[Topolino] Annata 2016

Gottfredson, Barks, Scarpa, Rosa, la scuola italiana, con un occhio di riguardo anche ai Disney spillati. Perché ricordiamo che il Sollazzo nasce qui, grazie a un certo papero mascherato...
  • Casty: PS...ah, visto poi che anche Gumi e Piccolobush ce l'han su col pulsantone da telequiz che nessuno STRANAMENTE ha MAI pigiato, aggiungo questo, che mi pare importante:

    Il pulsante (che è in bella vista perchè l'iconografo era comunemente usato dagli Atlantidei) potrebbe essere stato pigiato SOLO da:
    1) L'ultimo possessore, che riportò l'Occhio di Fuoco a Esperia. Non sappiamo chi fosse, nè se l'abbia pigiato o meno, magari sì, e si è guardato tutta la storia del diluvio. O magari no, non gli interessava. Cambiava qualcosa? Ehm no :-)
    2) Wanda e colleghi, nel '38: ma, come dice Wanda, lì sopra era poggiato l'abito regale. E poi, "non siamo archeologi" dice, magari hanno guardato l'iconografo di sfuggita perchè loro erano invece ansiosi di trovare L'Occhio. Ma se anche l'avessero pigiato, e avessero visto i bassorilievi, cambiava qualcosa? Ri-Ehm ri-no :-)
    3) I nostri oggi: che, appunto, lo pigiano. Ok, ho voluto fare lo sketch di Pippo, ma se non lo premeva lui, sicuramente quel perfettino di Topolino avrebbe detto: "Ehi, ma solo io ho notato che si dovrebbe notare che lì c'è qualcosa che somiglia a un pulsante?" Cambiava qualcosa? Sì, che tutti avreste detto: "eeeee ridaje con Topolino che le cose le nota solo luiiiii!" :-)))

  • lo so che non risponderà più Casty, però qualche altro dubbio mi è rimasto...
    Andrea87: Io invece mi chiedo perché le Lepri, pur sapendo dove si trovava Demopolis, devono aspettare e sfruttare Topolino&Co. per mandarli in avanscoperta. Perché?

    Casty: Ehm, no, NON LO SAPEVANO al tempo (Monk III dice "Il nonno non riuscì mai a scoprire DOVE era stato girato il filmato") e non lo sanno adesso.
    L'unica cosa che Monk III sa è che è stato girato "da qualche parte", si presume in Africa nordoccidentale.
    quindi 70 anni fa le Lepri Viola sono arrivate a 2 passi da Demopolis (perchè i bambini ci vanno a giocare nel luogo del combattimento, ergo non è poi così lontano) vagando alla cieca nel deserto? senza tenere un diario o qualsiasi altro appunto?

    seriamente, pensavo fosse più un "se riandiamo noi (come Lepri Viola) ci fanno un culo così, tanto vale che mandiamo una squadra al di sopra di ogni sospetto che ci faccia da apripista..."
  • Speciale Duckenstein di Mary Shelduck
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    Halloween si avvicina e, come di consueto, il terrore è l'anima della festa, anche in casa Disney.
    Per l'occasione l'autore Bruno Enna ci propone un’altra parodia da brividi: "Duckenstein di Mary Shelduck", affidando ancora una volta i disegni al talentuoso Fabio Celoni. Così facendo, i due artisti formano una vera e propria trilogia horror, iniziata nel 2012 con “Dracula di Bram Topker” e proseguita nel 2014 con “Lo strano caso del Dr. Ratkyll e di Mr. Hyde”.
    La prima parte della storia verrà pubblicata sul numero 3179 del settimanale Topolino, meritandosi una cover variant metallizzata da urlo!
    Come di consueto, il Sollazzo si rimbocca le maniche ed è pronto a dare vita ad un Botta e Risposta veramente mostruoso. Enna & Celoni, infatti, si sono nuovamente resi disponibili a rispondere ai vostri quesiti, grazie al topic dedicato sul nostro Forum e allo spazio commenti (utilizzando il vostro account Facebook) in calce all’articolo.

    Avete tempo fino alle ore 20:00 di sabato 5 novembre per porre le domande e consumare i vostri dolcetti di Halloween.
    Date vita… date vita alla nostra creatura!!!
  • Bella questa prima parte, ho apprezzato soprattutto un umorismo più marcato rispetto a quello che mi ricordo in Ratkyll. Forse le "solite" dida sono un po' pesanti (maledetti romanzi epistolari! :P), ma credo che Enna le gestisca bene, utilizzandole in parallelo (e non in mera sostituzione) a quanto accade nelle vignette: il crescendo nella psicologia di Duckenstein è riuscito e convincente, complici anche trovate registiche come il montaggio parallelo tra il risveglio di Growl e Paperino che lo raggiunge od il flashback da brivido alla statua di Daisy.

    'namo con un paio di domande, dai! Prima ad Enna (occhio, SPOILER):

    -Già con Dracula e Ratkyll ti sei abilmente destreggiato con "sostituzioni" di concetti o passaggi incompatibili con il mondo Disney. Da questo punto di vista è evidente come, in questa storia, il punto più problematico giri attorno al mostro di Frankenstein ed alla sua natura. Ci racconti come sei partito dai pezzi di cadavere per arrivare alla surreale trovata del cartone animato? Ci sono state idee scartate sul come adattare il mostro al mondo Disney e, se sì, ce le puoi illustrare?

    -Tralasciando la domanda banale sul casting ("come hai scelto personaggio x per ruolo y"), ti chiedo invece come mai tu abbia optato per NON utilizzare uno standard character nell'interpretare Growl. Semplicemente nessuno era adatto per personalità o physique du role? Non si voleva collegare un "volto noto" ad una forma di vita artificiale e "controversa"? Puoi dirci di più, spoiler permettendo?


    Ed ora a Celoni:

    -Per creare atmosfera in queste storie "horror" sceneggiate da Enna ti abbiamo visto abbondare nell'uso di tratteggi ed ombreggiature, che si aggiungono al tuo tratto ricco e dettagliato. Qual è il segreto per mantenere la leggibilità nonostante tutto, soprattutto in un formato come quello di Topolino? Quanto aiuta il colore che, in questa storia, ho notato spesso "sfumare" personaggi e sfondi in secondo piano?

