[N. EAD] The Legend of Zelda: Phantom Hourglass

Nintendo raddoppia gli schermi e moltiplica il successo, il più grande di sempre. Grafica 3D, touch screen, microfono, internet, un'interazione mai vista che fanno del successore del Game Boy il portatile definitivo.
  • TA-DA! Ecco la jappocover.

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  • <Dapiz> Zelda PH 39/40 su Famitsu.
    Maledizionissima, comincio a crearmi delle aspettative... :stronk:
  • 19 ottobre.
  • Bè, per la cronaca, comprato e finito. E ottima impressione.
    Sempre che se ne voglia stare a discutere...
  • <<La leggenda è tornata>>
    <<Di già?>>
    <<Si era scordata le chiavi>>


    Ricordo con tenerezza il mio primo incontro con The Legend of Zelda... un giorno uggioso, un tugurio di negozio che ha chiuso recentemente, L'Ocarina del Tempo. C'era un ragazzo, che come me, amava Nintendo e le sue console, e me lo fece conoscere, dapprima sulle pagine di Nintendo Club, dappoi, err, giocandoci di nascosto prima di Natale.

    "Pah" la mia prima impressione

    Forse non è tenerezza. E' imbarazzo.
    Per fortuna, dal fatal giorno di barboni sotto i ponti ne sono passati tanti, di capitoli della saga di Link pure... pure troppi?
    L'Ocarina è tuttora considerato il più grande gioco di tutti i tempi e il suo sequel / controparte, Majora's Mask, solo parzialmente riuscì a bissarne il successo (rimanendo il preferito del sottoscritto, però). Di lì in poi si sono susseguiti gli Oracle of Ages & Seasons, The Wind Waker, Minish Cap, i remake di Zelda I, II e A Link to the Past, Four Swords e Four Swords Adventures e infine Twilight Princess e Phantom Hourglass.
    Noi videogiocatori siamo cresciuti (come videogiocatori, s'intende, non certo come individui pensanti) e la saga è cresciuta con noi, reinventandosi sempre, sin dal suo secondo capitolo, pur rimanendo fedele a sè stessa.
    Finora.
    Nintendo ha dichiarato che la saga di Zelda come la conosciamo è finita. Non ci è dato sapere che cosa significa, ma è certo che Nintendo se n'è resa conto ben prima che i fan più calorosi (perciò più criticoni) muovessero critiche a Twilight Princess riguardo la presunta ripetitività della struttura di gioco. E ha cominciato a tirare le somme, proprio con Twilight Princess, che rappresenta il vertice qualitativo (e quantitativo, considerando la vastità del gioco) raggiunto dalla saga in due decenni di Leggende. E ora è arrivato Phantom Hourglass, primo Zelda per Nintendo DS, ultimo Zelda-Come-Lo-Conosciamo.

    Sempre che là a Kyoto non siano dei contaballe, eh.
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    In Phantom Hourglass ritroviamo il Link caricaturesco e cartoonistico protagonista di The Wind Waker, in compagnia della piccola piratessa-principessa Tetra e della sua scalcinata ciurma. Navigando per mari inesplorati in cerca di nuove terre, i nostri temerari eroi s'imbattono in un misterioso vascello: sprezzante del pericolo, l'intrepida capitana salta a bordo pregustando un bel bottino, ma con sommo sgomento del suo equipaggio scompare, inghiottita dal minaccioso veliero e ridotta per il resto del gioco nel ruolo di Damigella in Difficoltà che non le garba proprio per niente. Link si lancia al salvataggio, ma manca la nave, già inoltratasi nelle nebbie, e splasha in mare, per poi spiaggiarsi sulle sponde di un'isoletta sconosciuta, l'isola Melka. Il naufraghetto è soccorso, come già successe secoli prima per il suo predecessore di Link's Awakening ,con cui Phantom Hourglass condivide non poche cosette, dalla dolce donzella di turno... che, per la gioia dei giocatori nostalgici di Ocarina of Time è nientemeno che la sbrillucciosa fatina Sciela. La fatuccia lo porta dal nonnino Oshus, che a sua volta le salvò la vita tanto tempo fa e che racconta a Link che se Tetra è stata rapita dalla NAVE FANTASMA *TUONO* e che se sarà così FOLLE da cercarla dovrà prima radunare i tre Spiriti del Potere, della Saggezza e del Coraggio (ricorda nulla?), che riuniti riusciranno a localizzarla... ma non manca di metterlo in guardia sul pericolo mortale che corre chi incrocia la sua rotta.. Link, ben sapendo che spesso e volentieri i vecchietti le sparano grosse solo per il gusto di farlo, se'n frega, ruba la spada di Oshus e, raggiunto il vicino Santuario del Re Mar (di cui si parlerà dopo), raccatta lo stranito Linebeck (anzi, CAPITAN Linebeck), proprietario di un provvidenziale battello, che di malavoglia lo traghetterà di isolotto in isolotto per cercare gli Spiriti, sperando nel contempo di riuscire a mettere le mani sul meraviglioso tesoro del Re Mar che giace nel piano più profondo del suddetto Santuario.
