[Dreamworks] Il Principe d'Egitto
Inviato: venerdì 21 settembre 2007, 14:51
Il Principe d'Egitto (1998)
The Prince of Egypt
Regia di Brenda Chapman, Steve Hickner e Simon Wells
Colonna sonora di Hans Zimmer
Canzoni (musica e testi) di Stephen Schwartz
La storia è liberamente (ma accuratamente) tratta dal secondo libro della Bibbia, l'Esodo. In particolare narra la vita di Mosè e il suo ruolo nella storia della cristianità e nella liberazione del popolo eletto, gli Ebrei, dalla schiavitù in Egitto, sotto il faraone Seti e suo figlio Ramses.
Mosè è un bambino ebreo nato quando Seti ordina l'uccisione dei primogeniti per paura di una futura insurrezione degli schiavi. Per salvarlo dalla strage, la madre Zippora lo mette in una cesta e lo affida al fiume. A intercettare il pacco è niente meno che la Regina moglie del Faraone, che lo accoglie come suo figlio e lo nutre insieme al piccolo erede al trono Ramses. I due fratelli sono amici per la pelle e, crescendo, ne combinano di tutti i colori (iniziano le citazioni dei precedenti film... in questo caso la corsa delle bighe di Ben Hur), e il futuro faraone Ramses si becca la ramanzina per la sua irresponsabilità.
Mosè non sa che è ebreo e viene a saperlo dalla sua vera sorella Miriam, schiava. Dopo un arduo dissidio interiore e l'omicidio "accidentale" di uno degli schiavisti egiziani che maltrattavano un ebreo, decide di abbandonare "quella che lui chiamava la sua famiglia". Qui Mosè incontrerà Dio, che gli affiderà il compito di salvare il suo popolo dalla schiavitù e condurlo nella Terra Promessa.
[d'ora in poi attenzione agli spoiler]
La Dreamworks, nata pochi anni prima per volontà del regista Steven Spielberg, del produttore (disneyiano) Jeffrey Katzenberg e del discografico David Geffen, nel 1998 porta nei cinema un film d'animazione dalle grandi aspettative: è d'animazione (prima stoccata alla Disney, alla quale ha strappato parecchi talenti), è un musical (ulteriore stoccata alla Disney, e anche a Broadway al quale strappa uno dei compositori più stimati, Stephen Schwartz), ed è un kolossal biblico (dai precedenti che definire illustri è poco, uno fra tutti: I Dieci Comandamenti di Cecil B. DeMille). Non è affatto poco per un esordio, e in nessuna di queste aspettative Il Principe d'Egitto ha deluso.
Nonostante alcune piccole incongruenze storiche rispetto all'originale biblico, queste non intaccano lo spirito del film né della storia che racconta, poiché gli eventi decisivi ci sono tutti, anche quelli meno adatti a un film d'animazione per bambini. La parte puramente narrativa, che spiega le origini di Mosè, è l'unica che si avvicina ai canoni di racconto per ragazzi: le scorribande dei due "principi d'Egitto", la morale sulla responsabilità e la morale sulla madre che è costretta ad abbandonare il figlio (non è facile far ingoiare una pillola del genere a uno spettatore sotto i 10 anni). Poi, però, l'alto insegnamento che una storia del genere porta con sé prende il sopravvento, e non è più possibile pensare a un racconto per bambini. Mosè scopre la strage degli innocenti che il Faraone che lui chiama "padre" ordinò per i suoi schiavi, in una scena che sarebbe memorabile se non fosse per il massiccio uso della computer grafica, nonostante lo stratagemma scelto per raccontarlo abbia del geniale: il sogno di Mosè rappresentato come una serie di incisioni nel tipico stile egiziano, con i personaggi "intrappolati" e vincolati alle due dimensioni del disegno sul muro.
In seguito a ciò, Mosè fugge nel deserto e poco tempo dopo incontra Dio. La scena è magistrale: seguendo una pecorella che si allontana dal suo gregge, Mosè si infila in una grotta dove uno strano fuoco bianco pare chiamare il suo nome, poi gli spiega qual è il suo compito (la voce di Dio, nella versione originale, è la stessa di Mosè, ossia di Val Kilmer. Anche ne I Dieci Comandamenti del 1956 Charlton Heston, che interpretava Mosè, dava anche la voce a Dio).
