[Fratelli (?) Wachowski] Speed Racer
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Negli anni '60 in Giappone va in onda la serie animata Mach GoGoGo, tratta dall'omonimo manga di corse automobilistiche; l'opening si concludeva con una breve inquadratura in cui la telecamera ruota attorno al pilota che salta fuori dalla macchina. E' uno dei primi casi di quella tecnica che prenderà il nome di bullet time, che i fratelli Wachoski inseriranno in Matrix; per dirigere il primo film successivo alla trilogia di Neo, la coppia di registi tornerà sulla serie animata che li aveva appassionati tanto, adattandola per il grande schermo.
Speed Racer è un 18enne col talento per le corse automobilistiche, di cui è appassionato fin dall'infanzia; il suo sogno è quello di vincere il rally di Casa Cristo, dove il fratello Rex Racer perse la vita anni prima. Un giorno il padrone delle Royalton Industries fa una ingente offerta in denaro per ottenere Speed, ma il ragazzo preferisce correre con la scuderia della sua famiglia. Da allora le gare saranno ancor più difficili per Speed, ostacolato senza alcuni scrupoli dai suoi avversari.
Dopo una trilogia di culto con risvolti filosofici caratterizzata da atmosfere asettiche e tinte dark, nessuno si sarebbe aspettato un film per famiglie portato sullo schermo con un vero e proprio caleidoscopio di colori.
Speed Racer è stato completamente girato in green screen, tecnica già utilizzata in ogni scena per girare altri film che volevano restituire una fotografia particolare: i vecchi film di fantascienza in Sky Captain and the World of Tomorrow, oppure i disegni di Frank Miller in Sin City e 300. Speed Racer cerca di trasporre la sensazione di guardarre un cartone animato giapponese, e ci riesce, anche se solo in parte. I colori pastello, gli abiti, gli edifici e i veicoli sembrano usciti direttamente dall'anime anni '60, e alcuni effetti sono prelevati direttamente dall'animazione giapponese, come i fondali che si riempiono di cuoricini o di linee cinetiche, idea ben realizzata quando avrebbe potuto facilmente apparire eccessiva. Sono i colori in certi punti a risultare troppo forti, sembra quasi di guardare le sequenze psichedeliche di Austin Powers, e dopo due ore arriva addirittura ad affaticare l'occhio; a questo si aggiungono le scene di corsa, talmente ricche di elementi da diventare caotiche (un po' come accadeva in Transformers), ed essendo un film incentrato su gare automobilistiche, non è proprio l'ideale. Peccato anche per lo scarso utilizzo dei numerosi accessori dell'automobile, in pieno stile Wacky Races, le quali avrebbero probabilmente potuto attenuare la sensazione di ripetitività che si ha nel corso delle gare, ognuna simile alla precedente. Siamo comunque a tutti gli effetti davanti a un iper-videogioco: la prima gara è addirittura uno scontro tra Speed è il "ghost racer" (in tutti i sensi) che detiene il record del tracciato, opzione presente in molti videogame.
Dal punto di vista tecnico, la sequenza che più mi ha stupito è una lotta a suon di arti marziali, nella quale tutti i movimenti, soprattutto pugni e calci, sono sottolineati da linee cinetiche che accompagnano il movimento dell'arto, esattamente come avviene in una vignetta di un manga di combattimenti; forse i Wachoski sono destinati a girare scene di lotta, ma il fatto che un combattimento sia il momento migliore di un film di corse automobilistiche non è un buon sintomo. Comunque l'innovazione è elevata, sia dal punto di vista visivo che narrativo, e lo si evince fin dai primi minuti: un intricato susseguirsi di scene presenti e flashback, che per essere compresi richiedono un'abilità nel comprendere il linguaggio cinematografico che è caratteristica del pubblico odierno, abituato a una narrazione più rapida e frenetica, che narra più linee temporali con passaggi rapidi dall'una all'altra. La stessa complessità si ha anche nelle inquadrature, costruite su più livelli con elementi che compaiono a differenti profondità, spesso addirittura ripresi singolarmente per ripercorrere il processo con il quale si realizzano gli anime, con i personaggi e gli elementi sovrapposti allo sfondo. Un altro accorgimento stilistico che compare più volte nel corso del film sono le transizioni a tendina da una scena all'altra, che sono effettuate facendo comparire un primo piano di un personaggio che "copre" lo schermo da un margine all'altro mentre si cambia la scena: l'accorgimento, inizialmente suggestivo, viene utilizzato veramente TROPPE volte, al punto che a metà film già non lo si sopporta più.
