Archivio Zero
10 capitoli pubblicati sul Corriere dei Ragazzi a partire dal n.4/1977. La raccolta di Kappa Edizioni del 2007, però, non include la prima versione del primo capitolo, uscita su CdR n.40/1975 e scritta da tal Sala e disegnata da tal J.Puig. E allora mi chiedo perchè non includerla, magari come extra finale, visto e poi considerato che "Sala" dovrebbe essere lo stesso Sclavi (lo dice il prefatore Sergio Rossi). Misteri dell'editoria.
Lodevole ristampa, comunque, quasi tutto quel che viene dal CdR è ancora oggi fresco e godibile. Se poi lo sceneggiatore è Sclavi, allora è tutto grasso che cola. Questa miniserie (che poi è un graphic novel a puntate), ad esempio, parrebbe essere una normale storia a base di fantarcheologia oggi polverosa e sorpassata, e in minima parte lo è, se non fosse che c'è di mezzo Sclavi e allora ci si ritrova a viaggiare nel passato remoto per parlare delle angosce del passato prossimo (siamo nella seconda metà degli anni '70). Perfetto, dunque, che la lunga caccia agli 8 pezzi del disco iperboreo (col senno di poi sinistramente simile alla Pietra Zodiacale topoliniana) - sparso fra Giza, Tiahuanaco, Atlantide, Stonehenge, il Monte Olimpo -, termini con un capitolo dedicato a Ulisse, il quale, fatto che non fu a viver come bruto (ma per seguire virtute e canoscenza), rifiuta l'aiuto della Compagnia del Tempo e si immola per inseguire il Fascino del Mistero. Così, il fatto che, poche pagine dopo, il disco, ormai completo, si riveli [spoiler]una semplice registrazione[/spoiler] non porta a storcere la bocca, ma a sorridere: Sclavi ce l'ha fatta sotto il naso ancora una volta, e ci ha lasciati lì, assieme ai protagonisti, dinanzi al Mistero della Vita, dell'Universo e di Tutto Quanto, come a volerci dire: ora ve la sbrigate da voi.
Lo dice l'ultima didascalia: "C'è sempre un nuovo orizzonte. L'odissea continua". L'uomo non si arrende mai, non si bea del proprio orticello, se lo fa è perduto. Certo, magari all'inizio gode, ma prima o poi se ne pente, è fisiologico.
Questo Sclavi lo sa, e ne soffre, com'è noto. Soffre sempre, questo pover'uomo, anche quando è comico o sognatore. Ma che farci: è il prezzo che deve pagare chi è in grado di vedere più in là degli altri. Come Benjamin Ditko, il cantante "geniale" (Sclavi?), o i suoi compagni, la esper Rosebud Serse e l'agente segreto Sebastian Azteca: tre figli del loro tempo (e di tutti i tempi) strappati dall'Archivista dalle loro vite banali, portati a vedere le meraviglie del creato e, alla fine del volume, lasciati liberi di svezzarsi come meglio credono. Come i finali di Caravan e Lost: le illusioni crollano, quello che c'era non c'è più, e ora che si fa? Mah, tiriamo avanti, vediamo un po' come va.
Oh, Sclavi è sè stesso qualunque cosa egli scriva. Anche in un semplice fumetto d'avventura ci mette l'anima. La trovata della melanina blu degli Atlantidei che origina l'espressione "sangue blu" con cui si indicano le stirpi nobili è tipica del comico. E quella degli Atlantidei stessi come progenitori di tutti i popoli/razze/etnie del pianeta è tipica del sognatore. Infatti ci credo anch'io.
[Sclavi & Morisi] Archivio Zero
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Ottimo lavoro.
Però!
Commenti su "Archivio Zero" se ne trovano, in giro, ma questo è l'unico che ricorda la prima versione del primo capitolo, molto superiore a quella definitiva grazie a un approccio originale alla questione: la storia definitiva si evolve secondo linee "classiche", diventando una caccia al tesoro in più puntate, sulla falsariga di molti telefilm e storie seriali (peraltro ancora da venire), mentre la prima versione prendeva la difficile strada dei paradossi temporali, aumentando il senso di mistero e di straniamento - persino di malinconia, con lunghe pause quasi immotivate - che circondava tutta la storia. Superiore anche il disegno, in bianco e nero, e originale la scelta dei personaggi: il cantante è quello con un aspetto "tradizionale", l'agente segreto è il capellone, mentre nella versione definitiva Sclavi cede ai cliché, rendendo capellone il cantante e tradizionale l'agente segreto (oltre a dare un aspetto più sexy alla donna della serie).
Capisco che il tema della storia originale mettesse tutto in stallo - come proseguire? Gli stessi protagonisti se lo chiedevano - ma Sclavi avrebbe dovuto avere più coraggio. Evidentemente la nuova direzione di quell'oscenità che prese il nome di CorrierBoy deve aver fatto pressione sull'allora giovane e sconosciuto autore perché riscrivesse la storia in modo più tradizionale e consono ai cliché dell'epoca. Alla fine ne è venuto fuori un prodotto decente, ma certo non eccezionale come questo primo, dimenticato, capitolo in bianco e nero faceva sperare.
Grazie di averlo ricordato!
Andrea Carta
edit: Benjamin Ditko non è lo stesso Sclavi, ma Bob Dylan, del quale condivide le iniziali.
Commenti su "Archivio Zero" se ne trovano, in giro, ma questo è l'unico che ricorda la prima versione del primo capitolo, molto superiore a quella definitiva grazie a un approccio originale alla questione: la storia definitiva si evolve secondo linee "classiche", diventando una caccia al tesoro in più puntate, sulla falsariga di molti telefilm e storie seriali (peraltro ancora da venire), mentre la prima versione prendeva la difficile strada dei paradossi temporali, aumentando il senso di mistero e di straniamento - persino di malinconia, con lunghe pause quasi immotivate - che circondava tutta la storia. Superiore anche il disegno, in bianco e nero, e originale la scelta dei personaggi: il cantante è quello con un aspetto "tradizionale", l'agente segreto è il capellone, mentre nella versione definitiva Sclavi cede ai cliché, rendendo capellone il cantante e tradizionale l'agente segreto (oltre a dare un aspetto più sexy alla donna della serie).
Capisco che il tema della storia originale mettesse tutto in stallo - come proseguire? Gli stessi protagonisti se lo chiedevano - ma Sclavi avrebbe dovuto avere più coraggio. Evidentemente la nuova direzione di quell'oscenità che prese il nome di CorrierBoy deve aver fatto pressione sull'allora giovane e sconosciuto autore perché riscrivesse la storia in modo più tradizionale e consono ai cliché dell'epoca. Alla fine ne è venuto fuori un prodotto decente, ma certo non eccezionale come questo primo, dimenticato, capitolo in bianco e nero faceva sperare.
Grazie di averlo ricordato!
Andrea Carta
edit: Benjamin Ditko non è lo stesso Sclavi, ma Bob Dylan, del quale condivide le iniziali.