[Zerocalcare] Kobane Calling
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È uscito una settimana fa su Internazionale il primo tentativo di graphic journalism di Zerocalcare!
Mi piace spenderci due parole, anche in considerazione del fatto che chi fosse invogliato a leggerlo può approfittare da domani stesso della ristampa in albetto a parte, allegato al nuovo numero della rivista (cosa che, per inciso, mi fa piacere perché dà modo di fermare certe vergognose speculazioni e permette maggior diffusione del fumetto... ma mi indispone perché tra avere questa storia all'interno del giornale e averla in un libriccino interamente dedicato all'opera avrei preferito mille volte questa soluzione, ma ora non spendo altri 3 euro per un doppione )
(a meno che vedendo domani in edicola il tutto non mi sembri davvero ben fatto ^^'' )
Bene, che dire dunque di Kobane Calling? Un fumetto che, per come si presentava, si poteva pensare sarebbe stato qualcosa di totalmente nuovo per l'autore romano. Eppure, per quanto chiaramente i temi siano di ben altra portata rispetto a quelli della classica narrazione di Zero, ci si sorprende di come l'approccio narrativo sia pressoché lo stesso.
Questo deriva dalla scelta narrativa di Michele: sarebbe ovviamente stato assurdo pretendere, da pare sua, un fumetto di denuncia, una storia che raccontasse a mò di cronaca cosa succede a Kobane. Così l'autore fa quello che gli riesce meglio: parla di quello che gli succede. Con la sostanziale differenza che stavolta non deve resistere ai troll di Facebook e non ha bisogno di fronteggiare il demone delle scadenze di lavoro, ma è andato in Turchia insieme alla Staffetta Romana per Kobane, con la quale ha aiutato i campi profughi procurando generi di prima necessità e per poter avere una visione diretta e non filtrata dai media della situazione.
Raccontando di fatto quella che è la sua esperienza diretta, Zerocalcare ha modo di fare in qualche modo “suo” lo scenario che gli si prospetta a Kobane, di interiorizzarlo e di coglierne le contraddizioni.
Il secondo passaggio che permette questo fumetto è l'opposto: si va dall'interiorizzazione alla riflessione generale: la comprensione basilare del fatto che per quello che significa a rappresenta Kobane come tipo di società e come situazione sociale e di equilibri geopolitici, Kobane è il centro di tutto, è il punto nevralgico per capire le icongruenze del mondo di oggi.
È dove sta il cuore di Zerocalcare e, per analogia, il cuore dolorante da dove poter ripartire, volendo, per costruire qualcos'altro.
Non era facile realizzare un fumetto del genere. Non era facile in generale e non era facile se ti chiami Zerocalcare. Ma l'impressione che deriva dalla lettura di Kobane Calling è quella di un autore ancora fresco a spontaneo, che quando scrive e disegna non pensa a quello che i lettori pensano o vogliono ma a mettere su carta, nel modo in cui è capace, quello che ha provato, per quanto possa essere duro, strano o fuori dalla sua portata. Anche la costruzione grafica sta lì a dimostrarlo, dal classico ricorso ai personaggi di fantasia come metafora di sensazioni varie a trovate interessanti come i pixel che coprono un'area del cervello, dalla divisione in mini-capitoli ad alcune tavole schematiche che riescono a spiegare bene i concetti che il fumettista vuole trasmettere.
Kobane Calling rimarrà sicuramente nella bibliografia dell'autore come qualcosa di diverso dalla sua produzione abituale – a cominciare dalla pubblicazione su Internazionale – ma basterà leggerlo con attenzione per capire che racchiude il solito mood narrativo di Zerocalcare. E la dimostrazione che con questo modo di fare fumetti si può parlare di molte più cose di quanto si potesse immaginare.Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
Osservate l'orrendo baratro su cui è affacciato l'universo! ... senza spingere...
LoSpazioBianco.it: nel cuore del fumetto!
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Sottoscrivo quanto detto dal buon Bramo. Solito canovaccio per parlare di tutt'altro. Cospetto.