    La ricerca di Link dunque volgerà intorno all'individuazione e successivo salvataggio dei tre Spiriti, naturalmente nascosti nel profondo di pericolosi dungeon pieni di trappole, puzzle e mostri; dopodichè, un'inaspettata svolta negli eventi rivelerà il vero nemico che si cela dietro il rapimento di Tetra, costringendo Link a salpare ancora per altre isole sperdute e selvagge in cerca di potenti strumenti che gli permetteranno di sconfiggere il male e ripristinare la pace... come al solito. Sì, perchè si può intuire come la trama di Phantom Hourglass sia purtroppo puramente pretestuale e si srotoli senza guizzi seguendo la traccia che si ripete pressochè immutata dai tempi di A Link to the Past; un po' un peccato, specie se si considera che il recente Twilight Princess pur seguendo lo stesso canovaccio risultava molto più curato dal punto di vista della storyline, e soprattutto che il sequel di The Wind Waker permetteva agli sviluppatori si sbizzarrirsi realizzando meraviglie (non che la cosa non sia più possibile, personalmente non mi dispiacerebbero capitoli spin-off su Link e Tetra per mare). Per Phantom Hourglass invece si è scelto di rimanere il più possibile fedeli alla collaudatissima formula della serie, che è comunque la più raffinata che la Storia della Ludicità ricordi, rinnovandola soltanto in piccola parte e concentrando gli sforzi creativi nell'introduzione di un inedito e realmente rivoluzionario sistema di controllo che, sospetto, frullasse già da tempo nella testa di Miyamoto e soci, ma che si è potuto concretizzare soltanto sul nuovo Nintendo DS.

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    Relegati i tasti in ruoli di contorno (richiamare più rapidamente mappe e menu), il controllo di Link si realizza unicamente tramite l'utilizzo del pennino. Il tocco sullo schermo consente di far camminare e correre Link, parlare con le persone e puntare le creature da combattere, colpire con spade, boomerang, bombe e frecce, raccogliere oggetti da terra (non si fa, bambini!), esaminare lo scenario, tracciare la rotta del traghetto sulle carte nautiche, cannoneggiare le navi nemiche e... be', ci siamo capiti. E' inutile dilungarsi descrivendo l'immediatezza del nuovo modo di controllare Link, che non è minimamente spiazzante nemmeno per un momento; anzi, è incredibile come il tutto risulti così... incredibilmente immediato, proprio (ok, le capriole proprio per niente, ma non siamo pignoli). Il pennino in mano permette letteralmente di lasciare il proprio corpo e il mondo reale e di trasferirsi in Link, infrangendo per sempre il muro posto tra il videogiocatore e il videogioco. Il touch screen non è comunque la sola caratteristica sfruttata della console; seppure in modo minore, il microfono è stato intelligentemente sfruttato e in un paio di situazioni, che certamentre vi strapperanno un sorriso, ciò succede in maniera semplicemente geniale (non spiegherò perchè, sperando che capitiate in quelle certe situazioni mentre state giocando magari sull'autobus, in mezzo alla gente... :asd:).
    Se il sistema di controllo è stato ripensato daccapo non si può dire lo stesso nè dell'inventario nè della struttura di gioco, che come già detto non presenta novità particolari, nè dei puzzle con cui avrete a che fare nel corso dell'avventura... ma non è detto che ciò sia negativo, anzi; al repertorio classico di Link, costituito dai citati boomerang, bombe etc, è stata data una bella rinfrescata: chi ha seguito lo sviluppo del gioco sa bene che è possibile tracciare la rotta (sì, mi sentirete spesso parlare di tracciare e di rotte, rassegnatevi) del boomerang, e in generale l'utilizzo di tutti gli oggetti trovati da Link gode di benefici passando dai tradizionali tasti al touch screen, ma in particolare è l'uso di un oggetto che purtroppo si recupera solo parecchio in là, ad essere realmente eccezionale ed esaltante... ma non dirò di più.
