[Disney] PKNE Fase 2: La Run di Gagnor sul Fuoriserie

Gottfredson, Barks, Scarpa, Rosa, la scuola italiana, con un occhio di riguardo anche ai Disney spillati. Perché ricordiamo che il Sollazzo nasce qui, grazie a un certo papero mascherato...
  • Condivido totalmente sia l'analisi di Manuzzi che i suoi timori, e aggiungo una cosa.
    Nelle sue varie incarnazioni, la saga di PK si è sempre retta su un equilibrio tra qualità delle storie e worldbuilding/approfondimento/regole/rigore/continuity.
    E quando uno di questi due elementi veniva meno, l'altro interveniva a supporto, a compensare.

    Non è questione di essere nerd puntigliosi a tutti i costi: sin da PKNA ci sono sempre stati errori di continuity, facilonerie e grossolanità, per quanto raramente. E in certi casi anche importanti: dalla confusione su Xadhoom che prima non conosceva il piano segreto della DT, poi sì, poi no, poi sì, alla grande confusione della Trilogia su Xari, Evron e Xerbiani (e si trattava di una minisaga fondamentale che chiudeva o socchiudeva le principali sottotrame di PK sin dal numero zero!). Ma le storie erano belle, avvincenti, ben scritte, e facevano passare in secondo piano questi errori, se non proprio dimenticare. Underground di Macchetto è un filler che canna totalmente origini e "cronologia" di Angus Fangus, ma è un'ottima storia che resta impressa, tra personaggi e situazioni. Carpe Diem di Artibani è una storia che poggia su basi totalmente illogiche (andare indietro nel tempo per impedire che qualcosa annienti il tempo) ma è una delle storie migliori in assoluto dell'intera serie. O ancora "Il peso dei ricordi" in PK2 con nuove armi spuntate fuori dal nulla (la configurazione subacquea dello scudo?) e le facilonerie di "Le parti e il tutto". Roba trascurabile, che non intacca la bellezza delle storie.
    Allo stesso tempo, al contrario, alcune storie non proprio eccelse in sé e per sé erano apprezzabili perché forti dal punto di vista del worldbuilding, del rigore, dell'approfondimento, risultando comunque un tassello della grande storia alla quale il lettore aveva imparato ad affezionarsi.

    La storia di Gagnor, che ho letto, non ha nessuno di questi due elementi. La faciloneria e superficialità non sono compensate da una qualità che faccia soprassedere ad esse, la storia "non appesantita" non risulta appagante. Forse è meglio così, eh: se ci fossero stati più dettagli/approfondimenti/worldbuilding, forse avrei avuto un'idea falsata su questa storia, mentre invece così, senza "appesantimenti", senza infingimenti, senza indorare la pillola, posso giudicarla per quella che è, ossia una storiella mediocre che non svolge bene neanche il suo compito base di intrattenere.
    Tra l'altro Gagnor, non so quanto coscientemente, sta di fatto sostenendo che praticamente tutti gli autori precedenti di PKNA e PK2 hanno operato "appesantimenti irrilevanti". Addirittura i suoi diretti predecessori, Sisti e Artibani del PKNE, hanno riempito le storie di quelle che lui chiama "appesantimenti". E anche lì, certo, c'erano leggerezze, facilonerie, sboronate non troppo approfondite (la camera Omega, i droidi di Hicks, le superarmi, la supertuta, il supervelivolo che riesce addirittura ad andare nello spazio e raggiungere il pozzo). Ma c'era anche una storia valida dietro, c'erano dei bravi sceneggiatori. E c'erano "appesantimenti" a pacchi, magari in sordina, ma neanche tanto: il lettore di Topolino si ritrovava a sorpresa le figlie di Everett Ducklair, la fine della sottotrama di Tyrrel Duckard, la spiegazione del viaggio di PK in "Missing" e millemila particolari, personaggi caduti nel dimenticatoio da anni e così via, il tutto senza il minimo stralcio di note esplicative. Roba che in una serie "direttamente in volume" di PK avrebbe ancora più senso, e invece proprio ora risulta un "appesantimento".
    Sin da PKNA 0, PK è "appesantito". Eppure ha venduto, è stato un piccolo fenomeno editoriale, un cult, ricordato a distanza di decenni. Ha funzionato per anni. E come mai la maggior parte di quelle storie non risultava affatto "appesantita" da un minimo rigore e approfondimento?

    Il vituperato reboot/terza serie, "PK - Pikappa" anche noto come Frittole, era esattamente quello che Gagnor auspica. E non è un caso che a molti "Un nuovo eroe" sembri, sia per dinamiche dei personaggi che per faciloneria e sciattezza, una storia che in Frittole ci starebbe benone. Di più: se non fosse per il fatto che Lyla citi esplicitamente la sua appartenenza alla Tempolizia, potrebbe tranquillamente essere una "untold tale" ambientata nell'universo-Frittole, avrebbe molto più senso lì che non nell'universo "canonico". Eppure persino PKFrittole ha avuto dei bei numeri: ogni tanto ha provato a fare un minimo di worldbuilding o a scrivere storie che, se non belle, erano comunque godibili, valide, un buon intrattenimento. Il PK di Gagnor, al momento, non riesce neanche in quello. By the way, viene davvero il dubbio che Gagnor faccia un po' di confusione tra Frittole e PKNA/PK2/PKNE: il fatto stesso che nei commenti di Facebook chiami Uno "UNO", come se ogni lettera fosse una sigla, fa pensare che l'abbia scambiato per l'Unità Neuroimitativa Olografica del Frittoleverso.

    Un vero peccato, perché la storia di Gagnor del potenziale ce l'aveva. Alcune delle apparenti facilonerie possono essere facilmente risolte (la simil-Pikar nello spazio può essere tranquillamente il velivolo usato da Pk per raggiungere il Pozzo nel "Marchio di Moldrock", Lyla conosce Uno da PKNA 48 e il loro rapporto può essere semplicemente scherzoso ed essersi creato nel tempo), altre meno (la boccia di Uno che può tranquillamente andare in giro su altri pianeti, grazie a un "ponte spaziotemporale" che Gagnor si è - cito dai suoi commenti FB - "inventato or ora"). L'idea in sé, poi, molto alla "Planet Hulk" (Shikaar è chiaramente ispirata a Sakaar), è molto ma molto buona: PK prigioniero in un pianeta ostile, lontano da tutti, che deve reinventarsi da zero come supereroe e capeggiare una rivoluzione. Non solo: ambientare il tutto altrove con nuovi personaggi comprimari è un ottimo e brillante escamotage per evitare di fare casini con la poco conosciuta "continuity classica", specie se si è un nuovo scrittore che non ha mai scritto PK finora. Il problema non è l'idea o il concetto base, ma la sua realizzazione: affrettata, grossolana, superficiale. Tutto è troppo frettoloso e approssimativo perché il lettore possa affezionarsi ai personaggi o essere interessato allo svolgimento della storia. E il fatto che non sia autoconclusiva, bensì la prima parte di una "caccia al tesoro" interdimensionale, non migliora le cose, anzi. Una trama così o doveva essere autoconclusiva e sfruttata meglio, o doveva essere diluita in più storie per dare il giusto approfondimento a setting, ambientazione, persone. O forse poteva semplicemente essere fatta meglio: al momento non mi importa granché né della vicenda, né dei suoi protagonisti. Nella community se ne è parlato più volte: PK non è "SuperPaperino", o comunque non è semplicemente quello. Gagnor, evidentemente, non l'ha capito. O semplicemente non gli importa. Per quanto mi riguarda non "ce l'ho" tanto con lui, quanto con chi lo ha scelto.
  • Io ho letto la storia a scrocco a Lucca e ora non la ricordo abbastanza per commentarla, ma siccome vedo un andazzo che non mi piace, prenoto un posto dal lato di quelli a cui questo fumetto è piaciuto moltissimo sotto ogni aspetto. Appena riprendo in mano il fumetto cercherò di elaborare meglio.

