Pagina 1 di 1

[Chunsoft] 999: Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors

Inviato: giovedì 01 dicembre 2011, 20:59
da PORTAMANTELLO
Un eterogeneo gruppo di nove persone, rapito dal misterioso [Zero] e portato su un'altrettanto misteriosa imbarcazione, è costretto a completare in nove ore un bizzarro gioco: pena la morte. Lo scopo, trovare la porta recante un [9], passando per le precedenti otto porte numerate grazie ai letali orologi saldati al polso di ogni personaggio. Salvezza e massacro sono entrambe alternative possibili: l'esito della storia è nelle mani del giocatore e delle sue scelte.

Immagine Immagine

La visual novel è un genere tanto popolare in Giappone quanto scarsamente considerato nel corso del globo. Ed effettivamente è un genere che si basa fisiologicamente su lungaggini, prolissità ed una marea di testo spesso inutile: si perde l'utilità del medium, un po' come una storia a fumetti raccontata solo dalle didascalie e poco dai disegni. D'altra parte si ha siucuramente un aumento della sospensione d'incredulità, ma è pur vero che lo stesso risultato si può ottenere in mille modi diversi e meno stancanti come dimostrato dai giochi Cing come Hotel Dusk e Another Code, capaci di coniugare un'atmosfera immersiva alla forte componente narrativa.
Cos'è, quindi, che fa risaltare 999 - Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors tanto da farlo giungere fino al mercato americano con un discreto successo in termini economici e da parte della critica?

Prima di tutto: visual novel sì, ma non solo. La componente narrativa è sicuramente preponderante e non si tratta di un titolo da affrontare senza una certa predisposizione d'animo. A snellire il tutto però contribuisce non poco l'alternanza di altri generi videoludici, come l'avventura grafica o il puzzle game: i fiumi di parole uniscono spesso le tipiche sessioni di esporazione da avventura grafica, durante le quali è però possibile anche far scattare una digressione interessante od ottenere preziose informazioni extra. Il bello è che spesso questi "bonus" non si ottengono subito, ma solo dopo ore e ore di gioco l'aver esaminato o meno un certo oggetto rivelerà la sua reale utilità; oppure è necessario azzeccare una certa serie di azioni per accedere a fondamentali stralci di prosa o dialoghi rivelatori. Il tutto condito dai puzzle, enigmi e misteri che come è ovvio è necessario risolvere per poter proseguire. Anche qui però, la dinamica a bivi del gioco permette di vistare certe location invece di altre a seconda della porta numerata in cui si decide di passare, per cui anche il numero e la difficoltà dei problemi varia a seconda delle scelte del giocatore.

Ma la parte del leone la fa sicuramente la trama: una trama dai toni maturi, ora horror, ora splatter, ora vagamente fantascientifici, in cui dovremo guidare il protagonista, Junpei, nella risoluzione del Nonary Game, per non parlare dei vari misteri che inevitabilmente circondano gli altri otto personaggi e l'idendità del fantomatico rapitore [Zero], nella classica dinamica del gruppo inconsapevolmente legato dal destino stile Lost o, in ambito videoludico, Hotel Dusk: a differenza di queste due opere, però, non si preme sui background ogni personaggio, privilegiando invece il loro ruolo complessivo nell'economia della storia. Il cast è comunque ben caratterizzato e sarà possibile conscere meglio i vari giocatori e parte dei loro passati a seconda delle porte che si sceglie di attraversare: perché, come si diceva, il gioco pone molti bivi, cosa assolutamente credibile vista la natura della letale prova del nove, fondata sull'intrigante eppure elementare concetto delle radici digitali. Ogni personaggio indossa infatti un braccialetto numerato da uno a nove, al contempo minaccia ed arma da utilizzare per attraversare le varie location: il tutto rispettando il concetto matematico di cui sopra, per cui si formano vari gruppetti di 3-5 persone a seconda della porta scelta di volta in volta. I nostri compagni di avventura non solo ci aiuteranno nella risoluzione delle prove da affrontare, ma ci daranno diverse, preziose informazioni e nozioni per far procedere la trama e pompare l'hype: si tratta di fenomeni e storie tutti basati su fatti veri ma misconosciuti e per questo ancora più appassionanti, visto che ci si chiede come si possano far quadrare nella trama cosa come l'affondamento del Titanic, la cristallizzazione della glicerina, la prosopagnosia o gli esperimenti di Sheldrake.
E quadrano? Sì, ma dipende. Perché scegliere le varie porte e cosa rispondere ad un dato personaggio non varia solo enigmi e relazioni interpersonali: le azioni di Junpei pregiudicano pure il finale della storia e ce ne sono ben 5 ottenibili, di cui solo uno, il True Ending, con il lieto fine e le risposte definitive a tutti i misteri.
E questa è l'anima del gioco, visto che qui troviamo la magagna più grossa ma anche il pregio più soddisfacente.