    Più ringiovanito dell'inventario è ciò che da sempre è il cuore della serie di Zelda, croce e delizia dei fan: i dungeon. Troppo lunghi, troppo intricati, troppo ripetivivi: il dungeon del fuoco, il dungeon dell'acqua, il dungeon della foresta, il dungeon della roccia... oh! Un altro dungeon del fuoco!. I dungeon di Phantom Hourglass in particolare sono probabilmente i meno ispirati di tutta saga, tant'è che non ne ricordo distintamente nemmeno uno... ma c'è un ma: Nintendo stesse deve aver notato l'avversione dei giocatori per i suoi labirinti, perchè da The Wind Waker in poi le cose sono cambiate: i dungeon sono diventati prima più facili, poi, in Twilight Princess, più belli e più compatti e centralizzati; Il percorso sembra concludersi in Phantom Hourglass in cui, seppure brutti, sono brevissimi e soprattutto DIVERTENTI. Eh sì, per la prima volta da quando videogioco Zelda all'idea di inoltrarmi in un dungeon ne ero CONTENTO. Di ciò devo ringraziare il sistema di controllo, semplicemente godurioso, che mi ha permesso di risolvere i soliti, stantii puzzle a colpi di pennino, con pochi tocchi e tracce sullo schermo. E si va di bene in meglio se si pensa che i boss sono certamente tra i più geniali della saga. Brava Nintendo!


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    Parlando di dungeon, è il momento di dedicare due parole al Santuario del Re Mar, che rappresenta la sola sostanziale novità strutturale rispetto ai precedenti capitoli della saga. Il Santuario del Re Mar è un gigantesco dungeon in cui il giocatore dovrà tornare più e più volte nel corso del gioco, per recuperare le carte nautiche nascoste nelle sue profondità che gli permetteranno di proseguire nell'esplorazione dei quattro quadranti che costituiscono il mare. Il Santuario del Re Mar differisce dai precedenti dungeon perchè si di esso è stato lanciato un maleficio che risucchia la vita agli incauti che vi si inoltrano, riducendoli a scheletri parlanti e prodighi di consigli su come evitare la stessa sorte. Il solo modo di scampare alla maledizione è portare con sè la leggendaria Clessidra Spettrale, piena di dorata Sabbia della Vita. La Clessidra però, in quanto clessidra, consente di resistere nel Santuario soltanto finchè la sabbia che contiene non si consuma, perciò per un periodo di tempo piuttosto limitato, terminato il quale la maledizione ricomincerà a mietere vittime; come se non bastasse, nel lugubre Santuario si corre il rischio d'imbattersi nei terribili Spettri, inarrestabili e indistruttibili, capaci con un sol colpo di consumare parecchia Sabbia. La necessità di evitare gli Spettri è la seconda caratteristica che rende il Santuario del Re Mar un dungeon più unico che raro: per risparmiare tempo e salvarsi la pelle è necessario usare i propri oggetti nel miglior modo possibile, cercando di crearsi scorciatoie, imparando gli itinerari più rapidi e soprattutto facendo il possibile per non farsi notare dai mostri; il solo ristoro per il giocatore è rappresentato dalle Zone Franche, piccoli "porti" sicuri in cui la maledizione non ha effetto, la Sabbia della Vita non scorre e gli Spettri non possono vederti. Comunque, la poca Sabbia contenuta nella Clessidra Spettrale all'inizio non è sufficiente per esplorare il Santuario nella sua interezza, perciò si rende indispensabile riempirla di più, e ciò è possibile sconfiggendo i boss (creati dal Cattivo proprio con la Sabbia della Vita) e, con un po' di fortuna, recuperandola in forzieri sepolti sul fondo del mare.

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    Per salvare gli Spiriti, recuperare la Sabbia della Vita e via dicendo Link dovrà spostarsi di isola in isola, un po' come succedeva nel suo predecessore, The Wind Waker... che fu sommerso di pesanti critiche proprio per ciò che concerneva gli spostamenti in barca: traversate noiosissime in un mare di nulla. E' con piacere, dunque, che ho constatato che in Phantom Hourglass la rotta è stata corretta e che le problematiche che affondavano The Wind Waker sono state affrontate e risolte nel migliore dei modi.