    -A proposito di colori, questa volta Luca Merli ha dato il cambio a Mirka Andolfo. Puoi dirci di più? Hai collaborato con il colorista come già in Ratkyll?

    -Questa è banale ma tocca: l'equilibrio tra disneyanità e "spaventosità". Ti abbiamo già visto gestirlo nella recitazione dei personaggi nelle storie precedenti, mentre in Ratkyll c'è stato lo step successivo dell'inquietante trasformazione topo-papero. Qui invece si tratta di character design: qual è stato il tuo approccio a Growl, per renderlo sia mostruoso che adatto al fumetto umoristico?
  • Un numero complessivamente bello. Faraci è quello romantico del Colpo da 3000, Sio mi ha sbellicato. Ciccio Never un po' boh, d'altronde con Ciccio non è che si possa osare più di tanto.

    Quanto a Duckenstein, devo dire che stavolta ho trovato la *barbabietola* di turno geniale. Le manca un tocco, o forse sono 'tocco' io e ho troppe pretese. Lo chiedo agli autori e via.

    Bruno & Fabio: perché Growl non è in b/n? Perché i cartoni sono marroni? Ho l'impressione che avrei goduto a livelli orgiastici se si fosse ricreato l'effetto "cartone animato delle origini". O sarebbe stato un effetto speciale lezioso e incompatibile con quello che volevate raccontare?
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    Ottimo lavoro.
  • Bando alle ciance, lancio anche io un paio di domande agli autori:

    per Enna:
    - In termini di tempo, quanto hai impiegato (all'incirca) in totale per sceneggiare questa storia? Ci puoi fare un confronto con le precedenti della trilogia?
    - Parliamo di difficoltà legate al soggetto: quale, delle tre opere originali, conoscevi meglio? Ma soprattutto, quale ti ha messo più alle corde in termini di difficoltà di trasposizione?
    - Tra il celebre film del 1931, lo Young di Mel Brooks, i fumetti e cartoni animati, gli adattamenti di questa storia (ma soprattutto della creatura) sembrano infiniti. Tra i tanti, senza contare ovviamente il romanzo di Mary Shelley, quale ti ha ispirato di più (e come) per creare Duckenstein?

    Per Celoni:
    - Nei bozzetti (datati 2015) pubblicati dalla pagina Topolino Magazine, ho notato molte più somiglianze tra una specifica versione di Growl e la creatura interpretata da Boris Karloff (nel celebre film degli anni '30), rispetto al risultato finale apparso sul giornale; soprattutto per quanto riguarda il becco più lungo e stretto, e la testa molto più squadrata e contenuta. Come si è evoluto lo stile del personaggio?
    - Ci puoi raccontare qualcosa dello studio sui vari personaggi? In percentuale, per quanto riguarda fisionomia e ispirazioni, quanto è farina del sacco del Dr. Bruno, e quanto di Mr. Fabio?
    - Non vorrei sbagliarmi, ma la trovata del ciuffo bianco sulla folta chioma corvina di Duckenstein sembra essere originale, e non legata ad altre opere passate. Cosa ci puoi narrare in merito?
  • Lette ora le risposte un grazie al buon Casty per aver risposto anche a una "domanda extra"
  • Grazie a Casty per le risposte.

    E ora, concentriamoci su Duckenstein.

    Le mie domande:

    Avete la tentazione di trasformare la trilogia in una tetralogia? Se sì, quale sarebbe la quarta opera da prendere in considerazione.

    Ho letto che c'erano altre storie letterarie e cinematografiche che avevate perso in considerazione per la trilogia dell'orrore. Quali sono?

    Ho apprezzato moltissimo le vostre parodie ma non ho una grande conoscenza delle opere originali perchè il genere horror è per me molto ostico. Sono uno che si spaventa facilmente ma che non ha vergogna ad ammetterlo. L'unico che ho letto è Dottor Jeckil e Mr. Hide. Da quel che so di Frankeistein, ho sempre avuto e continuo ad avere la sensazione che il "mostro" sia prima di tutto una vittima. Insomma il male inteso come entità astratta è molto più presente in Dracula e in Dottr Jeckil e Mr. Hide. A parte il concetto di morte - abilmente raggirato in tutte le tre opere - c'è qualcosa del genere horror secondo voi che è assolutamente da tener fuori da Topolino? Se sì, tra queste cose da tener distante da Topolino c'è anche il concetto di male (che è ben diverso dalla furfanteria di un Gambadilegno o di un Macchia Nera ma è prorpio sinonimo di crudeltà fine a se stessa)?
  • Toh, già arrivato il momento di un nuovo B&R? Che persone efficienti, queste del Sollazzo!!!!1111 :)

    Passiamo alle domande:

    Enna: Topi per Dracula, Paperi per Frankestein, crossover per Jekyll. Come hai deciso quale dei due universi usare per ogni parodia?

    Celoni: Nei tuoi disegni usi spesso angolazioni e giochi di prospettiva che sarebbero visti come insoliti anche in fumetti meno tradizionali di Topolino. Come fai a posare gli standard character, che per definizione usano modelli molto rigidi, senza snaturarli?
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Avevo scritto una rece di Duckenstein, poi ho schiacciato "invia" ed ero offline e non me l'ha salvata, quindi sono seccato e faccio solo le domande.
    (Comunque avevo scritto che mi è piaciuta un sacco e che ho trovato la "barbabietola narrativa" davvero raffinata e originale e Dinamite Bla perfetto e la caratterizzazione della creatura adatta e divertente)

    Allora, le domande (sono tutte per Enna, per Celoni non mi è venuto in mente niente se non che è bravissimo e cose simili):
    -È voluto che la "barbabietola narrativa", da Dracula Ratkyll a Duckenstein, diventi sempre più raffinata e distante dall'originale?
    -Prossime storie?
    -C'entri qualcosa con la dichiarazione della De Poli a Lucca sui nuovi autori che collaborano a Pk? Perché se il ciclo delle parodie è finito, qualche altro eventone ce lo lascerai aspettare, no?
  • La prima parte della storia l'ho trovata assolutamente geniale! Fedele al libro originale e perfettamente calata nel contesto Disney dove,naturalmente, la violenza e il macabro non possono essere mostrati. Perfetta la descrizione del protagonista con la sua continua ricerca che diventa ossessione proprio come nell'opera originale. Perfetti i dialoghi tra i vari personaggi, Enna è maestro nei ricreare la ricercatezza del parlato ottocentesco pur mantenendo una piena comprensione del testo anche per i più piccoli. I disegni sono a dir poco favolosi!per ora nessuna domanda se non quelle già poste prima di me.
    @Enna e Celoni: tornerete mai su pk?
  • Letto Duckenstein e apprezzato, come c'era da aspettarsi.