Il cast, pur essendo un gruppo di marionette inserite in un enorme giocattolone, riesce attraverso una monotematicità recitativa a emulare le semplificazioni tematiche degli anime anni '60: Emile Hirsch (il protagonista di Into the Wild) è Speed Racer, John Goodman e Susan Sarandon sono gli affettuosi genitori, Matthew Fox (il Jack di LOST) è il misterioso pilota Racer X, e Christina Ricci è Trixie, la fidanzata di Speed Racer, che più di chiunque altro sembra essere uscita da un cartone animato giapponese, con enormi occhioni e abiti fashion che farebbero impazzire anche Hello Kitty. Ho trovato piacevole la comparsa, nei panni di un corridore rivale durante il rally di Casa Cristo, dell'attore che interpretava l'aiutante traditore ne La Mummia. Unica pecca del cast a mio parere sono il bambino e la scimmia: personalmente li ho trovati odiosi, con continui e ripetuti ammiccamenti e gag al pubblico che non mi facevano ridere, e avrei abolito volentieri le insopportabili sequenze in cui fanno capolino, anche se forse non hanno lo stesso effetto sul pubblico più giovane...
La pellicola poteva benissimo durare mezz'ora in meno: nella prima metà la trama è piuttosto lenta, e visto che le corse sono così caotiche, se ne sarebbe potuta tagliare almeno una, anche se essendo l'intrattenimento principale del film, capisco come gli autori non abbiano volute escludere. Proseguendo c'è qualche colpo di scena in più e anche qualche riflessione interessante, trasmettendo addirittura un messaggio "ribelle" riconducibile a V for Vendetta, anche se qui presentato in maniera molto più Pop, destinato ai bambini; la morale anti-capitalista, per quanto intelligente, non è sufficiente però a salvare un film riuscito a metà.
Alle musiche troviamo un buon Micheal Giacchino, che riesce a creare un fluido mix tra retrò e futuristico (esattamente come fanno i Wachoski visivamente per tutto il film); consiglio vivamente di rimanere durante i titoli di coda ad ascoltare il meraviglioso "remake" della sigla originale della serie animata.
Insomma, un film che attira gli spettatori unicamente con gli effetti speciali, e oltre a quelli offre ben poco; si sarebbero anche potuti usare meglio, ma se siete riusciti a vedere Cloverfield senza soffrire il mal di mare, allora andate pure a vedere la nuova frontiera del cinema d'azione. Di
E poi ho la sensazione che *forse* con una successiva visione potrei rivalutarlo; in fondo anche Matrix al primo colpo non mi piacque...
La devono aver pensata come me molte altre persone, negli USA e in Italia, dato che il film nel primo week-end non è riuscito a superare gli incassi di Iron Man, uscito la settimana prima. Floppone? Genio incompreso? Cattive strategie promozionali? Mah, staremo a vedere.
Non farò una recensione, tanto c'è quella di Deboroh, mi limiterò agli effetti visivi (che poi non è che ci sia altro di notevole, nel film...)
[Comunque, deb, non ti permetto di citare quello schifo intollerabile di animazione del cartone originale come esempio di innovazione tecnologica... cioè, tre fotogrammi che simulano la rotazione della camera non è "precursore del bullet-time", su... se fossi John Gaeta verrei lì e ti sparerei nel naso con effetto parabolico (e pure bullet-time) a far riuscire il piombo dalle unghie dei piedi ]
Un film ad altissimo tasso di effetti visivi, ma non di quelli che piacciono ai moviegoers quando vanno a sollazzarsi al cinema (e questo dà una spiegazione al clamoroso flop che questo film si sta rivelando). Non ci sono le esplosioni, i mostri, i robot, il sangue, eccetera. C'è qualcosa di più raffinato, di talmente raffinato che soltanto i fanatici possono apprezzarlo. Ci sono le auto, gli arredamenti, le scie di polvere e di luce, c'è la velocità (completamente simulata), c'è la profondità di campo (o meglio, NON c'è, ed è questo il punto), c'è la citazione degli stilemi dell'animazione giapponese (stilemi riportati però nel live-action, ed è questo il punto). Una tale complessità di effetti visivi che compensa la linearità dell'intreccio solo per chi si fa bastare gli effetti visivi (e fra questi non ci sono i milioni di spettatori che di solito decretano un campione d'incassi).