    Il mare del Re Mar è suddiviso in quattro quadranti sostanzialmente simili ma più o meno tematici [spoiler](per la precisione c'è il quadrante sudoccidentale popolato da uomini, il quadrante sudorientale popolato da razze non umane -non spoilererò quali, il quadrante nordoccidentale che è più povero di vita ma è casa di diversi personaggi stravaganti, e il quadrante nordorientale in cui riposano le rovine di un regno perduto)[/spoiler]; le isole non sono particolarmente vaste, ma sono sufficientemente varie tra loro e sono popolate da parecchi popoli e persone più diverse; nessuna è "piena di vita, piena di gente" come Windfall Island, ma nel complesso il mare del Re Mar è molto più ricco del Great Sea; non tutte le isole, poi, sono segnate sulle carte nautiche, perciò può succedere d'imbattersi in un'isoletta sconosciuta di cui Linebeck provvederà a segnare la posizione sulla mappa. Tracciata la rotta il battello procederà per conto suo lasciando il giocatore libero di guardarsi intorno, e di scrutare l'orizzonte con occhio ben attento... perchè i mari del Re Mar non sono certo posto da mammolette: sarete costantemente sotto il tiro di piccole flotte pirata, o circondati da squali, oppure vi ritroverete con la rotta intralciata da insidiose creature subacquee... insomma, spanciarsi a prendere il sole sul ponte non è consigliabile..
    Link e Linebeck non sono i soli a detenere il diritto di navigare per i mari del Re Mar; durante le mai noiose traversate vi capiterà di incontrare i personaggi più curiosi, tra cui il già noto mercante Terry o gli Uomini col Cannocchiale, personaggi che come nella tradizione di Zelda potrebbero chiedervi di svolgere dei compiti per conto loro. Le subquest, infatti, non mancano nemmeno in Phantom Hourglass: non sono tantissime, ma sono tutte molto carine e ricompensano riccamente i giocatori che non cercano solo di raggiungere i credits. Tra le più classiche subquest si contano la ricerca di Gocciol... ehm, Gemme che consentono di ripristinare i poteri degli Spiriti e la raccolta delle mappe del tesoro, che conducono a scrigni recuperabili mediante uno dei divertenti minigiochi presenti in Phantom Hourglass. Tra i tanti tesori ci sono delle parti che permettono di personalizzare il battello di Linebeck, trasformandolo, per esempio, in un'inquietante traghettatore infernale... modifiche che non sono solo estetiche, perchè più parti dello stesso tipo miglioreranno le prestazioni del battello.
    E naturalmente si può pure pescare.
    Phantom Hourglass si pone come crocevia tra ciò che la serie è stata e ciò che la serie sarà, persino più di Twilight Princess che, pur essendo il primo capitolo pubblicato su console new-gen (come Nintendo chiama il Wii), non ha potuto non fare i conti con la sua natura di conversione, che l'ha reso più un (graditissimo) omaggio al passato che l'inizio della nuova era di Hyrule. Il sistema di controllo completamente ripensato e la struttura che pian piano si sta svecchiando sono, probabilmente, solo il preludio per il prossimo capitolo di The Legend of Zelda su Wii, a cui spetta il difficile compito di rivoluzionare realmente la saga, ricostruendola dalle fondamenta... nel frattempo, Phantom Hourglass si propone, più che come pietra miliare, come freccia luminosa che indica a chi intendesse cimentarsi con lo sviluppo di action-adventure la strada che sarà necessario seguire in futuro... nonchè come il miglior gioco su DS, che è la miglior console in circolazione. Vedete un po' voi.
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  • Ottimo.
    Il secondo capitolo della saga di Zelda su una console new-gen è davvero ottimo e la sua validità è chiaramente percepibile nonostante i difetti.
    Non sono tanti e non sono gravissimi, ma ci sono e hanno compromesso la riuscita di uno Zelda che avrebbe altrimenti potuto anelare tranquillamente alla perfezione.
    Innanzitutto la struttura dei dungeon (tre dungeon>dungeon centrale>tre dungeon) per quanto vincente è ormai decisamente inflazionata persino per un neofita del genere come il sottoscritto: se a questo aggiungiamo una trama che rasenta la prevedibilità più becera ne esce una combinazione poco felice.
    Sempre riguardo ai dungeon, l'idea che sta alla base del Santuario del Re Mar (un labirinto in cui ritornare in più tempi esplorandone di volta in volta nuove sezioni) è interessante ma sfruttata maluccio: il giocatore non potrà fare a meno di gemere spazientito nel ritrovarsi a ripercorrere passaggi che, sebbene addolciti nel proseguio del gioco grazie agli strumenti man mano ottenuti, risultano sempre ostici/irritanti/un tantino sbattosi.