Anch'io ho scritto qualcosa su Zerocalcare e il suo reportage da Kobane (e spammo un po' ): http://www.tempi.it/blog/fumetto-kobane ... MYrgdKG8k1
Davvero bello, e come al solito coinvolgente. Calcare sa scrivere bene, e far ridere. Certo, alcuni suoi metodi sono ormai abusati, ma sono comunque sempre divertenti.
Anch'io ho scritto qualcosa su Zerocalcare e il suo reportage da Kobane (e spammo un po' ): http://www.tempi.it/blog/fumetto-kobane ... MYrgdKG8k1
Davvero bello, e come al solito coinvolgente. Calcare sa scrivere bene, e far ridere. Certo, alcuni suoi metodi sono ormai abusati, ma sono comunque sempre divertenti.
Dovrò andare a recuperarlo in biblioteca, entrambi i numeri di Internazionale in cui è uscito sono andati esauritissimi dalle mia parti
Assurancetourix
Dopo Kobane Calling, Zerocalcare torna a scrivere una storia inedita per il settimanale Internazionale, anche questa volta incentrata sulla sua esperienza a Rojava, in Turchia.
Se la volta scorsa le riflessioni che l'autore metteva su carta erano più ampie, sull'intera situazione geopolitica di quella zona e sul quanto Kobane potesse diventare una metafora, stavolta si concentra su un episodio particolare della sua esperienza: la giornata che lui e gli altri ragazzi della Staffetta Romana hanno passato con il comandante Nasrim, capo delle unità di protezione delle donne del Rojava.
Insieme a lei visitano il cimitero dei martiri di Derik, dove sono sepolti tutti i caduti nella lotta con l'Isis, in alcune pagine realmente strazianti e dove l'autore non manca di lanciare frecciatine a politici, opinionisti e quanti altri nel mondo occidentale pontificano sulla guerra e su situazioni drammatiche che non possono comprendere davvero nelle loro sfumature - e forse nemmeno ne hanno il vero interesse - stando così lontano da dove succedono le cose.
Il modo di descrivere Nasrim, poi, si rivela particolarmente acuto e accurato: vista inizialmente come una giovane donna pacata e tranquilla, sorprendente figura in uno scenario di dolore, guerra e violenza, sa anche essere dura e ferrea quando si tratta di parlare e capire la dura realtà che la circonda.
Un personaggio a tutto tondo che evidentemente ha colpito l'immaginazione di Zerocalcare, che è riuscito a portarla su carta in maniera efficace e funzionale, ottimo viatico narrativo per poter raccontare ancora una volta, e ancora con una nuova angolazione, questo spaccato di mondo e questa situazione così distante da noi e dalla nostra vita quotidiana.
Perché Zerocalcare ha ragione: dall'Italia, così come dal resto del mondo occidentale, non è possibile cogliere davvero quello che sta succedendo laggiù. I quotidiani, i telegiornali e financo Internet non riusciranno mai a riportare con chiarezza quello che succede in quella zona. Nemmeno questi fumetti dell'autore di Rebibbia possono, chiaramente, ma la disarmante naturalezza con cui il fumettista racconta di quello che ha visto e delle sue sensazioni, la semplicità della comunicazione, il suo stile umoristico e il suo tratto dinamico, cartoonesco ma in grado in alcune vignette di diventare paurosamente dettagliato e anche più "oscuro" comunicano e avvicinano molto più della maggior parte dei servizi giornalisti di guerra.
Non è il Joe Sacco italiano, né queste storie si possono definire davvero graphic journalism, ma attraverso le proprie considerazioni personali Zerocalcare riesce a parlare ad un vastissimo numero di persone di argomenti che normalmente scivolerebbero via nella cornice del TG delle 20.00, attirando l'attenzione in modo sensibile e significativo.
In questo momento quella di Zerocalcare è una voce forte e ad alta capacità di diffusione verso una generazione trasversale che va dai diciottenni ai quarantenni: che usi questa popolarità anche per parlare di argomenti del genere, rinunciando dal principio a qualunque tentativo di autorità e di trattazioni geopolitiche ma semplicemente puntando i riflettori con il suo modo di fare, ben noto e apprezzato, la trovo una cosa lodevole.
