Edizioni Camillo Conti
Ristampa anastatica degli albi pubblicati nel 1948 da Edizioni Avventure di Giovanni De Leo.
Tramite OCR riporto il testo scritto da Piero Zanotto nel libretto di introduzione:
L' indistruttibile leggenda di ROBIN HOOD
Non v'è materia per quanto inattaccabile possa essere dall'usura del tempo che riesca ad eguagliare la invulnerabilità di una leggenda; tanto più se si tratta della leggenda di Robin Hood. Ricordo d'avere letto anni fa la notizia sui risultati compiuti da uno studioso nei confronti della realtà di questo personaggio, il quale, dando per scontato ch'egli realmente era esistito, drasticamente tentava di incriminare il mito asserendo che altri non era al di fuori d'un volgare ladro da strada: rapinatore, si direbbe oggi.
Alla voce Robin Hood, leggo in una enciclopedia « Bandito leggendario, molto noto in Inghilterra. È citato nel Piers Plowman del Langland, nella Chronicle of Scotland dei Wyntoun e da scrittori del Rinascimento. Secondo 10 scrittore settecentesco Joseph Ritson, Robin Hood sarebbe nato verso il 1160 a Locksley ed avrebbe avuto il nome di Robert Fitz-Ooth, conte di Huntingdom. Lo Stow narra che verso il 1190 vi erano molti banditi, depredavano iricchi, non molestavano i poveri, difendevano le donne uccidendo solo coloro che li assalivano. Martin Parker riferisce che Robin Hood sarebbe morto nel 1247. Altri scrittori riportano l'albero genealogico del bandito, la notizia che egli venne ucciso proditoriamente da una monaca, l'epoca inl'epoca in cui visse, dichiarandolo contemporaneo di Edoardo II e seguace di Thornas of Lancester. La ballata più bella del ciclo di aoloiri Hood è quella intitolata: Robin Hood and Guy of Gisborne.
Ce n'è abbastanza per accertare coma nulla di definitivo possa essere storicamente scritto sul personaggio, al di fuori della certezza ch'egli col suo coraggio e per il solo fatto che taglieggiava le borse soltanto dei ricchi,di diritto doveva diventare il capofila di quella schiera di ribaldi, proscritti dal tiranno di turno, che avevano dalla propria parte la simpatia popolare. Aureolandosi, all'interno della leggenda, anche coi contorni "politici" dell'audace resistente che insieme al proprio manipolo di fedelissimi compagni, dai regno costruitosi nella foresta di Sherwood combatteva spavaldamente però anche senza misericordia contro il sopruso normanno in favore della restaurazione sassone.
Finendo col far entrare nella leggenda pure i comprimari di Robin, nobili - in certi casi - come lui spogliati dei loro beni: da Little John a Frate Tuck. Allegre figure tipizzate, nel tramando dalla leggenda alle cantate popolari e ai romanzi epici, in sicure caratterizzazioni assai divertenti. Quindi gli sciagurati lividi nemici della generosa spada del ribelle, in testa a tutti, secondo la versione « storica » più accreditata, il Principe Giovanni usurpatore del trono di Re Riccardo Cuor di Leone.
La bottega delle immagini in movimento siglata da Disney e allogata a Burbank, che in varie occasioni ebbe modo di occuparsi di Robin Hood, nella ancora recente versione grafica offerta dallo schermo raffigurò simpaticamente Robin in una volpe e Giovanni in un infido serpente. Robin dei boschi! L’iconografìa del personaggio soprattutto nel nostro secolo è venuta moltiplicandosi in una girandola di varianti sempre fedeli comunque a un’unica matrice: un pò come — a esclusivo livello di immagine, naturalmente — quella che fa capo alla figura di Gesù
Cristo.
A lungo, comunque, restò incollata nella mia immaginazione, identificata con quella di Robin, la fisionomia sorridente di Errol Flyn. Per me, ragazzetto nel 1937 in calzoncini corti, non esistevano dubbi. L’eroe di Sherwood era Errol Flynn e Lady Marian l’onnipresente (al suo fianco sullo schermo) Oliva De Havilland. Quando potei recuperare in Capitan Blood, La carica dei 600 e altre avventurose vicende uscite dal torchi di Hollywood, come Il conte di Essex, eccetera, Flynn continuava ad essere — nella mia immaginazione - Robin travestito e buttatosi generosamente in nuove clamorose imprese. Senza possibili incrinature. I più suggettivi fumetti di quegli stessi anni avevano reso credibili - complici Flash Gordon e Brick Bradford - possibili balzi nel tempo e nello spazio.
