Verso maggio del 2015 esce il primo numero di "Providence", miniserie di 12 numeri (tuttora in corso) che costituisce il più recente parto letterario di Alan Moore in campo fumettistico. Premessa: ritengo sia praticamente impossibile apprezzare un'opera del genere se non si è in possesso di un po' d'infarinatura e di molta ammirazione verso H.P. Lovecraft e l'universo letterario di sua creazione, perché è intorno a questo che l'intera opera si sviluppa: essendo io un fan accanito di Lovecraft da circa trent'anni, sostanzialmente è come se mi avessero regalato il sogno di una vita: Moore che scrive Lovecraft. Ma chi non è interessato alle opere del Solitario di Providence (città natale di HPL, per chi non lo sapesse) probabilmente troverà il lavoro carino, ben scritto ma non da capolavoro. Io, personalmente, considero che la definizione di "Watchmen dell'horror" data da alcuni recensori sia meritata e per nulla esagerata, e che Moore abbia scritto il suo lavoro più bello da almeno una ventina d'anni, il più bello dopo il triste aborto, dopo soli due numeri, di quel capolavoro assoluto che sarebbe stato Big Numbers.
Andiamo con ordine.
Tutto inizia nel 1994, quando esce "The Starry Wisdom - A Tribute to H. P. Lovecraft", un'antologia (mai tradotta in Italia) di racconti (non illustrati) ispirati a Lovecraft, che si proponeva di uscire un po' dai canoni ormai insopportabilmente manieristici di cinquantotto anni (HPL morì nel '36) di racconti sempre meno ispirati e sempre più banalizzati, pieni di tizi con tentacoli, anno dopo anno meno spaventosi e più vicini alla fantasy da un lato ed al fenomeno di costume commercialmente sfruttabile dall'altro (basta pensare all'infinità di calendari, giochi di ruolo, videogiochi vari "ispirati a", termine che sa ormai di presa per i fondelli). L'antologia si proponeva di utilizzare i mostracchioni in modo assolutamente indiretto, tenendoli rigorosamente sullo sfondo, ed esplorando invece le tematiche metaforiche di Lovecraft, il contesto sociale e culturale nel quale e dal quale nascevano i suoi orrori, ovvero ciò che ha reso un'epica fatta di creature aliene, piene di tentacoli e sostanzialmente stupide un punto di riferimento della letteratura mondiale.
Il contributo di Moore a questa antologia (che tra gli altri aveva tra i suoi collaboratori gente come Grant Morrison o Ramsey Campbell) fu il racconto "The Courtyard" (il cortile) che, ammetto, non sono ancora riuscito a trovare online per intero, ma che, pare, risultò essere talmente bello e ben costruito che nel 2003 la Avatar Press decise di farne un adattamento a fumetti, chiedendo l'aiuto testuale di Antony Johnston, il quale successivamente sarebbe passato ad adattare altri lavori del maestro di Northampton, come Fashion Beast, e con i disegni di Jacen Burrows, che avrebbe poi illustrato le due opere successive. L'idea di The Courtyard è semplice ed intelligente, e perfettamente in linea con la poetica di Moore. L'ambientazione è un presente che potrebbe tranquillamente essere il nostro, il protagonista è un agente dell'FBI solitario, razzista ed omofobo (tratti questi tutti storicamente rilevati in Lovecraft, e non a caso nell'adattamento fumettistico quest'agente è disegnato con le fattezze dello scrittore), ed il mondo degli dei deformi e pazzi di HPL compare solo come risultato di una epifania estatica linguistico-magica, che porta il nostro protagonista ad una conoscenza molto più profonda di realtà, tempo e spazio di quanto immaginasse o volesse, e lo cambia per sempre. Un racconto perfettamente lovecraftiano, ed anche molto mooriano, su cui non spendo altre parole per non spoilerare nulla.