La BAO ha annunciato negli scorsi giorni che nella primavera del 2016 pubblicherà un volume che raccoglie Kobane Calling e questa Ferro & Piume, oltre credo a qualcosa di inedito sempre sull'argomento. Prevedibile quanto doverosa scelta sia per i collezionisti, che potranno mettersi in libreria un tomo allineabile agli altri dell'autore, sia per il valore di queste storie, che potranno avere una seconda vita in un posto fondamentale come lo sono le librerie.
Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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In uscita il 14 aprile il nuovo libro di Zerocalcare, ovviamente edito come sempre da BAO Publishing: Kobane Calling.
Il tomo raccoglie le due storie pubblicate negli scorsi mesi su Internazionale (Kobane Calling e Ferro e Piume), più 200 e passa pagine inedite.
Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
Osservate l'orrendo baratro su cui è affacciato l'universo! ... senza spingere...
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L'ho visto ieri in libreria, bello pesante e dai colori potenti.
Lo comprero' sicuramente, dopo il bellissimo Dimentica il mio nome, dove Zerocalcare ha dimostrato di essere arrivato ad una maturità di esposizione, sentimenti e utilizzo del fumetto incredibile.
Questo ho l'impressione sara' ancora piu' da lacrimoni e riflessioni.
Ma in cosa consistono le aggiunte?
Lo comprero' sicuramente, dopo il bellissimo Dimentica il mio nome, dove Zerocalcare ha dimostrato di essere arrivato ad una maturità di esposizione, sentimenti e utilizzo del fumetto incredibile.
Questo ho l'impressione sara' ancora piu' da lacrimoni e riflessioni.
Ma in cosa consistono le aggiunte?
Timido postatore e finto nerd.
Pure su YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCBsX4Y ... LjrjN8JvEQ.
Pure su YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCBsX4Y ... LjrjN8JvEQ.
Le aggiunte sono praticamente tutto il libro, visto che i reportage in sé erano brevissimi.
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
E' stupendo.
Ragazzi, è STUPENDO.
Finito in due sere, dense densissime.
Michele è un narratore di pregio.
Ragazzi, è STUPENDO.
Finito in due sere, dense densissime.
Michele è un narratore di pregio.
Oggi ho finalmente trovato il tempo e la tranquillità necessari a leggerlo.
Un capolavoro, sicuramente il lavoro migliore di Michele fino ad ora. Non so neanche recensirlo per bene, sto cancellando più e più volte quello che scrivo.
Vi dirò solo questo. È una storia di un viaggio in un luogo in cui stanno accadendo alcune tra le cose più brutte e alcune delle cose più belle in questo momento. È narrata meravigliosamente, e con personaggi che ho amato anche quando non ne ho approvato alcuni aspetti.
Solo che non è una storia, è un viaggio vero.
E non sono personaggi, sono persone.
Un capolavoro, sicuramente il lavoro migliore di Michele fino ad ora. Non so neanche recensirlo per bene, sto cancellando più e più volte quello che scrivo.
Vi dirò solo questo. È una storia di un viaggio in un luogo in cui stanno accadendo alcune tra le cose più brutte e alcune delle cose più belle in questo momento. È narrata meravigliosamente, e con personaggi che ho amato anche quando non ne ho approvato alcuni aspetti.
Solo che non è una storia, è un viaggio vero.
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Lorenzo Breda
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If you couldn't find any weirdness, maybe we'll just have to make some!
Hobbes, Calvin&Hobbes
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Mi ci sono messo anch'io a leggerlo, la settimana scorsa, zompando bruscamente un altro paio di libri suoi che ho preso ma ancora non ho letto (fra cui Dimentica il mio nome).
È graphic journalism in pieno, nonostante Calcare voglia mettere le mani avanti perché crede che non sia giornalismo esaustivo. Beh, non lo è, è ovvio che il conflitto raccontato è molto più complesso mentre lui racconta solo la sua esperienza ai margini della guerra. Un giornalista che fosse lì per raccontare per filo e per segno tutto ciò che sta succedendo, da entrambi i lati del conflitto, è ovvio che dovrebbe fare e dire e rischiare molto di più, e Calcare vuole semplicemente rispettare i veri giornalisti incaricati di questo. Ma quello che fa lui è comunque giornalismo: ha esplorato e raccontato una realtà poco o niente conosciuta; una parte limitata di un conflitto storico immensamente più grande; una parte relativamente meno rischiosa da esplorare; quella parte però l'ha vista e raccontata come fa un giornalista. E anche di più, perché in realtà lui è andato lì come volontario; il dovere di cronaca era un plus.