Mosè torna quindi da suo fratello Ramses, ora succeduto al padre e diventato faraone, per chiedergli di liberare gli ebrei come Dio ha comandato, ma a ciò Ramses risponde con un esibizione del potere degli dei egizi invocati dai due stregoni/spallecomiche Hotep e Huy (Steve Martin e Martin Short). Per inciso, spalle comiche di non molta rilevanza in questo film, nonostante i realizzatori li abbiano onorati di questa scena, con una canzone tutta loro, "Playing with the Big Boys", angosciante preludio alle ben più pesanti scene successive. Davanti al rifiuto del faraone, infatti, si scatena l'ira di Dio, sottoforma di piaghe. Mosè assiste alla devastazione di quella che una volta era la sua casa straziato dal dolore ma forte della fede nel suo Dio. Quando si ripete la strage dei primogeniti, stavolta egiziani, fra questi c'è anche il figlio di Ramses che, rassegnato, libera gli schiavi. Mosè li conduce verso la Terra Promessa, ma sul loro cammino incontrano il Mar Rosso, e alle loro spalle l'esercito egiziano (la "liberazione" concessa da Ramses si è rivelata un inganno). Agli effetti speciali e alla colonna sonora ora il compito di tradurre il fuoco che ferma l'esercito e il vento che separa le acque del Mar Rosso e che le richiude dopo il passaggio degli ebrei, annegando l'esercito inseguitore. Ma il climax non finisce qui, perchè il finale del film è affidato un momento ancora più emozionante (sebbene sia quello che più si discosta dal messaggio biblico): Mosè scende dal monte Sinai con in braccio le Tavole della Legge, con incisi i Dieci Comandamenti. Ad accoglierlo il suo popolo festante (nella Bibbia invece Mosè trova il suo popolo ad adorare il vitello d'oro, e scaglia a terra le Tavole per la rabbia).
Tutto questo ben di dio è coronato dalla monumentale colonna sonora di Hans Zimmer nonché dai brani di Stephen Schwartz, che scandiscono i momenti salienti di questa storia: "Deliver us", straziante grido di aiuto del popolo ebreo schiavizzato (concettualmente una sorta di gospel, ma in realtà ha dei potenti temi orientaleggianti che contribuiscono all'atmosfera insieme al deserto, alla polvere, alle luci e ai costumi); "All I ever wanted" una sorta di esame di coscienza di Mosè quando scopre le sue origini; "Through Heaven's eyes", la canzone della crescita (come la chiamerebbe Grrodon ) cantata dal prete della piccola comunità di ebrei liberi che Mosè incontra nel deserto e che cerca di infondere fiducia nel giovane Mosè; "The Plagues", il martellante elenco delle Piaghe, intermezzato dal 'commento' di Mosè che riprende "All I ever wanted"; e per finire la canzone della liberazione e del ringraziamento "When you believe" abbinata a un canto di ringraziamento in ebraico.
"When you believe", cantata sui titoli di coda in duetto da Mariah Carrey e Whitney Houston, vinse l'Oscar come miglior canzone. La colonna sonora di Hans Zimmer fu soltanto in nomination, e insieme ad altre due colonne sonore di film d'animazione, Mulan, di Jerry Goldsmith, e A bug's life, di Randy Newman (tanta abbondanza è dovuta al fatto che quell'anno le categorie per la miglior colonna sonora erano divise per i film drammatici e per i film musicali/commedie. Nei film drammatici vinse Nicola Piovani per le musiche de La vita è bella di Roberto Benigni).
Insomma un capolavoro inaspettato dalla Dreamworks, che purtroppo non si è più ripetuta agli stessi livelli nell'animazione tradizionale (nonostante tutti i successivi spunti fossero onesti: Giuseppe il re dei sogni, La strada per El Dorado, Spirit - Cavallo selvaggio e Sinbad: La leggenda dei sette mari). Per l'animazione in CGI è un altro discorso...
