

Se vi chiedessi di elencarmi la prima cosa che vi viene in mente alla menzione della parola "picchiaduro", probabilmente la maggior parte di voi mi citerebbe un ragazzo vestito con un kimono bianco, con una fascia rossa a cingergli la fronte, intento a sparare una sfera energetica dalle mani e ad urlare incomprensibili termini giapponesi.
Se le vostre menti sono state condizionate in questo modo, il merito è sempre della software house giapponese Capcom e del suo più grande successo, Street Fighter 2.
Dato il grande successo del primo episodio, Street Fighter, del 1987, la Capcom si ingegnò prontamente per dargli un seguito, ma il progetto originale si trasformò poi in Final Fight, un gioco completamente differente, anche se - scopriremo poi continuando a seguire i titoli successivi delle due saghe - in qualche modo legato all'universo di Street Fighter.
Il seguito di Street Fighter non tardò comunque ad arrivare. Final Fight aveva stupito e appassionato mezzo mondo, ma era ormai giunto il tempo di ritornare a combattere per le strade di tutto il mondo, e non solo per quelle malfamate di Metro City.
Era il 1991. Street Fighter 2 usciva nelle sale giochi e si apprestava a conquistare il mondo.
La storia di Street Fighter 2, basata su un pò tutti i clichés dei film di arti marziali degli anni 70 e 80 e oltre, non è fondata tanto su una trama complicata (perchè è estremamente semplice, anche se verrà approfondita negli episodi successivi) quanto sui suoi personaggi.
Non è azzardato dire infatti che sono i personaggi a fare grande la storia.
Il protagonista,

Non sa, però, che sul suo cammino si troverà presto davanti una potentissima organizzazione criminale, la Shadowlaw, capitanata da un malvagio dittatore thailandese dai poteri psichici chiamato