    Detto questo, gli unici altri difettucci riscontrabili sono la penuria di subquest vere e proprie e una colonna sonora tanto brillante ed appassionante nell'overworld quanto monotone nei dungeon.
    Ma tutti i difetti, difettucci, difettuncoli e simili si possono sciorinare solo a mente fredda e di certo non verranno eccessivamente notati durante gli appassionanti momenti di gioco. La grandezza di Phantom Hourglass sta infatti nella giocabilità estrema che sfrutta appieno touch screen e pennino, non lasciando in disparte il microfono e la dualità degli schermi, fondamentale anzi in diverse occasioni (tra cui la più memorabile è a mio avviso il geniale [spoiler]"ribaltamento" della carta nautica alla terza visita al Santuario del re Mar[/spoiler]).
    La fluidità del gioco una volta acquisito un minimo di praticità è incrementata notevolmente dall'ottima grafica, sorprendente persino per una console rivoluzionaria come il DS che ancora una volta sfrutta l'adorabile toon shading e che soprattutto innesta elementi 3d in un contesto tipicamente 2d, dando vita a un mix efficace e coinvolgente che innova nel rispetto della tradizione cercando di accontentare un po' tutti.
    Il tutto rende il gioco divertente e brioso, ovviando al problema della navigazione posto da Wind Waker e rendendo il gioco nel suo complesso estremamente godibile, un prototipo di Zelda che ne racchiude gli elementi caratteristici (a parte il "dualismo" di mondi che ha contraddistinto non pochi titoli... [spoiler]che poi alla fine viene anche spiegato che questo dualismo in un certo senso c'è, perchè il Great Sea è a una dimensione di distanza dal mare del Re Mar[/spoiler]) e che più che rinnovare i contenuti si preoccupa di rivoluzionare
    la forma in modo fresco ed originale, preludendo a un futuro in cui sia modalità che contenuti si troveranno in sincronica innovazione.
    Infine, un aspetto trascurabile ma che mi ha in un certo modo colpito: la traduzione. Fermo restando che per i non nipponici la lingua migliore per gustarsi Zelda sia l'inglese, devo dire di aver particolarmente apprezzato la traduzione di PH, forse perchè reduce dai disastri di The Minish Cap. Oddio, apprezzato... all'inizio sì, nonostante le traduzioni di alcuni nomi (ma che senso hanno? Cioè, tradurre Tetra in Dazel solo per ottenere l'anagramma di Zelda... -_- ), mi ero emozionato alla vista di un italiano corretto corredato persino da congiuntivi azzeccati... poi mi è caduto tutto addosso sentendo parlare di Clessidra dell'Illusione e notando l'intercalare dei Goron "roccia!"

    Comunque, in conclusione, condivido in pieno tutto il recensume dapizico e in particolare:
    Phantom Hourglass si propone, più che come pietra miliare, come freccia luminosa che indica a chi intendesse cimentarsi con lo sviluppo di action-adventure la strada che sarà necessario seguire in futuro... nonchè come il miglior gioco su DS, che è la miglior console in circolazione. Vedete un po' voi.

    Ah, dimenticavo... ma sono stato l'unico a trovare immediate anche la capriole? :P
  • Per il momento rimane il mio gioco preferito in assoluto. Fonde l'epicità con la grafica cartoon, un connubio esaltante.
    Per non parlare poi della massima giocabilità, cosa da me non riscontrata affatto in "Zelda- Twilight Princess".

    Alla fine mi sono detta: tanta poesia e divertimento in una cartuccia così minuta.

    Consigliatissimo.
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    Era dai tempi di Link's Awakening per Game Boy che Nintendo non si occupava direttamente dell'incarnazione portatile di Zelda. I due Oracle per Game Boy Color e Minish Cap per Game Boy Advance pur essendo supervisionati da Miyamoto e Aunuma erano stati infatti sviluppati con la collaborazione di Capcom, che per l'occasione aveva fatto un accordo con Nintendo per occuparsi del brand su Game Boy. Con la fine dell'accordo e l'arrivo della Touch Generation nacque quindi l'esigenza di traportare Zelda su Nintendo Ds, e di questo se ne occupò il team che da sempre aveva seguito Mario e Zelda, i due più importanti brand, e cioè Nintendo EAD.
