Da Lupo Alberto ad Asterix passando per Rat-Man e i Puffi con tappa nell'euromanga di derivazione barbucciana, nato in Italia e trapiantato in Francia.
Dopo Zerocalcare, Colapesce! La BAO dev'essere affascinata dagli artisti con questi nomi d'arte composti
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... scusate, era da un mese circa che volevo fare questa battuta e non sono riuscito a trattenermi
Lasciando perdere le battute sceme, ritengo La Distanza un nuovo colpo grosso di BAO Publishing, e il secondo ottimo esempio di bel fumetto italiano da diffondere dopo Il Porto Proibito di Teresa Radice e Stefano Turconi, pur per motivi diversi. E, guarda caso, sono entrambi progetti in mano alla stessa casa editrice milanese, che conferma di lavorare con grande attenzione verso la nona arte, non solo portando in Italia titoli di grandi autori esteri ma sapendo valorizzare alcuni dei grandi talenti del nostro Paese, che possono dimostrare quanto valgono in una cornice a loro consona.
La Distanza non assume i contorni del capolavoro, status invece attribuibile senza troppe paranoie al lavori dei coniugi Turconi, ma si dimostra comunque un'opera notevole e lodevole per la sua naturalezza, spontaneità narrativa e perizia nel ritmo della narrazione disegnata.
Nicola, un trentenne siciliano senza lavoro e senza ambizioni, progetta di fare un breve tour della sua isola per vedere un concerto rock e partire poi per Londra, dove vive la sua fidanzata. "Inciampa" però in due ragazze, Francesca e Charlotte, che si offrono di accompagnarlo in questo viaggio estivo, regalandogli bei momenti ma anche un'imprevista batosta, non priva di reazioni a catena e rivelazioni a sorpresa sulla sua vita.
Le attrattive principali del fumetto sono due: la caratterizzazione del protagonista e i disegni di Alessandro Baronciani.
Nel primo caso la storia ci presenta quello che potrebbe essere con troppa sufficienza descritto come il prototipo del giovane italiano dei giorni nostri, quasi a far intendere che si tratta di una figura ormai stereotipata e poco vicina alla realtà. Trovo invece che Nicola sia un personaggio credibile, non particolarmente sfaccettato ma delineato in modo tale da essere effettivamente vicino, per quello che vedo e sento io attorno a me, ai trentenni della mia generazione. Senza particolari mete prestabilite, senza obbiettivi particolari perché inserito in una situazione che pare scoraggiarti dall'averli, toglierti le basi e la voglia di averli. Una solitudine che naviga a vista, coltivando con pienezza, passione e convinzione le proprie passioni e hobby ma che non ha modo, o voglia, di applicare lo stesso impegno a situazioni più costruttive.
I discorsi pseudo-filosofici del protagonista, che sfociano nel monologo riflessivo delle ultime tavole, possono allo stesso modo apparire esagerati e vuoti, ma possono essere ricondotti secondo me a delle conclusioni fattibili ed esprimibili da ragazzi della sua età. E soprattutto godono di quella scelta di parole e di quell'organizzazione delle frasi che su di me fanno presa facilmente.
Il merito è da ascrivere a Colapesce, pseudonimo con cui l'artista è noto nella scena musicale indie italiana, ascrivibile a quella corrente che io chiamo di "nobilitazione del pop", in cui inserisco lui, Dente, Paolo Benvegnù, Brunori SAS, Andrea Appino se guardiamo al suo secondo, recente album da solista e altri di quella risma che, sempre lontani dai riflettori e dalle televisioni cercano di ricostruire in modo meno commerciale un genere indefinito e nazional-popolare come il pop.
Alla sua prima esperienza con un testo che sia quello di una canzone, il ragazzo non se la cava male, soprattutto guardando alla già descritta costruzione della personalità del protagonista e a certe frasi ad effetti nei suoi monologhi. Anche l'ossatura della trama non è affatto male, semplice semplice ma adatta per raccontare quello che i due autori avevano in mente. Non mancano comunque pecche e ingenuità nella sceneggiatura, passaggi un po' a vuoto, lungaggini, dialoghi ridondanti, qualche banalità nello svolgimento. Ma l'atmosfera da "estate in cui si può riflettere su sé stessi" emerge chiara e, nel complesso, il testo regge abbastanza bene.
Alessandro Baronciani è il secondo motivo, e anche il più vistoso, per acquistare La Distanza. Il disegnatore realizza delle tavole davvero meravigliose, prestando il suo tratto pulito e morbido agli scenari siciliani descritti da Colapesce e alla raffigurazione dei personaggi in gioco.
Le vignette sono fluide, non conoscono confini tra di loro né una consequenzialità di lettura fissa, lasciando all'intuito capire di pagina in pagina se la vignette invita a proseguire la lettura in quella della pagina a destra oppure sotto nella stessa pagina.
Non esitono poi contorni: le vignette lambiscono i bordi delle pagine fisiche, dando un'idea di ampi spazi che ben si confà al road trip isolano dei tre protagonisti.
Il segno di Baronciani non è dettagliato, ma questo si dimostra la sua forza: con poche linee l'artista riesce a trasmettere immediatamente l'idea di un viso, la postura di un corpo o a dare tutte le informazioni necessarie sullo scenario in cui si sta svolgendo l'azione.
Meritano una menzione particolare le tavole mute, occupate da vignettone spesso a tutta pagina e che sono al buio, giocando quindi con ombre e chiaroscuri in maniera efficace e artistica.
La Distanza è un libro pienamente estivo, proprio perché dell'estate si bea, ne trae le caratteristiche superficiali e quelle più profonde e le mixa insieme in un'avventura molto semplice ma ben raccontata e che gioca bene con i sentimenti e i rapporti umani di questi anni e di queste età.