Attorno a questi due poli, quello buono di Ryu e quello malvagio di Bison, ruotano i nostri personaggi:
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Dodici personaggi se vogliamo anche semplici, riconducibili a determinati stereotipi sulle culture dei vari paesi (il karateka, la cinesina bona, il lottatore di sumo, il santone, il kickboxer, il pugile di colore...) e anche un pò citazionistici nei confronti del cinema degli anni 80, del fumetto giapponese (Top Gun, Hokuto no Ken, Le bizzarre avventure di Jojo, Doomed Megalopolis, Riki-Oh, vari film di arti marziali...) e della pop culture americana e orientale di quegli anni, ma che trasudano carisma da tutti i pori e che sono riusciti a diventare leggenda, ponendo le basi per tutti i giochi di combattimento successivi: difatti, fino ad oggi, fino al più moderno picchiaduro 3D (basti pensare alla saga di Virtua Fighter, ad esempio), avremo sempre il marzialista orientale dai capelli scuri, l'amico-rivale biondo e straniero, la ragazza orientale bellissima e rapidissima, il panzone, l'energumeno e via dicendo.
Col carisma di questi dodici personaggi, Street Fighter 2 si preparava a conquistare il mondo.
Ognuno di loro aveva un proprio look, un proprio stile di combattimento differente (fatta eccezione per Ryu e Ken che essendo compagni di addestramento utilizzavano le stesse mosse, ma sarebbero anche loro stati differenziati negli episodi successivi pur praticando sempre lo Shotokan), un proprio carattere, una propria storia e sottotrama, un proprio background.
Tutti i personaggi sono perfettamente calati nel contesto del loro paese di provenienza e del mondo di fine anni 80/inizio anni 90. Questo è chiaramente percepibile dai loro sfondi personali (il notturno sul tempio e sul dojo di Ryu, la base militare con aerei e soldati fighi e biondi che amoreggiano con le loro biondissime pupe di Guile, la fabbrica con la falce e il martello sul pavimento e gli operai che lavorano alacremente con colbacco in testa e bottiglia di vodka alla mano di Zangief, il bagno pubblico con stampe ukiyoe di Honda, l'affollatissimo mercato cinese di Chun Li, il luminescente casinò di Las Vegas di Balrog, il palazzo indiano con elefanti bardati e arazzi del dio Ganesha di Dhalsim, il locale malmesso dove procaci ballerine si esibiscono nel flamenco di Vega...), tutti perfettamente realizzati al massimo del realismo e ancora oggi estremamente evocativi, e soprattutto negli splendidi temi musicali che li accompagnano (talmente ben realizzati da meritarsi un'infinita serie di Cd che li riguardano, compreso anche un album di tributo con versioni cantate a cui hanno partecipato nomi celeberrimi della musica giapponese degli anni 80/90 come Hironobu Kageyama, interprete delle sigle di Dragon Ball e Saint Seiya), che riprendono alla perfezione il loro carattere e le musiche tradizionali dei loro paesi di provenienza (le sobrie melodie nipponiche suonate col koto di Ryu e Honda, la graffiante melodia rock di Ken, la musica etnica sudamericana di Blanka, la classica melodia cineseggiante à la Ranma 1/2 di Chun Li e quella in stile Bollywood di Dhalsim, il gasantissimo tema di Guile e quello simpaticissimo, allegro e ballabilissimo di Zangief, l'asfissiante flamenco di Vega, la solenne e pesante melodia funebre di Bison...).
Non si pensi tuttavia che alla Capcom si sia curata soltanto la forma e non la sostanza. Tutt'altro. Street Fighter 2 sarà sì un dettagliatissimo viaggio nel mondo di quindici anni fa, ma resta in primis un videogioco, e un videogioco tra i più coinvolgenti, immediati e giocabili che esistano.
Basteranno pochi istanti e impareremo immediatamente il modo d'esecuzione di un Hadouken, di uno Shoryuken, di uno Spinning Lariat o di un Sonic Boom, e non ci dimenticheremo più come si eseguono, ritrovando anche nei capitoli successivi la stessa semplicità e fluidità di gioco.
Il successo arrivò, immediato. Anche il più scalcinato bar all'angolo aveva il suo bel cabinato di Street Fighter 2, e le prodezze di Ryu e soci erano sulla bocca di tutti. La Capcom si trovò quindi ad investire moltissimo sulla saga dei combattenti di strada, che vide aggiungersi alla sua storia sempre nuovi personaggi e nuovi episodi, e nel corso di tutti gli anni 90 esplorò infinite possibilità: fece svariati upgrade al titolo originale, si convertì in fumetti (sia in GIappone che in America e in Cina), in cartoni e film animati (sia giapponesi che americani) e persino in un film americano d'alto budget (e di storia e realizzazione oscena, ma vabbè...), venne creata una serie prequel di tre episodi e persino uno Street Fighter 3, anch'esso diviso in tre episodi, passò al 3D, si incrociò con la saga di Final Fight, con i personaggi dei fumetti della Marvel Comics e con le saghe della casa rivale SNK, fu prodotto un gioco ispirato al film live action che ricalcava lo stile di Mortal Kombat, realizzarono un simpatico puzzle game con i personaggi della saga in versione deformed, e poi quegli stessi personaggi furono inseriti in un picchiaduro demenziale e citazionistico, crearono giochi di carte, peluches, pupazzi e svariato merchandising, si incrociò con i personaggi della casa rivale Namco in un originale RPG, approdò online, fu convertita per ogni console esistente...
Ancora oggi, di Street Fighter si sente parlare. Con una splendida serie a fumetti americana da poco terminata, un quarto attesissimo capitolo in dirittura d'arrivo, un remake di Street Fighter 2 in alta definizione in preparazione e, si vocifera, un nuovo film live action basato sulla storia di Chun Li, con Kristin Kreuk e Michael Clarke Duncan nel cast, la stella di Ryu e compagni è ben lungi dallo spegnersi. E noi ce lo auguriamo sinceramente, che non si spenga e che continui ancora a brillare, a farci sognare e divertire come quando eravamo bambini e sbavavamo davanti al cabinato nella piccola sala giochi del mare.
Personalmente, del me stesso bambino che si entusiasmava con questi lottatori digitali non mi sono mai dimenticato. A Street Fighter 2 io ci gioco ancora, sul mio fido Gameboy Advance o nel piccolo cabinato nella pizzeria della stazione, oppure facendo accesi e divertentissimi scontri in doppio agli episodi più recenti sulla Playstation degli amici, sempre impersonando il mio personaggio preferito, che non mi ha mai abbandonato fin dai tempi dell'infanzia, il fido Zangief.
E mi ci diverto ancora come quando ero bambino, alla faccia magari di giochi ben più fighetti e ricercati sul piano della grafica, ma che presto vengono dimenticati.
Mentre invece le leggende restano, si tramandano nei secoli dei secoli.
Come quella di un intrepido karateka giapponese col kimono bianco e la fascia rossa, e della sua agguerrita battaglia contro un malvagio dittatore thailandese dotato di poteri psichici e a capo di un'enorme organizzazione criminale.