    Quanto a cos'è "il vero PK", è un discorso molto pericoloso, in primis perché per molti l'essenza di PK può essere una cosa e per molti altri un'altra, e poi perché non c'è motivo di escludere a priori esperimenti iconoclasti. Posso capire se vi va di fare la caccia al "buco di sceneggiatura" (non la condivido, per tante ragioni, ma so che a molti piace), ma fare i puristi è ridicolo.
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Franz ha scritto:Io ho letto la storia a scrocco a Lucca e ora non la ricordo abbastanza per commentarla, ma siccome vedo un andazzo che non mi piace, prenoto un posto dal lato di quelli a cui questo fumetto è piaciuto moltissimo sotto ogni aspetto. Appena riprendo in mano il fumetto cercherò di elaborare meglio.

    Quanto a cos'è "il vero PK", è un discorso molto pericoloso, in primis perché per molti l'essenza di PK può essere una cosa e per molti altri un'altra, e poi perché non c'è motivo di escludere a priori esperimenti iconoclasti. Posso capire se vi va di fare la caccia al "buco di sceneggiatura" (non la condivido, per tante ragioni, ma so che a molti piace), ma fare i puristi è ridicolo.
    Capisco il desiderio di difendere "sotto ogni aspetto" una storia che neanche hai voluto comprare e manco ricordi granché, per amor di polemica. Però definire semplicemente "fare la caccia al buco di sceneggiatura" o "fare i (ridicoli) puristi" tutto quel blocco di testo che abbiamo scritto è oltre l'ingeneroso. Vedi, per fare la caricatura del pensiero altrui, bisognerebbe essere precisi. Ho detto - e, se hai letto il mio commento, lo sai già - che l'errore di continuity e il buco di sceneggiatura in sé non precludono la qualità della storia (Carpe Diem si regge su un gigantesco buco di sceneggiatura ed è forse la mia storia preferita o quasi, e considerata dalla maggior parte dei pkers una storia bellissima). E allo stesso modo ho detto che la nuova ambientazione era uno stratagemma apprezzabile. Il "come" è sempre più importante del "cosa". La storia di Gagnor, semplicemente, non ha le spalle abbastanza larghe per reggersi da sola: c'è chi può permettersi di fregarsene di tutto perché comunque "si fa perdonare" sfornando capolavori. Gagnor chiaramente non rientra in quel caso. Aspettando la seconda parte della storia, come prima impressione direi che ne ha di strada da fare.
  • (amo la polemica E questo fumetto)
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Ho letto la storia a scrocco da un mio amico che ha preso il volume a Lucca ma l’ho ordinato in fumetteria - non tanto per quanto mi é piaciuto (spoiler: poco) ma perché apprezzo il progetto editoriale che c’è dietro.
    La storia a mio avviso è un’avventura scollegata che dimentica un po’ la pesante continuity pikappika ma la continuity é quello che differenzia pk dal resto. Alcuni espedienti letterari sono un po’ semplicistici un po’ troppo “frittolosi”.
    I disegni sembrano un po’ frettolosi ma sono buoni, il colore poteva essere meglio a mio avviso.
    Vista la brevità della storia la mia opinione può cambiare in meglio perché sono sicuro che c’è del potenziale.
    Voto 6, consiglio all’autore di leggere oltre alle chat di Telegram anche qualche volume di pkna.
  • Esprimo anche il mio parere nonostante i precedenti post contengano tutto quello che penso della storia.
    La trama imbastita da Gagnor come idea è buona anche se non sono un amante delle storie piene di strani alieni che si comportano come terrestri. Lo svolgimento lascia un po a desiderare secondo me anche a causa del ridotto numero di pagine che costringono l'autore a correre e ad affrettare passaggi e situazioni. Il problema principale risiede nell'approccio infantile alla storia e alla sceneggiatura. Gag, battute e modi di parlare dei personaggi ricordano una storia tipo del settimanale topolino più che un'avventura del vecchio mantello tarlato. Emblematica è la scena di battaglia con l'energumeno che si risolve nel modo più banale e infantile possibile. La mia impressione è stata proprio quella di leggere un numero della vituperata serie pk frittole e nemmeno uno dei migliori! L'approccio alla storia e ai personaggi è troppo infantile manca del tutto l'atmosfera da fumetto adulto tipica di pk e anche delle storie della new era. l'unico spiraglio di luce arriva dal fatto che la storia è una semplice intro alla vicenda che si dipanerà nei prossimi numeri. Spero che gagnor possa tirare fuori idee intriganti e sopratutto innalzare il livello generale della sceneggiatura.
    I disegni di Lavoradori sono più estremi che mai, non convenzionali e cubisti al massimo possono piacere come non piacere, ma sono assolutamente unici e per me estremamente intriganti. Il design dei nuovi evroniani mi piace molto e spero che nelle prossime storie se ne possa approfondire il background. Peccato che i colori siano piatti e slavati e non avvalorino per niente i disegni. Ci fosse stato Monteduro o anche uno dei coloristi che si sono avvicendati nelle parodie come Duckenstein sarebbe stato tutto un altro fumetto.
    Dovessi dare un voto a questa storia darei un 6 per la fiducia nelle prossime e i disegni ma come rilancio di pk in un cartonato interamente dedicato al personaggio è assolutamente deludente.
    Spero che gli autori possano fare tesoro di queste critiche senza barricarsi dietro a un muro difendendo a spada tratta illoro operato. Sono professionisti e sono bravissimi in quello che fanno ma i lettori hanno il sacrosanto diritto di esprimere la loro opinione.
  • Non sono in grado di fare analisi particolarmente approfondite, perché sinceramente non ci ho capito molto e mi è rimasto impresso poco. Ecco, ho trovato il tutto un po' troppo confusionario, sicuramente i disegni di Lavoradori non hanno aiutato in questo.
    Assurancetourix
  • Giusto per aggiornare: un bel po' in ritardo, sono riuscito a mettere finalmente le mani su Un nuovo eroe, e niente, trovo confermate tutte le critiche finora espresse dagli utenti di questo forum e non solo, nonché i timori che avevo riportato nel mio primo post.
    In particolare, sono rimasto colpito in maniera negativa dai disegni di Lavoradori, a questo giro per qualche motivo talmente incomprensibilmente squadrati e stilizzati da rasentare il quadro astratto in parecchie sequenze; e, tra gli altri espedienti narrativi forzati, dall'incredibile banalità con cui viene affrontata la ricerca per Pk non solo nello spazio ma addirittura nel tempo di Lyla e Uno, all'improvviso capaci di compiere tali prodezze fantascientifiche senza il minimo sforzo, e portata a termine con la stessa difficoltà di prendere un caffè al bar; quando invece le capacità e risorse tecnologie a disposizione dei due personaggi sono sempre state molto più limitate e ben definite nel corso delle serie, al punto che intere storie si basano proprio sull'ovviare alle mancanze di competenze necessarie per svolgere compiti di portata anche molto minore (per dirne una,basti pensare all'enorme sforzo di Uno per rasentare il sistema solare già nel primissimo Pkne).
  • PK ne ha viste tante, anche editorialmente: è stato piccolo e è diventato grande; è riuscito a mantenersi grande; poi non c'è riuscito più; poi ha provato altre strade, piccole e grandi, ricordando il passato o scordandoselo. Si sono alternate fasi di pudore e megalomania, scrupolo e scelleratezza, rigore e incoscienza, avidità e umiltà. Le reazioni del pubblico sono state altrettanto altalenanti, e quasi sempre fuori sincrono rispetto alle trovate editoriali. A occhio direi che né gli autori né i lettori sappiano cosa vogliono da PK o cosa farne. Forse il PKNA di fin-de-siècle è stata una botta di culo irripetibile? Una congiunzione astrale propizia, colta al volo, forse nemmeno ideale, ma fatta virtù, e che in fondo non conviene a nessuno ricreare e sostenere?. Però la domanda di eroismo disneyiano non cessa e una qualche forma di PK si cerca sempre di metterla nel paniere, periodicamente.
    Questo andazzo imbarazzante mi trattiene, oggi (*), dal definire un canone di riferimento per PK.
    Credo che anche gli autori, un po' più scafati di me al riguardo per ovvi motivi, siano giunti a questa epifania, e da molto tempo, e che quindi ogni giudizio su ogni nuova avventura editoriale di PK debba inderogabilmente tenere conto di ciò.