Nel 2010, poco dopo la seconda rottura definitiva tra Moore e la DC, il guru di Northampton si avvicina all'Avatar Press per ragioni che egli stesso, con la franchezza che l'ha sempre contraddistinto, definisce puramente economiche: anche i grandi geni devono pagare le tasse, e pertanto Moore accetta l'offerta di una miniserie in quattro parti, riprendendo da dove "The Courtyard" si era interrotto e chiarendo molte cose in termini di contesto e di conseguenze. Il risultato è la miniserie in quattro parti Neonomicon, che chiaramente riprende nel titolo il "Liber Necronomicon" (libro dei nomi morti), immaginario testo fondamentale della mitologia di Lovecraft ed ormai entrato nela cultura popolare. Perché, questa volta, si parli però di "nuovi nomi" e non di "nomi morti" verrà però solo rivelato nel colpo di scena della penultima pagina di questa splendida miniserie, che arricchisce ed aggiunge moltissimi dettagli al mondo di "The Courtyard". Non mi spenderò più di tanto su quest'opera, dato che esiste già sul Sollazo un thread ad essa dedicato, ma mi permetto di sottolineare due punti fondamentali. Innanzitutto viene chiarito che il mondo in cui queste due storie si sono svolte è un presente leggermente alternativo al nostro, differente per alcuni dettagli (come le cupole anti-inquinamento), ma sufficientemente somigliante al nostro da essere inquietante (proprio come accadeva tra Watchmen ed il mondo reale del 1986). In secondo luogo, con un colpo di genio talmente importante da meritare una splash page (quella di apertura del secondo capitolo), Moore rompe il tacito patto narrativo soggiacente a tutta l'opera di derivazione lovecraftiana, secondo cui scrittore e lettore hanno entrambi letto Lovecraft e quindi sanno "più" dei protagonisti, e sanno in qualche modo cosa aspettarsi. Per la prima volta, con un effetto inatteso e straniante, viene detto esplicitamente che in questo mondo non solo gli orrori lovecraftiani sono reali (e questo ce lo aspettavamo tutti), ma lo stesso H. P. Lovecraft è esistito davvero, tanto che la protagonista di Neonomicon si è laureata con una tesi su di lui e riconosce nel culto misterioso e nella scia di delitti rituali su cui sta investigando tutti i riferimenti alle opere di Lovecraft, arrivando alla conclusione ovvia quanto tragicamente errata che ci sia in giro un culto di assassini che si ispira agli scritti di HPL. Con questa mossa, ovviamente, Moore ribalta consapevolmente ogni convenzione narrativa in faccia al lettore, ed apre lo scrigno senza fondo della metanarrativa: se HPL è esistito davvero, e le creature dei suoi racconti sono altrettanto reali, chi è stato davvero HPL, e come ha fatto a conoscere ciò di cui ha scritto? Cosa è reale e cosa è finzione? Domanda che chiaramente si ribalta dal mondo "fittizio" della miniserie a quello "reale" nostro, visto e considerato che il "culto" letterario e poi commerciale di Lovecraft è assolutamente reale nel nostro mondo di lettori quanto nel mondo di lettori fittizi della miniserie stessa.