E ancora Disney, echeggiando palesemente un più lontano fumetto (anno 1933) di Milton Canili, protagonista Dickie Dare, nel 1936 ci aveva raccontato in deliziosa versione l’avventura di Mickey Mouse miniaturizzato che per sfuggire all’inseguimento di una mosca finiva tra le pagine di un libro che raccontava le audaci rocambolesche, avvincenti avventure di Robin Hood e degli allegri compagni della foresta.
Circolavano in quegli anni altri racconti disegnati sull’eroe di Sherwood. Ad esempio quello formato di grandi tavole policrome (della collezione « gigante » dei Tre Porcellini) che molto più tardi sapemmo essere opera dall’esito quasi xilografico d’un giovanile Charles Flanders. Ed altri ancora ne sarebbero venuti in seguito, a partire dall’immediato dopoguerra, dopo quelli britannici siglati da G. R. Snelgrove. Italiani e francesi. Sarebbe un’impresa volerli catalogare, più ardua di quella di Robin nel sgominare i propri avversari.
Voglio citare almeno la versione di Bellavitis, giovane cartoonist veneziano della équipe dell’Asso di Picche, che camuffandosi coll’esotico pseudonimo George Summer per quel periodico disegnò un Robin Hood ricco di figuratività classicheggiante. Spruzzata di echi e rimembranze riconoscibili nella saga cavalleresca di Harold R. Foster Prince Valiant. E non a caso, forse, all’interno di « Valiant » incontriamo una emblematica figura dal cappello a punta, in tuta verde, mento ornato di pizzo, chiamato « The Fox », la Volpe, che somiglia a Robin Hood.
Nel 1947 dallo Studio di Lyone di Pierre Mouchot esce dopo Fantax anche un serial intitolato a Robin Hood. Disegnato, almeno all’inizio, da B. Gharlas. Se l’incappucciato Fantax ha la volitiva mascella di Jean Marais, Robin nella sua divisa d’intrepido e sorridente arciere possiede la fisionomia di Errol Flynn. Come volevasi dimostrare! Volendo, pure Lady Marian appare rifatta sul viso tondeggiante sulla casta bellezza di Olivia De Havilland. Mouchot non sbaglia imboccando tali scelte iconografiche. Come fa centro imperniando i diversi episodi (ne usciranno quindici) sulla scorta del cinema d’azione di cappa e spada che Hollywood aveva mutato dal romanzo d’appendice. Perfino i finali (à suivre...) hanno lo stesso taglio, agganciati ad una suspense traumatizzante (Robin o Marian o ancora qualcun altro dei « nostri » in imminente pericolo di vita), del vecchio feuilleton. E come esso, senza tradimenti, portatore nel fascicolo successivo di nuove riscosse vittoriose. Fino al successivo tranello. Motivo, questo, che probabilmente perderà qualche efficacia nella raccolta in volume, col vantaggio comunque — complice la disponibilità del lettore - di offrire in panoramica una somma di episodi tutti calibrati su un ritmo di palpitante avventurosità.
Nella traduzione d'essi per le Edizioni Avventure di Giovanni De Leo, v'è la mano di Giovanni Luigi Bonelli. Uno dei « patriarchi » (se non il patriarca) del fumetto italiano. A lui ricorse Giovanni De Leo, generoso importatore nel nostro paese della produzione Mouchot, in giorni che lo vedevano anche impegnato nel dar vita al primo ebdomadario a fumetti del dopoguerra uscito nell'alta Italia: « Il Cow Boy ». Tempi eroici. Ogni impresa editoriale, data la scarsità di mezzi di quei giorni comunque animati di serena speranza per il futuro, era un'autentica avventura che finiva coll'impastarsi con le avventure disegnate date in pasto a lettori che non chiedevano altro (dopo anni di forzato digiuno, di privazioni drammatiche) di banchettare anche alla mensa della nuova « narrativa grafica ».
Il giornalista Piero Zanotto, scomparso l'anno scorso, era un uomo colto di un'altra epoca. Lo si capisce da come scriveva. Chi, tra i critici di fumetti di oggi, usa termini come ebdomadario?
E' una delle poche ristampe anastatiche complete che possiedo.
Da questa frase deduco che la pubblicazione è avvenuta negli anni '70.nella ancora recente versione grafica (Disney) offerta dallo schermo
...Quell'ebdomadario di Topolino!