La Cube Saga è una delle più anomale saghe cinematografiche fantascientifiche. Pur mossa, come pressoché tutte le saghe, da ragioni commerciali, mantiene dall'inizio alla fine un tono naif che cela dietro di sé la voglia di costruire una trilogia che abbia un senso, potendo così rimodellare di volta in volta lo scarso materiale narrativo di partenza. Una forma ibrida di sperimentalismo piuttosto interessante.
Disclaimer: quel che segue è SPOILER.
The Cube (1997)
Il primo film di Vincenzo Natali è anche il primo film della saga di The Cube e si colloca perfettamente all'interno di quel movimento che io chiamo - non destrutturalista, deppiù - millenarista. A fine millennio c'è chi crede che nulla abbia più senso, che la struttura sulla quale è andata costruendosi la società sia dannosa, limitante, forzata, e di conseguenza insensata, priva di buon senso. Questo movimento non è un vero e proprio movimento e si manifesta sotto varie forme, molte delle quali si appoggiano a tematiche complottiste e mysteriose che permettono di dare almeno un altro possibile senso alle cose. Oltre a quelli che Eco nel
Pendolo di Foucault chiama diabolici, vi sono però quelli secondo i quali un vero senso non c'è, e se c'è nessuno lo può sapere (e allora tanto vale restar lì, attendere, e guardare la collina, che è così bella). Darren Aronofsky appartiene in qualche modo a questi ultimi, almeno stando ai suoi film, e a fargli compagnia, pur con meno clamore, è Vincenzo Natali.
Vince, dal nome evidentemente canadese, nel 1997 crea un film che diventa un piccolo oggettino di culto. Non solo: il film, pagato quattro soldi, ne incassa sei e si guadagna l'onere di essere sequelizzato (prima) e prequelizzato (poi). Considerando che
The Cube voleva essere un film ribelle e antisistema, potremmo considerare la sua evoluzione in saga come una sonora sconfitta e come l'ennesima vittoria dell'establishment che tutto assimila e distorce. Eppure i due film successivi della serie non saranno mere marchette. Il merito di questo va forse al materiale di base su cui Natali modella la sua non-storia: un cubo kafkiano ed extradimensionale, un cast risicato e schematico quanto basta e, soprattutto, un'atmosfera subdola e rarefatta. Materiale grezzo ed elementare, da cui trarre tutte le storie. Da buon millenarista disilluso, Natali le trae tutte e non ne trae nessuna.
I personaggi, infatti, sono scelti in modo da dare una versione disomogenea dell'umanità. C'è così il duro-e-puro, c'è il piccolo borghese, c'è lo sfigato, c'è l'anormale, e ovviamente c'è pure il millenarista cospirazionista. Sono infatti - ed è questo che conta - tutte persone dotate di una
loro verità, per quanto probabile o improbabile questa sia.
Se con una manciatina di personaggi Natali racconta tutte le storie, ci si accorge ben presto come il film non ne racconti nessuna. Se è vero che
The Cube getta qua e là delle spruzzate di thriller, è vero altresì che l'intero film non è altro che un gioco ad eliminazione (d'altronde la tensione è la miglior forma di distrazione), e che la sopravvivenza dei vari personaggi è, per lo spettatore, solo un passatempo in attesa della Rivelazione finale: si può uscire dal Cubo? E cosa c'è fuori?
Negli anni in cui
The Truman Show svela che la vita è un reality (aka un gioco ad eliminazione) e in cui molti sostengono che l'Apocalisse (aka Rivelazione) stia per compiersi,
The Cube non indica una via verso l'uscita dall'impasse. Ne indica molte, di vie. E suggerisce che solo i matti, o gli anormali (rispetto alla "normale" realtà, chiaro), hanno una minima possibilità di trovare quella giusta. Ma, aggiunge, una volta fuggiti dalla realtà sono cazzi loro.