    Mi sono trovato fortunatamente in sintonia con le ambizioni di "PK Un nuovo eroe", ennesimo tentativo di ripristino delle avventure di PK, per varie ragioni: il formato (la pubblicazione indipendente dal Topolino settimanale, la maggiore densità di vignette per tavola rispetto agli ultimi tentativi, la periodicità non impegnativa); l’umiltà (un’impostazione narrativa che non promette/minaccia connessioni ad altri progetti passati e futuri, inerte relativamente a possibili “danni”) e la conseguente spensieratezza (se non c’è rischio di danni si può pensare fuori dagli schemi, sfidare canoni e aspettative, tentare tutto e il contrario di tutto); Lavoradori (l’iconoclasta Disney per antonomasia, a sua volta icona di tutto quanto c’è mai stato di provocatorio in PK). Sarà che queste condizioni puzzano di libertà (e qui forse ricado nell’idealizzazione del periodo PKNA. Argh, l’ho fatto di nuovo!) e quando sento puzza di libertà sono restío a fare rimproveri, e mi irrita oltremodo sentirne. Sotto questa prospettiva “PK Un nuovo eroe” (così come il progetto che se ne intravede dietro) è un ripristino delle potenzialità del personaggio protagonista. Non una sua versione alternativa ma una emancipazione dalle costrizioni dei progetti precedenti, dal baricentro ormai troppo alto per le loro gambe.

    Ci potevano essere tanti modi per dare un po’ di vacanza a PK, e non compete ad alcuna critica ipotizzarli. Il modo di Roberto Gagnor prevede una serie di trucchetti da quattro soldi (perché tanto è il budget della libertà): tecnologie dalla meccanica un po’ troppo elastica; conflitti risolti a tarallucci e vino; personaggi coinvolti senza interessi concreti; il ricorso ormai sdoganato ai dispositivi narrativi multiversali. La mia nuova prospettiva mi ha impedito di assegnare a questi trucchetti un peso rilevante. A dir la verità mi ha impedito di notarli del tutto. La mia solita prospettiva invece, da tanto tempo amorevolmente coltivata, mi impedisce di confondere la libertà con una giustificazione per imperizie, leggerezze o sprovvedutezze.

    Ho invece notato e apprezzato un aspetto di questa storia vincente su ogni possibile aspettativa. Il personaggio di PK riacquista un po’ della personalità di Paperino: la resilienza(**) del papero più sfortunato del mondo torna a prevalere sulla inevitabile fatalità del suo buon cuore. Mi è piaciuto Paperino che tiene testa, a chiacchiere più che a cazzotti, ai mostri alieni (ennesima istanza dell’umano bullismo, e chiamato per nome). Mi è piaciuto il montaggio e il disegno di certi episodi che lo caratterizzano come un Rocky, come la tavola in cui PK si costruisce il suo nuovo costume dai rottami o quella in cui paventa di arrendersi e gli passa tutta la vita davanti su schegge di vetro. Paperino se ha i limoni fa una limonata, foss’anche un piscio insipido invece del sofisticato cocktail che ci si aspetta dagli eroi predestinati. Certo, predestinato lo è lo stesso, lo sappiamo, ma la pressione eroistica è scaricata tutta sui comprimari. E allora vanno bene i Pkorps, va bene il gigante buono Ed, va bene il GPS transdimensiocronico, vanno bene pure la prestidirigiribirizirizzazione, la supercazzola e il sarchiapone. Il worldbuilding non è nel budget; Paperino è gratis, ed è paradossale che mancasse da così tanto tempo (in Italia; da un paio d’anni, in America, lo troviamo in Ducktales). Mi manca Uno, mi manca Lyla, mi manca Fangus, mi manca Everett, mi manca Camera 9, mi manca Xadhoom, mi manca PK… ma mi mancava molto di più Paperino.

    I disegni di Lavoradori non si capiscono? Lavoradori sa farsi capire, se serve. I tratti spigolosi dei personaggi compongono geometrie funzionali: una lezione vecchia come il cucco ma buona fortuna a applicarla a personaggi il cui design è fissato per decreto imperiale. Il Lavoradori che non si capisce è quello delle vignette dinamiche, dei tratti di detriti e linee cinetiche che si confondono coi contorni di personaggi, sfondi e oggetti, e anche in quel caso sono funzionali alla confusione non solo dell’azione ma anche della condizione psicologica di un PK smarrito e che in questo smarrimento non cede neanche un attimo al panico. Sono funzionali anche al contrasto con le vignette meglio definite, concorrendo a definire la messa a fuoco sul protagonista, sulle sue reazioni, le sue espressioni e le sue dichiarazioni. Persino i colori piatti, aspetto che marca la distanza abissale coi progetti precedenti, contribuiscono a definire il contrasto col rosso e blu sgargianti del costume dell’eroe e dargli il risalto cercato dagli autori.

    Desumo tutto questo da una lettura più attenta, per spiegarmi la soddisfazione immediata e ingenua della prima lettura. Il recupero di Paperino e la sua meritata “vacanza” erano dichiarate nelle sei tavole di prologo: le ho accettate e hanno guidato il resto della storia.
    È un progetto umile e modesto, chiaro. Quello che ha di buono non è certo originale, lo sappiamo. Per me, evidentemente, questo è il momento della modestia. Se c’è spazio per qualcosa di più, sarà qualcosa di guadagnato, dopo tanto perduto.


    __
    (*) Nota personale: non è sempre stato cosí, per me. Ho sempre auspicato il ritorno di quelle condizioni ideali, o idealizzate. Ho sempre usato PKNA come metro di paragone, mai eguagliato, di tutte le successive ambizioni della redazione Disney italiana. Ci è voluto molto tempo per smettere di fare quel paragone e imparare a amare la bomba. Amare no; diciamo sopportare e alleggerirla della zavorra del pregiudizio. Ritengo che gli autori Disney italiani che ho imparato a conoscere dimostrino ancora il loro mestiere e lo slancio creativo più raffinato e stimolante che si trovi nel mondo del fumetto e della letteratura per ragazzi, almeno in Italia, e questo è un valore che li salva dal dimenticatoio, per il quale la mia fiducia in loro non è ancora compromessa, e mi ritengo ancora fiero di esserne e esserne stato testimone.

    (**) Mi scuso per la parolaccia ma ha un significato e ci sta, indipendentemente dalla sua mala fama.
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Il topic del secondo volume fuoriserie con le nuove avventure pikappiche.
    Scritto da Roberto Gagnor e disegnato da Roberto Vian.
  • Letto Danger Dome, il secondo capitolo del "gagnorverso".