Poi Zerocalcare ha sempre quel tono da centro sociale che a me, che lo leggo per il suo umorismo e per affinità generazionale, dà sempre una lieve irritazione. Va notato che non c'è solo la retorica "di lotta" da centro sociale, ma pure la retorica estetica di evidente matrice hollywoodiana. D'altronde, per parafrasarlo, "non c'è fuga dalla retorica americana" per la nostra generazione. Il pezzetto pixelato, le splashpage minimalistiche, lui che si commuove perché "finalmente ho capito cosa vuol dire questo e quest'altro", sono tutte cose che a essere cinici non possiamo evitare di sgamare. Ma cinico o no, io fossi in lui non la cambierei di una virgola: è una cosa che funziona, e che a noi stessi soddisfa quando la vediamo nel cinema e nelle serie americane, perché rinnegarla? Ecco, non la rinneghiamo, ma nemmeno possiamo negarla. È lì, come il mammut di Rebibbia, volenti o nolenti. E è la cosa che gli impedirà di essere "un grande", come lo benedisse Makkox nella sua prima autopubblicazione.
È graphic journalism in pieno, nonostante Calcare voglia mettere le mani avanti perché crede che non sia giornalismo esaustivo. Beh, non lo è, è ovvio che il conflitto raccontato è molto più complesso mentre lui racconta solo la sua esperienza ai margini della guerra. Un giornalista che fosse lì per raccontare per filo e per segno tutto ciò che sta succedendo, da entrambi i lati del conflitto, è ovvio che dovrebbe fare e dire e rischiare molto di più, e Calcare vuole semplicemente rispettare i veri giornalisti incaricati di questo. Ma quello che fa lui è comunque giornalismo: ha esplorato e raccontato una realtà poco o niente conosciuta; una parte limitata di un conflitto storico immensamente più grande; una parte relativamente meno rischiosa da esplorare; quella parte però l'ha vista e raccontata come fa un giornalista. E anche di più, perché in realtà lui è andato lì come volontario; il dovere di cronaca era un plus.
Poi Zerocalcare ha sempre quel tono da centro sociale che a me, che lo leggo per il suo umorismo e per affinità generazionale, dà sempre una lieve irritazione. Va notato che non c'è solo la retorica "di lotta" da centro sociale, ma pure la retorica estetica di evidente matrice hollywoodiana. D'altronde, per parafrasarlo, "non c'è fuga dalla retorica americana" per la nostra generazione. Il pezzetto pixelato, le splashpage minimalistiche, lui che si commuove perché "finalmente ho capito cosa vuol dire questo e quest'altro", sono tutte cose che a essere cinici non possiamo evitare di sgamare. Ma cinico o no, io fossi in lui non la cambierei di una virgola: è una cosa che funziona, e che a noi stessi soddisfa quando la vediamo nel cinema e nelle serie americane, perché rinnegarla? Ecco, non la rinneghiamo, ma nemmeno possiamo negarla. È lì, come il mammut di Rebibbia, volenti o nolenti. E è la cosa che gli impedirà di essere "un grande", come lo benedisse Makkox nella sua prima autopubblicazione.
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
L'ho letto anch'io Kobane Calling, ed ecco cosa ne penso:
http://www.ilsollazzo.com/fumetti/zerocalcare/
http://www.ilsollazzo.com/fumetti/zerocalcare/
Di Calcare avevo scritto in passato, ma finalmente ho avuto modo di recensire quel bel volume di Kobane Calling, l'opera migliore per il momento, quella più genuina pur parlando di argomenti complessi ed in parte distanti.
Qui la mia piccola rece: http://www.tempi.it/blog/fumetto-zeroca ... AJsTOiLTb0
Ah, ho linkato anche il fumettazzo di Valerio, tra parentesi
Qui la mia piccola rece: http://www.tempi.it/blog/fumetto-zeroca ... AJsTOiLTb0
Ah, ho linkato anche il fumettazzo di Valerio, tra parentesi