Qualche anno fa, poco dopo aver scoperto Adachi leggendo Touch e Rough, constatai che (non capivo come fosse possibile) quell'autore così talentuoso in Italia non vendeva così bene ed ero preparato a non poter vedere più nessuna sua opera nuova, costretto a leggermi e rileggermi sempre le poche già pubblicate. Poi la Star Comics ha continuato a proporre altri suoi manga, ma sapevo che le vendite andavano tutt'altro che bene, per cui mi sono sempre approcciato alla nuova opera come se fosse l'ultima che avrei mai potuto leggere. Ora invece la Flashbook mi ha fatto completamente svanire questa continua sensazione di ansia adachiana, serializzando contemporaneamente ben 3 manga di Adachi, tra cui questo "Arcobaleno di Spezie" che non è nemmeno una delle opere più recente ma risale addirittura a una ventina d'anni fa.
Comincio a pensare che ora Adachi in Italia sia trattato alla stregua di autori più celebri come Hojo o la Takahashi per i quali possiamo stare sicuri che prima o poi tutti i suoi nuovi fumetti saranno pubblicati, e con un po' di fortuna saranno recuperati anche i titoli di Adachi più datati che non sono ancora giunti nel nostro Paese.
Ma dopo questa manifestazione di gioia nei confronti della vita, passiamo ad analizzare questo primo numero.
Adachi ci ha sembre abituate a commedie scolastiche a sfondo sportivo o, nei casi più originali, commedie scolastiche senza sport. Questa volta però non c'è nulla di tutto ciò, ci troviamo nel manga più lontano dagli stilemi del mangaka.
Difficile racchiudere "Arcobaleno di Spezie" in una categoria ben precisa: al 90% è un manga storico ambientato nel Giappone medioevale, anche se in realtà la storia si svolge su un pianeta lontano che ne condivide le caratteristiche.
Solo sul finale di questo volume iniziano a notarsi i primi dettagli che effettivamente giustificano la cornice fantascientifica, con un particolare che probabilmente sarà sviluppato in seguito (l'UFO) e tre personaggi con una caratterizzazione western (non mi dispiacerebbe scoprire che su quel pianeta esistono diverse zone corrispondenti ad altrettanti periodi storici).
Il protagonista Shichimi è appena rimasto orfano di madre e si trasferisce in una casa dove abitano i suoi sei fratellastri, con l'intenzione di incontrare un giorno il padre che l'ha abbandonato per dargli una lezione; la trama poi prosegue in modo abbastanza bizzarro, mostrandoci un ritmo diverso dagli standard adachiani, con molti meno silenzi e momenti rilassati.
Non mancano gli ammiccamenti metafumettistici dell'autore, che in certi passaggi sembra condividere col lettore una certa insicurezza sulla direzione che prenderà la serie: i momenti tra Shichimi e Natane farebbero credere in una virata sentimentale, la rivelazione che uno dei sette non è veramente fratello degli altri potrebbe portare tutto verso la commedia degli equivoci, mentre certe scene d'azione sembrano tratte da un vero e proprio manga in costume di combattimenti.
In realtà come incipit è forse uno dei più deboli di Adachi per quanto riguarda strettamente la vicenda, ma il meccanismo dei generi narrativi incastrati tra loro e una insicurezza di fondo da parte dello stesso autore su dove il manga dovrà andare a parare rendono la lettura di questo primo numero piuttosto stuzzicante, vediamo se questa originalità di fondo saprà resistere anche nei prossimi numeri.
[Mitsuru Adachi] Arcobaleno di Spezie
Arcobaleno di spezie.
Il titolo scelto per adattare in edizione italiana Nijiiro Tougarashi, ultimo fumetto di Mitsuru Adachi a giungere in Italia (ma uscito in Giappone nei primi anni ’90), si rivela inaspettatamente appropriato, malgrado il mio iniziale scetticismo.
Le spezie del titolo sono Shichimi, giovane pompiere di quindici anni, e i suoi sei fratelli, nati da un padre eminente e donnaiolo e recentemente ritrovatisi all’improvviso, un arcobaleno di personaggi bizzarri e diversissimi fra loro che popolano lo stranissimo mondo in cui è ambientata la storia.
Mondo che ad una prima occhiata non lascia dubbi al lettore. “È l’antico Giappone!” è portato a dire chi legge, tratto in inganno dall’ambientazione simil-samuraica della vicenda. “È l’epoca Meiji!” dirà poi, vedendo irrompere, nella quotidianità di un Giappone chiuso in sé stesso, stranieri provenienti dall’Occidente.