    Celoni ha fatto un altro grande lavoro, che rimarrà nella storia. Enna ha portato a termine in modo azzeccato la trilogia horror giocando su un concetto, quello della creazione... artistica che era lì, pronto per essere ghermito ma a cui nessuno aveva mai fatto caso. Bravo, Bruno!

    Ho amato l'idea di Paperino artista. La contrapposizione con lo zione che gli rompe le scatole dicendo di mettere la testa a posto è riuscitissima. Voglio dire, abbiamo visto per anni i due litigare in modo un po' "vuoto", e adesso eccoli diventare i due esponenti dell'eterno dibattito tra "ozio e negozio", vita pratica contro spinta artistica. Questi personaggi non sono solo dei pupazzi, ma dei tipi umani basati su atteggiamenti reali, è bene che storie così ce lo ricordino.

    Ho trovato un po' veloce il finale però, e mi sono rimaste delle perplessità che spero che il B&R riesca a fugare.

    Bruno: Cosa succede alla fine? La conclusione metanarrativa è simpaticissima, ma non sono sicurissimo di averla capita. In pratica i cartoni animati che Victor ha creato sono in tutto e per tutto "fisici" come Growl? E anche il Calisota è "reale"? Fuoriscena è stato creata dunque una "riserva" per i "cartoni animati"? O il senso è un altro?
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    Causa Lucca, non avevo ancora avuto modo di commentare il Topolino di settimana scorsa.
    Ne approfitto allora per fare una recensione complessiva che comprende anche quella attualmente in edicola, atteggiamento tanto più sensato considerando che posso così parlare di Duckenstein nella sua interezza.
    La nuova parodia gotica di Bruno Enna e Fabio Celoni è infatti il fiore all’occhiello di questo inizio di autunno fumettistico, e credo potrebbe addirittura essere ora come ora la mia preferita delle tre.
    Ha un difetto non da poco, in realtà, che si ravvisa nelle ultime tavole: una certa compressione narrativa e un’eccessiva velocità nel chiudere la storia, che rende un po’ squilibrato il ritmo narrativo complessivo che era molto più rilassato nella prima parte. Ma le atmosfere che i due autori hanno saputo immettere nella storia, alcune tavole (quella in cui Paperino/Victor Duckentesin dissotterra la cassa, quella dove cerca in una disperata notte di tregenda la propria creatura fuggita) sono da capogiro per l’intensità del tratto di Celoni, unito ai colori davvero calzanti di Fabio Merli.
    La “barbabietola” di turno è molto sottile e intelligente: dietro alla semplice idea del cartone animato Enna riesce infatti a tracciare un riuscito parallelo tra la creazione della vita e quella artistica, mettendo in luce anche la complessità caratteriale dell’artista stesso, le sue turbe, le sue ansie e difficoltà.
    Il fumetto Disney ha una nuova gemma, e dispiace che sia in parte resa opaca da un finale un po’ affrettato, ma resta comunque un’opera fortemente coinvolgente e valida.

    Per il botta & risposta... avete già chiesto tutto voi, non ho altre curiosità che non siano già state espresse :)

    Per quanto riguarda le altre storie, partendo dal numero di Lucca Comics… è molto ma molto valido. Un cosplayer di troppo poteva essere una storiellina giusto per ridere, e sarebbe anche stata giustificata dal suo essere traino per la fiera, ma Tito Faraci scrive invece un’avventura decisamente ispirata, dove il metafumetto non risulta fine a se stesso ma viene invece incanalato in una trama solida e piacevole, dove abbondano battute divertenti e simpatiche, dove si strizza l’occhio al lettore scafato con le caricature di alcuni fumettisti ma dove, essenzialmente, si parla di Zio Paperone e lo si fa piuttosto bene, con una caratterizzazione adeguata. I disegni di Giorgio Cavazzano fanno il resto, l’artista deve essersi divertito e questo traspare dalle tavole.
    Anche l’accoppiata Sio-Ziche funziona alla grande: La spada di ghiacciolo, lungi dall’essere uno sberleffo alla Spada di ghiaccio di Massimo De Vita, è un simpaticissimo divertissement che a mio avviso funziona e diverte, contribuendo tra dialoghi e umorismo surreale a dare freschezza al linguaggio disneyano. L’idea del rendere l’avventura a metà tra sequel e reboot ha senso e viene gestita bene, i disegni della Ziche si confermano una volta di più come lo stile più adatto per tradurre gli storyboard di Sio.
    Ciccio Never è la storia più debole del lotto, eppure rispetto ad altre prove di Riccardo Secchi è senz’altro un passo in avanti: siamo di fronte a una trama che fila, con alcune sequenze accattivanti (i robot dalle fattezze di Battista…) e ad un Ciccio meno noioso o inopportuno del solito in avventure del genere. Alcuni elementi di Nathan Never vengono parodiati in maniera forse un po’ ingenua e poco ficcante, ma altri (come il cambio di colore del ciuffo) funzionano abbastanza. Sempre molto buono Perina.