La trama è da videogioco da corse. Ci sono varie piste ognuna delle quali va corsa e vinta per raggiungere un obiettivo più o meno importante e quindi essere maturi per passare alla pista successiva. Ogni pista è concettualmente e graficamente diversa, e questo è uno dei punti più alti di creatività raggiunti dal film. Da Thunderhead, la pista di casa "rozza" e metallica, alla Fuji Helexicon che non mi ricordo, alla poliedrica Casa Cristo ("che attraversa due continenti e tre zone climatiche") che è decisamente il più bel percorso che io abbia mai visto. Peccato che non esista
Si, poi c'è una trama più generale. Un ragazzino che ama le corse e che vuole diventare il più bravo di tutti tanto per onorare la memoria del fratello, MORTO in un incidente tanti anni fa (in realtà si è fatto una plastica come Alex di Ugly Betty, ed è diventato Jack di Lost, facendo credere in tutti i trailer di essere il cattivone di turno e invece era il fratellone deus ex machina). Di contorno ci sono la madre e il padre (Susan Sarandon e John Goodman) che lo incitano a non mollare mai, e il magnate industriale che invece gli fa capire che contano solo i soldi e tutte le corse sono truccate. Alla fine il magnate rimane in braghe di tela, e la famiglia di Speed Racer vive per sempre felice e contenta. Speed ha anche una tresca con Christina Ricci, e un fratellino con una scimmietta domestica, molto buffi.
Tornando agli effetti visivi, su VFXWorld ci sono due articoli molto interessanti (ma molto lunghi e tecnici) sulle varie innovazioni e i vari problemi che le varie case di produzione di computer graphics hanno incontrato nella creazione di questo film, società del calibro di Digital Domain, Sony Imageworks, ILM e altre minori, tutte guidate dal guru John Gaeta, già artefice degli straordinari effetti della trilogia di Matrix.
A queste innovazioni hanno dato nomi evocativi, come "Poptimistic", "Techno Color", "Photo Anime", "Faux Lens", "Virtual Cinema" e "Car Fu". Car Fu è la genialata, il combattimento fra automobili, ovviamente tutto simulato al computer, di reale ci sono solo dei finti posti di pilotaggio dentro i quali veon nivano sballottati gli attori, ripresi ovvviamente su greenscreen. Uno degli altri termini, non ricordo quale, è quello con cui si indica l'effetto da cartone animato giapponese, ossia profondità di campo infinita nelle scene statiche (tutti i piani sono a fuoco) e personaggi a fuoco contro sfondi sfocati in movimento, con alcuni piccoli trucchetti come della finta neve che, mossa, dà l'effetto delle linee cinetiche che è prerogativa dei fumetti e dell'animazione.
In realtà questi effetti visivi non sono veramente innovativi (sebbene per alcuni siano stati scritti software appositamente per questo film, che ha ridotto di 60 volte il tempo necessario a elaborare le immagini, da 10 ore a 10 minuti per fotogramma), ma sono sicuramente complessi, e intrecciati in una perfetta opera visiva che raggiunge il suo obiettivo: quello di sognare quel nuovo universo, coi colori per niente sbiaditi, con a fuoco tutto e solo quello che interessa, con l'ebbrezza della velocità percepita in ogni sua sfumatura senza le inevitabili perdite dovute alla mediazione della rappresentazione. Si corre e si vola. Senza avere esperienza di guida, ci sentiamo piloti che sfrecciano a velocità supersoniche con competenza e precisione nei sorpassi, nei salti, persino negli scontri, come credo nessun videogioco o simulatore di guida oggi riesca a fare.
