I Mitici Disney # 1 – Topolino
Con il personaggio-icona della Disney parte la nuova iniziativa del
Corriere, che ormai sembra aver capito che gli allegati fumettistici (e targati Disney) fruttano. Reduce infatti da solo un paio di mesi dalla
Grande Dinastia dei Paperi, ecco che il quotidiano, in collaborazione con la
Gazzetta dello Sport, si imbarca in una nuova iniziativa.
I Mitici Disney è una serie di volumi monografici, ognuno dedicato a un personaggio dei fumetti disneyani. Nulla di nuovo (prodotti di “lusso” come
The Best of…,
Il meglio di…, i volumi della
Repubblica, i volumi della BUR si proponevano la stessa cosa) se non fosse che le uscite saranno 30, e questo implica che si puntino i riflettori anche su personaggi secondari quali Manetta, Zapotec, Brigitta, Indiana Pipps…
characters che se non proprio minori, di certo non hanno mai avuto l’onore di un volume tutto per loro.
Si parte, ovviamente, con Topolino.
Le prime pagine sono quanto mai strane, e prima di aver letto avevo storto il naso. Insomma, un giornalista della Gazzetta che intervista Mickey?!? Come minimo sarebbe venuta fuori una pagliacciata. Invece quell’intervista, posta dopo il piano dell’opera, è un mezzo originale per descrivere il personaggio (o meglio, farlo descrivere da sé) scrivendo informazioni non banali o svilenti. Qui Topolino parla del suo nome italiano, dei rapporti con Paperino, Minni e Pippo, del fatto che ormai non ha più i cattivi di un tempo come il Macchia Nera degli anni d’oro, dei suoi esordi nei cartoni animati, e del fatto che con orgoglio dichiara che alla Disney lo ascoltano, perché è pur sempre Topolino, e non ha certo meno carisma o potenzialità delle icone dei film d’animazione in 3d (vedi Nemo e gli Incredibili).
Certo, stranezze come l’identificarsi in George Clooney, o l’insistere sulle orecchie ci sono, ma sono poca cosa nell’insieme. Tanto più che a corredare l’intervista ci sono dei box che danno informazioni anche non notissime sugli amici del Topo (da Atomino ai comprimari di MM e X-Mickey), sugli autori migliori e sui suoi vari sosia/alter ego.
La selezione delle storie è un’altra componente che mi ha stupito. Anche qui non si segue uno schema classico, mettendo autori come Gottfredson, Carpi, De Vita, Murry… dei “classici” è presente solo Scarpa, di certo il più rappresentativo, con una delle sue migliori storie (la migliore secondo i voti dell’Inducks):
Topolino e l’unghia di Kalì. Storia che avevo letto su
75° Topolino, è sicuramente uno dei gialli più famosi che Scarpa ha confezionato per Mickey, ricco di suspence ma anche di situazioni molto gustose e divertenti (i vari pedinamenti di Topolino ai sospettati). La vicenda si snoda attorno al furto dell’Unghia di Kalì – cioè l’unghia di una statua della dea, fatta di un materiale più robusto del diamante – e attorno a delle strane incursioni notturne in alcune case di Topolinia sempre collegate alla dea dalle molte braccia. Storia narrativamente perfetta e con dei disegni tipici scarpiani (il che, se non si capisce, è un complimento)
Topolino e il fiume del tempo. Stupisce non troppo la seconda storia del volume. E’ la celeberrima storia di Faraci e Artibani per il settantesimo anno di Topolino, che ho già gustato in passato sul Topo dove ha esordito e su altre ristampe. Che dire, è già un must ormai, perché è riuscita in una storia a fumetti a riprendere le fila di una vicenda narrata nell’animazione (con le vignette in bianco e nero che riprendevano immagini dello
Steamboat Willie), innovandola in un modo tutto nuovo e mostrando un sottotesto tutto nuovo.
La bellezza di questa storia si deve però alla tematica del rapporto tra Mickey e Gambadilegno, qui mostrato come una rivalità che col tempo ha fatto maturare anche della complicità (e questo tema Faraci ha avuto modo di approfondirlo anche in altre storie, prima fra tutte
Dalla parte sbagliata). I disegni di Mastantuono sono una gioia per gli occhi, ecco un Maestro italiano che si sarebbe meritato un numero dei
Maestri Disney. Spettacolare.
Le ultime due storie stupiscono di più, ma sempre in positivo.