The Prince of Egypt
Regia di Brenda Chapman, Steve Hickner e Simon Wells
Colonna sonora di Hans Zimmer
Canzoni (musica e testi) di Stephen Schwartz
La storia è liberamente (ma accuratamente) tratta dal secondo libro della Bibbia, l'Esodo. In particolare narra la vita di Mosè e il suo ruolo nella storia della cristianità e nella liberazione del popolo eletto, gli Ebrei, dalla schiavitù in Egitto, sotto il faraone Seti e suo figlio Ramses.
Mosè è un bambino ebreo nato quando Seti ordina l'uccisione dei primogeniti per paura di una futura insurrezione degli schiavi. Per salvarlo dalla strage, la madre Zippora lo mette in una cesta e lo affida al fiume. A intercettare il pacco è niente meno che la Regina moglie del Faraone, che lo accoglie come suo figlio e lo nutre insieme al piccolo erede al trono Ramses. I due fratelli sono amici per la pelle e, crescendo, ne combinano di tutti i colori (iniziano le citazioni dei precedenti film... in questo caso la corsa delle bighe di Ben Hur), e il futuro faraone Ramses si becca la ramanzina per la sua irresponsabilità.
Mosè non sa che è ebreo e viene a saperlo dalla sua vera sorella Miriam, schiava. Dopo un arduo dissidio interiore e l'omicidio "accidentale" di uno degli schiavisti egiziani che maltrattavano un ebreo, decide di abbandonare "quella che lui chiamava la sua famiglia". Qui Mosè incontrerà Dio, che gli affiderà il compito di salvare il suo popolo dalla schiavitù e condurlo nella Terra Promessa.
[d'ora in poi attenzione agli spoiler]
La Dreamworks, nata pochi anni prima per volontà del regista Steven Spielberg, del produttore (disneyiano) Jeffrey Katzenberg e del discografico David Geffen, nel 1998 porta nei cinema un film d'animazione dalle grandi aspettative: è d'animazione (prima stoccata alla Disney, alla quale ha strappato parecchi talenti), è un musical (ulteriore stoccata alla Disney, e anche a Broadway al quale strappa uno dei compositori più stimati, Stephen Schwartz), ed è un kolossal biblico (dai precedenti che definire illustri è poco, uno fra tutti: I Dieci Comandamenti di Cecil B. DeMille). Non è affatto poco per un esordio, e in nessuna di queste aspettative Il Principe d'Egitto ha deluso.
Nonostante alcune piccole incongruenze storiche rispetto all'originale biblico, queste non intaccano lo spirito del film né della storia che racconta, poiché gli eventi decisivi ci sono tutti, anche quelli meno adatti a un film d'animazione per bambini. La parte puramente narrativa, che spiega le origini di Mosè, è l'unica che si avvicina ai canoni di racconto per ragazzi: le scorribande dei due "principi d'Egitto", la morale sulla responsabilità e la morale sulla madre che è costretta ad abbandonare il figlio (non è facile far ingoiare una pillola del genere a uno spettatore sotto i 10 anni). Poi, però, l'alto insegnamento che una storia del genere porta con sé prende il sopravvento, e non è più possibile pensare a un racconto per bambini. Mosè scopre la strage degli innocenti che il Faraone che lui chiama "padre" ordinò per i suoi schiavi, in una scena che sarebbe memorabile se non fosse per il massiccio uso della computer grafica, nonostante lo stratagemma scelto per raccontarlo abbia del geniale: il sogno di Mosè rappresentato come una serie di incisioni nel tipico stile egiziano, con i personaggi "intrappolati" e vincolati alle due dimensioni del disegno sul muro.
In seguito a ciò, Mosè fugge nel deserto e poco tempo dopo incontra Dio. La scena è magistrale: seguendo una pecorella che si allontana dal suo gregge, Mosè si infila in una grotta dove uno strano fuoco bianco pare chiamare il suo nome, poi gli spiega qual è il suo compito (la voce di Dio, nella versione originale, è la stessa di Mosè, ossia di Val Kilmer. Anche ne I Dieci Comandamenti del 1956 Charlton Heston, che interpretava Mosè, dava anche la voce a Dio).