    Davvero, sarà un problema mio, ma non ho capito a chi è rivolta questa storia. Chiaramente non è rivolta ai Pker classici, ma mi azzarderei di dire che non è rivolta neanche a un pubblico particolarmente adulto. Ma allora a chi? Un nuovo lettore, un ragazzino, sarebbe interessato a comprarsi un volumetto cartonato di 10 euro per una storiella di 48 tavole? E sia chiaro, il format dell'albo io non lo demonizzo. Ma è chiaramente un format che può interessare solo chi è disposto a sobbarcarsi una spesa simile "al buio": in questo caso, un Pker, o comunque un pubblico fidelizzato che segue il personaggio da tempo. Quindi si arriva al paradosso di una storia che si comprerebbe solo un certo tipo di lettore, ma che NON è rivolta a quel tipo di lettore, e che anzi cerca di accattivarsi un nuovo tipo di lettore che però non la comprerebbe. (Ma poi, anche se la comprasse, riuscirebbe ad accattivarlo? Davvero quel tipo di storia sarebbe più apprezzato da quel tipo di lettore rispetto ad altri? Indimostrato, finora).

    Andiamo con ordine. Analizziamo prima la novità: i disegni. Premetto, io personalmente non mi sono stracciato le vesti per il Lavoradori di "Un nuovo eroe". Detto questo, Vian è un adattissimo nuovo acquisto, perfetto per PK. A volte troppo "deformed", ma comunque spettacolare: sarebbe stato perfetto già ai tempi di PKNA probabilmente, e spero che abbia un futuro pikappico radioso, possibilmente con un nuovo sceneggiatore che lo valorizzi. Sotto un Sisti o un Artibani farebbe faville. Ha un tratto originale che in alcuni tratti è meravigliosamente disturbante e inquietante, in senso buono, basti pensare alla seconda tavola, oltre alla [spoiler]temporanea trasformazione di Derrick in larva[/spoiler]. Ci sono problemi, certo, non dipendenti da Vian in sé: il disegnatore "eredita" certi personaggi ideati da Lavoradori, ed è un po' in difficoltà col loro character design. Non è colpa sua: è che quei personaggi "funzionavano" con il tratto di Lavoradori, ma col tratto di Vian rendono meno. Il personaggio di "Ed il Senzanome" è più mingherlino della sua versione originale, e gli evroniani mutanti (Tuiroon e i Decimator), con quegli occhietti chiusi sottili, non sono un granché a vedersi. A tal proposito basti fare il confronto tra la preview della storia che ha girato per mesi, lo schizzo della seconda tavola, con la versione effettivamente pubblicata: nello schizzo originale abbiamo un Vian a briglia sciolta e un Tuiroon assolutamente terrificante (di nuovo, in senso buono), nella tavola pubblicata abbiamo una versione forse più rispettosa del Tuiroon "lavoradoriano" ma molto meno efficace. Altro problema, che dimostra come i dialoghi e i balloon siano supervisionati esclusivamente dal disegnatore (in questo caso non è una colpa "originale" né di Gagnor né di Vian, dato che un problema analogo si è avuto coi balloon delle storie di Sciarrone e Sisti, negli Argini del Tempo e in Cronaca di un Ritorno): Tuiroon in realtà sarebbe una sorta di "sciarpa"/coda parlante, che si parassita sul corpo muto di un Decimator, ma in questa storia i suoi balloon di dialogo provengono sempre e solo dal "corpo", mentre a parlare dovrebbe essere la coda/sciarpa. Ripeto, è già successo con altri autori, ma già al secondo numero di due vedere inconsistenze un po' pesa: si tratta di cose sicuramente risolvibili nel prossimo capitolo però, quindi è una cosa che va fatta presente, senonaltro per evitare che si ripeta nel capitolo successivo.

    Quello che invece dubito sia facilmente risolvibile sono i testi, i dialoghi. E qui passiamo alle dolenti note: lo sceneggiatore. Ora, io spero che la lettura di questo numero abbia chiarito a tutti, fugando ogni dubbio, che il problema non era il disegnatore (o non solo, al peggio). Perché questo capitolo ha esattamente gli stessi identici difetti del precedente, se non addirittura qualcuno in più. Perché se non capisco cosa succede in diverse scene, né con Lavoradori né con Vian (e non penso sia un problema mio, dato che io capivo anche cosa accadeva nelle pazze scene di massa di Guerrini), allora "FORSE" il problema non è del disegnatore, ma di chi scrive. Per il resto, il solito menu del Gagnor di UNE: caratterizzazioni molto forzate, personaggi vecchi e nuovi ridotti a cliché piatti e stereotipati persino nei litigi e nell'evoluzione delle relazioni tra loro, rapporti tra personaggi e character arcs "velocizzati" per motivi di spazio...in poche pagine effettivamente più di tanto non si può fare, ma ho già letto qualcuno che sostanzialmente giustificava lo scrittore dando la colpa al poco spazio. E prima il problema era Lavoradori, e poi il problema sono le 48 pagine...quand'è che il problema inizierà ad essere Gagnor? Nulla contro di lui, ma è semplicemente questione di prendere atto di come stanno le cose. Il problema non sono tanto le strizzatine d'occhio forzate fatte come compitino per il nerd scemo, il problema è direttamente la sceneggiatura...ma non solo, è ancor più a monte: l'impostazione. E da lì discende tutto. Da lì si arriva a una trama che vorrebbe essere complicata e pomposa ma invece è ridicola, le tecnobubbole che non sono tecnobubbole, i non-spiegoni, le iperboli da fanfiction svogliata, il coso potentissimissimissimo, la civiltà antichissimissimissima.

    In breve, la cosa terribile della storia è che riesce ad essere banale e approssimativa e malgrado ciò risulta lo stesso confusionaria. Ed è evidente che non ci si capisce nulla non perché sia particolarmente complessa o ci sia un gran lavoro dietro, tutt'altro. In PKNA spesso non ci capivamo nulla: ed era bellissimo, ci piaceva pure, o comunque ce ne fregavamo, riuscivamo a mantenere la sospensione dell'incredulità anche se le famose "tecnobubbole" erano fatte apposta per non farci capire niente. In questo caso però, le tecnobubbole sono superficiali: restano incomprensibili, ma l'unica cosa che riesci a capire in questo caso è che sono fatte pure male, con parole a caso, fatte volutamente per confondere e buttarla in caciara ma senza un vero lavoro dietro. E inizi a vedere i fili. La sospensione dell'incredulità si incrina. Lo si vedeva già nella presentazione dei personaggi e dei loro rapporti: erano tutti archetipi e cliché, ma in maniera evidente e manifesta. Li vedi e non ti sembrano "reali" (nel senso di "credibili"), li vedi per quello che sono, espedienti narrativi. E a questo punto ti chiedi perché dovrebbe fregartene qualcosa di loro, del loro fato. E non è manco questione di "sono cresciuto troppo per questa roba ormai", dato che non solo le storie vecchie, ma anche diverse storie a fumetti nuove riescono lo stesso a generarmi quella sensazione di "credibilità". Non è questione di "siamo cambiati noi, le storie sono sempre le stesse ma non fanno più per noi". Se una storia è fatta bene si vede, se non lo è pure. Qua si vede, ed è il secondo caso.

