-Mini, se addormentate, possono vivere un "sogno collettivo" in contemporanea. Lo psicanalista entra così direttamente a contatto con l'inconscio del paziente, e può elaborare con maggior efficacia una terapia di successo.
L'apparecchio è ancora in fase sperimentale, ma Atsuko Chiba (con l'accondiscendenza dei suoi superiori) ha già iniziato a farne uso, prendendo in cura un ispettore alle prese con un caso insolubile ed un incubo ricorrente. Nel mondo dei sogni, la formale ed elegante Atsuko si muta in Paprika: una ragazzina dai capelli rossi vivacissima ed inarrestabile, che passa da una (ir)realtà all'altra con vertiginosa disinvoltura.
Ma mani misteriose trafugano ben quattro DC-mini. Ben presto, qualche mente inizia a dare segni di squilibrio, e alcuni sogni iniziano a fondersi letteralmente con la realtà...
E' un gioco di scatole cinesi il quarto lungometraggio dell'acclamato Kon Satoshi: una pellicola costruita ad abisso, dove ciò che viene mostrato è al tempo stesso soggetto e cornice. Impossibile rendere, in poche righe, l'impressione che la visione di questo ambiziosissimo film lascia, tante sono le possibilità d'interpretazione e i diversi piani di lettura intersecati tra di loro.
Ciò che colpisce, innanzitutto, è l'intelligenza dell'occhio cinefilo con cui Kon guarda alla dialettica tra sogno e realtà: un'importante sottotrama sviluppa infatti una divertita quanto precisa riflessione metacinematografica, narrando la storia di un uomo perseguitato dai film e dalla tecnica di realizzazione dei medesimi. Il cinema, fabbrica di sogni, si fa sogno a sua volta: ed in questo paradosso c'è tutto Kon, da Perfect Blue ad oggi.
Ma il cinema è parte della società dello spettacolo, e Kon non si lascia sfuggire l'occasione per la sua consueta denuncia nei confronti delle aberrazioni del costume giapponese. Gli otaku, le tecnologie, la politica ed i nuovi idoli del paese del Sol Levante sprofondano tutti assieme in un caotico turbine nell'apocalittico finale, dove anche l'estetica dell'animazione orientale sembra venire volutamente esasperata per produrre spunti di riflessione critica, rinviando in maniera piuttosto esplicita alla conclusione di quel crogiolo di miti deliberatamente falsi che fu Neon Genesis Evangelion.
Più Cronenberg che Lynch, il sogno di Kon pare piuttosto un lucidissimo delirio, fatto di immagini di vividezza inesorabile che solo tangenzialmente vengono sfruttate per portare avanti una storia, nella quale -in effetti- non tutto viene spiegato in maniera compiuta.
E' forse proprio questa la principale debolezza di Paprika, ossia quella di perdere di vista la narrazione in favore del virtuosismo tecnico e del simbolismo, che talvolta -specialmente nel secondo tempo- indulge in qualche facile stereotipo.
Parlando del virtuosismo tecnico, va detto che da questo punto di vista il film è qualcosa di sconvolgente. L'animazione è generalmente di qualità più che ottima, con una cura insolitamente zelante -trattandosi di un film d'animazione giapponese- per la resa del labiale. Gli sfondi iperdettagliati, i lineamenti decisi ed inconfondibili dei personaggi e le spettacolari (e ben integrate) immagini in CG si fondono in un allucinato spettacolo barocco, unificato da una sapientissima direzione artistica che rende denominatore comune di tutte le sequenze un'efficacissima tonalità di rosso: quella dei capelli di Paprika.
A conti fatti, il film non supera Tokyo Godfathers o Millennium Actress, nonostante la sua indiscutibile intelligenza. Si può dire, invece, che perfezioni e porti a compimento le riflessioni già avanzate da Kon nella serie TV del 2004 Paranoia Agent, pur non limitandosi a creare una semplice appendice cinematografica a quei 13 episodi.
Estremo, allucinato, ma non fine a se stesso: un film degno di una Mostra del Cinema e sicuramente fondamentale nel panorama dell'animazione datata 2006.