Mosè torna quindi da suo fratello Ramses, ora succeduto al padre e diventato faraone, per chiedergli di liberare gli ebrei come Dio ha comandato, ma a ciò Ramses risponde con un esibizione del potere degli dei egizi invocati dai due stregoni/spallecomiche Hotep e Huy (Steve Martin e Martin Short). Per inciso, spalle comiche di non molta rilevanza in questo film, nonostante i realizzatori li abbiano onorati di questa scena, con una canzone tutta loro, "Playing with the Big Boys", angosciante preludio alle ben più pesanti scene successive. Davanti al rifiuto del faraone, infatti, si scatena l'ira di Dio, sottoforma di piaghe. Mosè assiste alla devastazione di quella che una volta era la sua casa straziato dal dolore ma forte della fede nel suo Dio. Quando si ripete la strage dei primogeniti, stavolta egiziani, fra questi c'è anche il figlio di Ramses che, rassegnato, libera gli schiavi. Mosè li conduce verso la Terra Promessa, ma sul loro cammino incontrano il Mar Rosso, e alle loro spalle l'esercito egiziano (la "liberazione" concessa da Ramses si è rivelata un inganno). Agli effetti speciali e alla colonna sonora ora il compito di tradurre il fuoco che ferma l'esercito e il vento che separa le acque del Mar Rosso e che le richiude dopo il passaggio degli ebrei, annegando l'esercito inseguitore. Ma il climax non finisce qui, perchè il finale del film è affidato un momento ancora più emozionante (sebbene sia quello che più si discosta dal messaggio biblico): Mosè scende dal monte Sinai con in braccio le Tavole della Legge, con incisi i Dieci Comandamenti. Ad accoglierlo il suo popolo festante (nella Bibbia invece Mosè trova il suo popolo ad adorare il vitello d'oro, e scaglia a terra le Tavole per la rabbia).
Tutto questo ben di dio è coronato dalla monumentale colonna sonora di Hans Zimmer nonché dai brani di Stephen Schwartz, che scandiscono i momenti salienti di questa storia: "Deliver us", straziante grido di aiuto del popolo ebreo schiavizzato (concettualmente una sorta di gospel, ma in realtà ha dei potenti temi orientaleggianti che contribuiscono all'atmosfera insieme al deserto, alla polvere, alle luci e ai costumi); "All I ever wanted" una sorta di esame di coscienza di Mosè quando scopre le sue origini; "Through Heaven's eyes", la canzone della crescita (come la chiamerebbe Grrodon ) cantata dal prete della piccola comunità di ebrei liberi che Mosè incontra nel deserto e che cerca di infondere fiducia nel giovane Mosè; "The Plagues", il martellante elenco delle Piaghe, intermezzato dal 'commento' di Mosè che riprende "All I ever wanted"; e per finire la canzone della liberazione e del ringraziamento "When you believe" abbinata a un canto di ringraziamento in ebraico.
"When you believe", cantata sui titoli di coda in duetto da Mariah Carrey e Whitney Houston, vinse l'Oscar come miglior canzone. La colonna sonora di Hans Zimmer fu soltanto in nomination, e insieme ad altre due colonne sonore di film d'animazione, Mulan, di Jerry Goldsmith, e A bug's life, di Randy Newman (tanta abbondanza è dovuta al fatto che quell'anno le categorie per la miglior colonna sonora erano divise per i film drammatici e per i film musicali/commedie. Nei film drammatici vinse Nicola Piovani per le musiche de La vita è bella di Roberto Benigni).
Insomma un capolavoro inaspettato dalla Dreamworks, che purtroppo non si è più ripetuta agli stessi livelli nell'animazione tradizionale (nonostante tutti i successivi spunti fossero onesti: Giuseppe il re dei sogni, La strada per El Dorado, Spirit - Cavallo selvaggio e Sinbad: La leggenda dei sette mari). Per l'animazione in CGI è un altro discorso...