Eppure, l’autore ci smentisce nel giro di un secondo, già dalla pagina introduttiva, dicendoci a chiare lettere che, se l’ambientazione della storia somiglia all’antico Giappone, si tratta di una mera coincidenza, poiché siamo nel futuro, e non sulla Terra ma su un pianeta che gli somiglia per puro caso.
Dove ci voglia portare Arcobaleno di spezie, al momento non ci è dato saperlo. Mitsuru Adachi imbastisce, nel giro di un solo volume, una trama articolata e ricca di personaggi e di misteri, che personalmente non vedo l’ora di seguire nel proseguimento della narrazione.
Nonostante la bizzarria della storia e dell’ambientazione, così inusuale per l’autore che solitamente ci ha abituati a commedie adolescenziali che parlano d’amore, d’amicizia e di sport, il volume si fa leggere con grandissima scioltezza e non è difficile ritrovarvi le caratteristiche tipiche dei fumetti di Adachi, malgrado manchino le fork lanciate a 140 km/h e il sogno del Koushien.
Arcobaleno di spezie si inserisce nelle produzioni meno mainstream, più comiche, particolari e disimpegnate dell’autore, come Itsumo Misora e Slow Step.
A dispetto dell’ambientazione pseudo-ottocentesca, Adachi non manca di presentarsi al lettore con tutte le peculiarità che hanno reso celebri i suoi fumetti, quali il gusto per le gag, i personaggi secondari divertentissimi, l’autoironia, la presa in giro dei propri personaggi, le storie d’amore narrate in maniera delicata, personaggi "tipo" come la ragazza maschiaccio e scostante, il ciccione amichevole o il gigante forzuto e bonario che appare all'improvviso mettendo paura ai presenti, l’espressione dei sentimenti attraverso silenzi, vignette prive di dialogo o di soli paesaggi.
La storia ricca di costumi e acconciature tradizionali, di architetture in legno, di ninja, shogun e samurai ricorda certi film di Akira Kurosawa, certi romanzi della letteratura giapponese antica e certi manga come Il libro del vento di Taniguchi o Hana no Keiji di Tetsuo Hara, ma Adachi racconta il suo pseudo-antico Giappone in maniera completamente differente e assolutamente consona al suo modus narrandi fatto di poesia, delicatezza e comicità.
I disegni di Adachi sono semplici, tondeggianti e simpatici. Chi già conosce l’autore troverà qui un tratto meno moderno e complesso rispetto ai più recenti Cross Game e Katsu ma più vicino a quello sfoggiato in H2, chi invece è alla sua prima esperienza con l’autore non potrà fare a meno di notarne la particolarità e l’estrema efficacia.
L’edizione italiana proposta da Flashbook è, come di consueto per questo editore, ottimamente curata sia all’esterno che all’interno, dove vengono proposti degli adattamenti molto convincenti e splendidamente spiegati nell’introduzione che apre il volume. Degli haiku caserecci e molto simpatici, probabilmente opera di Adachi stesso, si trovano sul retro e sui quarti della sovraccoperta e all’interno del volume diverse note spiegano il significato dei molti ideogrammi che si è preferito lasciare in originale.
Volendo trovare un difetto a tutti i costi, personalmente non ho molto apprezzato il logo scelto per l’edizione italiana, che trovo un po’ troppo appariscente, ma è qualcosa su cui si può facilmente passare sopra.
Concludendo, questo primo volume probabilmente è ben poco rappresentativo di quel che sarà l’opera, ma si è rivelato una lettura simpatica e piacevole, oltre che sicuramente molto originale e personale, che non vedo l’ora di poter continuare al più presto e che sicuramente posso consigliare agli appassionati di storie di cappa e spada sull'antico Giappone, che si divertiranno a leggerne qua una personale versione ad opera di uno dei maggiori fumettisti del Sol Levante.
Il titolo scelto per adattare in edizione italiana Nijiiro Tougarashi, ultimo fumetto di Mitsuru Adachi a giungere in Italia (ma uscito in Giappone nei primi anni ’90), si rivela inaspettatamente appropriato, malgrado il mio iniziale scetticismo.
Le spezie del titolo sono Shichimi, giovane pompiere di quindici anni, e i suoi sei fratelli, nati da un padre eminente e donnaiolo e recentemente ritrovatisi all’improvviso, un arcobaleno di personaggi bizzarri e diversissimi fra loro che popolano lo stranissimo mondo in cui è ambientata la storia.
Mondo che ad una prima occhiata non lascia dubbi al lettore. “È l’antico Giappone!” è portato a dire chi legge, tratto in inganno dall’ambientazione simil-samuraica della vicenda. “È l’epoca Meiji!” dirà poi, vedendo irrompere, nella quotidianità di un Giappone chiuso in sé stesso, stranieri provenienti dall’Occidente.