    C’è meno da gioire per quanto riguarda il nuovo numero. La storia con QQQ mi sembra un po’ vacua, non ha una vera direzione ma funziona quasi “a tappe” seguendo gli sbagli che i nipotini starebbero per fare e che vengono impediti dall’invenzione di Archimede… per poi sfociare in uno dei topos classici di Carlo Panaro, sceneggiatore della storia, cioè l’intrigo criminale, che appare però staccato dall’invenzione stessa, che dovrebbe rappresentarne il centro.
    La “giornata tipo” di Paperino by D’Antona è forse ancora più inconcludente, nel suo essere… niente più di quello, senza particolari guizzi: tutto punto alla battutina finale, che più scontata non si può.
    Simpatiche invece, pur senza essere nulla di che, la storia di Manetta e quella di Moscato. La prima ci restituisce Manetta e Rock Sassi in una maniera meno macchiettistica, mostrandoli non solo come babbei e in una tram avventurosa ben scritta, la seconda è davvero divertente: prendere di mira i creduloni del web non è roba nuovissima, forse, ma nel fumetto Disney ha un valore aggiunto. Rendere Paperoga uno di questi tizi è solo la ciliegina sulla torta, in una storia ricca di gag e battute frizzanti.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • In Duckenstein ho avvertito una sensazione di "vorrei, ma mi impongono di non farlo".
    Nel senso che, a differenza delle due precedenti parodie dell'orrore, qui non si respira mai il rischio che possa succedere qualcosa di brutto.
    In Dracula, la prima parte finiva con Clarabella tramutata in barbabietola (non era morta e nell'episodio successivo sarebbe tornata come prima, ma il dubbio che potesse restare così per sempre c'era).
    In Ratkill, la prima parte finiva con lo spaventoso incubo di Pippo e la paura concreta che il personaggio di Donald Hyde trasmetteva.
    In Duckenstein, la prima parte finisce con lo scienziato del titolo che, col sorriso sul becco, rassicura Ciccio di non mettersi a piangere, perchè la storia che sta raccontando non finirà in maniera tragica. Insomma, tutta la suspence e la tragicità della vignetta in cui la statua di ghiaccio si scioglie vengono bellamente ammazzate.
    E la seconda parte è tutto uno stemperamento, non solo perchè continua ad essere un racconto nel racconto, ma perchè nello stesso racconto c'è un altro racconto che stempera a sua volta la situazione: sto parlando del passaggio a pag. 38 e 39, in cui [spoiler]i tre nipotini e Growl[/spoiler] spiegano A LORO STESSI il piano che hanno congegnato e gli effetti che hanno voluto causare. Una scena forzatissima (se sanno già cosa hanno fatto perchè se lo ripetono ancora? hanno problemi di memoria?) che mi aspetterei di leggere da un Panaro o un Marconi, non certo da Enna.
    E l'ultima parte del racconto, quella in cui succedono le cose più importanti, non viene nemmeno mostrata, ma sempre raccontata a voce alta da Paperino (pag. 43, 44 e 45), senza nemmeno uno straccio di vignetta-flashback con le parole di Paperino in una didascalia. In un fumetto mi aspetto di VEDERE qualcosa, oltre che di leggere.
    Sì, i disegni di Celoni saranno belli, ma su decine di vignette in cui ci sono solo personaggi che parlano fra di loro, e basta, sono sprecati.
    Per me quindi Duckenstein è bocciata. Ci si fosse limitati a un flashback, invece che a sentire il racconto a cuor leggero di Paperino, sarebbe stato molto meglio.


    Ah, complimenti a Topolino per aver debuttato in fumetteria. Peccato che l'abbia fatto con un numero che contiene Paperino e l'impegno della nullafacenza, la fiera dei cliché delle storie di Paperino senza un briciolo d'innovazione o divertimento. Qualcuno mi spiega come ha fatto questa sceneggiatura ad essere approvata?
  • FearTear ha scritto:In Duckenstein, la prima parte finisce con lo scienziato del titolo che, col sorriso sul becco, rassicura Ciccio di non mettersi a piangere, perchè la storia che sta raccontando non finirà in maniera tragica. Insomma, tutta la suspence e la tragicità della vignetta in cui la statua di ghiaccio si scioglie vengono bellamente ammazzate.
    Veramente dice di non disperarsi per la morte di Growl. Cioè ci dice che Growl è ancora vivo e si allude al fatto che succederanno cose... pazzesche!!1!, quindi a quel punto puoi benissimo immaginare che il mostro vada a squartare Gastone se è la suspense che preme.

    sto parlando del passaggio a pag. 38 e 39, in cui i tre nipotini e Growl spiegano A LORO STESSI il piano che hanno congegnato e gli effetti che hanno voluto causare. Una scena forzatissima (se sanno già cosa hanno fatto perchè se lo ripetono ancora? hanno problemi di memoria?) che mi aspetterei di leggere da un Panaro o un Marconi, non certo da Enna.
    Beh intanto se lo ripetono perché Growl ha riserve in merito: anche così rimane un espediente narrativo magari non naturalissimo ma nulla di così sconcertante o stupido al punto da distruggere la sospensione d'incredulità.
    Ma soprattutto è tutto filtrato dal racconto di Paperino, che già infatti aveva riportato pov altrui (quello di Growl all'inizio della seconda parte, altrui) per sentito dire e le cui tendenze alla logorrea magniloquente sono stabilite in più punti della storia.

    E l'ultima parte del racconto, quella in cui succedono le cose più importanti, non viene nemmeno mostrata, ma sempre raccontata a voce alta da Paperino (pag. 43, 44 e 45), senza nemmeno uno straccio di vignetta-flashback con le parole di Paperino in una didascalia. In un fumetto mi aspetto di VEDERE qualcosa, oltre che di leggere.
    Qui invece devo quotare, il finale è decisamente affrettato. Ora, non so se ci volesse il flashback o che altro, fatto sta che finire l'esposizione dei fatti per scoprire immediatamente un attimo dopo che era già tutto risolto è un bel po' destabilizzante e toglie un bel po' di potenza alla vicenda. E a certe scene come quella dei forconi, che a di conseguenza sembra inserita un po' perché "si deve" ma a cui non c'è alcun seguito o riferimento quando scopriamo (a voce) che invece no, Growl è l'idolo delle masse.

    Anche perché da quel punto in poi Paperone sparisce del tutto dalla vicenda e non solo vedere la sua opinione su Growl cambiare ci avrebbe magari convinto della cosa più delle parole del solo Paperino, ma inoltre avrebbe aiutato a veicolare il messaggio finale sulla creatività, visto che lo zione ne era stato principale oppositore nel corso della storia. Così invece il messaggio sembra un po' appiccicato in coda, anche perché nella prima parte si spingeva molto di più sul tema della lotta contro la natura, evidentemente di difficile soluzione in una storia Disney ma non di meno rimasto un po' "appeso" ed in disparte a favore del tema creativo, che di certo trova fondamento in quanto mostratoci in precedenza ma che non sembrava essere poi così preponderante, anche perché usato più come "motore" della storia che come effettiva problematica di Duckenstein (che infatti si cruccia per tutt'altro).
    Insomma, mi torna comunque e rimane un bel tema, ma il finale affrettatone non contribuisce a farmi percepire il tutto come organico. Il che in una storia di Frankenstein forse ci sta? :P

    Peccato comunque, perché il resto della storia l'ho comunque apprezzatissimo tra inventiva e gag, ritmo ed atmosfere, come dicevo in un altro post.