    E se una storia è fatta male, si inizia a dare peso alle cose su cui si sarebbe potuto sorvolare: se una storia è fatta bene, i buchi di trama e gli errori di continuity passano in secondo piano, o comunque ognuno di noi nel suo headcanon può immaginarsi una giustificazione plausibile. Se mi faccio andare bene i paradossi temporali assurdi di Carpe Diem, potrei passare pure sopra al fatto che Lyla conosca il significato di "grabbaga plutz" o che la Tempolizia sia così informata sull'intera civiltà evroniana: quisquilie, non sono neanche "errori" veri e propri. Nel precedente "Un nuovo eroe", che pure non mi è piaciuto, sono comunque riuscito a dare un senso alla Pikar nello spazio, immaginando fosse lo stesso velivolo (leggermente modificato) de "Il marchio di Moldrock", quindi non mi soffermerò su quelle cose. Ma ci sono cose che non possono essere catalogate come semplici "sviste", a "bloopers", a "leggerezze" a errorucci, perché minano proprio le basi dei personaggi. Insomma, io non mi ritengo un nerd impallinato solo perché "oso" lamentarmi del fatto che la sfera di Uno se ne vada a zonzo per il pianeta Shikaar. Il pensare che Uno sia una palla volante, e che in quanto tale possa non solo abbandonare la Ducklair Tower senza problemi, ma anche viaggiare nello spaziotempo, vuol dire proprio non conoscere il personaggio, vuol dire non aver letto non solo la "bibbiona" del personaggio, ma neanche una singola storia su di lui. Si parla delle basi, dei fondamentali, non sono cose "da talebani": semplicemente, se voglio leggere una storia con Uno, mi aspetto Uno. E tu, sceneggiatore, avresti il potere di...non mettercelo! Era necessario, Uno, in questa storia? Ciò che fa non poteva essere svolto da qualcun altro? Il presupposto del Gagnorverso si basa proprio su PK lontano dal suo mondo, che era anche un modo brillante per evitare errori di continuity o di essere imbrigliati dalle trame base di PKNA, PK2 e PKNE...e lo scrittore che fa? Due personaggi ripesca, e li ripesca pure sbagliandoli? Nessuno l'ha costretto a usare Uno e Lyla, nessuno l'ha obbligato a usarli così.

    I personaggi, tra l'altro, sembrano più adatti alla terza serie reboot, PK-Pikappa ("Frittole", per gli amici): lì un Uno in bolla a zonzo per lo spazio non avrebbe stonato (oddio, in realtà anche lì aveva dei limiti, in una storia scritta da Lavoradori utilizzava un corpo robot per muoversi in giro!). Il fatto che Uno sappia esattamente quanto è antica la civiltà evroniana (improvvisamente un esperto di storia di Evron?) è più da "U.N.O." di Frittole che da quello "storico". E verrebbe quasi da pensare che Gagnor si sia confuso, mischiando elementi della prima serie con quelli della terza. Se PK non venisse chiamato "Paperinik" e se Lyla non facesse parte della Tempolizia, verrebbe davvero da credere che questa storia sia ambientata nell'universo "Ultimate" del Frittole. Ma probabilmente il problema è un altro: forse non è mancata comprensione dei personaggi, è un disinteressarsene, un "fregarsene", se vogliamo. Sostanzialmente Gagnor, invece di adattare la storia ai personaggi che ha scelto di utilizzare, adatta i personaggi alla storia, a costo di forzarli e snaturarli: piega ai fini della trama non solo le personalità dei personaggi, ma anche le caratteristiche base, come poteri e conoscenze. Improvvisamente possono muoversi a zonzo nello spaziotempo perché allo sceneggiatore serviva che avessero quel potere e si trovassero lì. Possono avere conoscenze vaste su civiltà aliene, riuscire ad analizzare una cosa in due secondi e a raccontartene vita morte e miracoli...semplicemente perché per lo sceneggiatore era utile che avessero queste capacità.

    Io penso che questa saga dimostri purtroppo tutti i limiti di Gagnor nel fare una cosa appena più complicata di una storiella comica o parodistica. Se dovessi dargli un consiglio, mi sentirei di dirgli di non fare roba di questa portata se poi...non è portato. Non farmi una cosa super complicata con roba super antica super potente ecc se poi non sai nemmeno spiegarla decentemente. Non farmi una cosa contemporaneamente approssimativa E confusa. Vola basso, ragazzo mio! Questa storia è sostanzialmente una lunga scazzottata con non-spiegone.

    E non si può neanche giustificarlo con la scusa delle 48 pagine che sono poche. Se sono poche, allora fai una cosa più semplice, più tranquilla, qualcosa per cui hai le spalle abbastanza larghe, qualcosa di maggiormente alla tua portata. E se devi proprio fare una cosa inutilmente complessa, almeno fai qualcosa che abbia un senso, perché così risulta invece una roba confusionaria che non ha dietro neanche un grosso sforzo, uno sbattimento, un volercisi impegnare o almeno far finta. Sembra un compitino svogliato per accontentare quelli che lui pensa siano i "nerd". Che ha dietro una concezione sbagliata di PK ("è Paperinik con però toni altisonanti e vanagloriosamente epici, roba supertecnologica complessa e incomprensibile a caso, super poteri e super cazzotti contro super mostroni" - NO) oltre che probabilmente dei nerd stessi e dei fumetti di supereroi.

    L'ultima pagina della storia, che normalmente metterebbe curiosità ([spoiler]un papero preistorico-barbaro di nome Ur-Evron? Gagnor vuole forse raccontare le origini del primo Evron e dell'impero evroniano?[/spoiler]) in questo caso, con questa impostazione superficiale, confusa e approssimativa mette invece un po' paura ([spoiler]VOGLIO che sia Gagnor a raccontarmi le origini di Evron? Voglio che mi rovini pure quello?[/spoiler]). Anche le prime due pagine della storia mettevano un minimo di curiosità per il futuro, del resto, ma poi le premesse sono state inficiate dalla storia vera e propria dopo il prologo, insomma il succo dell'albo. Anche perché poi ad essere sbagliata non è tanto la "trama" in sè (anche l'idea base di "Un nuovo eroe" non era brutta), ma come si è detto l'impostazione generale dietro, a monte, oltre ovviamente alla realizzazione pratica e concreta. Potresti avere anche un piano, un'idea, una visione, ma se non sai rappresentarla in maniera diversa da una superficialata allora no, e allora è inutile nutrire speranze e aspettative.

    E, come già detto, le varie strizzatine d'occhio (sì, abbiamo colto la citazione di "ineluttabile" la prima volta, non serviva ripeterla altre due volte, grazie) e i toni ostentatamente e forzatamente epici non fanno PK. Non basta copiare i cliché del fumetto supereroistico Marvel o DC per fare PK. Certo, PK nasce ispirandosi ai comics americani di supereroi. Ma appunto ispirandosi, prendendo spunto, a volte emulando, ma non essendo mai una brutta copia approssimativa di un fumetto di supereroi, e questo fa tutta la differenza del mondo. Gagnor non emula il fumetto di supereroi (che dice di amare, e non lo metto in dubbio, ma forse di amore superficiale), ne fa una parodia. Ed è questo che il ciclo di PK di Gagnor è, sostanzialmente: la caricatura di una storia a fumetti Marvel/DC, la caricatura di una storia a fumetti di PK.
  • Buongiorno a tutti.
    Solo per dire che Uno svolazzante e stropicciato viene da Vigilia bianca (sequenza di Gaja Arrighini).
    Esempi di layout incomprensibile (inversione senso di lettura a muzzo) si rintracciano anche nei primissimi numeri di Sisti e Artibani.

