Nei piani editoriali della Lion Comics, tra le tante operazioni programmate come l'imminente reboot dell'universo DC o il portare a compimento serie troncate dalla Planeta, figura anche una grande attenzione verso Neil Gaiman. Il celebre romanziere non ha scritto solo
Sandman, per i fumetti, e oltre ad alcune incursioni nel mondo Marvel ha scritto alcune perle misconosciute per la Vertigo.
La Lion parte il proprio recupero da questo
The Books of Magic, una miniserie in quattro episodi che funge da pilot alla serie Vertigo che vede protagonista Timothy Hunter. Gaiman si occupa di scrivere solo questo prologo, comunque, che infatti viene considerato come un'opera a sè stante, e temporalmente stiamo parlando del 1993.
Cinque anni prima di Harry Potter.
E questo riferimento non è casuale: i punti in comune con la creatura di J.K. Rowling non sono pochi, primariamente proprio nell'aspetto del protagonista Timothy, che dali disegni vediamo raffigurato in modo molto simile all'aspetto di Harry. Inoltre, Tim si accompagna ad un gufo, e in questa miniserie di Gaiman affronta una preparazione al mondo e all'arte della magia.
Ecco, le differenze tra quest'opera ed Harry Potter iniziano già da qui. La "scuola" che intraprende il giovane Tim non è un luogo fisico, ma consta di quattro viaggi-esperienza che il ragazzo affronta in compagnia di alcuni mentori speciali, mutuati dall'universo DC: John Constatine, Dr. Occult, Mr. E e lo Straniero. Quattro esperti in Magia, quattro personaggi tanto potenti quanto misteriosi, la "brigata in trench" come li definisce lo stesso Constantine.
E quindi il titolo del fumetto appare quantomai azzeccato: i quattro viaggi che Tim affronta (un viaggio a ritroso nel tempo sulle orme della magia antica, un viaggio nel mondo contemporaneo, uno nelle infinite terre parallele alla nostra e uno nel futuro) e le persone che incontra costituiscono i quattro libri della magia che servono a introdurre il giovane protagonista alla Magia, per dargli la possibilità di decidere con cognizione di causa de farne parte oppure no, dal momento che in lui è stata rilevata una forte componente magica.
I suoi mentori costituiscono un altro forte motivo di interesse: così misteriosi e ambigui, tanto Tim quanto il lettore non sanno bene quanto fidarsi di questi tizi e quali siano le loro effettive intenzioni verso il ragazzo e verso il mondo intero: una menzione particolare la merita comunque Constantine, che dimostra anche qui di essere un personaggio davvero vincente e ben caratterizzato grazie al suo carattere fortemente ironico e spigliato.
Altro elemento da sottolineare è la presenza in questa miniserie di vari personaggi del DC-universe, come era uso ai tempi per ogni progetto DC e Vertigo: la sceneggiatura di Gaiman riesce comunque a inserire questi elementi in modo naturale, senza che sia necessario conoscerli precedentemente per capirne le azioni. In fondo, in una trama dove il mistero la fa da padrone, vedere personaggi bizzarri le cui azioni non risultano del tutto chiare non stona nè crea problemi di sorta.
La storia è decisamente affascinante: com'è noto, Gaiman in questi temi si muove perfettamente a suo agio, e per lui è una pacchia citare leggende e miti legati alle arti magiche e a terre misteriose che possano essere legati a misteri e affini. Si muove benissimo all'interno di questa narrazione, e il fumetto stesso ne beneficia offrendo al lettore una sorta di trip mentale esaltante dove i pensieri possono evadere dal grigiore quotidiano per rifugiarsi in un inseme di idee e suggestioni terribilmente affascinanti.
Buona parte del merito della riuscita di questo progetto è sicuramente da assegnare ai disegnatori, uno diverso per capitolo. John Bolton, Scott Hampton e Paul Johnson hanno uno stile che mi vien spontaneo definire "mckeaniano", nel senso che mi ricordano da vicino il tratto di Dave McKeane grazie all'atmosfera che donano alle loro tavole, al tipo di disegno molto ispirato e misterioso oltre che dotato di vigorose pennellate che offrono l'atmosfera gotica che occorre alla storia. E se Hampton riesce comunque a mantenere una sorta di divisione in vignette, entro cui disegnare col suo stile raffinato, John Bolton lo fa in uno stile ancora più classico e rispettoso della struttura della tavola, destrutturando però i contorni delle figure nel suo tratto. Johnson osa più di tutti nell'ultimo capitolo, dove un disegno assolutamente folle e fuori da ogni controllo ben si addice ai toni apocalittici del gran finale. Charles Vess è invece una vecchia conoscenza sollazza, avendo illustrato lo
Stardust dello stesso Gaiman e avendo offerto la matita a Jeff Smith per
La Principessa Rose, prequel di
Bone: nel terzo capitolo si ritrova infatti lo stile meraviglioso a cui ci aveva abituati, non a caso il suo lavoro è rappresentare proprio Faerie!
The Books of Magic unisce testi ottimi e ispiratissimi a disegnatori che sanno il fatto lavoro e che utilizzano lo stile migliore - gotico, fiabesco, immaginifico, orrorifico - per rappresentare in modo riuscito i mondi magici immaginati dal prolifico Neil Gaiman, che ha fatto centro un'altra volta.
L'edizione Lion, inoltre, è molto ben fatta: un bel cartonato con i ringraziamenti dell'autore, una bella introduzione, i profili degli autori e finalmente una foto di Gaiman diversa dalla solita che si inserisce nei suoi libri!