    Peccato che l'abbia fatto con un numero che contiene Paperino e l'impegno della nullafacenza, la fiera dei cliché delle storie di Paperino senza un briciolo d'innovazione o divertimento. Qualcuno mi spiega come ha fatto questa sceneggiatura ad essere approvata?
    Lol sì, sembra fatta appiccicando insieme stereotipi random, una non-storia.
  • Siore e Siori, i gentilissimi Bruno Enna & Fabio Celoni hanno risolto i vostri dubbi per quanto riguarda DUCKENSTEIN e barbabietole varie!
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    PORTAMANTELLO, Giordanduck: Già con Dracula e Ratkyll ti sei abilmente destreggiato con “sostituzioni” di concetti o passaggi incompatibili con il mondo Disney. Da questo punto di vista è evidente come, in questa storia, il punto più problematico giri attorno al mostro di Frankenstein ed alla sua natura. Ci racconti come sei partito dai pezzi di cadavere per arrivare alla surreale trovata del cartone animato?
    È voluto che la “barbabietola narrativa”, da Dracula Ratkyll a Duckenstein, diventi sempre più raffinata e distante dall’originale?

    Bruno Enna: La famosa barbabietola deve scaturire da un’idea semplice, ma il più possibile calzante con quella alla base del romanzo d’origine. La sua raffinatezza è definita da questo e non da elucubrazioni più o meno ricercate. Insomma, dev’essere spontanea, altrimenti rischia di risultare pretestuosa. Per trovare la barbabietola di Duckenstein mi è bastato leggere proprio il romanzo originale, che parlava della creazione della vita e del superamento dei limiti umani. Trasportando tutto al nostro mestiere, mi è sembrato naturale parlare dell’animazione. Chi scrive o disegna “crea” dal nulla e, talvolta, soffre persino di delirio d’onnipotenza.

    PORTAMANTELLO: Ci sono state idee scartate sul come adattare il mostro al mondo Disney e, se sì, ce le puoi illustrare?
    Bruno Enna: Sono state scartate alcune idee, in effetti, ma credo sia inutile parlarne, un po’ perché non amo piangere sul latte versato e un po’ perché si rischia di discutere di aria fritta. Dopotutto, la storia che avete letto è e resta quella definitiva. Posso però dirti che, a un certo punto, avevo pensato di inserire un “Paperoga/Paper-Igor” (ben sapendo che Igor, nel romanzo, non esisteva), ma, giustamente, la redazione mi ha aiutato a capire che sarebbe stata una scelta sbagliata. Divertente, ma sbagliata (e alquanto inutile ai fini narrativi).

    PORTAMANTELLO: Tralasciando la domanda banale sul casting (“come hai scelto personaggio x per ruolo y”), ti chiedo invece come mai tu abbia optato per NON utilizzare uno standard character nell’interpretare Growl. Semplicemente nessuno era adatto per personalità o physique du role?
    Non si voleva collegare un “volto noto” ad una forma di vita artificiale e “controversa”?

    Bruno Enna: La prima che hai detto. Personalmente, non riuscivo a vedere un papero conosciuto in quel ruolo. Io e Fabio alla fine abbiamo deciso di creare un personaggio originale. Fabio (da quel genio che è) gli ha dato un aspetto spaventoso e amabile allo stesso tempo. Credo sia difficile non affezionarsi a Growl e mi piacerebbe che un giorno -non so come- egli tornasse a farci visita sulle pagine del Topo.

    Mason: Topi per Dracula, Paperi per Frankestein, crossover per Jekyll. Come hai deciso quale dei due universi usare per ogni parodia?
    Bruno Enna: Sono state le storie a darmi, di volta in volta, il suggerimento giusto. Per Dracula, il personaggio-chiave è stato Macchia Nera: a mio avviso, un vampiro perfetto. Così, l’utilizzo dei Topi è arrivato di conseguenza. Per Ratkyll & Hyde, invece, è stata la “barbabietola” (il Topo che diventa Papero e viceversa) a impormi di usare le due famiglie. Passando a Duckenstein, mi è sembrato logico utilizzare Paperino e company; non solo per completare idealmente la “trilogia”, ma anche perché la trasposizione del romanzo necessitava di un certo taglio umoristico che solo i Paperi avrebbero potuto dare.

    The Blue Thunder: In termini di tempo, quanto hai impiegato (all’incirca) in totale per sceneggiare questa storia? Ci puoi fare un confronto con le precedenti della trilogia?
    Bruno Enna: Le tempistiche variano a seconda della storia e, ora come ora, non saprei dirti quale mi abbia impegnato di più. C’è poi, in fase di “incubazione”, tutto il lavoro legato alla documentazione: non solo la lettura dei romanzi, ma anche la visione dei film e la ricerca dei saggi legati all’opera narrativa originale. Quindi, è davvero difficile dire quanto tempo in totale mi abbiano preso le singole storie. Di certo, Dracula è stata la prima trasposizione e quindi anche trovare la “barbabietola” si è dimostrata un’impresa. Una volta scovata, però, la scrittura è andata via veloce. Stessa cosa per gli altri due romanzi: risolti tutti i problemi creativi, la stesura di ogni “tempo” mi ha occupato più o meno venti o trenta giorni di lavoro. Dunque, la fase di scrittura vera e propria, per ogni trasposizione, è durata circa due mesi.

    The Blue Thunder: Parliamo di difficoltà legate al soggetto: quale, delle tre opere originali, conoscevi meglio? Ma soprattutto, quale ti ha messo più alle corde in termini di difficoltà di trasposizione?
    Bruno Enna: Conoscevo abbastanza bene tutti e tre i romanzi, per la verità (certo, “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” l’avevo letto più volte… per via della sua incisività e, forse, anche della sua brevità). Credo che Dracula mi abbia impegnato maggiormente dal punto di vista ideativo, ma nessuno dei tre romanzi mi ha mai messo davvero “alle corde” (per fortuna).