    Riguardo a Gagnor, inadattissimo a PK (e bastava leggere la sua ventennale produzione per accorgersene), penso sia stato scelto solamente in quanto (cog)nome di richiamo (nell'ultimo decennio, dopo Casty, c'è Gagnor).
    E onestamente, al posto di Bertani, avrei avuto problemi pure io a scegliere un autore adatto, dopo che i padri fondatori hanno sfornato PKNE.
    A me pare evidente che il PK nella testa dei pkers "originali" non ci sia più almeno da Se... oppure dal #6 di PK2 (Gli argini e Droidi sono ingannevoli, sono comunque sceneggiate male, con un sacco di goffaggini che il Sisti di Terra-1 non avrebbe mai concepito).
    Immagine
    Ottimo lavoro.
  • Rispolvero il buon vecchio forum per dire la mia sulla nuova tanto discussa parte 2 della run di Gagnor sul vecchio mantello tarlato.
    Parto dalle sensazioni che ho provato a lettura conclusa. La storia mi ha, nel complesso, soddisfatto e lasciato sensazioni buone nonostante ne riconosca i numerosi difetti. I motivi della mia soddisfazione sono da ricercare principalmente in 2 punti:
    1) Ambienti: complice il cambio ai disegni con un Vian in gran forma, le ambientazioni in cui si svolge la vicenda sono molto suggestive con influenze fantasy e fantascientifiche. In particolare mi hanno affascinato i laghi di Xavin e i cieli di Shikaar pieni di pianeti.
    2)Gli accenni alle origini o quantomeno alla preistoria della civiltà evroniana: qui l'arma è a doppio taglio, può venirne fuori qualcosa di veramente epico e interessante oppure una ciofecata e molto dipende da Gagnor, se riesce scrollarsi di dosso quella stucchevole semplicità e comicità quando sceneggia.
    Veniamo alle note dolenti. La storia non ha ritmo, o meglio, ha un ritmo unico e frenetico che non lascia il tempo per approfondire nè ciò che si vede/succede nè i rapporti e i caratteri dei personaggi. Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa in più sul Danger Dome sul perchè è stato creato, sul background e la storia di Shikaar e di Tuiroon ma non c'è tempo. La storia deve andare avanti rapidamente e tutto viene sacrificato per mettere più azione possibile.PK non si pone domande sul come e perchè Lyla e Uno siano giunti lì in suo soccorso e non li saluta neppure, Tuiroon lo ritroviamo come capo del danger dome quando alla fine di UNE si vedeva chiaramente su un'astronave evroniana e niente lasciava intendere che il macchinario cingolato fosse una sua creazione. I PKcorps sono tutti personaggi piatti e stereotipati privi di profondità, spessore o evoluzioni caratteriali.Interagiscono poco fra loro e ancor meno con PK. Gli eventi si susseguono senza prendere fiato e questo mina l'approfondimento a livello di background e personaggi. Gravissimo l'utilizzo di UNO come boccia fluttuante; a tal proposito inalcuni punti pare che abbia bisogno di banchi di memoria come la lore del personaggio impone e in altri lo vediamo gironzolare liberamente. Sembra piùinserito per essere un deus ex machina che altro, e spiace vedere UNOrelegato a tal ruolo.
    Lyla si integra meglio nella storia e la sua presenza a maggior senso per la questione galaxy gate.
    I dialoghi li ho trovati migliori rispetto UNE, meno topolineschi e ridicoli e più maturi sopratutto le didascalie con le riflessioni. Bella anche l'evoluzione del personaggio di Derrik anche se non originalissima.
    I disegni di Vian spettacolari! lo ricordavo come uno dei mieipreferiti su X Mickey, e anche con Pk va alla grande sia negli scenari che nelle scene di battaglia che nella resa grafica degli Evroniani.
    Non ho gradito particolarmente il design di Ur- Evron. A quanto si capisce un indigeno caccia evroniani dal design più buffo che minaccioso.
    In definitiva la storia ha preso una piega più affine al Pk che tutti amiamo ma risente della troppa fretta nel susseguirsi degli eventi tralasciando approfondimenti sia dei caratteri dei personaggi che delle novità che vengono introdotte lasciando insoddisfatti. Spero che il terzo episodio sia più equilibrato nello svolgimento e che si proseguasulla strada di una sceneggiatura più seria e matura e meno topolinesca, senza andare a rovinare ma ad arricchire le origini degli Evroniani.
  • Io ci ho pensato un po', e alla fine credo che il problema non sia esattamente Gagnor: come quest'ultimo ha fatto giustamente notare, ha un suo approccio e un suo modo di scrivere le storie, così come qualsiasi altro autore; scrivendo pk fa solo quello che sa fare e in questo non c'è niente di cui lamentarsi, ne' da criticare, ne da giudicare inferiore a chiunque altro. Il problema sorge nel momento in cui quell'approccio non funziona per il tipo di lavoro o storia che è incaricato di scrivere, come appunto per pk, che richiede un ALTRO tipo di scrittura, di visione, eccetera; in qual caso si tratta semplicemente di una risorsa male collocata, e la colpa e il putiferio da sollevare è quindi di chi ha messo Gagnor in quel ruolo, che presumo essere in questo caso Bertani (ma potrei anche sbagliarmi), quando invece poteva dare il suo megli in altri tipi di storie. E' come se un comandante manda un fante a sparare ad un carro armato col fucile e quando la cosa non funziona la colpa viene data al fante. Suggerisco quindi di rivolgere le critiche verso i veri responsabili
  • E infine venne Sisti, ufficialmente. E il cambio di rotta si consolidò.

    "I giorni di Evron", quarto capitolo dell'esalogia (ora è confermato) gagnoriana, non è scritto da Gagnor, colui che sembrava dover diventare addirittura lo showrunner e il demiurgo del nuovo corso. Cosa strana e irrituale: è vero, nelle serie storiche di PK si alternavano spesso sceneggiatori diversi. Eppure, con i cicli recenti a minisaghe, oggi appare impensabile che un autore ospite subentri in una storia ancora in corso. Vi immaginate se in "Potere&Potenza" il terzo capitolo fosse stato scritto da un autore diverso da Artibani, che quella saga l'aveva ideata e concepita? No, infatti.

    Ricapitolando, tra un numero e l'altro di PK Fuoriserie abbiamo avuto prima un cambio di disegnatore, poi un innesto esterno che facesse da co-soggettista e aiuto nei testi e ora un cambio di sceneggiatore e disegnatore (seppur parziale e temporaneo: Pastrovicchio rimarrà anche nel numero successivo, che sarà però di nuovo scritto da Gagnor, non sappiamo se di nuovo coadiuvato e "sorvegliato" da Sisti). Questa confusione non è che l'ulteriore conferma di un fallimento: se si è sentito il bisogno di inserire in corsa Sisti a tappare i buchi e rassicurare, vuol dire che banalmente Gagnor non si è rivelato la persona adatta a cui mettere in mano "le chiavi del regno". È un discorso che va aldilà di qualsiasi accusa di nostalgia e restaurazione: l'esperimento non ha avuto probabilmente l'appeal desiderato sui nuovi lettori, prima ancora che sugli aficionados. Non perché il "nuovo" non piace (autori nuovi bravi e adatti ce ne sarebbero, anche se forse non tantissimi, e questa saga alla fine è così "innovativa" che non fa altro che riciclare i classicissimi temi "viaggi nel tempo" +"evroniani"). Ma perché l'autore si è rivelato (non per la prima volta, si pensi a "Raceworld") incapace di gestire storie corali e complesse, che ha infarcito di confusione, incongruenze, facilonerie, buchi di trama impossibili da risolvere se non ignorandoli del tutto, caratterizzazioni inesistenti, stereotipate o sballate e dialoghi francamente imbarazzanti. A mancare era semplicemente una bella storia. E adesso?