The Cube 2 - Hypercube (2002)
Passati indenni il 2000, i millenaristi si accorgono che tutto è come prima e che probabilmente lo sarà anche dopo. Ma, anche per via delle tragedie di inizio millennio, il movimento millenarista (come lo chiamo io in estrema sintesi) si rende conto che il suo compito non è ancora terminato. Anzi, si è fatto più complicato, giacché l'establishment del nuovo millennio ha appreso la lezione degli anni precedenti e si è fatto ancora più infingardo. Occorre trovare dunque un modo per andare oltre le cose finora conosciute. Occorre aggiornare le storie già raccontate, per poterle riraccontare da una prospettiva diversa, più spinta (e qui si potrebbe aprire una parentesi sull'aumento di erotismo e violenza nei prodotti di fiction degli ultimi anni che sicuramente ha origine in questa ricerca di nuove prospettive, ma sarebbe OT e non la aprirò).
In questo contesto entra
The Cube 2 - Hypercube. Già dal titolo emerge la volontà di andare oltre. Il Cubo, qui, diventa un Ipercubo, ovvero un Tesseratto, il Cubo al quadrato, l'oggetto multidimensionale per antonomasia.
Stilisticamente tutto è elevato al quadrato: il Cubo è più moderno e rilucente del precedente, i caratteri dei personaggi sono meno manichei con la conseguenza che i toni del film diretto da Andrzej Sekuła risultano essere (un pochino) più spinti di quelli orchestrati da Natali.
Prodotto per finalità di cassetta, il film ricopia il canovaccio del precedente. Questo è indubbio. Tuttavia il prodotto offre in ogni caso delle interessanti riflessioni. Se per Natali era il matto ad avere una possibilità di fuga da questa società insensatamente organizzata, nel film di Sekula anche quella minima concessione viene meno. L'unico personaggio capace di uscire dall'Ipercubo è infatti un militare, sebbene donna e psicologo (il ché significa che capire gli altri forse non garantisce la salvezza, ma è comunque utile). Qualcuno, quindi, che appartiene pienamente al sistema. Ma chi non appartiene al sistema? Nessuno, e infatti tutti i protagonisti, eterogenei nel primo film, risultano essere legati alla fantomatica IZOM padrona dell'Ipercubo. Questa differenza sostanziale rispetto al film di Natali è perfettamente riassunta nel finale che un po' a sorpresa chiude il film. Questo sequel infatti mostra cosa c'è fuori dall'Ipercubo, ovvero... un capannone militare, dove la fuggitiva viene messa immediatamente a tacere.
Passati indenni il 2000, ci si accorge che in fondo non è tutto come prima. E' peggio. E probabilmente dopo lo sarà ancora di più.
Cube Zero (2004)
Dopo il Cubo definitivo e la chiusura di ogni possibile pertugio di salvezza, rimane solo da capire come e perché si è arrivati ad incartarsi in un tale punto di non ritorno.
Viene allora messo in piedi
Cube³. Ma il cubo al cubo che roba è? Non esiste, si accartoccia inevitabilmente su sé stesso. E infatti diventa
Cube Zero, il Cubo primigenio, ancora grezzo, rugginito e con le porte a manovella.
Con
Cube Zero Ernie Barbarash prende la saga e le fa fare una carrellata indietro, tornando nel passato, e sposta il focus dai prigionieri ai secondini.
Protagonisti di questo prequel sono quindi due addetti alla sorveglianza del Cubo, l'uno ignavo e omertoso, l'altro inquieto e dubbioso.
Il cambio di prospettiva consente al film di mantenere alto l'interesse nello spettatore, in particolare grazie all'alone di mistero creato intorno ai misteriosi "padroni" del Cubo e alle pignole modalità con cui i due addetti devono svolgere il proprio lavoro.
Quando, ad un certo punto, il mistero viene smitizzato, ed appare sulla scena l'inviato dei "padroni", il film perde parte della sua verve, anche perché l'addetto "ribelle" viene sbattuto nel Cubo, diventando egli stesso prigioniero. Il film sembra allora buttare all'aria la prospettiva inedita, salvo poi riprendersi con un interessante finale, nel quale (prima) il "ribelle" e una prigioniera politica riescono a fuggire dal Cubo e (poi) il "ribelle", nuovamente catturato, diventa il matto del primo film!
In realtà non diventa proprio lui, dato che i nomi sono diversi, ma l'identica gesticolazione e il significato che sta dietro ad una scelta del genere mostrano un chiaro intento, ovvero rendere ancora più chiuso, privo di speranza e paradossalmente circolare l'universo della Cube Saga.