Esattamente questo è il punto di partenza di Providence, che ci porta nel 1919, anno fondamentale per Lovecraft come scrittore e come persona, e che è il risultato di una lunga ricerca, durata svariati anni, sulla mole di testi critici dell'opera di Lovecraft nonché su testi storici e di costume relativi all'America del 1919. E qui lascerei, almeno per chi riesce a capire l'inglese british, la parola all'Autore stesso, quando ne ha descritto la genesi per sommi capi ad una conferenza mentre era ancora in fase di progetto (infatti avrebbe dovuto durare dieci capitoli, e non dodici):
In sintesi, per chi ha avuto qualche difficoltà a seguire, Moore spiega che il progetto narrativo è partito (oltre che, come spiega con il suo inimitabile humour inglese, dalla considerazione "Oddio, non riesco di nuovo a pagare le tasse" :lol: ) dall'idea che Lovecraft abbia preso ispirazione per i suoi racconti da fatti realmente accaduti, e che quindi qualcuno, visto che notoriamente HPL viaggiava pochissimo, abbia fatto un viaggio attraverso l'america del 1919, abbia avuto esperienza di fatti straordinari e terrificanti, e poi si sia incontrato con HPL e gli abbia in qualche modo "raccontato" tutti questi eventi da cui poi il grande scrittore ha tratto ispirazione per la creazione della propria mitologia. Questo l'ha portato ad immaginare innanzitutto chi potesse essere questo protagonista, e la risposta naturale è stata "un giornalista", perché chi più di un giornalista, impegnato magari in un lavoro di ricerca per scrivere un lungo articolo o magari un libro, avrebbe un buon motivo per viaggiare in lungo ed in largo nell'america dei piccoli borghi che oggi definiremmo "lovecraftiani" nel 1919? E poi, chiedendosi "che tipo di giornalista potrebbe essere?", ha pensato al fatto che HPL è stato, personalmente, uno degli individui più bigotti e sgradevoli (perlomeno rispetto ai canoni di tolleranza ed apertura mentale odierna) che si possano immaginare: contemporaneamente razzista, antisemita e ferocemente omofobo. Il che, ovviamente, ha immediatamente spinto Moore a scegliere un protagonista che fosse al tempo stesso segretamente ebreo (inteso come sefardita) e segretamente gay .
Ed ecco Robert Black, giornalista newyorkese che, come conseguenza di un grave lutto personale (che non viene mai indicato esplicitamente, ma nel primo numero viene lasciato intuire al lettore ragionando su espressioni, riferimenti e reazioni dei personaggi) decide di lasciare la città per seguire le tracce uno strano libro che, a quanto pare, indurrebbe chi lo legge alla follia, il Libro di Hali, ovvero l'equivalente, nell'universo di Moore, del famoso Necronomicon. E' da osservare fin dal primo istante come i nomi di personaggi, luoghi ed oggetti lungo tutta la miniserie siano al tempo stesso sufficientemente chiari da poter essere identificati senza dubbi con i loro omologhi nella letteratura lovecraftiana, ma anche sistematicamente diversi. Non c'è un solo nome che identico a quelli usati da HPL, e la ragione è ovvia: questi, nell'intenzione della miniserie, sono gli eventi "reali", da cui poi HPL ha attinto "cambiando i nomi come licenza letteraria", invertendo così il normale rapporto secondo cui sono gli epigoni a cambiare i nomi di HPL.
In otto numeri della miniserie, Black, che è praticamente il prototipo del narratore in prima persona lovecraftiano, giovane, studioso e curioso di occulto e misteri (oggi noi diremmo "nerd dell'occulto", e visto che siamo sul Sollazzo, credo che l'idea tocchi un tasto sensibile per tutti noi, cosa che Moore sa benissimo), è testimone di eventi e personaggi stupefacenti, che, proprio come accade ai protagonisti dei racconti di Lovecraft, fanno vacillare la sua mente a tal punto che spesso e volentieri egli stesso nega o riadatta gli eventi di cui è stato testimone in modo da convincersi della loro impossibilità, per non crollare sotto il peso della follia (su come li riadatta tornerò tra un momento): ed alla fine dell'ottavo numero, finalmente, avviene l'incontro, perno dell'intera miniserie, tra Black e Lovecraft, un evento di portata tale che la sua eco si riverbera lungo il passato ed il futuro. Black si sposta quindi a Providence, e nel decimo numero avviene la prima grande epifania dell'intera serie, dove Moore dimostra, a distanza di trent'anni da Watchmen e di trentatrè da Swamp Thing, di essere ancora perfettamente capace di seminare minimi indizi e mezze frasi non dette lungo tutta la lunga storia (chi ricorda la mezza frase su "la figlia di una vecchia amica" della dal Comico a Laurie che poi esplode con un colpo di scena verso gli ultimi capitoli?) per poi raccoglierli in un solo punto portando la tensione allo spasimo e facendolo esplodere. Mancano ancora due numeri, ma già al termine del decimo numero in qualche modo la sequenza principale è conclusa, e con una maestria da applausi a scena aperta.
