[LucasArts] Indiana Jones e la Macchina Infernale
Inviato: domenica 18 maggio 2008, 22:52
In principio vi fu Dark Forces, il pluri-premiato gioco e primo capitolo di una fortunata serie, nonchè primo titolo di sparatutto in prima persona in soggettiva per la Lucasarts. Fu ai quei tempi che Hal Barwood, ex uomo di Hollywood e ideatore di Indiana Jones and the Fate of Atlantis, iniziò a domandarsi se fosse possibile utilizzare questa nuova (per quei tempi) tipologia videoludica per delle avventure di Indy. Era il 1995, e qualcosa stava cambiando nel mondo videoludico, in particolare per il genere delle Avventure Grafiche, che di lì a poco avrebbe conosciuto una notevole flessione a livello di richiesta del mercato.
Nel 1996, la software house birtannica Core Design diede vita ad un titolo, distribuito dalla Eidos Interactive, che irruppe prepotentemente nel mondo dei videogmes, rivoluzionandolo: Tomb Raider. Il titolo, per il suo gameplay innovativo, la grafica (che per l'epoca era il non plus ultra) e la sua trama coinvolgente, ebbe subito enorme fortuna con vendite altissime in tutto il mondo. In Lucasarts in quel momento in molti si mangiarono le mani: perché le avventure della signorina Croft e il design dei suoi livelli, strizzavano più di un occhio alle avventure cinematografiche e videoludiche di Indiana Jones. A cominciare dal primo livello del gioco, nel quale dopo poche azioni Lara si ritrova a dover fuggure da un masso che le rotola dietro le spalle per non rischiare di finire schiacciata. Un chiaro omaggio (o plagio, a seconda dei punti di vista) a quanto avviene nell'inizio de I Predatori dell'Arca Perduta.
In realtà non sono solo le pietre a ricordare poco velatamente Indiana Jones, ma la maggioranza degli engmi che Lara si ritrova ad affrontare. Per la Lucasarts fu uno smacco, e s'incomincio a ragionare per realizzare un'avventura di Indy con questo nuovo gameplay. Il colmo avvenne quando per pubblicizzare uno dei sequel della saga la Eidos utilizzò uno slogan che recitava:"Ritorna nell'Indiana dottor Jones"! La misura era piena. Fu così allora che nel 1997 Barwood riuscì a convincere la dirigenza della Lucasarts ad affidargli una squadra per la realizzazione del primo titolo action-adventure di Indiana Jones, Indy 5.
Nello stendere il soggetto, Barwood aveva un'idea precisa: basta nazisti. Per fare questo poteva benissimo realizzare una storia nella quale i tedeschi non comparissero come avversari (Il Tempio Maledetto docet). Invece Barwood voleva anche che la sua storia fosse inserita in contesto storico differente da quello dei 3 film e del suo Fate Atlantis, i quali si svolgono nel periodo che va dal 1935 al 1939, in piena vigila della Seconda Guerra Mondiale.
Fin da Fate of Atlantis Barwood godette di un'ampia autonomia nel realizzare i suoi soggetti videoludici, probabilmente per via della sua esperienza cinematografica e della sua esperienza nella realizzazione dell'avventura grafica di Indiana Jones an the Last Crusade. Così decise di ambientare la nuova avventura di Indy in un periodo in cui fino ad allora non vennero mai ambientate: il secondo dopoguerra mondiale, cioè gli albori della Guerra Fredda. Questo rese quasi immediato il fatto che i sostituti dei nazisti sarebbero stati gli uomini dell'Armata Rossa.
Barwood ipotizzò varie trame; tra queste ve ne fu una per la quale la Lucasarts gli chiese di non continuare nello sviluppo. Il soggetto venne bloccato non perché non considerato all'altezza, ma perché piaceva talmente tanto che la Lucasarts lo volle tenere nel cassetto, in quanto lo considerava qualcosa dal quale "si sarebbe potuto trarre un film".