    The Blue Thunder: Tra il celebre film del 1931, lo Young di Mel Brooks, i fumetti e cartoni animati, gli adattamenti di questa storia (ma soprattutto della creatura) sembrano infiniti. Tra i tanti, senza contare ovviamente il romanzo di Mary Shelley, quale ti ha ispirato di più (e come) per creare Duckenstein?
    Bruno Enna: Frankenstein Junior è uno dei film che preferisco in assoluto, per questo ho disperatamente cercato di allontanarmene. Non credo di esserci riuscito del tutto: l’umorismo di Mel Brooks è sempre presente, in qualche modo. Va detto che quasi tutte le trasposizioni cinematografiche (fatta eccezione, almeno in parte, per quella di Kenneth Branagh) hanno “tradito” l’opera d’origine. Dunque, a ispirarmi è stato quasi unicamente lui: il romanzo.

    Mark: Avete la tentazione di trasformare la trilogia in una tetralogia? Se sì, quale sarebbe la quarta opera da prendere in considerazione.
    Bruno Enna: Personalmente, ora come ora, non ho questa tentazione. Mi piacerebbe fare qualcosa di diverso. Io e Fabio ci teniamo sempre contatto e -tenendo conto dei rispettivi impegni- stiamo già cominciando a coltivare alcune… barbabietole. Speriamo che crescano.

    Mark: Ho letto che c’erano altre storie letterarie e cinematografiche che avevate perso in considerazione per la trilogia dell’orrore. Quali sono?
    Bruno Enna: Non ricordo molto bene, al momento. Di certo si è parlato del “Golem”. Le altre opere, bene o male, sono state offuscate dalle tre più importanti: Dracula, Jekyll & Hyde e Frankenstein.

    Mark: A parte il concetto di morte – abilmente raggirato in Dracula, Ratkill e Duckenstein – c’è qualcosa del genere horror secondo voi che è assolutamente da tener fuori da Topolino? Se sì, tra queste cose da tener distante da Topolino c’è anche il concetto di male (che è ben diverso dalla furfanteria di un Gambadilegno o di un Macchia Nera ma è prorpio sinonimo di crudeltà fine a se stessa)?
    Bruno Enna: Bisogna dire che esistono diversi tipi di male. Credo per esempio che il male, inteso come malattia (fisica e mentale), vada davvero preso con le pinze. Credo anche però che, con i giusti accorgimenti, su Topolino si possano affrontare un po’ tutte le tematiche, anche le più spinose. Basta solo usare un po’ di buonsenso, d’intelligenza e di sensibilità.

    Giordanduck, Generalezargon: Valentina De Poli ha annunciato a Lucca qualcosa come “nuovi autori che collaborano a Pk”. Se il ciclo delle parodie è finito, ci possiamo aspettare qualche altro ‘eventone’ magari legato a PK? Se non sei al momento coinvolto in questo progetto, hai intenzione di tornare sul personaggio e relative storie?
    Bruno Enna: Al momento non sono coinvolto, ma mi piacerebbe esserlo (tieni conto che non sarei proprio un nuovissimo autore, avendo scritto episodi praticamente in tutte le serie pikappiche). PK ha significato molto per me e la sua “nuova vita” m’intriga assai. Chissà!

    Valerio: Cosa succede alla fine? La conclusione metanarrativa è simpaticissima, ma non sono sicurissimo di averla capita. In pratica i cartoni animati che Victor ha creato sono in tutto e per tutto “fisici” come Growl? E anche il Calisota è “reale”? Fuoriscena è stata creata dunque una “riserva” per i “cartoni animati”? O il senso è un altro?
    Bruno Enna: L’idea della riserva mi fa un po’ impressione, per la verità. No, la mia ipotesi è che il mondo stesso sia cambiato (o comunque, cambierà presto) in seguito alla nascita dei cartoni animati. Per me il Calisota è più che reale e i cartoni animati sono fisici, proprio come Growl. La loro vita comincerà lì e in seguito si diffonderà in tutto il mondo. Va poi detto che ognuno può interpretare il finale come vuole; credo sia il bello di certe storie a fumetti.

     
    PORTAMANTELLO: Per creare atmosfera in queste storie “horror” sceneggiate da Enna ti abbiamo visto abbondare nell’uso di tratteggi ed ombreggiature, che si aggiungono al tuo tratto ricco e dettagliato. Qual è il segreto per mantenere la leggibilità nonostante tutto, soprattutto in un formato come quello di Topolino? Quanto aiuta il colore che, in questa storia, ho notato spesso “sfumare” personaggi e sfondi in secondo piano?
    Fabio Celoni: In queste storie ho utilizzato una “fotografia” (intesa come luci e ombre di scena) piuttosto inusuale su Topolino, che ci ha abituati perlopiù a una linea chiara alla francese. Ma non c’è nessuna regola che imponga questa cifra, in realtà, l’importante è restare disneyani, e Disney non è uno stile (poiché ce ne sono cento) ma uno spirito. L’uso di un intenso tratteggio, come di ombre nette e drammatiche, mi è parso qui necessario per avvicinare le pagine alle atmosfere gotiche da cui sono state ispirate, dandogli suggestioni e drammaticità proprie di un certo cinema e di una certa letteratura. In questo caso ho potuto utilizzare l’esperienza maturata sulle pagine di Dylan Dog, cercando di evitare il rischio di scivolare troppo su un piano che non sarebbe più stato Disney. Questa è stata quindi la parte più difficile, caricare di drammaticità e suggestione le tavole, sfiorando il limite entro il quale si è ancora nel mondo disneyano, senza però caderne fuori. E’ stata una camminata sulla fune davvero complessa, anche perché, come dici, è stato ovviamente necessario anche fare i conti con la leggibilità finale di un formato ridotto come quello di Topolino. Inoltre, bisognava sempre tener presente che le tavole non sarebbero state pubblicate in b/n, ma colorate. Nei casi di queste storie così particolari, il rischio di vedersi il lavoro stravolto negli intenti è stato annullato dall’aver potuto visionare e in alcuni casi condividere il lavoro del colorista, che ha avuto una parte fondamentale nell’impatto finale delle tavole stampate. Per rispondere all’ultima domanda specifica, lo “sfumare” dei personaggi o sfondi che tu citi, e che in realtà è un viraggio delle chine (che diventano quindi più o meno grigie), è un “trucco” utile che il colorista può usare per sottolineare i diversi piani narrativi, specie in vignette molto complesse.