    La sfida era difficile, difficilissima: riuscire a creare uno Zelda interamente cucito su Ds, con un sistema di controllo che sfruttasse unicamente il pennino, senza che ci fosse bisogno di premere alcun tasto. E incredibile a dirsi ce la fecero, riuscendo a creare un gioco che ad un anno dall'uscita vanta il miglior gameplay sulla piazza. Che per quanto riguarda il movimento del personaggio la naturale evoluzione di crocette e levette analogiche fosse il pennino era cosa ovvia, sin da quando il Ds iniziò a proporre le avventure grafiche Nintendo/Cing, un po' meno ovvio era che si potesse trasferire nel pennino l'intero sistema di combattimento con la spada, a suon di fendenti tratteggiati con lineette, colpi rotanti ottenuti grazie a cerchi e via dicendo. Per non parlare di alcuni elementi dovuti direttamente alla natura del Nintendo Ds, come enigmi in cui bisogna usare la voce, altri in cui bisogna [spoiler]chiudere di scatto la console come nel famoso enigma dei timbrini di Another Code[/spoiler], altri ancora in cui bisogna disegnare su pergamena, annotarsi dati e tracciare rotte. Per non parlare poi dei meravigliosi boss che occupano intelligentemente entrambi gli schermi del ds per accrescerne la spettacolarità.
    Come New Super Mario Bros e Pokemon Diamante/Perla il gioco fonde la sua natura poligonale col suo spirito bidimensionale, e infatti pur essendo l'intero mondo di gioco in autentico 3d, si è scelto di mantenere la visuale a volo d'uccello tipica dei giochi in 2d. Ci sono momenti in cui però si fa uso di questa poligonalità, come in alcuni enigmi in cui avviene una zoomata, i filmati di gioco, i sopracitati boss e soprattutto le fasi di navigazione in mare.
    Eh già, perchè Phantom Hourglass altro non è che il diretto sequel di quel The Wind Waker per GameCube, lo Zelda tridimensionale più discusso di sempre. E la storia prende proprio le mosse da lì con il Link bambino in versione toon shading (ce l'avrei visto difficilmente il Link di Twilight Princess in un'avventura portatile...) che sigillato Ganondorf, il Re Dafnes, e l'intera Hyrule negli abissi, parte con Zelda/Tetra e i suoi piratini alla ricerca di una nuova terrra. E' il contesto perfetto per riportare in auge un topos tipico della serie, una regola non scritta che vuole che se per due giochi si utilizza lo stesso Link, il secondo sarà un gioco di viaggio, una sorta di Zelda in trasferta lontano da Hyrule. Link's Awakening, seguito di A Link to the Past, era infatti ambientato nell'isola di Koholint, mentre Majora's Mask che utilizzava lo stesso Link di Ocarina of Time, si svolgeva nell'assurdo mondo di Termina. Per non parlare poi di Labrynna e Holodrum, le terre viste nella serie Oracles. Minimo comun denominatore di queste terre alternative ad Hyrule è la loro natura surreale, quasi onirica, che fanno pensare più a dei mondi alternativi che a reali territori confinanti con Hyrule, e Phantom Hourglass non fa certo eccezione, raccontandoci una storia marittima e piratesca, certo, ma con delle atmosfere particolari misteriose e intimiste, che specie nel finale vanno a parare nel metafisico. Alla ricerca di Zelda, rapita da una nave fantasma in una notte di nebbia, Link si ritroverà nelle terre del Re Mar, che dovrà setacciare con un battello a vapore capitanato da Linebeck, nuovo personaggio, caratterizzato a metà tra lo stereotipo del pavido sbruffone e quello della simpatica canaglia di stampo Jacksparrowiano. Le allegre e coloratissime atmosfere di questo mondo accompagneranno Link per tutti e quattro i quadranti di cui si compone la mappa di gioco: eh già, perchè a quanto pare hanno fatto tesoro degli errori fatti in passato con The Wind Waker e stavolta la mappa di gioco è meno dispersiva, più contenuta ma anche più ricca di terre esplorabili.