I contenuti di quel soggetto non sono mai stati resi noti, ma a pochi giorni dall'uscita del quarto film della serie Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, è lecito chiedersi se qualcosa dell'idea di Barwood sia stata scelta da Lucas e Spielberg come elementi da inserire nella sceneggiatura del nuovo film. In fondo, un elemento in comune tre le due storie c'è sicuramente, ed è la presenza dell'esercito sovietico. In verità potrebbe esserci anche qualcos'altro in comune, ma questo lo si saprà una volta uscito il quarto film.
Impossibilitato quindi a proseguire nella sua idea originaria, Barwood dovette pensare ad una nuova storia e al nuovo mistero archeologico alla base di essa. Una cosa era certa: il tesoro ricercato non doveva essere banale. Sia nelle avventure cinematografiche che in quelle videoludiche, Indy si era trovato ad aver a che fare con manufatti e civiltà entrate ormai nel mito. Inoltre, l'oggetto del contendere doveva essere qualcosa di talmente importante e potente da indurre l'esercito sovietico a mettersi alla sua ricerca. Inserendosi allora nella scia dei reperti cristiano-giudaici de I Predatori e L'Ultima Crociata, Barwood scelse uno dei misteri della Bibbia: la distruzione della Torre di Babele. O mgelio, la vera causa della distruzione, che nella Bibbia viene attribuita all'ira di Dio.
L'idea di Barwood è questa: la Torre venne distrutta a causa di un macchinario pericoloso, creato dal re Nabucodonosor, contenuto al suo interno, i cui pezzi vennero smontati e dispersi in varie parti della Terra per impedirne il ri-assemblamento. Un macchinario in grado di aprire una porta verso un altro mondo, una dimensione demoniaca. Da qui il titolo, appunto.
Per la donna da affiancare al protagonista, decise di riproporre Sophia Hapgood, la tanto amata Indy-Girl di Fate of Atlantis, anticipando quindi di qualche anno l'idea di Lucas di recuperare una protagonista di una storia precedente. Sophia, dopo i fatti di Atlantide ha smesso i panni di medium ed è entrata a lavorare alla CIA. Le strade tra i due si rincrociano quando il capo di Sophia, Simon Turner, si mette sulle tracce della Macchina Infernale per impedirne il recupero da parte dei sovietici.
L'intenzione dichiarata di Barwood era quella di realizzare un videogame con un rapporto azione/intelletto del tipo 50/50. Questo avrebbe significato che il gioco si sarebbe posto come una via di mezzo tra le avventure grafiche e gli action-adventure alla Tomb Raider. In realtà nel gioco l'azione è preponderante, e il rapporto è del tipo 70/30. Questo non significa che non vi siano elementi di avventura, visto che non mancano le sequenze di dialogo interattive. Ma per chi ha amato Fate of Atlantis e le avventure grafiche Lucasarts, risultano troppo poche e neanche tanto complesse.
E questo è sicuramente un male, visto che il gameplay del gioco è quasi identico a quello di Tomb Raider, risultandone una scopiazzatura, quando invece, poteva essere l'occasione di introdurre qualcosa di nuovo nel genere degli action-adventure, magari ristabilendo una sorta di primato dovuto nei confronti delle avventure di Lara Croft.
Altro aspetto negativo è il motore grafico. La Macchina Infernale è stato pubblicato nel 1999, e per esso è stato utilizzato il motore grafico, modificato e migliorato, di Jedi Knight, pubblicato nel 1997. Per quante migliorie siano state introdotte, il gioco è uscito con un motore grafico vecchio di 2 anni; visto che lo sviluppo dovrebbe essere durato all'incirca 24 mesi, tanto valeva sviluppare un motore nuovo.
La fluidità del gioco però è notevole, e inoltre i grafici si devono essere davvero dannati l'anima, per realizzare una qualità di effetti cromatici e di texture davvero elevata. E tale risultato lo si apprezza maggiormente nei grandi ambienti sia chiusi che all'aperto. Il risultato finale non è male, ma visto i lavoro del team grafico sarebbe potute essere superbo avendo un motore grafico più nuovo.