Purtroppo questo non è bastato per sbancare il botteghino, e nel film non c'è altro di utile a questo obiettivo (trama drammaticamente lineare, interpretazioni proporzionate alla profondità dei personaggi... cioè mediocri, effetti visivi raffinati e poco popolari, citazioni di culture di nicchia e poco popolari (gli anime)). Insomma, siamo ancora a maggio, ma Speed Racer è il flop dell'anno. A me sinceramente importa poco, dato che non mi interessa minimamente un sequel (possibilità ventilata nei mesi scorsi).
Invece è uno dei film che mi fa desiderare ardentemente un lettore Bluray, per quando uscirà in questo formato
Per chi non avesse voglia di andarlo a vedere al cinema ma vuole avere delle prove della grandiosità visiva di questo film, ecco un paio di video (ovviamente è fortemente consigliata la versione HD)
Trailer (uno dei tanti...) (versioni HD)
I primi 7 minuti del film (dove di effetti speciali non c'è quasi niente...)
Featurette di 10 minuti
Clip mozzafiato dalla partenza del rally di Casa Cristo [download HD 720]
[flv]http://media.kino-govno.com/trailers/sp ... ip_320.flv[/flv]
(se non si vede, scaricate l'HD, CHE E' MEGLIO)
[Comunque, deb, non ti permetto di citare quello schifo intollerabile di animazione del cartone originale come esempio di innovazione tecnologica... cioè, tre fotogrammi che simulano la rotazione della camera non è "precursore del bullet-time", su... se fossi John Gaeta verrei lì e ti sparerei nel naso con effetto parabolico (e pure bullet-time) a far riuscire il piombo dalle unghie dei piedi ]
Un film ad altissimo tasso di effetti visivi, ma non di quelli che piacciono ai moviegoers quando vanno a sollazzarsi al cinema (e questo dà una spiegazione al clamoroso flop che questo film si sta rivelando). Non ci sono le esplosioni, i mostri, i robot, il sangue, eccetera. C'è qualcosa di più raffinato, di talmente raffinato che soltanto i fanatici possono apprezzarlo. Ci sono le auto, gli arredamenti, le scie di polvere e di luce, c'è la velocità (completamente simulata), c'è la profondità di campo (o meglio, NON c'è, ed è questo il punto), c'è la citazione degli stilemi dell'animazione giapponese (stilemi riportati però nel live-action, ed è questo il punto). Una tale complessità di effetti visivi che compensa la linearità dell'intreccio solo per chi si fa bastare gli effetti visivi (e fra questi non ci sono i milioni di spettatori che di solito decretano un campione d'incassi).
La trama è da videogioco da corse. Ci sono varie piste ognuna delle quali va corsa e vinta per raggiungere un obiettivo più o meno importante e quindi essere maturi per passare alla pista successiva. Ogni pista è concettualmente e graficamente diversa, e questo è uno dei punti più alti di creatività raggiunti dal film. Da Thunderhead, la pista di casa "rozza" e metallica, alla Fuji Helexicon che non mi ricordo, alla poliedrica Casa Cristo ("che attraversa due continenti e tre zone climatiche") che è decisamente il più bel percorso che io abbia mai visto. Peccato che non esista
Si, poi c'è una trama più generale. Un ragazzino che ama le corse e che vuole diventare il più bravo di tutti tanto per onorare la memoria del fratello, MORTO in un incidente tanti anni fa (in realtà si è fatto una plastica come Alex di Ugly Betty, ed è diventato Jack di Lost, facendo credere in tutti i trailer di essere il cattivone di turno e invece era il fratellone deus ex machina). Di contorno ci sono la madre e il padre (Susan Sarandon e John Goodman) che lo incitano a non mollare mai, e il magnate industriale che invece gli fa capire che contano solo i soldi e tutte le corse sono truccate. Alla fine il magnate rimane in braghe di tela, e la famiglia di Speed Racer vive per sempre felice e contenta. Speed ha anche una tresca con Christina Ricci, e un fratellino con una scimmietta domestica, molto buffi.
Tornando agli effetti visivi, su VFXWorld ci sono due articoli molto interessanti (ma molto lunghi e tecnici) sulle varie innovazioni e i vari problemi che le varie case di produzione di computer graphics hanno incontrato nella creazione di questo film, società del calibro di Digital Domain, Sony Imageworks, ILM e altre minori, tutte guidate dal guru John Gaeta, già artefice degli straordinari effetti della trilogia di Matrix.