    E adesso Sisti ha dimostrato come la gabbia delle 44 pagine (o dei due capitoli da 22 pagine stile comic book americano, se vogliamo) non sia un limite, se si sa come usarle: lo aveva già dimostrato con le 30 pagine della sua storia per il venticinquennale di PK su Topolino 3407, del resto. La storia fila bene, con naturalezza, piena di personaggi ed eventi senza che sembri troppo affollata. Soddisfa, appaga, riempie metaforicamente lo stomaco invece di sembrare uno spuntino.

    I personaggi tornano ad avere profondità e naturalezza, i dialoghi smettono finalmente di essere forzati o ridicoli. Sisti ama davvero PK. In questa storia ha messo una cura, un'attenzione e un amore invidiabili. Da sceneggiatore che vuole bene alle sue creature tanto quanto ne vuole ai fruitori del fumetto. Come ho già detto per "Una leggendaria notte qualunque", è il primo a credere davvero nelle potenzialità della saga moderna del papero mascherato, e il suo crederci è contagioso, capace di ricostruire il tacito patto tra autore e lettore.

    Ad alcuni faranno storcere il naso i vari riferimenti al passato. Ma quella di PK è una storia, una saga con un passato, un presente e soprattutto un futuro. Occorre che se ne facciano una ragione. La differenza la fa il "come": praticamente nessun richiamo o citazione è fine a se stesso, nessuna strizzatina d'occhio irrita o appesantisce. Tutto funzionale a trama e storia. È molto più apprezzabile e rispettoso sfruttare il patrimonio di personaggi e situazioni della serie (non sono "passato", sono l'ambiente in cui è immerso) invece di creare personaggi o situazioni nuovi/e ma usa-e-getta, la brutta copia trita e ritrita di un qualcosa di già esistente. PK ha un "tesoretto" quasi inesauribile da cui attingere, e Sisti lo fa con delicatezza e abile disinvoltura. Pastrovicchio ci mette il suo: meno ispirato di altre volte forse, ma è sempre un piacere per gli occhi, e rende molto bene l'espressività di questo Paperinik "traviato".

    Passiamo ora agli spoiler: [spoiler]da "l'imitatore inerziale" (cit. Angus in "Manutenzione Straordinaria") ai robot sotterranei di Everett si respira sapore di casa che non è nostalgia ma un passato-presente ancora vivo e ricco. La presenza del Razziatore (curiosamente, più simile alla concezione artibanica che sistica del personaggio, a riprova che Sisti sa essere umile e non capriccioso nel rapportarsi al lavoro altrui) forse è ridondante e fa assomigliare ancor di più questa storia a "Potere&Potenza" di quanto già non sembrasse, unico vero neo forse, ma tollerabile. Oltretutto Sisti indirettamente risponde a un dubbio che proprio "P&P" mi aveva fatto venire: come faceva il Razziatore a ricordare la vecchia timeline malgrado si trovasse nella tempolinea alternativa dell'imperatore Grrodon? Una possibile spiegazione è suggerita proprio in quest'albo. Bellissimo rivedere Stefan Vladuck con un ruolo rilevante, tostissimo come non mai: il fotoreporter ha ancora molto da dire e anche in un semplice cameo lo dimostra. Bello anche il menzionare il passato recente, con Moldrock, e ricordare che parte della follia di Everett nel creare armi apocalittiche era dovuta a una sua paranoia nel temere che i Coroniani cercassero lui e le sue figlie nel cosmo.[/spoiler]

    E qui arriviamo al punto: Sisti riesce ad inserire questa saga nella cornice PKNA/PK2/PKNE, citando praticamente tutte e tre le testate pre-Gagnor. Non è una fissa da nerd, è un qualcosa che aumenta fidelizzazione e credibilità, che appiana le discordanze e unisce il tutto in un'unica grande saga coerente. Non è poco, e gli va riconosciuto. Certo, Sisti non può fare miracoli: resta un autore ospite di una saga scritta da un altro e che presenta ancora facilonerie e assurdità, limiti difficilmente superabili. Il perimetro è pur sempre quello tracciato da Gagnor, un ostacolo che impedisce di poter portare avanti la trama più di tanto (anche se lo fa, oh se lo fa). Ma è la cosa più vicina a un miracolo in cui potevamo concretamente sperare. E fa venire ancora più voglia di scoprire cosa potrà fare Sisti a briglie sciolte, magari insieme a Enna, un Artibani redivivo (mai smettere di sperare) e nuovi autori (magari capaci, formati e bravi, stavolta), quando la run di Gagnor sarà solo un ricordo.

    Grazie Sisti, ci hai restituito PK. Soprattutto, ci hai fatto tornare la voglia e la curiosità di leggerlo.
  • Letto la storia finalmente!
    Indubbiamente Sisti fa un lavoro enorme cercando di inserire la trama sballata di Gagnor nel continuum spaziotemporale pikappico. Splendidi i vari richiami/citazioni alle vecchie serie PKNA e PK2 senza dimenticare gli eventi di PKNE. Incredibile come questo autore riesca a far collimare tutto rendendo credibile e coerente il mondo che sta mostrando sul fumetto unendo fatti accaduti in numeri molto distanti da loro senza forzare o praticare retcon.
    Senza fare spoiler posso dire che l'introduzione delle new entry è gestita benissimo (una in particolare) anche se di una si poteva tranquillamente fare a meno dato che è onnipresente ormai, un vero e prorpio co-protagonista la cui presenza trovo però un po forzata in questo caso.
    Continuo tuttavia ad apprezzare notevolmente la bravura di Sisti nel far recitare alla perfezione i personaggi ognuno col proprio carattere e le proprie peculiarità cosa che finora era venuta a mancare in questo ciclo, con personaggi che parlano e si comportano in maniera stereotipata e out of character in alcuni casi (vero Lyla in Danger Dome?).
    Disegni di Pastro molto belli soprattutto nelle scene di ampio respiro e nelle vedute ad ampio raggio e nei primissimi piani, così come nella resa grafica del costume che rispetta quello di Lavoradori in Un nuovo eroe (non dimentichiamoci del costume di fortuna che pk si è costruito su Shikaar che era stato trascurato da VIan). In alcuni casi ho notato però una certa fretta nel disegno di alcune vignette che risultano poco curate, fatto forse dovuto ai tempi di consegna. Molto belli anche i colori a mani basse i migliori visti finora sul Fuoriserie.
    Passiamo ora alle note dolenti: la trama generale continua a mostrare grossi buchi e a essere secondo me un more of the same di Potere e Potenza. Mi sembra che di fondo non ci sia grande coordinazione tra i vari volumi, come se ognuno volesse per forza aggiungere carne al fuoco perdendo di vista il disegno generale. Un esempio lamante di ciò è il continuo cambio di design degli evroniani ( ne conto almeno 4 dall'inizio della saga) e dello stesso Tuiroon che crea non poca confusione. Ho inoltre notato la difficoltà di Sisti nel gestire il gruppo di inutili Pkcorps che spero possano essere usciti definitivamente di scena.
    Attendiamo il prosieguo ma tremo al pensiero che Gagnor possa nuovamente ingarbugliare la trama. A questo punto occorrerebbe incominciare a spiegare e chiudere le varie sottotrame avvicinandosi al finale, compito arduo vista la quantità di carne al fuoco e la confusione generata dai primi 2/3 numeri.
    In definitiva lo stacco Gagnor Sisti è evidente e impietoso speriamo che la storia possa concludersi degnamente e che PK torni nelle mani del suo Papà che non manca mai di dimostrare il suo amore verso il personaggio e il mondo in cui si muove.
  • PK: Obsidian, o "Come imparai a non preoccuparmi e ad amare la sbobba".