    PORTAMANTELLO: A proposito di colori, questa volta Luca Merli ha dato il cambio a Mirka Andolfo. Puoi dirci di più? Hai collaborato con il colorista come già in Ratkyll?
    Fabio Celoni: Entrambi i coloristi con cui ho avuto il piacere di collaborare sono artisti di grande valore, quindi per me è stato un onore poter lavorare con entrambi. Mirka aveva altri impegni e quindi si è reso necessario trovare un nuovo colorista all’altezza delle precedenti opere. Me ne sono occupato personalmente con un casereccio “bando di reclutamento” sulla mia pagina Facebook, a cui hanno risposto quasi 50 persone, molte delle quali di livello davvero alto. Luca Merli è stato quello che, ad avviso mio e della redazione, ha saputo più calarsi nelle atmosfere richieste dalla storia, esaltando al massimo le mie tavole. E’ un valentissimo illustratore oltre che colorista, e ci siamo intesi molto in fretta. E’ stata una lavorazione con tempi stretti ma intensa e proficua, non posso che esserne felice. Come accennavo nel redazionale, gli ho solo suggerito l’impatto che le tavole avrebbero dovuto avere, puntando l’attenzione su quella drammaticità che era a mio avviso indispensabile tirar fuori per alcune sequenze, quindi modificare certe luci, virare alcuni colori, tutte indicazioni che ho dato solo con finalità narrative: quando gli ho proposto di usare dei toni espressionisti nelle scene sotto la pioggia, ad esempio nei cieli che mi sarebbero piaciuti virati al rosso, per aumentare il senso di tregenda e pathos estremo, ha compreso che non doveva essere necessariamente legato a qualche sorta di realismo cromatico, e che poteva spaziare con tavolozze più irreali ed “emotive”, per così dire. E si è divertito come un matto, con un risultato che è sotto gli occhi di tutti.

    MAX BRODY: Perché Growl non è in b/n? Perché i cartoni sono marroni? Ho l’impressione che avrei goduto a livelli orgiastici se si fosse ricreato l’effetto “cartone animato delle origini”. O sarebbe stato un effetto speciale lezioso e incompatibile con quello che volevate raccontare?
    Fabio Celoni: Beh, Victor usa dei “colori alchemici” per dipingerlo, no? Inoltre, la stessa alchimia tradizionale possiede nel suo simbolismo canonico una determinata gamma cromatica, che corrisponde a stati diversi dell’Opera e della materia. Ma a parte ciò, secondo me il dare corpo e vita a Growl attraverso l’uso dei colori era fondamentale: la vita è colore, la morte è nera, o grigia, o bianca. Lui è “animato”, quindi dotato di anima, un’anima vivente che desidera ardentemente essere in sintonia con il mondo, che ascolta il canto dei passeri e il suono del vento. Lui fa parte del mondo ma dal mondo è considerato diverso per il suo aspetto: a me piace pensare che sia la sua anima a essere colorata e a superare le stupide barriere estetiche, perché il sole sfiora tutte le creature allo stesso modo. Farlo bianco e nero avrebbe significato in questo caso relegarlo anche in un universo di grigiore interiore.

    PORTAMANTELLO: Questa è banale ma tocca: l’equilibrio tra disneyanità e “spaventosità”. Ti abbiamo già visto gestirlo nella recitazione dei personaggi nelle storie precedenti, mentre in Ratkyll c’è stato lo step successivo dell’inquietante trasformazione topo-papero. Qui invece si tratta di character design: qual è stato il tuo approccio a Growl, per renderlo sia mostruoso che adatto al fumetto umoristico?
    Fabio Celoni: Una premessa: la disneyanità prevede a monte la spaventosità. Pensa a Fantasia, alla notte sul monte Calvo. Pensa a Biancaneve. A Pinocchio. Le grandi fiabe non possono essere separate dall’oscurità che proprio la fiaba deve far comprendere di poter superare. Se non c’è porta, pericolo od ostacolo, non puoi attraversare niente, non c’è neanche viaggio, solo un villaggio turistico. Il rischio di perdersi che diventa esplorazione di sé, del proprio bosco-labirinto interiore, è alla base di ogni vera crescita personale. I bambini inconsciamente vogliono essere spaventati, perché attendono la catarsi finale, l’arrivo della luce salvifica. E’ il loro modo per iniziare a mettersi in cammino. Se non c’è questo passaggio, il racconto diventa finzione. Detto ciò, per parlare del design del personaggio, posso dire di averci davvero lavorato tanto, proprio per cercare di superare la difficoltà di giungere a delle forme che mantenessero l’imprinting orrorifico, ma che fossero diluite con la necessaria sensibilità del fumetto umoristico disneyano. Sono partito da forme-base, cercando – come Victor! – di dar corpo alla mia creatura, un passo alla volta, con mille ripensamenti, sbagli, schizzi buttati e nuove versioni.

    THE BLUE THUNDER: Nei bozzetti (datati 2015) pubblicati dalla pagina Topolino Magazine, ho notato molte più somiglianze tra una specifica versione di Growl e la creatura interpretata da Boris Karloff (nel celebre film degli anni ’30), rispetto al risultato finale apparso sul giornale; soprattutto per quanto riguarda il becco più lungo e stretto, e la testa molto più squadrata e contenuta. Come si è evoluto lo stile del personaggio?
    Fabio Celoni: Esattamente nel modo che accennavo prima, sono partito da un’immagine interiore, che era una sorta di sedimentazione del mio immaginario di Frankenstein formatosi negli anni, per arrivare a prendere una via karloffiana a metà percorso, quando mi sono reso conto che la maschera di Pierce era imprescindibile. Infine, la creatura ha subito un’ultima e definitiva mutazione, che aveva lo scopo di renderla più disneyana possibile e un po’ meno grottesca.

