[Kaoru Tada] Love Me Knight (Kiss Me Licia)
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Per molti anni, i fans italiani di fumetto e animazione nipponica hanno identificato il genere della commedia romantica con la storia di una dolce e timida ragazzina innamorata di una bizzarra rock star: Kiss me, Licia.
La love story di Licia e Mirko, che tanti successi riscosse nel nostro paese fin dalla seconda metà degli anni ’80, è tratta da questo Ai shite knight (Love me knight nella versione italiana), manga di Kaoru Tada datato 1982. A distanza di vent’anni dall’uscita nel Sol Levante, nell’estate del 2002, Ai shite knight fa il suo debutto in Italia, permettendo ai molti fans della popolare serie animata (tra cui il sottoscritto) di godersi l’originale cartaceo che la generò.
In soli sette volumi, Kaoru Tada, autrice di talento purtroppo prematuramente scomparsa qualche anno fa, ci regala una storia d’amore intensa e passionale, che senza dubbio merita a pieno titolo i molti fans che si è guadagnata nel corso degli anni.
Yakko e Go, così si chiamano i nostri due piccioncini in versione originale, sono due personaggi davvero particolarissimi, che si compensano a vicenda e che rappresentano un po’ l’incontro-scontro tra due differenti culture. La nostra storia coinvolge infatti due personalità diversissime: la dolce e gentile Yakko cresciuta a suon di okonomiyaki ed enka tradizionali e l’affascinante, sensuale e spregiudicato cantante rock Go, che indossa giacche di pelle, porta i capelli tinti di biondo e rosso e si fa portavoce, attraverso la sua musica, di un Giappone più moderno che guarda all’Occidente.
L’amore tra Yakko e Go sboccerà quasi immediatamente nel corso del primo volumetto e andrà avanti nel corso degli altri sei, portandosi dietro triangoli, quadrangoli, impedimenti, alti, bassi, gioie, dolori, avversità, imprevisti e disavventure di ogni genere. Nonostante la brevità dell’opera, i due protagonisti riescono ad essere caratterizzati benissimo e a bucare le pagine del fumetto facendosi amare dai lettori.
Tuttavia, Ai shite knight non è soltanto l’appassionante storia d’amore di Yakko e Go, ma Kaoru Tada riesce a imbastire un universo pulsante popolato da moltissimi personaggi, ognuno con una sua spiccatissima caratterizzazione e capace di bucare le pagine, a partire dalle amiche di Yakko e dagli altri membri della band dove milita Go fino ad arrivare a vari compagni di scuola, a cantanti e musicisti rivali e al loro entourage. Menzione particolare meritano poi il tenero Hashizo, fratellino di Go e il suo pigro e grasso gattone Giuliano, nonché il burbero Shige-san, padre della protagonista ed elemento comico della serie, con la sua avversione verso la modernità e le esilaranti liti familiari che inscena con la figlia di volta in volta, con i simpaticissimi clienti del suo ristorante a far da spettatori e a parteggiare per l’uno o per l’altra.
Non soltanto Yakko e Go, ma ognuno di questi personaggi avrà un ruolo ben preciso nella storia, una sua sottotrama, una sua caratterizzazione, e servirà a rendere vivo, credibile e gradevole l’universo narrativo della storia, contribuendo a narrare, tra ironia, dramma e sentimenti, non soltanto la storia d’amore tra due ragazzi ma uno spaccato di vita nell’Osaka degli anni ’80, con i suoi abitanti, le mode, gli affanni, i sentimenti.
Ci sono opere che riescono a imbrigliare lo spirito del tempo in cui sono nate.
