[N./Ape/Hal Laboratory] EarthBound
Inviato: lunedì 14 ottobre 2013, 18:03
Quando i giocatori occidentali di Super Smash Bros Melee si ritrovarono il simpatico Ness tra i personaggi selezionabili di quella gigantesca enciclopedia Nintendo, si chiesero da quale gioco venisse. E la risposta era dalla serie Mother!, vecchia gloria Nintendo composta di tre capitoli, usciti rispettivamente per NES, SNES e GBA. Si trattava di capitoli indipendenti tra loro, di cui solo il secondo era faticosamente giunto in occidente con il titolo EarthBound, per rimanersene confinato solo negli USA.
Di recente la Virtual Console del Wii U ha deciso di riparare al torto subito dall'Europa facendo giungere finalmente in grande stile anche da noi questo famigerato EarthBound, in modo da farci finalmente riscoprire il brand perduto, e darci un'idea di cosa in questi anni ci eravamo persi.
E, accidenti, cosa ci eravamo persi!
Descritto brevemente il gioco potrebbe sembrare un rpg come tanti altri, con esplorazione di un overworld con prospettiva isometrica (che immersiva, però!), vari dungeon, combattimenti a turni con nemici che si piazzano di fronte al giocatore in stile Dragonquest e in più la trama riguarda un bambino che è chiamato a salvare il mondo da una minaccia aliena. L'ambientazione contemporanea anziché il consueto fantasy però dovrebbe far suonare un primo campanello d'allarme: il gioco non vuole essere un rpg come tanti altri ma cerca di dire qualcosa di nuovo. Ed è qui che sta la sua straordinarietà, perché EarthBound non somiglia a niente di quanto abbiamo già visto, però si porta dietro echi in quantità tratti dalla cultura pop. Se nel giocarlo si avverte uno strano sapore di Peanuts, condito da una spruzzatina di Simpson, e un bel po' di Blues Brothers, è tutto voluto, EarthBound è infatti una parodia affettuosa e nel contempo impietosa dell'America degli anni 90 (qui ribattezzata Eagleland), con tutte le sue meraviglie e magagne, dalle sale giochi ai fast food, passando per la Route 66, il Monopoli e i predicatori folli. L'America contemporanea da un punto di vista giapponese, insomma, e sebbene nella seconda metà si vada a toccare un po' tutto l'orbe terracqueo, compresa la Scozia, l'Asia e l'Africa, il punto focale rimangono pur sempre gli USA, con la loro mitologia fatta di UFO e complotti. Questa natura pazzerellona si diffonde in ogni aspetto del gioco, andando a toccare struttura, gameplay e dinamiche varie, che vengono "stressate" il più possibile dall'impostazione folle, portando il giocatore a compiere assurdità come attendere tre minuti senza toccare neanche un tasto come prova per riuscire ad accedere ad un'area interdetta, o a compiere sessioni di gioco dominate dalla più totale psichedelia, difendendosi da nemici che possono essere alieni, pagliacci killer e persino "l'inopportuno signore chiacchierone che ti parla dei vecchi tempi". Tutto ovviamente in chiave rigorosamente Nintendiana.
Chiaramente trattandosi di un gioco del 1994 ci sono alcune farraginosità del gameplay, che portano ad avanzare con fatica nelle aree in cui si trovano troppi nemici, ma per l'epoca non è niente di infattibile, e il gioco si completa senza grossi traumi. Inoltre il fatto che la trama sia completamente fuori di testa, può causare difficoltà di comprensione in alcuni passaggi che non si sa mai se prendere o meno sul serio o come considerare nell'economia della narrazione, più imprevedibile che mai. Ma l'eccesso di genio non è mai stato un difetto troppo intollerabile, e anzi, è un qualcosa che nei giochi moderni dovrebbe esserci di più.
EarthBound insomma è una lezione per tutti, per i moderni sviluppatori Nintendo, ormai abituatisi a privilegiare l'elemento ludico alla sceneggiatura dei propri giochi, quanto per i giocatori, che potranno quindi trovarsi faccia a faccia con un titolo Nintendo a dir poco ispirato, nel quale non si sa mai cosa aspettarsi. Le finezze, i sottotesti, le stramberie narrative che sarebbero state apprezzate in capolavori quali Majora's Mask e Link's Awakening trovano in EarthBound una sorta di stazione centrale, una sacca di follia creativa che al giorno d'oggi difficilmente potremo vedere nuovamente condensarsi, se non cambiano in fretta le politiche narrative della grande N.