    THE BLUE THUNDER: Ci puoi raccontare qualcosa dello studio sui vari personaggi? In percentuale, per quanto riguarda fisionomia e ispirazioni, quanto è farina del sacco del Dr. Bruno, e quanto di Mr. Fabio?
    Fabio Celoni: I personaggi sono sempre gli stessi che conosciamo… anche se cambiano sempre! Victor è Paperino, eppure è Victor. E la gamma della recitazione di ciascun personaggio è sempre quella, adattata ogni volta alla situazione e al contesto. L’unico personaggio “nuovo” è la creatura, che è figlia di entrambi i genitori, ha due babbi. Posso aggiungere per amor di aneddoto che, ritenendo importanti (sul piano dell’immaginario collettivo del personaggio) le viti che il Frankenstein originale ha nel collo, ma non potendo utilizzarle qui per ovvi motivi, ho suggerito a Bruno di trasformarle in… tappi per le orecchie, che semplicemente avrei posto un po’ più in alto. Ma l’impatto emotivo sarebbe stato lo stesso.

    THE BLUE THUNDER: Non vorrei sbagliarmi, ma la trovata del ciuffo bianco sulla folta chioma corvina di Duckenstein sembra essere originale, e non legata ad altre opere passate. Cosa ci puoi narrare in merito?
    Fabio Celoni: In parte è legata all’immagine de “La moglie di Frankenstein”, il classicone del ’35 di Whale, con Karloff ed Elsa Lanchester, che aveva un ciuffo di capelli bianco nella chioma nera. Ma nella nostra storia ha un senso bel preciso e serve da anello di collegamento, anche per individuare immediatamente i diversi piani temporali in cui vediamo recitare lo stesso personaggio, e sapere subito se sta parlando il Victor di oggi (spaventato dalla creatura) o quello di ieri coi capelli corvini.

    MASON: Nei tuoi disegni usi spesso angolazioni e giochi di prospettiva che sarebbero visti come insoliti anche in fumetti meno tradizionali di Topolino. Come fai a posare gli standard character, che per definizione usano modelli molto rigidi, senza snaturarli?
    Fabio Celoni: I nostri personaggi sono invece meravigliosamente duttili. Possono fare di tutto. Ma bisogna sapere molto bene come sono strutturati, quale tipo di movimenti possono fare senza perder la loro disneyanità. E’ una cosa che non si può spiegare a parole. Dopo un po’, lavorando molto, capisci che una posa è Disney, e un’altra no, pur se il personaggio è Disney. Anche per questo disegnare Disney è molto, molto difficile. Io mi sono formato, oltre che sui grandi classici del fumetto disneyano, anche sull’animazione. Questo mi ha permesso di osare parecchio nei movimenti dei personaggi, ma c’è da dire che non tutto ciò che si vede in un cartone animato è accettabile in un fumetto Disney. Bisogna appunto imparare quali sono le linee di confine, che in realtà non sono scritte da nessuna parte. Insomma, per imparare ad andare in bicicletta, bisogna provarci e cadere. Pe quanto riguarda la prospettiva a volte estrema, quella è solo tecnica, che va appresa. Per quanto mi riguarda, non la uso mai in maniera pretestuosa, un’inquadratura ha sempre un valore narrativo preciso. Non è per fare l’effettone, ma per raccontare al meglio una scena. E una regia accurata è a mio avviso assolutamente fondamentale.

    GENERALEZARGON: Domanda secca e di rito: Tornerai mai su PK?
    Fabio Celoni: E’ un augurio costante!
  • PK a parte, il resto di Topolino #3181 non brilla molto. La storiella sui segnali di fumo è un semplice susseguirsi di gag banali, quella di Fontana sulle foglie ha uno svolgimento fin troppo classico e giocato tutto sulla vignetta finale, dal canto suo priva di mordente, e quella di Gambadilegno riesce a strappare giusto un sorriso, per quanto prevedibile.
    Si salvano invece Paperino, Gastone e il deviatore probabilistico e Orazio e Eta Beta star dell’elettronica.
    La prima è un’avventura urbana a mio avviso piuttosto riuscita: Zemelo ritorna sul cliché della fortuna di Gastone dando però un briciolo di spessore in più al biondo cugino e costruendo una trama ricca di elementi simpatici e divertenti. La seconda è un trip di Giorgio Salati in cui si è immaginato che dietro i caschi dei Daft Punk si nascondessero Orazio e Eta Beta XD XD Scherzi a parte, ho apprezzato l’uso interessate di due comprimari che raramente interagiscono tra loro, e il renderli un duo di musica elettronica è quella classica idea che sulla carta sembra un abominio ma che sviluppata assume contorni gradevoli. Interessante il concetto per cui la “malattia della distorsione elettronica” possa essere curata da strumenti musicali veri ;)
    Per questa storia lo sceneggiatore ha scritto un approfondimento sul suo blog, per gli interessati :)

    Lato disegni: Zironi è sempre un bel vedere, e Asaro non è male. Certo che però vedere nello stesso numero cosa sanno fare Sciarrone e Zironi stesso e ritrovarsi poi un Mazzarello che pare abbia fatto passi indietro dalle prove più recenti, una Molinari che non capisco cosa le sia successo e un Chierchini dal tratto più arcaico che mai mi strania sempre un bel po’…
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
    Osservate l'orrendo baratro su cui è affacciato l'universo! ... senza spingere...

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  • La Redazione ha scritto:Siore e Siori, i gentilissimi Bruno Enna & Fabio Celoni hanno risolto i vostri dubbi per quanto riguarda DUCKENSTEIN e barbabietole varie!
    Ottimo! Grazie agli autori e, senza togliere nulla al collega, in modo particolare ad un Celoni davvero approfonditissimo! :adore:
  • Su Topolino 3184 c'è una nuova parodia, Il Principe Duckleto di Giorgio Salati e Paolo De Lorenzi. Davvero complimenti ai due autori, perché dato il tema tragico dell'opera Shakespeare non era facile un adattamento disneyano, senza perderne lo spirito. Umorismo a raffica, zio Paperone gestito in modo ottimo, con un bell'espediente narrativo, e bei disegni. :clap:
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