Se, da un lato, Hokuto no Ken di Buronson e Tetsuo Hara e Sakigake!! Otoko Juku!! di Akira Miyashita sono riuscite a portare in Giappone lo spirito dei film d’azione americani di quegli anni, gettando le basi per l’industria dei picchiaduro da sala giochi della decade successiva, e, dall’altro, Kimagure Orange Road di Izumi Matsumoto incarnava in generale il mondo giovanile degli anni ’80, l’opera di Kaoru Tada porta su carta, su una rivista di shojo manga, un lato degli anni ’80 ancora differente, che sostituisce alle tamarrate cinematografiche di Stallone, Schwarzenegger, al wrestling e ai teppisti punkettoni alla I guerrieri della notte la scena musicale dell’epoca come i Duran Duran, gli Spandau Ballet, Madonna, Cindy Lauper, Samantha Fox, i Wham, serie animate come Jem & The Holograms e film come Flashdance, Fame o Footloose. Cantanti e gruppi idoli delle ragazzine, coi loro capelli cotonati, le loro giacche di pelle, le parruccone colorate, l’ambiguità sessuale, le turbe di groupies. Tutte cose, queste, che sono perfettamente incarnate dai Beehive, la boy band fittizia nata dalla matita di Kaoru Tada e che tanto successo riscosse nel nostro paese, tanto da doverla davvero costituire.
L’atmosfera che si respira tra le pagine di Ai shite knight è questa, quella di un mondo anni ’80 perfettamente ricostruito nelle sue mode, musiche, stelle del mondo dello spettacolo, i suoi oggetti e capi di vestiario. Un mondo in cui la visionarietà degli anni ’80 proveniente dall’America si scontra con un Giappone che più tradizionalista non si può, ma che vuole, segretamente, aprirsi al mondo occidentale. Scontro, quello tra Oriente e Occidente, perfettamente esemplificato dal confronto ideologico tra il papà tradizionalista Shige-san e la figlia Yakko, che invece delle mode occidentali si è innamorata.
E’ l’atmosfera l’elemento di maggior fascino di Ai shite knight, un’atmosfera che cela in sé non solo una perfetta ricostruzione del mondo giovanile del periodo ma anche la riproposizione in chiave comico-romantica-moderna di un conflitto ideologico che dai tempi dei primi contatti con l’Occidente affligge il popolo giapponese.
Sono la trama, l’atmosfera e le spiccate caratterizzazioni di tutti i personaggi a sorreggere Ai shite knight, che dalla sua ha uno stile di disegno particolarissimo ma che risulta assai sgradevole, fatto di volti bizzarri e deformati disegnati con poche righe, continui primi piani, protagonisti maschili dal volto squadrato e dall’espressione perennemente arcigna e ambigua. E’ uno stile sporco, sgradevole, ma dannatamente personale ed efficace a rappresentare il confuso mondo anni ’80 dove la storia viene ambientata. Questo stile così bizzarro è il marchio di fabbrica di Kaoru Tada, che può piacere o non piacere (e sono molti quelli a cui non piace, in primis i realizzatori della serie animata, che ha tutt’altro tipo di disegni), ma si dimostra assai efficace nel caratterizzare in maniera personale diverse tipologie di personaggi, dalle rockband sessualmente ambigue a bambini e anziani. In ogni caso, ai disegni si passa sopra più che volentieri, catturati da tutto il resto.
Ai shite knight, insomma, concludendo, è una sorta di pezzo di storia, di pietra miliare dello shojo manga, poiché riesce a sintetizzare in soli sette volumi non soltanto una storia d’amore avvincente, moderna e accattivante (e fu cosa rara, poiché ai tempi gli shojo manga erano perlopiù di ambientazione passata o ispirata a romanzi per ragazzi occidentali), ma mette in scena un mondo affascinante che pulsa di vita propria, popolato da personaggi indimenticabili e splendente come il patinato e brillantinato mondo delle rockband degli anni ’80. Ai shite knight è gli anni ’80 su carta, e chiunque li abbia vissuti anche solo di striscio non può fare a meno di identificarsi in questo mondo e appassionarsi a questi personaggi. E’ un’opera avvincente e pregna di diversi significati, che rappresenta alla perfezione non solo il mondo giovanile dell’epoca, ma anche il disagio di chi all’epoca giovane non era più e rimaneva ancorato ad una nipponicità intrinseca non vedendo di buon occhio l’avanzare del nuovo, dell’estraneo.