Perché la "Watchmen dell'horror"?, sarà la domanda che giustamente in tanti si staranno ponendo. Per tanti motivi. Il primo, ed il più banale, è la durata: dodici numeri ora come allora. Ma chiaramente questo non basta. Il secondo motivo è dicarattere strutturale: come non si vedeva dai tempi di Watchmen, ogni capitolo è suddiviso in una parte disegnata (tra le 20 e le 30 pagine) ed una cospicua parte (intorno alle 10-12 pagine) di narrativa fittizia, consistente nel "commonplace book", ovvero il taccuino di appunti di Robert Black, scritto in (finto) corsivo, in cui il nostro protagonista prende nota sia degli eventi di cui è stato testimone, sistematicamente filtrati dal suo tentativo sempre più affannoso di mantenere la sanità mentale e depurare, anche di fronte a se stesso, gli elementi più soprannaturali (ed il raffronto fra "la storia e la cronaca", per così dire, è assolutamente illuminante rispetto alla psicologia di Black ed anche assolutamente funzionare al montare della tensione come nei migliori racconti horror), sia dei propri sogni e dei racconti brevi che questi gli ispirano, e che progressivamente, numero dopo numero, diventano sempre più inquietanti, e danno la cifra implicita dei mutamenti nella mente e nell'animo del povero Robert. Proprio come Watchmen aveva storia e cronaca affiancate (in quel caso i capitoli del romanzo di Mason, la ricerca sul Dottor Manhattan eccetera), così la narrazione di Providence è volutamente su due piani paralleli, ed è il loro confronto ad arricchire enormemente la profondità dell'esperienza narrativa. In terzo luogo, in Jacen Burrows probabilmente Moore ha trovato il disegnatore più somigliante a Dave Gibbons di tutta la sua carriera. Burrows ha un tratto estremamente dettagliato e particolareggiato, e riesce a disegnare dall'immensamente grande all'incredibilmente piccolo con la stessa maniacale precisione ed a seguire perfettamente le indicazioni di Moore, che riprende in pieno quello stile di estrema concentrazione di dettagli tipica di The Killing Joke e, per l'appunto, di Watchmen. Providence ha un mare di dettagli, ed assolutamente nulla è lasciato al caso. Le tecniche fumettistiche che Moore ha portato alla ribalta e rivoluzionato nel loro uso fino a farne un machio di fabbrica, dal cambio di luci al polittico agli zoom in avanti e indietro, sono qui presenti tutte ed utilizzate alla perfezione in modo assolutamente funzionale al messaggio narrativo. Moore, si sa, è sempre stato contrario agli "adattamenti" in film delle sue opere, perché li ha sempre considerati una deformazione del proprio consapevole sforzo di comunicare tramite parole lette associate a sequenze di disegni statiche, che non sono parole ascoltate associate ad immagini in movimento. Il ritmo narrativo è diverso, i tempi di assorbimento sono diversi, l'impatto comunicativo è diverso: tradurre una didascalia in una voce fuori campo e riempire con una carrellata continua lo spazio vuoto tra due vignette significa stravolgere un equilibrio compositivo pensato e calcolato fin nei minimi dettagli ai fini della comunicazione. Watchmen lo dimostrava al livello più alto. Providence dimostra che, ancora oggi, nessuno sa utilizzare la composizione verbale-grafica del medium fumetto con la consapevolezza e la genialità di Alan Moore, che è per il fumetto quello che per il cinema sono state persone come Hitchcock, Kubrick, Lynch. Esiste un sito di annotazioni sulla miniserie, pagine e pagine di note su ogni dettaglio o riferimento grafico o verbale di ogni vignetta di ogni numero di Providence. Il mio consiglio è quello di provare, dopo la lettura di un numero, di andare a dare un'occhiata alle annotazioni per quel numero, per rendersi conto del livello di profondità e di complessità dell'affresco narrativo del Bardo di Northampton. E' stupefacente, non ci sono altri termini per definirlo, per quanto mi riguarda. Davvero un capolavoro.