In merito alla musica e al sonoro, la qualità ovviamente è notevole, trattandosi di un titolo pubblicato su cd-rom, ma l'iMUSE venne mandato a quel paese. Risultato: mancano le musiche durante l'espolorazione dei livelli, le quali fanno la loro comparsa solo per determinate scene. Peccato, anche perché per altri titoli Lucas che non fossero avventure, come lo stesso Jedi Knight le musiche d'ambiente erano ben presenti. Sicuramente si è trattato di una scelta degli autori, ma prediligendo gli effetti sonori alla musica non si è fatto altro che rendere più simile il gioco a Tomb Raider.
Nonostante questi aspetti negativi, La Macchina Infernale è un titolo fortemente valido.Prima di tutto per una storia notevole, degna di un'avventura di Indiana Jones e avanti anni luce a quelle di altri titoli simili. L'atmosfera che si respira poi è proprio "da Indy", e a titolo esemplificativo basti sapere che nei livelli ambientati nelle piramidi egiziane in Sudan ci si deve cimentare in un sistema di carrelli minerari e scambi come ne Il Tempio Maledetto. La realizzazione dei livelli poi è molto accurata, ed esplorarli risulta sempre piacevole e divertente, e grazie al fatto che sono molto ampi la longevità del titolo è sicuramente alta.
Alcuni aspetti poi sono davvero apprezzabili, come il fatto che Indy non trova i medikit e le munizioni sparsi qua e là per i livelli, ma all'interno dei campi dei sovietici, o strappandoli direttamente ai nemici. Inoltre, è possibile ripristinare il livello della salute oltre che con i medikit anche con delle erbe medicinali che è possibile raccogliere, e grazie alla sempre fida frusta è possibile scippare un'arma al nemico e magari proseguire poi la lotta con una bella scazzottata. Nell'inventario sono poi disponibili una mappa (ma se alla fine del gioco si vuole avere un Indy Quotient alto meglio consultarla il meno possibile), un accendino (per illuminare gli ambienti bui) e un gessetto per contrassegnare un muro quando si sta esplorando un livello (e tra le figure disegnate, non poteva manca il Max di Sam & Max). La presenza di serpenti un po' in tutti i livelli, invece, ha lo scopo di far immedesimare il giocatore nella notoria fobia di Indiana per questi rettili.
C'è poi il non trascurabile fatto che il gioco inizia come un film di Indy: infatti il primo livello, propedeutico all'acquisire familiarità con il gameplay e i movimenti del personaggio, altro non è che la fine di un'altra avventura dell'archeologo.
Altre chicche sono il livello segreto attivabile alla fine della storia ambientato in Perù e che altro non è che un omaggio-remake de I Predatori, l'inside joke che permette di trasformare Indy in Guybrush Treepwood (versione Monkey 3) e anche di visitare la Costa dei Barbieri. Inoltre, curiosamente le barre che indicano lo stato della salute e dell'aria sono come quelle di Indiana Jones And His Desktop Adventures, giochino stile Solitario e Campo Minato per Windows, sempre ideato da Barwood.
C'è poi una chicca tutta italiana: al contrario della versione statunitense (anche per via del fatto che si è cercato di un realizzare un personaggio che non fosse uguale ad Harrison Ford ma che fosse uguale a Indiana Jones), il doppiatore del protagonista è quello storico de I Predatori e L'Ultima Crociata, Michele Gammino.
In definitiva, nonostante si tratti di un titolo vecchio quasi 9 anni e benché non sia esente da pecche, il giudizio e positivo. La storia alla base del gioco è davvero bella, e nonostante tutto vennero introdotte piccole novità nel gameplay rispetto ad altri titoli dello stesso genere: ad esempio, i dialoghi interattivi, scomparsi purtroppo nel titolo successivo, Indiana Jones e la Tomba dell'Imperatore; speriamo bene per il prossimo che dovrebbe vedere la luce nel 2009 e proporre un gameplay innovativo, in quanto utilizza le stesse tecnologie dell'imminente The Force Unleashed.
Lo consiglio ai fan delle storie di Indy e di Fate of Atlantis, e agli amanti delle avventure grafiche (anche se capisco che si possa storcere il naso, anche perché il genere è ormai scomparso in casa Lucas), ma anche ai fan di Tomb Raider, che a mio avviso, oltre a trovare un gameplay familiare, potrebbero apprezzare particolarmente questo titolo per le differenze con le avventure di Miss Croft.