Consigliato a chiunque. Gli appassionati di shojo manga, soprattutto di shojo manga di qualità e d’annata, lo adoreranno, mentre per chi non fosse avvezzo al genere può rappresentare davvero un ottimo punto di partenza.Perchè pirati si nasce, e all'arrembaggio si va, con la bandiera che sventola, per dire "siamo qua!".
In Italia Love Me Knight è conosciuto quasi unicamente per la serie animata, con la quale sono cresciuti buona parte dei bambini anni '80/'90, ignorando che la storia è tratta da un manga.
Tra le immagini che saltano per prime alla memoria sono quelle che accompagnano i primi versi della sigla: "Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso. Poi Mirko finita la pioggia incontra e si scontra con Licia e così...". Ma il bambino col suo gatto arancione che si ripara in un cantiere, oppure Licia e Mirko che cozzano l'un l'altro all'angolo della strada sono scene assenti nella versione cartacea, creazioni degli autori dell'anime che evidentemente pensavano che il fumetto necessitasse di diversi miglioramenti.
I principali avvengono dal punto di vista grafico ed evidentemente ce n'era bisogno: il fumetto è "schizzato", con disegni abbozzati, personaggi che si deformano e all'occorrenza perdono nasi o bocche, vignette prive di sfondo... Uno stile abbastanza grezzo, al quale nel corso della lettura ci si abitua e per certi versi appare adatto alla narrazione, ma non si può di certo dire che dal punto di vista grafico Kaoru Tada abbia uno stile incantevole. Apprezzo invece le illustrazioni a colori, soprattutto perché non presentano le bizzarre scelte cromatiche della serie animata (Hashizo coi capelli blu??).
Anche la storia a dire la verità non brilla per la scrittura: nel primo volume viene imbastito un triangolo Yakko-Go-Satomi dove quest'ultimo è chiaramente il bravo ragazzo che durerà ben poco, messo in ombra dal bel tenebroso, inizialmente antipatico ma ovviamente sotto tutti quei bisticci si nasconde un'interesse differente... Poi la coppia Yakko-Go è abbastanza classica e dopo un po' si capisce che nulla potrà scalfirli; soprattutto perché gli ostacoli che minacciano il quieto vivere della relazioni sono un po' sempliciotti e certe volte scaturiscono da reazioni eccessive assolutamente incomprensibili, quindi si prosegue la lettura senza mai veramente prendere in considerazione un finale diverso dall'happy ending Yakko-Go. Il manga lo suddividerei in tre "saghe": la prima è l'introduzione dei personaggi e l'inizio della lovestory Yakko-Go (l'unica che, con abbondanza di filler, è stata trasposta in animazione), la seconda copre il tour a Tokyo dei Beehive e l'incontro con una coppia di bizzarri cantanti, mentre la terza vede Go andare ancora in tour mentre Yakko deve scacciare le avances di un ragazzino che si fa addirittura assumere nel negozio di okonomiyaki in cui lei lavora.
Fortunatamente a rendere un po' più interessante la lettura ci sono i momenti comici, che hanno soprattutto per protagonisti Hashizo e Giuliano, in compagnia di Shige (il nostrano Marrabio) o dei simpatici compagni d'asilo (Gon su tutti).
Rileggere il manga a distanza di tanti anni da quando l'ho comprato non mi è dispiaciuto; in fondo c'è un po' di effetto nostalgia nel ritrovare i personaggi e le situazione del cartone osservato durante l'infanzia, oltre a rimanere affascinati dall'atmosfera del panorama musicale giapponese degli anni '80. I concerti, le prove, le dinamiche interne alla band sono al centro della trama ogni volta che la componente amorosa viene temporaneamente accantonata, e sono gli elementi più affascinanti oltre al look dei musicisti di quel periodo. Non si può dire lo stesso delle canzoni: se i motivetti dei Beehive, per quanto goffi nell'anime erano comunque orecchiabili, su carta si riducono a un paio di spalsh page con i versi scritti sparsi per le pagine, scelta poco fortunata che non riesce a restituire l'energia che dovrebbe trasmettere un'esibizione rock.
Definirei quasi "Love Me Knight" come il "Nana" degli anni '80, con tutte le differenze qualitative elencate sopra.