A queste innovazioni hanno dato nomi evocativi, come "Poptimistic", "Techno Color", "Photo Anime", "Faux Lens", "Virtual Cinema" e "Car Fu". Car Fu è la genialata, il combattimento fra automobili, ovviamente tutto simulato al computer, di reale ci sono solo dei finti posti di pilotaggio dentro i quali veon nivano sballottati gli attori, ripresi ovvviamente su greenscreen. Uno degli altri termini, non ricordo quale, è quello con cui si indica l'effetto da cartone animato giapponese, ossia profondità di campo infinita nelle scene statiche (tutti i piani sono a fuoco) e personaggi a fuoco contro sfondi sfocati in movimento, con alcuni piccoli trucchetti come della finta neve che, mossa, dà l'effetto delle linee cinetiche che è prerogativa dei fumetti e dell'animazione.
In realtà questi effetti visivi non sono veramente innovativi (sebbene per alcuni siano stati scritti software appositamente per questo film, che ha ridotto di 60 volte il tempo necessario a elaborare le immagini, da 10 ore a 10 minuti per fotogramma), ma sono sicuramente complessi, e intrecciati in una perfetta opera visiva che raggiunge il suo obiettivo: quello di sognare quel nuovo universo, coi colori per niente sbiaditi, con a fuoco tutto e solo quello che interessa, con l'ebbrezza della velocità percepita in ogni sua sfumatura senza le inevitabili perdite dovute alla mediazione della rappresentazione. Si corre e si vola. Senza avere esperienza di guida, ci sentiamo piloti che sfrecciano a velocità supersoniche con competenza e precisione nei sorpassi, nei salti, persino negli scontri, come credo nessun videogioco o simulatore di guida oggi riesca a fare.
Purtroppo questo non è bastato per sbancare il botteghino, e nel film non c'è altro di utile a questo obiettivo (trama drammaticamente lineare, interpretazioni proporzionate alla profondità dei personaggi... cioè mediocri, effetti visivi raffinati e poco popolari, citazioni di culture di nicchia e poco popolari (gli anime)). Insomma, siamo ancora a maggio, ma Speed Racer è il flop dell'anno. A me sinceramente importa poco, dato che non mi interessa minimamente un sequel (possibilità ventilata nei mesi scorsi).
Invece è uno dei film che mi fa desiderare ardentemente un lettore Bluray, per quando uscirà in questo formato
Per chi non avesse voglia di andarlo a vedere al cinema ma vuole avere delle prove della grandiosità visiva di questo film, ecco un paio di video (ovviamente è fortemente consigliata la versione HD)
Trailer (uno dei tanti...) (versioni HD)
I primi 7 minuti del film (dove di effetti speciali non c'è quasi niente...)
Featurette di 10 minuti
Clip mozzafiato dalla partenza del rally di Casa Cristo [download HD 720]
[flv]http://media.kino-govno.com/trailers/sp ... ip_320.flv[/flv]
(se non si vede, scaricate l'HD, CHE E' MEGLIO)
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
Vabbè, non sono io, sono i Wachoski che lo citarono ai tempi del primo Matrix, tra le fonti di ispirazione...Elikrotupos ha scritto:Comunque, deb, non ti permetto di citare quello schifo intollerabile di animazione del cartone originale come esempio di innovazione tecnologica... cioè, tre fotogrammi che simulano la rotazione della camera non è "precursore del bullet-time", su...
Mi permetto di quotare un post di Tom Strong, dal forum di ComicUS, che esprime piuttosto bene il "troppo avanti" che hanno raggiunto i Wachoski. Fa un paragone col film di Iron Man, per spiegare la cosa, non prendetelo come un OT.
Tom Strong ha scritto:Ecco parliamo giusto di Iron Man. Il quale non è altro che un onesto film d'azione, non è certo un capolavoro, ma ha ancora una sceneggiatura scritta in modo rispettoso della regola show, don't tell. Esempio: la giornalista gnocca si risveglia "il mattino dopo". Tony è assente, l'ha già lasciata sola. La giornalista si aggira per la casa, finché non compare l'avviso "non oltrepassare, restricted area" (o qualcosa del genere), (qualcuno si ricorda del cartello "No trespassing " di Quarto potere?). Arriva Pepper Potts, e scatta un dialogo al pepe basato sulla rivalità fra le due donne, che si rinfacciano l'un l'altra di non avere accesso al "cuore" di Tony. La gelosia di Pepper è evidente, ma almeno può rinfacciare alla sua rivale di essere solo la "spazzatura da portare fuori".