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    Terre che non sono quegli sputacchi grondanti rupie del predecessore, ma veri e propri territori strapieni di subquest, minigiochi, segreti e persone, di dimensioni spesso e volentieri considerevoli. Insomma, l'esperienza di navigazione, che ricordiamo rinuncia alla visuale a volo d'uccello per ruotare intorno al battello, è assolutamente intrigante e esaltante, molto più di prima, visto anche che la rotta la si traccia direttamente col pennino. Ritornano inoltre i Goron, che in The Wind Waker erano ridotti a venditori ambulanti e qui hanno invece una loro isola personale, ma non gli Zora, che come avevamo appreso dal gioco precedente, si sono evoluti in questa linea temporale, in Falchi Viaggiatori. Al loro posto vengono invece inseriti gli Eschimù, sorta di alci eschimesi protagonisti di una sottotrama gialla. Tutte idee e trovatine assolutamente ottime, che scandiscono sopraffinamente il ritmo di gioco tra un dungeon e l'altro: a questo proposito va detto che la fase dungeon, da sempre croce e delizia di ogni appassionato di Zelda, viene qui considerevolmente alleggerita e resa assai più divertente e intuitiva dall'innovativo sistema di controllo, ma in compenso c'è un qualcosa che controbilancia pienamente questa gioia. Trattasi del dungeon del Re Mar, una novità assoluta nella serie, sorta di sotterraneo centrale, da completare un po' alla volta, nelle pause tra un dungeon e l'altro. Indispensabili per proseguire, visto che portano a Bellum, il boss finale del gioco, queste discese nel dungeon del Re Mar, vengono cronometrate dalla sabbia contenuta nella Phantom Hourglass, che proseguendo nel gioco diventa sempre di più e permette di trascorrerci più tempo. Il fatto che ogni volta che ci si torna vada riaffrontato dal principio, scendendo sempre più in profondità, e stando bene attenti a non farsi beccare dagli spettri in armatura, che ti costringono a ripetere il piano dal principio, finisce per essere leggermente frustrante. Niente di preoccupante, ovviamente, visto che anche un neofita con un briciolo di ingegno può uscirne indenne, ciò non toglie che spezza parecchio il ritmo di gioco e che sa molto di stealth e poco di Zelda, per cui si spera che in futuro se ne faccia a meno.
    Il tema principale di navigazione è una variazione di quello dell'overworld presente in The Wind Waker, buono ma niente di più. Di certo non è la colonna sonora il meglio del gioco, il che è un po' un peccato, perchè tra variazioni, remix e citazioni melodiche, la musica ha sempre giocato un ruolo importante nell'esperienza di gioco dei vari Zelda, e qui non è stato aggiunto alcun tema di spicco che si faccia ricordare. Quanto alle subquest, va detto che in questo Zelda c'è una componente sociale più marcata che nel solitario Twilight Princess. Oltre ai cuori (non più divisi in frammenti), alle gocciole per potenziare le fatine - eh già, sono tornate anche quelle - è infatti presente una grossa trade quest con oggetti da scambiare tra le persone, un minigioco legato alla pesca e un'importante collezione di pezzi di battello con cui si può cambiare più volte la configurazione della propria imbarcazione. Il guaio di questi pezzi di battello è che sono randomici, e quindi non c'è un modo "meritocratico" per setacciare il mondo alla loro ricerca, ma bisognerà incrociare le dita...o affidarsi alla modalità wireless per scambiare i pezzi con gli amici. Non c'è solo il wireless, ma anche il wi-fi che permette di giocare in due su alcuni scenari presi dal dungeon del Re Mar e intepretare a turno Link e lo spettro in armatura che lo cerca.
    The Legend of Zelda: Phantom Hourglass è il meglio che si possa trovare su Ds, un giocone meraviglioso con una storiella semplice ma stracolma di poesia, che si dispiega appieno nel finale, allegro e nel contempo malinconico ed enigmatico, reticente come vuole la tradizione miyamotiana, nemica del verboso. Un gioco che ha come unico problema quello di essere uscito a pochissimi mesi di distanza da quell'altro capolavoro di atmosfere che è Twilight Princess per Wii, che proprio a causa della sua natura domestica ha saputo rimanere maggiormente impresso perlomeno al sottoscritto. Certo è che, pur non discostandosi troppo dalla struttura tradizionale degli Zelda che seguono il solito schema dei tre dungeon, più il punto di svolta, e poi tutti gli altri, questo Zelda portatile mostra ancor più del fratellone cosa significhi innovare, e nel suo piccolo mostra la strada per trasportare un brand che inizia ad accusare i primi segni di vecchiaia verso un futuro luminoso e all'insegna della Touch Generation (in senso hardcore, s'intende).
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  • Domanda...sapete se c'è un finale alternativo se lo si rigioca?
    Info urgentissima visto che mi hanno dato una cartuccia usata al negozio e non vedo l'ora di giocarlo!! :D
  • Nessun finale alternativo, tranquilla. Non sarebbe molto nella politica Nintendo legata a Zelda (anche se in Majora's Mask nei credits variava qualcosa se si completava una subquest).
  • Grrodon ha scritto:Nessun finale alternativo, tranquilla. Non sarebbe molto nella politica Nintendo legata a Zelda (anche se in Majora's Mask nei credits variava qualcosa se si completava una subquest).