Eppure, l’autore ci smentisce nel giro di un secondo, già dalla pagina introduttiva, dicendoci a chiare lettere che, se l’ambientazione della storia somiglia all’antico Giappone, si tratta di una mera coincidenza, poiché siamo nel futuro, e non sulla Terra ma su un pianeta che gli somiglia per puro caso.
Dove ci voglia portare Arcobaleno di spezie, al momento non ci è dato saperlo. Mitsuru Adachi imbastisce, nel giro di un solo volume, una trama articolata e ricca di personaggi e di misteri, che personalmente non vedo l’ora di seguire nel proseguimento della narrazione.
Nonostante la bizzarria della storia e dell’ambientazione, così inusuale per l’autore che solitamente ci ha abituati a commedie adolescenziali che parlano d’amore, d’amicizia e di sport, il volume si fa leggere con grandissima scioltezza e non è difficile ritrovarvi le caratteristiche tipiche dei fumetti di Adachi, malgrado manchino le fork lanciate a 140 km/h e il sogno del Koushien.
Arcobaleno di spezie si inserisce nelle produzioni meno mainstream, più comiche, particolari e disimpegnate dell’autore, come Itsumo Misora e Slow Step.
A dispetto dell’ambientazione pseudo-ottocentesca, Adachi non manca di presentarsi al lettore con tutte le peculiarità che hanno reso celebri i suoi fumetti, quali il gusto per le gag, i personaggi secondari divertentissimi, l’autoironia, la presa in giro dei propri personaggi, le storie d’amore narrate in maniera delicata, personaggi "tipo" come la ragazza maschiaccio e scostante, il ciccione amichevole o il gigante forzuto e bonario che appare all'improvviso mettendo paura ai presenti, l’espressione dei sentimenti attraverso silenzi, vignette prive di dialogo o di soli paesaggi.
La storia ricca di costumi e acconciature tradizionali, di architetture in legno, di ninja, shogun e samurai ricorda certi film di Akira Kurosawa, certi romanzi della letteratura giapponese antica e certi manga come Il libro del vento di Taniguchi o Hana no Keiji di Tetsuo Hara, ma Adachi racconta il suo pseudo-antico Giappone in maniera completamente differente e assolutamente consona al suo modus narrandi fatto di poesia, delicatezza e comicità.
I disegni di Adachi sono semplici, tondeggianti e simpatici. Chi già conosce l’autore troverà qui un tratto meno moderno e complesso rispetto ai più recenti Cross Game e Katsu ma più vicino a quello sfoggiato in H2, chi invece è alla sua prima esperienza con l’autore non potrà fare a meno di notarne la particolarità e l’estrema efficacia.
L’edizione italiana proposta da Flashbook è, come di consueto per questo editore, ottimamente curata sia all’esterno che all’interno, dove vengono proposti degli adattamenti molto convincenti e splendidamente spiegati nell’introduzione che apre il volume. Degli haiku caserecci e molto simpatici, probabilmente opera di Adachi stesso, si trovano sul retro e sui quarti della sovraccoperta e all’interno del volume diverse note spiegano il significato dei molti ideogrammi che si è preferito lasciare in originale.
Volendo trovare un difetto a tutti i costi, personalmente non ho molto apprezzato il logo scelto per l’edizione italiana, che trovo un po’ troppo appariscente, ma è qualcosa su cui si può facilmente passare sopra.
Concludendo, questo primo volume probabilmente è ben poco rappresentativo di quel che sarà l’opera, ma si è rivelato una lettura simpatica e piacevole, oltre che sicuramente molto originale e personale, che non vedo l’ora di poter continuare al più presto e che sicuramente posso consigliare agli appassionati di storie di cappa e spada sull'antico Giappone, che si divertiranno a leggerne qua una personale versione ad opera di uno dei maggiori fumettisti del Sol Levante.
Perchè pirati si nasce, e all'arrembaggio si va, con la bandiera che sventola, per dire "siamo qua!".
Ho letto il secondo e il terzo numero consecutivamente e devo dire che si tratta di due volume qualitativamente agli antipodi.
Il secondo numero non mi ha detto assolutamente nulla, tutto quello di buono che era stato installato nel primo numero mi è sembrato piombare nella noia e, per la prima volta in vita mia, ho addirittura preso in considerazione l'ipotesi di non continuare un manga di Adachi.
Poi fortunatamente è arrivato (pochi minuti dopo) il terzo numero, all'altezza del primo se non meglio. Bella tutta la storia dell'appuntamento a teatro e dell'attore insidioso (fantastico lo spiazzamento per cui l'ubriacone è un vero ubriacone ), così come inizia a diventare interessante il mistero di Furon e i ricordi che Natane ha di lui. Però evidentemente anche Adachi si dev'essere accorto che la trama stava ristagnando e poteva diventare un fumetto identico a tutte le sue opere precedenti però "in costume"; fortunatamente è arrivata l'idea del viaggio collettivo sulle tracce delle madri di ognuno di loro, che dovrebbe servire a ricostruire la figura del padre (simpatico nelle sue comparsate) e probabilmente svelerà anche chi non ha legami di sangue col resto della famiglia.