Quante cose vengono "dette" (cioè "mostrate") del personaggio di Tony e del suo rapporto con Pepper, senza che Tony sia neppure presente (anzi, la sua "assenza" è un elemento che ha senso), e senza che nulla venga detto esplicitamente, didascalicamente? Tony non permette a nessuna donna di entrare nella sua vita, Pepper è un'amica/assistente, ma di sicuro è in pole position se si tratta di raggiungere il cuore di Tony, se Tony permettesse a qualcuna di raggiungere il suo cuore.
E guarda caso, più tardi, quando Tony deve cambiare la batteria che lo tiene in vita, chiamerà Pepper a infilare la mano nel buco che ha nel petto, quasi a toccargli il cuore. Che è un'operazione che a Pepper fa un po' schifo, perché non è mica facile toccare il cuore di una persona. Show, don't tell
Iron Man non è nient'altro che l'ennesimo blockbuster estivo, ma è ancora cinema: le inquadrature, le situazioni, i dialoghi raccontano i personaggi, anzi li "mostrano" senza "raccontarli" esplicitamente.
E se Iron Man è cinema, secondo me i Wachosky, che non sono affatto dei cretini (e Speed Racer lo dimostra), vogliono fare del post-cinema. Hanno già tentato con i seguiti di Matrix, e ci hanno provato coscientemente con Speed Racer. Più ci penso, più mi rendo conto che il succeso di Iron Man e il fiasco di Speed Racer, quest'estate, ha salvato il cinema.
I Wachosky non sono cretini, hanno già fatto un ottimo film di cinema, che era il primo Matrix. Ma non gli bastava, volevano andare oltre.
I Wachosky si rendono perfettamente conto di tutte le problematiche legate allo show, don't tell, sanno come si scrive una sceneggiatura, ma vogliono by-passare tutte queste problematiche in nome del post-cinema: ovvero un'ipertrofia visiva dove forse nulla è a caso (proprio come un grande pittore non lascia nessuna pennellata al caso), ma dove l'esigenza del cinema di raccontare i personaggi con le immagini è messo volutamente in secondo piano.
Ovviamente c'è ancora del cinema in Speed Racer. Quando Speed da bambino disegna le macchine sul quaderno, e poi comincia a correre guidando una macchina disegnata in maniera infantile, ecco, quello è ancora cinema, è ancora raccontare le emozioni dei personaggi con le immagini.
Ma quando durante il Rally di Vattelapesca Cristo assistiamo al dialogo a tre fra Speed, Trixie e Racer X, con continue zoomate fra un abitacolo e l'altro delle loro automobili, quello è post-cinema: è pura forza muscolare visiva che stupisce lo spettatore, senza raccontare nulla di particolare dei personaggi, l'ambiente o la storia. Quando assistiamo in continuazione all'espediente dei primi piani che, scorrendo da destra a sinistra o viceversa, fungono da tendina fra una sequenza o l'altra (se avete visto il film sapete a cosa mi riferisco), quello è post-cinema, è un uso del primo piano che non ha più nessuna funzione espressiva classica, è pura aggiunta al bombardamento visivo ipertrofico che lo spettatore subisce.
E Speed Racer è talmente pieno di fantastico, roboante e suggestivo (davvero) post-cinema che lo show don't tell non trova più casa. Infatti i personaggi spesso vengono "raccontati" con dialoghi didascalici, prevedibili, giocati con primi piani noiosi e ripetitivi. I personaggi ci sarebbero anche (come dire che Racer X non è un bel personaggio?), ma nel mondo ipertrofico del post-cinema non c'è più letteralmente spazio per mostrarli, si può solo raccontarli didascalicamente fra un'ipertrofia visiva e l'altra. Pensate solo all'abuso delle voci fuoricampo dei telecronisti, che raccontano una quantità di cose sui personaggi. E' la negazione pura dello show don't tell.
