Topolino #3062 mi ha un pochino deluso. Sarà che dopo i fasti di PK nelle scorse quattro settimane arrivare ad un numero completamente “normale” mi ha un po’ destabilizzato, sarà il tempo incerto, ma fatto sta che una volta chiuso l’albo sono rimasto un po’ meh.
La miglior storia del numero risulta la prima, firmata da Jacopo Cirillo e Silvia Ziche.
Paperino e il mistero del cartello è il primo tassello di una nuova serie dedicata agli edifici di Paperopoli. L’idea in sé è innocua e caruccia, inoltre da quanto visto questa settimana l’idea di “serie” è più concettuale che fattuale, e le varie storie dovrebbero essere indipendenti le une dalle altre, unite solo dal comun denominatore degli immobili paperopolesi.
Cirillo, dovendo parlare della casa di Paperino, decide di dotarla di un’anima, silenziosa quanto presente, rendendo l’abitazione del protagonista un organismo affezionato al suo inquilino, dopo anni di vicissitudini. Il concetto è il medesimo del rapporto di Paperino con la sua 313 mostrato in almeno un paio di occasioni (
Paperino e il segreto della 313 di Michelini/De Vita, e
Addio! di Marconi/Cavazzano uscita sullo
Speciale '98 di PKNA), in cui la macchina si rivelava come senziente. E devo dire che, come funzionava in quei casi, funziona anche stavolta con la casa. Gradevoli le gag slapstick, funzionali alla trama, e piacevole la nota poetica finale.
La Ziche dal canto suo va a nozze con le espressioni esasperate o dotate di sorrisoni che abbondano in questa storia, e come sempre regala una buonissima prova.
Plaudo poi al redazionale che correda la storia: le informazioni geografiche e urbanistiche su Paperopoli si rivelano coerenti con gli elementi barksiani e con le consuetudini maggiormente affermate nel corso degli anni, che in qualche modo si pongono alla base di questo agglomerato urbano, in uno studio di ingegneria civile che rispetta comunque il “canone”. Mi domando se ci sarà posto anche per citare la Ducklair Tower, quando gli articoli andranno a trattare la zone più centrale della città.
Poi c’è Casty, alla sua seconda prova con i Paperi dopo l’esordio in tal senso di quattro estati fa. Ma se in quell’occasione lo stampo prettamente ciminiano aveva reso la storia decisamente godibile, anche grazie ai disegni molto barksiani del Ferraris egmontiano, stavolta il risultato è più deludente. Intendiamoci,
Zio Paperone e i prodigi della3D-PI è una storia che si fa leggere, e alcuni dialoghi nelle prime tavole sono scritti in modo brillante. Ma l’ossatura della trama risulta banale, già vista: è la solita nuova invenzione di Archimede su cui Paperone costruisce un business che gli si ritorce contro. Il punto è che anche un plot del genere può generare un’avventura interessante ancor oggi, e Francesco Artibani l’ha dimostrato qualche mese fa con
Zio Paperone e l'apparecchio postelefonico. Ma Casty invece ripercorre invece le solite situazioni e il solito sviluppo, mancando di brio e verve. Stefano Zanchi continua il suo percorso grafico molto positivo, anche se forse l’aspetto dei Bassotti risulta poco ricercato.
Il nuovo episodio di
Paperogate di Creta, invece, riesce solo a strappare qualche sorriso. Carina l’idea di inserire nella storia alcune prove di enigmistica ideate dal Savini, ma l’avventura in sé non risulta molto accattivante. Roberto Gagnor punta molto sulle battute che rendono il suo stile riconoscibile, e come dicevo alcune sono genuinamente divertenti (altre meno: l’idea degli stacchi pubblicitari è piuttosto artificiosa, e non tutti mi hanno divertito); simpatiche anche le citazioni, in special modo la caduta nel pozzo che richiama quella di
300 di Frank Miller. Spiace comunque vedere Ciccio stereotipo dello stereotipo di sé stesso.
Antonello Dalena ai disegni sembra Graziano Barbaro invecchiato. Non comprendo questa svolta stilistica, già intrapresa da tempo ma che mi ha colpito più che mai in questa occasione, svolta che comunque ha modificato un tratto che mi piaceva molto.
Il resto è trascurabile: la breve sulla cuccia di Pluto è una gag sempreverde, mentre la storia che chiude il giornale (
Clarabella, Orazio e la vacanza indigesta) racconta di una vacanza di Orazio e Clarabella. Una vacanza di stile “avventura&pericoli” dove i nostri - guarda caso! - finiscono in avventure e pericoli veri credendo siano
quest organizzate dal tour operator. Mi spiace per Francesca Agrati, la cui storia ha comunque il merito di far agire insieme una coppia poco utilizzata come Orazio e Clarabella, ma non si può certo dire che un plot del genere sia davvero accattivante quando nel solo ambito Disney rappresenta una situazione vista e rivista numerose volte.