[Lucasfilm] Indiana Jones e l'Ultima Crociata
Inviato: martedì 20 maggio 2008, 15:07
Dopo l'uscita di Indiana Jones e il Tempio Maledetto, Spielberg dichiarò di volersi mettere subito al lavoro sul terzo film della saga, per concludere la trilogia promessa a George Lucas e per scusarsi con il suo pubblico per il secondo capitolo, considerato non completamente riuscito; per seguire a dovere la nuova avventura di Indiana Jones, Spielberg abbandonò due film ai quali aveva già dedicato diversi mesi, Big con Tom Hanks e Rain Man (che diretto da Barry Levinson porterà a casa un Oscar come Miglior Film). Dopo avere preso in considerazione un castello infestato dai fantasmi e un Re Scimmia, il soggetto arrivò ben presto a trattare del Sacro Graal; Spielberg però pensava che il Graal fosse un elemento mitologico legato a Re Artù, e il pubblico lo avrebbe ricondotto al film dei Monty Python uscito in quegli anni. Serviva qualcosa per dare maggiore profondità al sequel, e il rapporto tra padre e figlio sembrava essere la chiave di volta, con la ricerca di un oggetto come il Graal come simbolismo della ricerca di un legame familiare ormai perduto; Henry e Indiana cercando il Calice di Cristo in realtà si cercano l'un l'altro. il destino volle che Spielberg, Lucas e Ford fossero appena diventati padri.
Ma chi poteva interpretare il padre di Indiana Jones? Spielberg non aveva dubbi: l'unico attore che prese in considerazione fu Sean Connery. Lucas era contrario alla scelta, dato che il padre era descritto come un severo professore che passa tutto il tempo su libri impolverati, e Connery era noto per i suoi ruoli eroici e il fascino indiscusso; Spielberg invece era fermamente convinto che affiancare un attore del calibro di Sean Connery a Harrison Ford, avrebbe spronato quest'ultimo a spingere al massimo le sue doti recitative.
Sean Connery accettò il ruolo a patto che la sceneggiatura fosse valida. Dopo la lettura Connery non rimase affatto soddisfatto arrivando addirittura a protestare furiosamente, perchè il suo personaggio compariva troppo tardi nel film e non era affatto dinamico; con la collaborazione dello stesso attore, il ruolo di Henry Jones fu modificato, anticipandone la comparsa, dotandolo di molta più ironia, e inserendo anche un pizzico di competizione col figlio per la love story con Elsa. L'introduzione di Connery è indubbiamente la carta vincente del film, che riesce a far brillare il personaggio di Indiana Jones, rivelandone una profondità mai affrontata prima: Indy deve relazionarsi con un padre severo che ha rinunciato a crescere un figlio per poter seguire i suoi studi e vivere le sue avventure. Lo stesso Connery descrisse il suo personaggio come: "Tutto quello che Indy fa, il mio personaggio l'ha già fatto e lo ha fatto meglio". Inoltre la sua presenza rese il film molto più divertente, con siparietti padre-figlio assolutamente irresistibili; la comicità è incarnata anche in Marcus Brody, qui decisamente sopra le righe rispetto al primo film, riportato in scena assieme a Sallah per riprodurre l'atmosfera dei Predatori.
Oltre alle spalle già note e a Jones Senior, Indiana aveva bisogno di una bellezza in grado di competere con Marion e Willie, pur differenziandosi dai modelli già presentati; questa riflessione portò alla creazione di Elsa, femme fatale determinata che non si spaventa ad entrare in una catacomba piena di teschi e scheletri polverosi, ma mantiene sempre la sua femminilità e il suo sex-appeal in tutte le circostanze. Elsa è una storica d’arte, e questo la rende un elemento importante nello sviluppo della trama, anche per via del voltafaccia che la trasforma in qualcosa di più rispetto alla bellezza di turno da salvare.
Ciò che caratterizzava i due film precedenti era il primo quarto d'ora, un vero e proprio concentrato di adrenalina: per fare qualcosa che potesse avere un effetto ancora maggiore, Lucas decise di mostrare le "origini" dell'eroe, giocando con lo spettatore e mostrando un Indiana Jones che inizialmente non ha alcun problema nello sbarazzarsi di un serpentello; in pochi minuti però scopriamo come hanno preso vita tutte le caratteristiche che contraddistinguono Indy, ovvero la paura per i serpenti, la cicatrice, la frusta e il cappello. Il giovane Indiana è interpretato da River Phoenix, attore che aveva già recitato assieme a Harrison Ford, e lo stesso attore ha indicato a Lucas e Spielberg come il candidato che più assomigliava a se stesso da giovane. Dopo il prologo, funzionale anche ad introdurre in modo defilato la figura di papà Jones, il film è un susseguirsi di vicende appassionanti, che ancor più dei Predatori, si svolgono in numerose ambientazioni esotiche: Venezia, catacombe, un castello austriaco, un raduno nazista, battaglie aeree e il deserto, per concludere l'avventura con tre prove da superare all'interno di un tempio mitologico. I momenti toccanti si sprecano, anche se per evitare il rischio "melodramma" vengono sempre stemperati da una battuta successiva: la finta morte di Indy, lo sparo di Donovan a Henry Jones, e la finale invocazione di Jones Senior a suo figlio con "Indiana" tendendogli la mano. Ad arricchire il film una serie di auto-citazioni e momenti ripresi dai capitoli precedenti (”Sei sicuro che sia l’Arca dell’Alleanza?”, “Abbastanza sicuro”).
Il cast non prevede solo " i buoni" e "i cattivi", ma è presente anche un'antica casta di protettori del Graal, che fanno riflettere Indiana sul significato religioso dell'oggetto e l'importanza della fede, elemento ricorrente in tutta la trilogia.
Siamo di fronte a quello che probabilmente è lo zenit dei film d'avventura, che è stato l'esempio per la maggior parte dei film successivi del genere, con il suo mix di avventura, ironia, viaggi, amore e una profondità di fondo che non è ancora stata raggiunta dai suoi successori, che non sono mai riusciti a emulare Indiana Jones e l'Ultima Crociata per ricchezza narrativa, senso del ritmo, scrittura cinematografica e alchimia degli attori. Insomma, è un film perfetto, direi che la recensione può finire qui.
Il film si conclude con una cavalcata verso il tramonto sulle note della Raiders March, una scena che Spielberg prelevò direttamente dalla tradizione western, considerandola una perfetta conclusione della saga di Indiana Jones. Indy però non riusciva a starsene fermo, rinchiuso in quei tre capitoli delle sue avventure, così Lucas sviluppò l'idea dell'incipit dell'Ultima Crociata, realizzando un telefilm incentrato sulle avventure del giovane Jones. Ma anche l'Indiana adulto voleva tornare in scena: consegnando sul palco dell'Academy l'Oscar a Steven Spielberg per Schlinder's List, Harrison Ford strinse la mano al regista e gli sussurrò all'orecchio: "A quando un altro Indiana Jones?". Il tempo è passato, i dubbi e le sceneggiature rifiutate sono state una miriade, ma 19 anni dopo il cappello e la frusta più celebri del cinema stanno per tornare sul grande schermo.