Immagine Immagine

La magagna è che non si può arrivare al True Ending senza essere prima arrivati al Safe Ending. Il problema è che una volta arrivati ad un finale, bisogna rigiocarsi tutto da capo, ovviamente cambiando scelte e comportamenti. Certo, è possibile mandare in fast-forward il testo già letto, ma è comunque una sbattona inutile: incredibile che giochi come l'ottimo Ghost Trick, in cui le scelte del giocatore cambiavano giusto qualche scena, prevedano una comoda divisione in capitoli mentre un gioco che fa dei percorsi alternativi la sua ragion d'essere non usufruisca di un sistema simile, tanto più che si tratta di una visual NOVEL in cui tale divisione sarebbe stata naturalissima. La cosa è scomoda sia per i completisti che vogliono provare tutti i finali, sia per chi si accontenterebbe di quello obbligatorio e di quello satisfattorio: in assenza di guide non è facile capire quale catena di opzioni scegliere e sbattere per l'ennesima volta in un finale sbagliato per UNA scelta in tutto il gioco è sicuramente frustante.

E il pregio? Beh, intanto i finali sono tutti bellissimi. Abbiamo il Coffing Ending che è probabilmente il finale più a cazzo (e ovviamente il più facile in cui incappare), visto che non spiega quasi nulla della trama, ma in compenso lascia con un magone assurdo e una voglia di ricominciare a giocare per avere risposte; l'altrettanto inconcludente Knife Ending; il Submarine Ending che è pure lui da brivido e cita Dieci Piccoli Indiani; l'Ax Ending, splatterone e incredibilmente inquietante.
Il Safe Ending invece è assai soddisfacente e ottimamente costruito, ma anche lui non risponde a tutti i quesiti e non ha certo un lieto fine. Ma solo una volta completato si può giocare il capolavoroso True Ending, che completa in modo definitivo la trama in modo sublime sia dal punto di vista narrativo che emozionale: sicuramente mai più si vedrà un gioco in cui il boss finale è un SUDOKU e mai sarà così emozionante risolverlo, merito anche della monotona ma azzeccata colonna sonora. Ma perché questo finale è giocabile solo dopo il Safe Ending? E qui scatta il colpo di genio per cui il fatto di conoscere già parte delle risposte dal precedente finale s'intreccia con la TRAMA e con le teorie scientifiche snocciolate nel corso dell'avventura, in una pippa mentale metavideoludica veramente di tutto rispetto eppure gestita con intelligenza e sobrietà. Infatti nonostante sia ovvia la volontà di rendere il replay una parte integrante dell'esperienza videoludica e della soluzione finale, la trama fornisce comunque una spiegazione che non solo sta in piedi da sola ma anzi ci butta pure un bel colpo di scena proprio prima dello spiegone finale. Una finezza di una visionarietà assurda, in cui non poteva mancare il classico paradosso temporale a completare un titolo e un'esperienza insoliti e fuori dalle righe ma assolutamente accessibili e piacevoli nella loro delirante originalità. Inutile dire che è stato prontamente annunciato un già attesissimo sequel, in cui magari spiegare meglio qualche piccolo particolare che necessiterebbe di approfondimenti extra (su tutti, la vera storia di [spoiler]Alice[/spoiler]).