    Comincio dicendo questo: mi reputo una persona obiettiva. Non mi sono fatto problemi a criticare aspramente il ciclo di Gagnor, a costo di attirarmi insieme ad altri le antipatie dell'autore e le sue accuse di essere un hater, un nostalgico ipercritico a prescindere o intellettualmente disonesto. Allo stesso modo, non ho problemi, proprio perché - checché ne dica lo sceneggiatore - mi reputo obiettivo, nel riconoscere che questa storia è molto apprezzabile. Mi è piaciuta.

    Bisogna prima mettere le mani avanti, però, ché già leggo in giro reazioni eccessive e sguaiate: capisco che sia stata una sorpresa inaspettata, ma cerchiamo di essere equilibrati, non basta scrivere bene una storia per meritare un processo di santificazione. Capiamoci, quindi: non renderà tutta questa saga qualcosa di diverso da quello che è stata, ovverosia uno scivolone, un passo falso, una sfortunata operazione editoriale, mal pensata e mal realizzata. Il problema è a monte, e ben venga un cambio di rotta, ben venga leggere storie piacevoli, ma occhio a non cadere nell'errore di sovrastimare l'opera solo perché confronto con le (pessime) prove precedenti sembra su un altro pianeta. Giudico positivamente quest'albo, ma non cado nell'errore di farmi influenzare dall'entusiasmo: niente retcon che rivalutino il tutto col senno di poi, niente roba tipo "Ah, avremmo dovuto dar fiducia a Gagnor" o roba simile. Niente memoria selettiva. Anche perché questo albo è comunque figlio dei suoi predecessori, ed è innegabile che ci sia stata una serie quasi disperata di correzioni in corsa, numero dopo numero, che non possono non aver influenzato il prodotto attuale.

    Ma andiamo con ordine: sì, mi è piaciuta, dicevo.

    Gran parte del merito è sicuramente da attribuire al comparto grafico: Pastrovicchio in stato di grazia che sperimenta come non mai, giocando con la pagina, regia e inquadrature e disegnando sequenze spettacolari ed evocative. Ma la parte del leone la fa il colorista Stracchi, che si è assolutamente superato persino rispetto alla sua ultima prova in Zona Franca. Colori potentissimi che valorizzano al massimo i disegni del Pastro e azzeccatissimi nel dare spessore ad alcune scene (da quella coi "fantasmi" del parentado di Paperino alla sequenza muta finale con il trionfo dell'essenza "positiva").

    Veniamo quindi a Gagnor. Io non so se anche in questo numero come in Ur-Evron ci sia lo zampino di Sisti (forse nella visione di Korinna e Juniper nelle capsule criogeniche? Bel tocco di continuity, comunque) o addirittura di Bertani stesso. Non so se la pressione o le influenze di Sisti/Bertani o le critiche abbiano influito. Fatto sta che è un Gagnor diverso da quello che abbiamo letto finora, e sarei pure disposto a dargli il beneficio del dubbio e pensare che sia tutta farina del suo sacco. Certo, è un cambiamento che probabilmente non ci sarebbe stato senza tutto ciò che lo ha preceduto, comprese le critiche e l'intervento di Sisti per riportare tutto sugli stessi binari. Ma l'importante è che ci sia stato.

    Le ingenuità - per carità - ci sono anche stavolta, le illogicità pure, come pure le forzature, le facilonerie, anche alcuni dialoghi che lasciano a desiderare e le classiche dida "Baci Perugina feat. Giorgio Vanni". Ma sono in qualche modo meno fastidiose, meno ingombranti. È tutto più scorrevole, più misurato, più equilibrato. Aiuta anche che l'azione frenetica distolga l'attenzione e distragga dal farsi troppe domande, aiutano i disegni-colori e soprattutto il fatto che Gagnor stavolta sappia quando è il caso di farsi da parte e lasciar parlare loro: la splendida sequenza muta della penultima pagina non è stata "rovinata" con dida o dialoghi inopportuni, e funziona perfettamente.

    Ho notato persino un'affettuosa autocritica di Gagnor in un paio di balloon (entrambi sbobba-related). Anche il tono epico-vanaglorioso stavolta non stona: Gagnor, sia su Pk che sul Topo, ha a volte questo vizio di forzare le cose, di inserire a caso e a sproposito "feels" senza preoccuparsi di dar loro un senso o una preparazione. Stavolta, complice il fatto che siamo alle battute finali e i toni epici ci stanno tutti, fila liscio. Alla fine è anche questione di azzeccare i tempi. Gagnor qui il pezzo da feels ce lo mette, ma stavolta funziona, perché lo ha messo al posto giusto e al momento giusto. Il tutto con protagonista il personaggio da lui meno sfruttato e approfondito finora, e che paradossalmente proprio per questo appare come il meno stereotipato tra le new entry di questa saga.

    Nulla di nuovo, per carità: la classica missione suicida con i dieci piccoli indiani che cadono uno dopo l'altro e un sacrificio che sicuramente non durerà (nel prossimo numero la tempolinea normale sarà ripristinata e torneranno tutti in vita). Ma va bene così. È comunque un albo che riesce ad intrattenere. Buono inoltre che venga fatta chiarezza sugli eventi della miniserie, riportando linearità e dando ordine.
    Peccato che Tuiroon ora sia semplicemente un evroniano mutante a due teste (da evroniano-sciarpa che si univa in simbiosi a corpi ospiti era più interessante, e avrebbe dato più senso al suo essere emarginato...del resto gli evroniani mutanti a due teste normalmente sono considerati al contrario la massima casta imperiale, su Evron). Interessante però come venga spiegato che Tuiroon non ha pianificato tutto sin dall'inizio (sarebbe stato abbastanza illogico e alcune delle sue azioni precedenti avrebbero poco senso), ma che quello di creare il nuovo impero a sua immagine e somiglianza sfruttando Paperinik sia un piano B dopo che era fallito il piano A (clonare un esercito di Decimator e invadere la terra e quanto resta dell'impero evroniano - a questo punto possiamo supporre che anche in questo lato della galassia sia in circolazione quanto resta dello sciame imperiale di PKNA, magari capitanato da Zotnam o Gorthan o chi per loro).

    Insomma, ottimo lavoro, non redime del tutto la saga e lo sforzo fatto per arrivare fin qui con due capitoli e mezzo di qualità bassa ("e mezzo" perché anche la prima metà di Ur-Evron ha grosse pecche). Ma comunque sono soddisfatto di sapere che Gagnor sappia correggersi e migliorare.

    Forse ha fatto tesoro degli interventi esterni per correggere la rotta. Resta il fatto che non saremmo dovuti arrivare a questo punto: ok gioire perché ci sono state correzioni, ma l'ideale sarebbe stato proprio che non ci fosse bisogno, di queste correzioni continue. Che ora si vedono di meno, ma ci sono state eccome. Lo sforzo di Sisti per renderci "credibile" una saga che ormai aveva stufato tutti è stato encomiabile, un vero miracolo, e a questo volume "full Gagnor" tanto apprezzato non ci saremmo comunque arrivati (o sarebbe rimasto sullo scaffale) se non ci fosse stato un profondo ripensamento di questa miniserie. Che sia chiaro, questo: perché va bene se in nome di "the show must go on" si nasconde l'impappinamento integrandolo e non facendolo notare agli spettatori, ma è bene che almeno gli autori ne siano consapevoli senonaltro per evitare di cadere nello stesso errore in futuro. Molto importante che si capisca quel che non andava.. Spero che Gagnor e Bertani si rendano conto di ciò e leggano/interpretino bene l'apprezzamento dei lettori di questo volume. Spero che abbiano l'umiltà di non fingere di non aver commesso errori, finora.

    Ad ogni modo, bello non rimpiangere la spesa fatta.
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