    Grazie mille! E che velocità!! :)
    Come sono efficienti gli utenti del sollazzo!!!Anche se potrebbe essere una qualità propria degi amministratori! :D
  • Con vergognoso ritardo per un capitolo di Zelda, mi ci sono messo e l'ho finito in un mesetto.
    Dapiz ha scritto:il microfono è stato intelligentemente sfruttato e in un paio di situazioni, che certamentre vi strapperanno un sorriso, ciò succede in maniera semplicemente geniale (non spiegherò perchè, sperando che capitiate in quelle certe situazioni mentre state giocando magari sull'autobus, in mezzo alla gente... :asd:).
    Sì, è successo, e per questo ringrazio la Nintendo.
    Ovviamente il mio desiderio di proseguire subito nel gioco ha prevalso sul mio desiderio di mantenere una parvenza di dignità.
    Dapiz ha scritto:ma in particolare è l'uso di un oggetto che purtroppo si recupera solo parecchio in là, ad essere realmente eccezionale ed esaltante... ma non dirò di più.
    A quale ti riferisci?
    Dapiz ha scritto:The Wind Waker... che fu sommerso di pesanti critiche proprio per ciò che concerneva gli spostamenti in barca: traversate noiosissime in un mare di nulla. E' con piacere, dunque, che ho constatato che in Phantom Hourglass la rotta è stata corretta e che le problematiche che affondavano The Wind Waker sono state affrontate e risolte nel migliore dei modi.
    Io ero incantato da quel dolce vagabondare per i mari deserti di Wind Waker.
    E da amante di quelle atmosfere (uno dei pochi), non ho trovato l'esperienza di navigazione di PH altrettanto magica; è priva di quella "poesia", ci sono mostri da sconfiggere di frequente, ostacoli da saltare... insomma, bisogna sempre stare all'erta, praticamente come quando si cammina sull'erba tra i vari nemici.
    PORTAMANTELLO ha scritto:Ah, dimenticavo... ma sono stato l'unico a trovare immediate anche la capriole? :P
    Assolutamente sì, io ne sono riuscito a fare due in tutto il gioco, e sempre per caso.
    ho trovato un po' complessa anche la gestione della navigazione e lo spostamento della telecamera durante essa.
    Grrodon ha scritto:Il fatto che ogni volta che ci si torna vada riaffrontato dal principio, scendendo sempre più in profondità, e stando bene attenti a non farsi beccare dagli spettri in armatura, che ti costringono a ripetere il piano dal principio, finisce per essere leggermente frustrante. Niente di preoccupante, ovviamente, visto che anche un neofita con un briciolo di ingegno può uscirne indenne, ciò non toglie che spezza parecchio il ritmo di gioco e che sa molto di stealth e poco di Zelda, per cui si spera che in futuro se ne faccia a meno.
    Concordo sull'eccessiva ripetitività del Tempio del Re Mar. Non trovo però un elemento negativo il fattore stealth, che tra l'altro era già stato inserito nel villaggio dei Gerudo in OoT (forse anche in MM, non ricordo bene), e nella fortezza dei demoni in WW.

    Per il resto, mi sento di muovere qualche critica alla grafica toon shading, che funziona tanto bene su Game Cube, ma su una console con caratteristiche tecniche inferiori, crea un effetto troppo sporco, specialmente durante i filmati: vedere un personaggio che dovrebbe essere disegnato con linee dolci, spixellarsi qua e là è brutto.
    A quel punto, preferisco poligoni più grezzi come in OoT, che in uno stile realistico fanno meno danni.
    Promossissimi i boss e il sistema di controllo.
    Inizialmente avevo qualche dubbio su Lineback, era quasi irritante, poi a metà gioco ([spoiler]spassosa la sua scenetta in cui fa cadere Dazel impietrita[/spoiler]) e nel finale diventa un personaggio al quale è impossibile non affezionarsi.
    [spoiler]Ho qualche remora anche sul finale vero e proprio della storia: perchè si deve ridurre ancora una volta a una storia che "non si sa se è veramente avvenuta", con i piratucoli che dicono a Dazel e Link che sono mancati solo per 10 minuti? Era già successo col Wind Fish, questo riutilizzo del meccanismo mi fa quasi sembrare che ai capitoli portatili non si voglia dare la stessa dignità, mantenendoli sempre in un'incertezza sul loro effettivo accadimento.[/spoiler]
    Deboroh troppppppppo Web 2.0!
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