Molto divertente la figura del truffatore aspirante suicida, ben vengano comprimari come questo; fortunatamente Adachi ha riconquistato la mia fiducia in un batter d'occhio, dopo una brevissima titubanza.
Ma ora passiamo a quello che è di certo l'elemento più importante di questi due volumi, ovvero un balloon presente verso la fine del #3: i protagonisti si recano in un palazzo adibito al gioco d'azzardo che si chiama... La Tana del Sollazzo!
Ora, non so quali siano i termini usati nella versione originale giapponese, ma comunque mi sembra molto strano che sia solo un caso.
Se c'è qualche traduttore della Flashbook che passa di qui, abbia il coraggio di palesarsi per confessare il suo omaggio!
Sono molto dubbioso sull'acquisto di questo manga. So che mi piacerà moltissimo, ma seguire oltre a tutto il resto tre bimestrali da sei euro mi sembra al momento un po' troppo...
Sempre se passasse un traduttore flashbook a caso da queste parti, sappia che la casa editrice in cui lavora genera questi dubbi esistenziali/economici in quantità notevole
Sempre se passasse un traduttore flashbook a caso da queste parti, sappia che la casa editrice in cui lavora genera questi dubbi esistenziali/economici in quantità notevole
Lorenzo Breda
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If you couldn't find any weirdness, maybe we'll just have to make some!
Hobbes, Calvin&Hobbes
[No bit was mistreated or killed to send this message]
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Traduttore della Flashbook che passa di qui a rapporto.
Nijiiro tôgarashi non lo traduco io - che mi occupo di Katsu! -, ma so che l'idea di rendere il nome cosí è stata di Cristian Posocco, il direttore editoriale in persona. L'originale era 娯楽の殿堂 Goraku no dendô, letteralmente "Santuario del piacere". "Tana del sollazzo" è un ottimo sinonimo, non trovate?
Colgo l'occasione per salutare il kôhai Mike Haggar, col quale condivido non solo la passione pei picchiapicchia capcomiani, ma anche per gli stessi personaggi.
Quanto a Breda, ma quali dubbî? Tu intanto compra, no?!
Nijiiro tôgarashi non lo traduco io - che mi occupo di Katsu! -, ma so che l'idea di rendere il nome cosí è stata di Cristian Posocco, il direttore editoriale in persona. L'originale era 娯楽の殿堂 Goraku no dendô, letteralmente "Santuario del piacere". "Tana del sollazzo" è un ottimo sinonimo, non trovate?
Colgo l'occasione per salutare il kôhai Mike Haggar, col quale condivido non solo la passione pei picchiapicchia capcomiani, ma anche per gli stessi personaggi.
Quanto a Breda, ma quali dubbî? Tu intanto compra, no?!
Che onore, essere salutato direttamente da un traduttore della Flashbook... >///<
Perchè pirati si nasce, e all'arrembaggio si va, con la bandiera che sventola, per dire "siamo qua!".
Due numeri un po' vuotini: le cose accadono, ma il ritmo è lento e l'impressione è che non sia stato raccontato abbastanza proporzionalmente al numero di pagine che si hanno a disposizione. Sensazione strana, dato che Adachi ci ha sempre abituati a storie fatte di silenzi, vignette vuote e pagine riempite solo da paesaggi e sguardi; sarà forse l'ambientazione che sono più abituato a vedere in contesti avventurosi che non mi permette di godermi "l'adachità" che invece tanto apprezzo nelle sue storie scolastiche.
In realtà la storia fa passi avanti: comincia il pellegrinaggio per le tombe delle madri e si passa dalla prima (senza che accada chissà cosa), ma il vero e proprio colpo di scena è finalmente la rivelazione che è Natane la non-sorella di sangue. Come prevedibile, dato che questa situazione permette di giocare con la bellezza di turno, ora a disposizione per tutte le love story possibili; guarda caso, proprio dopo questa scoperta arriva Asajiro, l'ultimo dei fratelli, che sembra fare molta gola a Natane...
Ah, peccato per la trama della famiglia ospitata da due "casate" rivali, poteva essere sviluppata in modo sicuramente migliore, mentre così com'è mi sembra un po' troncata senza nulla di fatto. È un po' questo il mio timore principale riguardo ad Arcobaleno di Spezie, durante la lettura percepisco una sensazione di "Adachi non ha la più pallida idea di dove andare a parare".