E mi fermo qui per non spoilerare nulla. Ma sono disponibilissimo per contribuire a qualsiasi dibattito o discussione al proposito, ovviamente
[Moore&Burrows] Providence
Non solo Marvel e DC ma anche le classicissime strips e il fumetto autoriale di Alan Moore, Frank Miller o Jeff Smith.
1 messaggio
Pagina 1 di 1
1 messaggio
Pagina 1 di 1
Torna a “Fumetti a Stelle e Strisce”
-
Vai a
- Metasollazzo
- ↳ Benvenuti!
- ↳ Mondo Sollazzo
- ↳ Tornei
- ↳ I Migliori del Sollazzo
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2017
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2016
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2015
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2014
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2013
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2012
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2011
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2010
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2009
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2008
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2007
- ↳ I Migliori del Sollazzo 2006
- ↳ Tornei Tematici
- ↳ Il Torneo di Star Wars
- ↳ Il Torneo dell'Eroe Disney
- ↳ Il Torneo della Regina Disney
- ↳ Il Torneo di PK
- ↳ Il Torneo dei Giochi Nintendo
- ↳ Il Torneo dei Film Disney
- ↳ Dal Sito
- ↳ La Gogna
- Letture
- ↳ Fumetti
- ↳ Fumetto Disney
- ↳ Fumetto Bonelli
- ↳ Fumetti Europei
- ↳ Fumetti a Stelle e Strisce
- ↳ Manga
- ↳ Libri
- ↳ Narrativa a 360°
- ↳ Fantasy, Scifi & Grandi Epopee
- ↳ Saggi & Affini
- Visioni
- ↳ Cinema D'Animazione
- ↳ Animazione Disney
- ↳ Walt Disney Animation Studios
- ↳ Pixar Animation Studios
- ↳ Stop Motion e Altri Film Animati
- ↳ DisneyToon Studios e Affini
- ↳ Animazione Occidentale
- ↳ Dreamworks Animation
- ↳ Animazione Occidentale
- ↳ Animazione Orientale
- ↳ Studio Ghibli
- ↳ Animazione Orientale
- ↳ Cinema Live Action
- ↳ Live Action Disney
- ↳ Walt Disney Pictures
- ↳ Marvel Studios
- ↳ Lucasfilm
- ↳ Cinema a 360 gradi
- ↳ Cinema a 360°
- ↳ Le Grandi Saghe
- ↳ Cinema Italiano
- ↳ Serie TV D'Animazione
- ↳ Serie Animate Occidentali
- ↳ Anime
- ↳ Serie TV Live Action
- ↳ Da Tutto il Mondo
- ↳ Serie USA
- ↳ Serie UK
- ↳ Serie ITA
- ↳ Web Series
- Ludicità
- ↳ Nintendo
- ↳ Ludicità Domestica
- ↳ Nintendo Switch
- ↳ Wii U
- ↳ Wii
- ↳ Nintendo GameCube
- ↳ Nintendo 64
- ↳ Super Nintendo
- ↳ Nintendo Entertainment System
- ↳ Ludicità Portatile
- ↳ Nintendo 3DS
- ↳ Nintendo DS
- ↳ Game Boy Advance
- ↳ Game Boy Color
- ↳ Game Boy
- ↳ Multiplatform
- ↳ Retrogaming
- ↳ La Stanza dei Giochi
- Off Topic
- ↳ Off Topic
- ↳ Pattumiera