Ripeto, i Wachosky con Speed Racer, scientemente e con una buona dose di genialità, e senza lasciare nulla la caso, hanno cercato di seppellire il cinema in nome del post-cinema. La cocente sconfitta ai botteghini subita da un onesto, inoffensivo film di cinema come Iron Man vuol dire che i tempi per questa operazione, per fortuna, non sono ancora maturi.
a parte che non so quanto siano responsabili loro della ideazione degli effetti, ma comunque, appunto, è la LORO fonte di ispirazione. Se loro guardavano cacca non vuol dire che la cacca è stata precursore di tanta beltà grafica [sono stato a vedere un po' di video dell'anime di Speed Racer, è veramente insopportabile, scusatemi la veemenza ]DeborohWalker ha scritto:Vabbè, non sono io, sono i Wachoski che lo citarono ai tempi del primo Matrix, tra le fonti di ispirazione...
a parte che quest'ultima frase non ha senso (magari ce l'ha, ma non la spiega)Tom Strong ha scritto:E se Iron Man è cinema, secondo me i Wachosky, che non sono affatto dei cretini (e Speed Racer lo dimostra), vogliono fare del post-cinema. Hanno già tentato con i seguiti di Matrix, e ci hanno provato coscientemente con Speed Racer. Più ci penso, più mi rendo conto che il succeso di Iron Man e il fiasco di Speed Racer, quest'estate, ha salvato il cinema.
Comunque, nemmeno io credo che i Wachowski siano cretini, credo che loro (o chi li ha prodotti) abbiano affrontato un rischio che non hanno saputo ben calcolare, evidentemente. Io li ringrazio per aver portato al cinema questa perla visiva, però l'hanno pagata molto cara e se avessero valutato bene i rischi forse non l'avrebbero realizzata, non così almeno.
Questo è vero, ed è quello che molti hanno scambiato per incompetenza. In questo film i Wachowski hanno adottato soluzioni linguisticamente scorrette (sia nella narrazione che nella tecnica cinematografica) ma non per pigrizia o incompetenza ma per scelta di stile. Uno stile che non ha pagato, ma che è più raffinato di quanto non si credaTom Strong ha scritto:I Wachosky non sono cretini, hanno già fatto un ottimo film di cinema, che era il primo Matrix. Ma non gli bastava, volevano andare oltre.
I Wachosky si rendono perfettamente conto di tutte le problematiche legate allo show, don't tell, sanno come si scrive una sceneggiatura, ma vogliono by-passare tutte queste problematiche in nome del post-cinema: ovvero un'ipertrofia visiva dove forse nulla è a caso (proprio come un grande pittore non lascia nessuna pennellata al caso), ma dove l'esigenza del cinema di raccontare i personaggi con le immagini è messo volutamente in secondo piano.
veramente è molto banale. L'unica differenza con gli altri è che è l'unico che ha un po' di mistero. Mistero prevedibile sia dallo spettatore che dai personaggi stessi, che se non lo prevedessero sarebbero davvero ridicoliTom Strong ha scritto:I personaggi ci sarebbero anche (come dire che Racer X non è un bel personaggio?)
e infatti è male. Io non credo che la negazione dello "show, don't tell" sia l'emblema della loro scelta stilistica di non seguire le regole canoniche. Semplicemente nel film non c'è spazio per la raffinatezza dello show, don't tell, non è una sceneggiatura in cui questa tecnica possa adattarsi. E' una sceneggiatura da videogioco. Ci sono tre piste da correre, la metafora della vita. Credi in te stesso, supera gli ostacoli, realizza i tuoi sogni, vivi per sempre felice e contento. Il resto compensa questa mancanza, ma questa rimane una mancanza, non è l'apoteosi del post-cinema, qualsiasi cosa lui intenda per post-cinema (forse intende semplicemente il concetto che i tempi non erano ancora maturi per un esperimento come Speed Racer, ma il termine è inadatto).Tom Strong ha scritto:Pensate solo all'abuso delle voci fuoricampo dei telecronisti, che raccontano una quantità di cose sui personaggi. E' la negazione pura dello show don't tell.
Insomma sono d'accordo con Tom Strong, però il suo ragionamento posa su basi traballanti che è bene riassestare. Ma non mi va di postare sul ComicUS sennò si finisce a litigare, come sto facendo su BadTaste...
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”