Topolino e le regolissime del Guazzabù è la prima storia ristampata di Casty. Ed è, a detta di chi le ha lette tutte quelle di quest’autore, una delle sue migliori. In effetti è una storia sorprendente, che cattura il lettore e lo trascina nel mondo inventato dal Castellan, questo nuovo gioco di ruolo interattivo che ha contagiato tutta la città. Mi è piaciuta molto, anche se non ci ho visto il punto di svolta nella produzione di Casty: mi ha catturato come i piani precedenti di Vito Doppioscherzo, e forse la differenza sta proprio in questo piano in sé, ancora più assurdo ma nel contempo geniale di quelli precedenti (come gli scherzodollari, per dire), molto affascinante l’analisi dell’assuefazione da gioco fino a non distinguere più la realtà. Il respiro gottfredsoniano si sente poi molto nei tempi narrativi, molto da strip, e nella critica a un aspetto della sua società (come Gottfredson e Scarpa spesso facevano, e che qui sembra puntare bonariamente ai giochi di ruolo interattivi con setting fantasy). E poi c’è il Topolino più puro che mai, non quello perfettino ma quello che anche se è pronto a calarsi in misteri e indagini, sa anche farsi coinvolgere entusiasticamente come un ragazzino dalla moda del momento, finendone vittima e solo poi maturando e vincendo - leggesi: non un Mickey vincente fin dall’inizio, ma solo con un processo di crescita) Poi i disegni letteralmente fantastici di Massimo De Vita fanno il resto, tratteggiando magnificamente Mickey, Basettoni, Manetta e Doppioscherzo. … Vabbè, forse con tutti questi elementi posso ritenere questa storia una delle migliori tra quelle che ho letto di Casty.
Topolino e il lungo ritorno chiude il volume. Un bis di Faraci per una delle sue storie meno note, che sapevo di avere sul Topolino dove ha esordito ma che non ricordavo. Rileggerla me l’ha fatta tornare alla mente, e si è riconfermata come una buona storia di Topolino che, pur senza pretese di memoribilità o eticità, racconta di una giornata di Topolino e di come si riconfermi l’uomo giusto nel posto sbagliato. Divertentissimi i comprimari, Paco e Buddy, personaggi secondari tipici delle storie di Tito. I disegni di Gervasio sono gradevoli, ma non sempre perfetti e qua e là presentano a mio parere qualche pecca e rigidezza. Comunque Tito stesso si è espresso su questa storia sul
Papersera:
Sono contento, ovviamente. Anche sorpreso, dalla presenza del Lungo ritorno. Una storia a cui sono particolarmente legato, forse un po' passata in sordina.
Legato su un piano emotivo.
Avevo cominciato a scriverla all'inizio del settembre 2001. Doveva parlare di una tragicomica disavventura di Topolino, in aereo, sopra un città.
Poi è arrivato l'11 settembre.
Ho smesso di scrivere, non ce la facevo più. Dopo qualche giorno, ho chiamato la redazione scusandomi: non ce la facevo proprio. Come tutti noi, avevo capito come quell'evento avrebbe segnato la nostra epoca.
Però continuavo a pensarci, per giorni e giorni.
Mi ero affezionato a quel Topolino, da solo, lontano. Desideroso di tornare a casa. Mi dispiaceva lasciarlo lì.
E mi sembrava che dare un finale a quella storia sarebbe stato per me un gesto simbolico. Avrebbe espresso la volontà di andare avanti, di tornare a sorridere.
Allora ho ripreso l'inizio e ho proseguito, per un'altra strada.
Quell'aereo l'ho fatto atterrare.
Ecco, questa è la storia della storia. Il motivo per cui le sonol tanto legato e per cui ora mi fa piacere vederla lì.
Ecco, quello che sorprende nella selezione delle storie è non cercare a tutti i costi storie particolari, ma scegliere bene i narratori. Ecco quindi che Faraci e Casty certo non sfigurano accanto a Scarpa, e anzi viene cos’ implicitamente sottolineato che anche nel nuovo millennio c’è che riesce a cogliere l’essenza di Topolino.
Le storie non vengono introdotte da articoli, ma solo da due righette. E’ un peccato che manchi per esempio una qualche presentazione di Casty e della sua importanza negli ultimi anni, ma questo denota il profilo della collana: qualcosa di soft, di tranquillo, che si avvale di una selezione buona di storie e che vuole anche dare una spruzzata di filologia.
Insomma, dopo l’iper-ufficialità della
Grande Dinastia, ecco una raccolta che fornisce l’occasione di avere storie deliziose anche se non impedibili e qualche apparato critico che, anche se blando, contribuisce a dipingere una buona iniziativa. A corredo della quale ci sono le monete con i personaggi Disney (che a me non interessano).
Iniziativa che però non seguirò, anche per via dell’elevato prezzo (9 euro alla settimana).
Il primo volume è comunque senz’altro promosso.